CONSULENZA FILOSOFICA O PSICOANALISI? UN CONFRONTO TRA L’ESSENZA DELLE DUE PRATICHE
di Paolo Cervari, huffingtonpost.it, 1 luglio 2015
Segue qui:
http://www.huffingtonpost.it/paolo-cervari/consulenza-filosofica-o-psiconalisi_b_7682028.html
SIEDI ACCANTO A ME
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 1 luglio 2015
FRANKENSTEIN RELOADED. Il Golem era ritenuto incapace di pensare, di parlare e di provare qualsiasi tipo di emozione perché privo di un’anima rivo di un’anima che nessuna magia fatta dall’uomo sarebbe stata in grado di fornirgli
di Raffaele K. Salinari, ilmanifesto.info, 4 luglio 2015
I Prometei del passato
Prometeo: il Titano che rubò il fuoco dagli dei per donarlo all’umanità; da sempre il simbolo della liberazione dalla schiavitù dell’ignoranza e l’anelito alla conoscenza come fonte di libertà. Ma anche la metafora della hýbris, dell’orgoglio che vìola leggi immutabili, con la conseguente némesis, la punizione divina, in questo caso per una conoscenza di forze superiori che si possono rivoltare contro chi non è in grado di gestirle, perché il livello evolutivo non è ancora in grado di disperdere le ombre che scaturiscono dalla loro luce. E così, prima del mostro gotico per eccellenza, la Creatura di Mary Shelley, altri antecedenti mitologici e letterari ci narrano della volontà dell’uomo di ricreare la vita imitando il suo stesso Creatore. Già nella Bibbia, nel Salmo 139–16 infatti, compare la figura del Golem. Il termine deriva probabilmente dalla parola ebraica gelem che significa «materia grezza» o «embrione», che gli Ebrei accomunano ad Adamo prima che gli fosse infusa l’anima.
Secondo la tradizione cabalistica, dai poteri legati alla meditazione sui nomi di Dio si può fabbricare un Golem di argilla che può essere usato come servo. Si dice che il Golem sia stato creato attraverso le formule contenute nel Sefer Yetzirah — «Libro della formazione» o «Libro della Creazione» — il più importante testo di riferimento dell’esoterismo ebraico risalente alla sapienza diAvraham, Abramo, che si distingue per l’esegesi dell’alfabeto e della corrispondenza tra la dieci Sefirot e l’anatomia del corpo umano. Le Sefirot nella Cabala ebraica sono le dieci «emanazioni» divine, cioè le modalità o gli «strumenti» attraverso cui Dio si rivela e continuativamente crea sia il Regno fisico che la Catena dei Reami metafisici superiori (Seder hishtalshelus). Il Golem era ritenuto incapace di pensare, di parlare e di provare qualsiasi tipo di emozione perché privo di un’anima che nessuna magia fatta dall’uomo sarebbe stata in grado di fornirgli. Questo sottile diaframma separa, almeno nella tradizione cabalistica, il Creatore dall’uomo, incapace di generare la coscienza di sé: ciò che distingue in essenza la vita superiore da quella inferiore.
Nelle storie narrate da Ahimaaz ben Paltiel, cronista medievale del XII secolo, si narra come nel IX secolo il rabbino Ahron di Bagdad, scoprisse un Golema Benevento: era un ragazzo cui era stata donata la vita per mezzo delle formule magiche contenute nel Sefer Yetzirah. Sempre alla fine del IX secolo, secondo Ahimaaz, nella città di Oria, in Puglia, risiedevano dei sapienti ebrei capaci di creare il Golem. È interessante notare come le lettere, che per la tradizione cabalistica potrebbero essere utilizzate per creare un Golem, sono le stesse conservate nelle piccole Mezuzah — contenitori del deuteronomio — simboli di alleanza con Dio, che si trovano presso le porte di ingresso delle case ebraiche.
