La cronaca sta generando un turbinio di fatti – di per sé sconvolgenti – che minano la stabilità stessa di un sistema, per sua stessa natura, al collasso.
L'ultimo episodio in ordine di accadimento è la violenza dei bulli nei confronti di una ragazzina disabile in un istituto alberghiero del vercellese. Secondo quanto riportato dal quotidiano “La Stampa” all'orario d'uscita dalle lezioni, mentre i ragazzi aspettano di uscire, la ragazzina viene spinta verso la lavagna per venire malmenata da altri studenti che, nel delirio di un fumus quale quello dettato dal bullismo, si lasciano andare a calci e pugni senza che vi sia l'intervento dell'insegnante che possa provare a sedare la furia dell'orda dei bulli. Quanto si sta scrivendo è il racconto di un momento (soltanto un momento?) di ordinaria follia, in cui la stessa insegnante, dopo essere uscita per dare ascolto al richiamo di altri studenti, rientra e osservando quanto sta accadendo gira le spalle e va via. Quanto accaduto non necessita di commento, né tanto meno di un giudizio, che spetta alla magistratura e ai Carabinieri. Ciò di cui v'è necessità è spiegare soltanto cosa sia il bullismo e come venga generato in quegli ambienti in cui si lascia crescere senza freni giovani privi di cultura, la cultura del rispetto.
Da diversamente abile sono contento di aver incontrato, nel corso del mio percorso formativo, individualità che hanno favorito l'inclusione nel tessuto socio-culturale del luogo natio senza opporre nessuna tipologia di ostacolo.
Da psicologo sento il dovere i spiegare il concetto di bullismo. Lo psicologo ricercatore Olweus definisce il fenomeno come l'azione reiterata di uno o più soggetti tendenti alla distruzione dell'autostima e delle potenzialità di un individuo attraverso vessazioni e continue violenze. Ciò che il fenomeno, che assume una sorta di declinazione del mobbing che viene mosso in età adulta, si caratterizza per la ripetitività e l'accanimento costante contro una individualità in particolare, assumendo caratteristiche dirette e indirette. Nel caso accaduto nel vercellese si configura, come dimostrato dagli studi dello psicologo norvegese Olweus, un quadro che rende fattivo un concorso di causa tra più variabili. Ogni forma di attacco e di deprivazione della dignità si configura come una volontà distruttiva verso ogni istanza che pone in essere il presunto sfaldamento di una superiorità poggiante sul nulla. Esulando dal giudizio su quanto accaduto riguardo al comportamento dell'insegnante, ciò che appare -e qui non ci si può esimere da un commento/giudizio – fuori contesto e quanto detto da chi si pone come figura dirigenziale di un apparato che svolge il ruolo di educare le nuove generazioni. Diviene importante saper assumersi la responsabilità del proprio ruolo. È ovvio che la magistratura tenga in assoluto riserbo quanto accaduto e le modalità d'azione giudiziaria che condurranno all'emissione dei provvedimenti. Lo scompenso si mostra nel momento in cui si evince che tutto si manifesta all'interno di un contesto – quello virtuale – in cui ognuno è libero di sfogare i propri istinti, non tenendo conto che diviene patrimonio del web medesimo, quel grande fratello che – glorificando – distrugge: si viene a conoscenza di quanto accaduto perché si “posta” il video sui social network e si facilita la derisione universale. Questa l'intenzione dei sedicenti ragazzi di buona famiglia appartenenti al blasonato istituto alberghiero del vercellese. L'esaltazione del mezzo dello show business, il web 2.0, genera mostri senza precedenti. D'altronde poco importa se esiste una salvaguardia dei più deboli. In Italia il debole è colui che va, come minimo, represso perché tutto deve essere perfetto, come fosse un giorno perfetto, parafrasando un film drammatico del decennio scorso. L'Italia è il paese dei paradossi e nel paradosso riesce a trovare il suo habitat.
Sento la percezione della condizione di diverso portando sulle spalle il peso della bisaccia che ogni disabile ha con sé. Riconosco me negli sforzi compiuti dalla mia famiglia, gli sforzi compiuti dalle tante famiglie di ragazzi che lottano, giorno dopo giorno, con la mancata inclusione in un contesto ove ci si diverte a porre etichette, evitandolo di farlo quando vi sarebbe l'esigenza. Chi ripaga di quanto sacrificio, durante le giornate, viene svolto dai volontari che donano serenità a chi soffre? Rischia di evaporare a causa di individui tementi la loro stessa Ombra: non si esprimono giudizi, poiché l'intenzione è quella di attenersi ai fatti.
