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SI PUO’ ANCORA LEGGERE PSICOANALISI IN ITALIA?

6 Lug 15

A cura di Gianni Guasto

Mi capita spesso di riflettere sui problemi che incontra la pubblicazione di libri scientifici in Italia. Io non ho per niente la stoffa dell’imprenditore, e quindi ho troppo pochi strumenti per valutare le strategie editoriali, ma quando confronto il panorama dell’editoria psicoanalitica italiana con quella statunitense, sono colto da depressione, per la grande quantità di libri fortemente innovativi che vengono prodotti negli USA in confronto alla triste ripetitività italica.
La maggior parte degli operatori della salute mentale italiani non sospetta neppure l’esistenza di opere che darebbero una sferzata salutare al languire del dibattito interno.
Il problema sembra essere quello commerciale: i libri psicoanalitici non si vendono, a parte quelli di Massimo Recalcati; i classici spariscono dalle librerie (provate, se ci riuscite, ad acquistare un'edizione anche usata della traduzione italiana del carteggio Freud-Jung) e chi legge per ragioni professionali preferisce rivolgersi ad altre declinazioni del sapere, contribuendo così alla diceria di una prossima morte definitiva della psicoanalisi. Ma io sospetto che la ragione dello stallo sia nella ripetitività di un messaggio in parte oscuro, e in parte ancora legato a una visione decisamente troppo asimmetrica dell'incontro fra l'analista e gli altri (e non sto parlando qui specificamente di relazione terapeutica). Né i titoli dei libri esposti nelle librerie suggeriscono mai la tentazione per uno spiffero di novità, o per una boccata d'aria pura.
Perciò mi chiedo se venderebbe un libro intitolato “Salvare la psicoanalisi da Freud” (è la traduzione letterale del titolo originale di Peter Rudnytzsky, Karnac 2011), scritto da un autore dotato di tutte le carte in regola, istituzionali e accademiche, che assume la posizione di colui che non è tra coloro che idolatrano Freud e nemmeno tra gli iconoclasti antifreudiani, essendo fortemente convinto che una psicoanalisi liberata delle scorie del culto della personalità e dell’autoritarismo sacerdotale insito nel sistema di trasmissione del suo sapere specifico abbia un grande futuro. E ancora: venderebbe un libro il cui titolo in italiano, letteralmente tradotto, sarebbe "Odio e amore nelle istituzioni psicoanalitiche: il dilemma di una professione"? (di John Reeder, 2004, Other Press). E continuando: il libro "Implicazioni cliniche delle esperienze di vita dello psicoanalista. Quando il personale diventa professionale" (di Steven Kuchuck, edito da Routledge per la collana Relational Perspectives Books Series): un libro che chiarirebbe una volta per tutte che anche gli psicoanalisti appartengono al genere umano. E per finire una brevissima carrellata che potrebbe essere molto più lunga: Psicoterapia per le persone: verso una psicoanalisi progressista, di Aron & Starr, sempre per le Relational Perspectives Books Series.

Se invece esaminiamo il panorama italiano, si sente tutto il peso di una crisi che esclude la maggior parte degli operatori della salute mentale dall’accesso a prospettive nuove, inaspettate, e persino salutarmente provocatorie. La stessa concorrenza fra scuole: psicoterapia cognitivo-comportamentale versus psicoterapie psicoanalitiche, neolacanismo spiegato al popolo versus una psicoanalisi mainstream sempre più schiva e silenziosa (e, a proposito: che fine hanno fatto le scuole sistemiche, un tempo così vivaci?) manca di un discorso di fondo, di una riflessione storica ed epistemologica che consenta a chi si avvicina a questa materia per la prima volta di cogliere almeno un senso generale: Freud o Jung? Lacan o Melanie Klein? Bion o Winnicott? E chi sarà mai Steven Mitchell? E Nina Coltart?, senza cadere nella casualità di incontri fortuiti e del relativo pedaggio da pagare a fidelizzazioni ancora troppo spesso richieste.
Perciò, da persona sprovveduta in materia economica e di politica editoriale mi chiedo: sarebbe proprio una catastrofe finanziaria pubblicare certi libri? Mancano proprio i mezzi di penetrazione per far si che libri di valore restino sul mercato, a fronte dell’enorme cumulo di spazzatura che invade le librerie?

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