Ancora oggi, ad esempio nel ghetto di Venezia, è possibile osservarle. La Mezuzah viene fissata obliqua, come la vita. La sua funzione è rendere coscienti dei propri doveri. Per i mistici ebrei, dunque, la vita non si illumina se non c’è volontà consapevole. I cabalisti dicono che solo così si può varcare Malkhut: lasefirà ove la luce cambia direzione, passando dalla discesa alla salita. In chi non ha meriti è il luogo ove si fa esperienza della Caduta; per chi esercita la retta intenzione è invece l’inizio della trasfigurazione; evidentemente tra le rette intenzioni non rientra la volontà di ricreare la vita. Tutte le leggende inerenti il Golem, infatti, hanno in comune sia la volontà creatrice dell’uomo che si vuole elevare a Demiurgo, sia la punizione divina per un’opera prometeica che travalica le sue capacità. Non a caso la figura delGolem viene richiamata nel romanzo della Shelley come ispirazione del dottor Frankenstein sia dal punto di vista dei limiti della creazione umana, anche laCreatura è apparentemente senza anima, sia dal punto di vista della particolarissima nemesi divina che si manifesta attraverso l’attivazione di una oscura forma di coscienza da cui l’essere creato dall’uomo è comunque in qualche modo animato e che finisce, proprio per questo, per rivoltarsi contro il suo creatore che non lo riconosce per ciò che egli sente di essere: un’entità forse non umana e tuttavia dotata di una consapevolezza propria che vuole essere gratificata.
Tutti questi elementi sono magistralmente riassunti nella vicenda delGolemcreato da Rabbi Loewe (1513–1609), celebre rabbino in Praga, costruttore, secondo la leggenda, di un potentissimo essere di fango, usato come schiavo ma che, ad un certo punto, si ribella al dominio del suo dispotico creatore. La storia narra come il Golem si rivoltasse proprio perché non era riconosciuto in lui lo «spirito», la sua vita equivalente. Nel XII secolo esisteva una versione della leggenda secondo la quale, per animare il Golem, veniva scritta sulla sua fronte la parola «verità», in ebraico תמא emet; quando veniva cancellata la lettera iniziale, l’Aleph, restava la parola «morte», תמ met, ed egli si disanimava. Un giorno il rabbino lasciò il servo di fango da solo; arrivata la sera il Golem trovò una sua forma di esistenza e libertà tra le polarità opposte della vita e della morte. Inebriato da questa nuova sensazione fuggì seminando panico tra gli abitanti del ghetto ed alla fine solo la presenza di un bambino, un essere come lui innocente, lo fermò. La scena finale è questa: il Golem si inchina dinanzi al bambino che, invece di cancellargli la lettera, accarezza tutta la parola, così che egli possa finalmentemorire, come un essere che ha veramente vissuto. Una versione della leggenda, illustrata da Dino Battaglia e pubblicato sulla rivista Linus nel maggio del 1971, finisce con questa frase illuminate: «Chi potrà dirci cosa pensava Dio nel guardare il suo rabbino in Praga?».
Altro essere creato dall’uomo attraverso le arti arcane è l’Homunculusattribuito, tra gli altri, a Paracelso, il celebre medico ed alchimista svizzero (1493–1514), il cui vero nome era Philipp Theophrast von Hohenheim. Nel testo del suo De natura rerum, per la verità più probabilmente un testo pseudoparacelsiano, troviamo una ricetta in proposito, che parte da uno spermatozoo (la fonte di vita), opportunamente allevato: «Se la fonte di vita, chiusa in un’ampolla di vetro sigillata ermeticamente, viene seppellita per quaranta giorni in letame di cavallo e opportunamente magnetizzata, comincia a muoversi e a prendere vita. Dopo il tempo prescritto assume forma e somiglianza di essere umano, ma sarà trasparente e senza corpo fisico. Nutrito artificialmente con arcanum sanguinis hominis per quaranta settimane e mantenuto a temperatura costante prenderà l’aspetto di un bambino umano. Chiameremo un tale essere Homunculus, e può essere istruito ed allevato come ogni altro bambino fino all’età adulta, quando otterrà giudizio ed intelletto».