Chi riconosce i disabili come aventi dignità nonostante si bandisce in ogni dove che hanno dignità? Certamente chi sostiene la loro dignità è un combattente se lo stesso apparato burocratico lascia libertà di scelta agli enti locali di rendere fruibili i fondi del Fondo Home Care Premium per la disabilità grave. Dov'è il rispetto delle individualità? Dov'è la coerenza di uno stato dinanzi alla salvaguardia della diversità?
Sono fiero di essere disabile, di appartenere agli ultimi perché gli ultimi sono il motore della civiltà e non solo della società moderna.
La scarsa conoscenza del mondo della disabilità comporta reazioni individuali che non devono neanche essere giustificate o condannate.
Secondo fatto. Chi scrive non esprime una religiosità tale da poter essere definito un praticante e/o credente: si rifiuta di impartire il sacramento della comunione ad un bimbo autistico un parroco della provincia di Venezia. Anche qui andrebbe ricordato che l'autismo è talmente vario, nelle sue manifestazioni, che richiederebbe un ulteriore approfondimento non in questo contesto. La chiusura verso il mondo esterno è totale, come è celato il potenziale che in alcuni casi si presenta. Impartire il sacramento della comunione non comporta che vi sia maturità tale da dover essere tutto compreso. Allo stesso modo vorrei comprendere se la dottrina cristiano- cattolica prevede la non imposizione in caso di disabilità psico – fisiche. Non esprimo giudizi anche in questi caso. Certo non si può essere d'accordo con chi scrive che non è poi uno scandalo il rifiuto; ci si chiede se l'essere assertori di una verità autoevidente (assioma, nel caso specifico sia del cattolico che dell'ateo) sia niente altro che la conferma di preclusione mentale. Ancora una volta v'è sospensione del giudizio, poiché mancando la comprensione dell'accaduto non si vuole determinare un fuoco incrociato di proiezioni generanti caos intellettuale.
La cronaca genera nuovi spettacoli che delineano orizzonti in cui tutto appare cupo e senza prospettiva, in misura tale da poter profetizzare un livellamento al sottosuolo in cui regna l'intolleranza per qualsiasi soggetto che pone il sistema dinanzi al suo limite, forte del suo illusorio punto di forza nel potere della folla, intesa come massa che giustifica ogni atto.
Ciò che traspare da quanto accaduto nelle ultime settimane lascia evincere quanto il vero problema risiede nel razzismo del sottosuolo italiano.
Sono disabile, fiero di essere quel che sono, e non sarei stato quel che sono se non avessi avuto il mio limite apportante forza, quello stesso limite che diviene catena agli occhi del collettivo che, in varie forme, opera mobbing, bullismo e esclusione dinanzi a chi presenta l'imperfezione della natura.
Il razzismo nasce da una scarsa propensione all'ascolto e alla prevenzione negli strati più abbienti della società rispetto alla tolleranza. Non è un azzardo affermare ciò se quanto accaduto nel vercellese si è svolto in istituto definito “blasonato” e il rifiuto della prima comunione viene portato avanti da chi professa il Vangelo.
Cos'è l'intolleranza? Scarsa conoscenza di sé stessi unita a educazione, non aventi a sua volta basi solide.
Distruggo l'Altro distruggendo me in nome di un supposto divertimento sadico che mostra l'andata verso l'inferno della nullità dovuta alla pena a cui si va incontro, non soltanto penale ma etica e morale. E qui il pensiero non va agli studenti ebeti, bensì ai genitori e agli insegnanti, non ultimo al dirigente: meglio tacere.
Rimpiango gli anni in cui tutto era peggiore ma pur sempre accogliente.
Dal profondo dell'Anima di un disabile.
Alfredo Vernacotola evidenzia
Alfredo Vernacotola evidenzia l’opportunità che si rifletta pensando non solo ‘agli studenti ebeti, bensì ai genitori e agli insegnanti, non ultimo al dirigente’ … Per trasmettere il senso del limite occorre averlo conquistato: quanti genitori e insegnanti, o comunque soggetti portatori di una responsabilità educativa, hanno raggiunto questa meta..?