Questa trasfigurazione guiderà anche la creazione dell’Homunculus nelFaustII di Goethe. A questo proposito Pietro Citati, nel suo Goethe, osserva che la meta che Faust si propone è la più alta meta simbolica che Goethe abbia mai proposto agli uomini: redime e salvare la natura. Da notare anche in Paracelso, come poi sarà in Frankenstein, il riferimento alla «magnetizzazione» come forza agente della rivitalizzazione di sostanze organiche, che troviamo già nel ‘700 ad animare un «falso automa» per eccellenza, il Turco del barone ungherese Wolfgang Von Kempelen. Anche questa fantastica macchina, infatti, capace di giocare a scacchi e di sconfiggere i più grandi scacchisti europei ed americani di quel secolo, si diceva fosse animata dal «magnetismo animale» studiato da Franz Anton Mesmer (1734–1815) e dunque noto con il nome di «mesmerismo».
La notorietà del «mesmerismo» è tale che Mozart, nel finale del primo atto della sua celebre opera Così fan tutte, fa «resuscitare» Ferrando e Guglielmo dalla cameriera Despina la quale, travestita da medico, rianima i due servendosi di una calamita, mentre canta: «Questo è quel pezzo di calamita: pietramesmerica, ch’ebbe l’origine nell’Alemagna, che poi sì celebre là in Francia fu». Va detto che anche E. A. Poe, indagatore del segreto del Turco, era un seguace del «mesmerismo», tanto da scrivere alcuni celebri racconti sull’argomento, tra i quali Rivelazione Mesmerica (o Magnetica), in cui racconta di un soggetto «mesmerizzato» che, in punto di morte, comincia a descrivere la vita nell’aldilà. Qui lo scrittore dei più avvincenti racconti dell’orrore senza nome rovescia, in questo modo, l’archetipo delle creazione della vita mondana in quella dell’aldilà.
Segue qui:
http://ilmanifesto.info/frankenstein-reloaded/
SPOLETO58: NICCOLÒ AMMANITI ED EMANUELE TREVI AGLI INCONTRI DI PAOLO MIELI
di Leonardo Perini, tuttoggi.info, 4 luglio 2015
Segue qui:
http://tuttoggi.info/spoleto58-niccolo-ammaniti-ed-emanuele-trevi-agli-incontri-di-paolo-mieli/281776/
GRECIA, QUELLE ANALOGIE CON LE CINQUE GRANDE CRISI DELL’ARGENTINA
di Roberto Da Rin, ilsole24ore.com, 4 luglio 2015
ECCO PERCHÉ ODIO E AMO L’ENIGMA CÉLINE
di Julia Kristeva, repubblica.it, 7 luglio 2015
Segue qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/07/07/ecco-perche-odio-e-amo-lenigma-celine46.html?ref=search
IL SEGRETO DELLA FELICITÀ CONTINUA A SFUGGIRCI
di Oliver Burkeman, internazionale.it, 7 luglio 2015
Che cosa sta succedendo? Un’ipotesi è che, quando una terapia diventa molto popolare, aumenta la percentuale di terapeuti inesperti o incompetenti. Ma l’articolo suggerisce una spiegazione ancora più interessante: quella dell’effetto placebo. La pubblicità iniziale aveva fatto credere che la tcc fosse una cura miracolosa, e quindi per un certo periodo di tempo aveva funzionato come se lo fosse davvero. Oggi, invece, è molto più probabile che si conosca qualcuno che l’ha provata e non è miracolosamente guarito dalla sua infelicità. Le nostre aspettative si sono ridimensionate, e di conseguenza anche l’efficacia del metodo è diminuita. Johnsen e Friborg temono che il loro articolo peggiori le cose riducendo ulteriormente le aspettative.
Segue qui:
http://www.internazionale.it/opinione/oliver-burkeman/2015/07/07/felicita-teoria-comportamentale
IL NUOVO CUORE DI SUSANNA TAMARO
“Volevo scrivere da tempo un’autobiografia spirituale, per raccontare il cammino interiore di una bambina”
di Raffaella Silpo, lastampa.it, 7 luglio 2015
Lei è stata una bambina «diversa» negli Anni 60, quando si prestava molta meno attenzione alle difficoltà psicologiche. Eppure guarda con diffidenza alla medicalizzazione del disagio di oggi. Come mai?
«Per i “diversi” la vita era indubbiamente più dura ieri, invidio la felicità dei bambini di oggi che hanno un’esistenza apparentemente semplice, facilitata: messi in strada, dove vivevamo noi, senza rete, crollerebbero dopo un giorno. Ma qualche ostacolo nella vita non fa male, fortifica, prepara alle sfide future: bisogna potersi confrontare con sfide forti, fin da piccoli».
Davvero un aiuto psicologico da piccola per lei sarebbe stato inutile, se non dannoso?
«Non mi fraintenda: amo il pensiero psicanalitico, sono triestina, nata nella Mitteleuropa, un mio avo è Bruno Veneziani, cognato di Italo Svevo, che conosceva benissimo Freud e Jung. Mia nonna, presenza fondamentale nella mia vita, citava gli scritti dei padri della psicanalisi e li riteneva culturalmente affascinanti, ma senza poteri taumaturgici. Per carità, nutro rispetto per le terapie brevi, sono una stampella, un aiuto, ma attenzione, creano dipendenza. Gestire la complessità dell’animo umano non è cosa da niente».
Segue qui:
http://www.lastampa.it/2015/07/07/cultura/tuttolibri/il-nuovo-cuore-di-susanna-tamaro-XaSmDX1lG6JuYIJzC7iycN/pagina.html
Video
“E LASCIATEMI DIVERTIRE”: L’IRA, CON MASSIMO RECALCATI E ALTRI OSPITI
da rai.tv, 4 luglio 2015
Vai al link:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-30080eff-741e-482b-8c2c-500c682e828b.html
I più recenti pezzi apparsi sui quotidiani di Massimo Recalcati e Sarantis Thanopulos sono disponibili su questo sito rispettivamente ai link:
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4545
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4788
Da segnalare le seguenti rubriche: "Laicamente, Dialoghi su psichiatria, arte e cultura" di Simona Maggiorelli, al link
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/5673
"Mente ad arte, percorsi artistici di psicopatologia nel cinema ed oltre, di Matteo Balestrieri al link
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4682
(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com)
Su Céline e Kristeva.
Su Céline e Kristeva.
Leggendo le non facili pagine della Kristeva, riesco meglio a comprendere il valore di un certo tipo di intellettuali, rimasti rigorosi e coerenti nei confronti di un corpo sociale che li ha allontanati, prendendone le distanze quasi come esseri infetti. La psicoanalisi insegna che l’uomo e il suo sistema simbolico si costituiscono attraverso la costruzione di barriere tra l’osceno (la sozzura) , escrementi, sangue, saliva, i quali , limitati da una ben definita linea di demarcazione dopo l’espulsione, sono destinati a non essere toccati o maneggiati ( se non, appunto, con disgusto), pena l’ammenda. ‘Non giocare con i tuoi escrementi’ è l’imperativo categorico che tutti noi abbiamo subito e dispensiamo ai nostri figli. Ciò che determina il lordo, l’immondo, è appunto il pulito, il lindo, il lecito. Che può definirsi come tale solo grazie all’esistenza del suo contraltare. E viceversa. Tra i due sistemi non ci sarà mai comunicazione se non in casi, appunto, di perversione. Il passaggio che Kristeva fa parlando di Céline è esemplare. Egli si occupò di indagare quello ‘sporco’ che la Francia non voleva vedere, testimone di Vichy e dell’antisemitismo assai diffuso all’epoca in cui LFC Scriveva. O si pensi alla veemente accusa contro Sartre e tutti gli intellettuali in fondo conniventi con quel regime , senza mai sporcassi troppo, velo squarciato su legami non ufficiali, ma reali. La cesura tra i due mondi era radicale ed irrimediabile, quanto le due posizioni erano l’una elemento costituente dell’altra (nel Viaggio al Termine della Notte, sono ben chiare le atmosfere coloniali sulle quali la Francia costruì la sua fortuna). Solo una netta distanza permise ai due mondi di vivere distanti, necessari l’uno all’altro. Come accade oggi. Ovunque, Dunque in questo caso è chiara la funzione dell’intellettuale che si sporca le mani con le cose schifose della madre patria, e per questo suo agire perverso, viene messo fuori contesto. Da qua la cifra del vero intellettuale che non è sufficiente definire ‘contro’, quanto ‘altro’ Distante, isolato perché compromesso con le sozzure indicibili sottoposte ad interdetto. Intoccabile. Scrive Julia Kristeva: ‘ inizialmente la sporcizia non è una qualità in sè, ma si applica solamente a quanto si riferisce a un limite, e più in particolare rappresenta l’oggetto caduto di questo limite, l’altro suo aspetto, un margine. (Poteri dell’orrore. Spirali. p. 78). Céline incarna questo limite. La sua lucida analisi della sozzura, dell’orrore della Francia coloniale, del capitalismo e del Comunismo, l’aver dunque visto il lato oscuro, celato, di ogni rappresentazione che diviene quindi allegorica, lo pone come guardiano, gestore del passaggio codificato tra i due mondi, affinché l’uno possa sostenersi in forma negativa dell’altro. Fu, con il suo argot, l’inventore di una neo lingua, la sola che servì da cesura rinnegata dalla Francia tra il mondo abitabile e quello che tutti sanno esistere, ma al quale non vogliono accedere. Céline è colui il quale coglie e narra quel ‘ che non si confessa, ma si sa comune’. Céline è quell’abbietto che, come dice Kristeva, ‘ si separa, erra anzichè riconoscersi’. Céline fu tutto questo. E pagò un prezzo alto nel voler venire meno a questa sua funzione di guardiano silente dello scambio tra i due mondi, di controllore dei canali in entrata e uscita tra mondo legale e mondo illegale, sbattendo in faccia ai proprio connazionali l’oscenità della normale collusione tra i due universi. Céline era un kynico, termine usato da Zizek per definire chi mina coscientemente gli apparati dell’ideologia dominante, al fine di esporre gli interessi corrotti che si celano dietro le dichiarazioni ideologiche. Al contrario il cinico è ‘ ben consapevole degli interessi particolari che sono alla base degli assiomi ideologici, ma (..) sostiene e riproduce i medesimi apparati ideologici come se ne fosse inconsapevole’ ‘Tutto quello che è interessante accade nell’ombra, davvero. Non si sa nulla della vera storia degli uomini’ è una delle sue frasi piu’ pregnanti in tal senso . Quale è dunque il destino di questi ‘delatori’ del malcostume sotterraneo? Questi novelli infanti che, dopo anni passati sulla diga che separa il mondo grigio da quello regolato, si lanciano nella più’ provocatoria delle esclamazioni , ‘ il re è nudo’ ? L’isolamento. La deriva. La marginalizzazione preceduta dalla reprimenda sociale qualora osino strappare la tendina che separa i due universi. Orit Yushinsky sostiene che il Céline del ‘Viaggio al termine della notte’ ‘gode dello svelamento dei rozzi interessi che si celano dietro le pretese ideologiche’, ponendosi al contempo come gestore del limite, ma preso dal desiderio di tenere aperto lo squarcio che cela l’abbietto sul quale la società benpensante si fonda, e si sostiene’.Solo con questo apparato simbolico l’individuo può sostenere determinate affermazioni ideologiche mantenendo in pratica le proprie convinzioni sconfessate. Si pensi ad esempio alla promiscuità sessuale, e l’adesione all’ideologia moralizzante (censoria nei confronti della prostituzione) che permette di tenere celata l’inconfessabile spinta a frequentare i bordelli. LFC pagò, come hanno pagato uomini come Snowden, Julian Assange, o gli ufficiali che sapevano dell’uso dell’uranio impoverito, per molto tempo obbedienti custodi del finto confine tra questi universi. Hanno pagato con l’infamia, con la gogna, con la rabbia degli abitanti dell’uno e dell’altro mondo, entrambi infastiditi dal loro aver scoperchiato quel calderone del quale tutti sapevano, e che per tutti stava a tacito fondamento dell’ordine della città. Lo dice bene Dostoevskij: ‘ E, del resto, sapete che vi dico? Io sono convinto che noialtri uomini del sottosuolo, dobbiamo essere tenuti al guinzaglio. Siamo capaci di starcene magari per quarant’anni rinchiusi in silenzio, nel sottosuolo., ma se una volta riusciamo a liberarci e a tornare alla luce, allora cominciamo a parlare, parlare, parlare..’ Nel suo voler a tutti i costi tornare in Patria, incombente con le parole e col corpo che si lascia degenerare a Medoun, troviamo negli atti quel che Julia Kristeva dice sull’abbietto che :’ Risulta come gettato colui per il quale l’abbietto esiste e cioè (si) pone, (si) separa, si situa e erra anziché riconoscersi, desiderare, appartenere o rifiutare’. Céline è più di ogni altro quel viandante ‘smarrito’ in una ‘notte senza fine’ Céline non è mai monotono, pur con la sua scrittura ‘cattiva’. Non scivola mai nella ripetizione estenuante delle noiose righe sadiane, intrise di un godimento senza interesse, sempre identico a sé stesso, mai nuovo per chi ascolta. Cinico, appunto. Il brutto di Céline è intimamente divertente e scorrevole, mai banale. Non c’è alcun desiderio di apparenza dietro al suo volersi seppellire tra gatti e scartoffie. E’ un dolore vero, di chi non teme alcuna accusa di vittimismo. Lui è a tutti gli effetti un arto strappato dal corpo letterario francese, che rimane monco senza dolore, lasciando a lui tutto il male della lacerazione. Su questo non c’è scampo, politico o morale. I reietti della città, vivono e sono in bella evidenza proprio per permettere alla parte ‘buona’ della polis di esistere, e di compiacersi nella propria immagine. Le cene per i poveri, la raccolta indumenti o giocattoli per i disgraziati delle case dimenticate, sono la quotidiana passerella sulla quale il ‘buon cittadino’ cammina esibendo la sua appartenenza e le sue buone doti, rigorosamente in una zona libera dalla povertà, dalla sozzura e dal disagio. Senza i quali, la sua stessa appartenenza sarebbe messa in discussione, obbligando ad un vagare in una infinta zona franca, libera, nella quale ricchi e poveri, malnati e privilegiati, sfigati e imbellettai possono incontrarsi col rischio di confondersi. L’insopportabile reale di Céline, poteva essere allontanato con la bellezza: la forma dello stile, le gambe delle ballerine. Essere stile anzitutto. La scrittura come sintomo, come punto di tenuta e galleggiamento sulle acque del fiume sporco. ‘Il francese è una vecchia lingua, secca, decrepita’. (..) ‘Io sono uno stilista, solo questo. Mi importa solo lo stile, dunque solo il colore’ Le sue opere sono una condanna a scavare sino all’osso nel lato oscuro dell’umanità. Il dr Destouches fa il medico e va al fronte. Il medico conosce la malattia, la caducità dei corpi. ‘…. In guerra conosce la violenza e la sopraffazione come regola di vita, come elemento ineliminabile dell’essere umano. Céline non trova alcuno scampo, alcuna consolazione. Né nell’uomo, né nelle ideologie. Céline svela la mostruosità del sistema produttivo americano, nonché la brutalità del sistema sovietico. Céline fugge tutta la vita in cerca di quelle piccole bellezze che rendono sopportabile questo viaggio ( ‘ un lampo di luce che finisce nella notte) Dopo tutto quel peregrinare egli confessa la sua obbedienza totale alle lettere, la sua condanna a scrivere. Un godimento malefico dal quale non riesce a liberarsi. Un uomo che ha visto e patito tutto il buio degli uomini, scoprendo mentre avanzava che non esiste speranza né luce. La sola possibilità è un identificazione totale, una immedesimazione che da stordimento alla scrittura, all’estetica dell’argot. Sarebbero sue le frasi della serie televisiva ‘True detectives’ ‘Sai cosa farebbe la gente se non credesse in Dio?’ ‘No’ ‘Le stesse cose che fa ora. Ma alla luce del sole’
http://lf-celine.blogspot.it/2015/07/maurizio-montanari-celine-labiezione-e.html