Incontriamo ancora una volta Mauro Valentini, caporedattore della rivista online www.Cronaca&Dossier.it per parlare degli scomparsi, una tematica che ci sta particolarmente a cuore, sia per professione, sia per sensibilità personale.
R: “Bentrovato Mauro. La volta scorsa abbiamo parlato delle statistiche sulle scomparse in Italia e dell’ allontanamento volontario come principale motivazione delle scomparse; inoltre, abbiamo parlato anche del fatto che si allontanano dal proprio nucleo familiare e contesto sociale, maggiormente gli uomini rispetto alle donne, anche per un fatto di maggiore disponibilità economica, ricordi?”.
M: “Si, è vero, certo me lo ricordo perfettamente…parlammo anche di una -deresposabilizzazione dell’uomo rispetto alla famiglia, nel senso che l’uomo si sente meno legato e meno responsabile della sopravvivenza dei figli rispetto alle madri”.
R: “Secondo te, che cosa porta una persona a decidere di andare via di casa, di staccarsi dal proprio nucleo familiare e a desiderare di ricostruirsi una vita lontano da tutti?”
M: “Dalla mia esperienza di cronista, posso sicuramente denunciare la difficoltà ad affrontare quelle che sono le proprie responsabilità e le proprie sconfitte; la difficoltà ad accettare le proprie sconfitte pubblicamente: in sostanza, si cerca di fuggire da tutto per ricominciare da capo, in un altro luogo, spinti fondamentalmente da un atto di codardia”.
R: “Tra gli psicologi, è noto il bisogno di affiliazione e appartenenza tra i bisogni primari dell’essere umano, dopo chiaramente quelli strettamente necessari alla sopravvivenza. Come è possibile che una persona decida di sciogliere questi legami?”
M: “Per quanto riguarda la mia esperienza da cronista, potrei riferire che molti covano la segreta speranza di poter andare via oppure ne hanno la certezza perché possiedono già un legame, hanno già allacciato una relazione altrove. Generalmente è un atto programmato, le persone che si allontanano volontariamente da casa potrebbero avere già una affiliazione, un legame già consolidato anche se sconosciuto alle famiglie, oppure vi è proprio la speranza di poter crearne uno migliore”.
R: “La scelta di allontanarsi da casa è, a tuo avviso, improvvisa e impulsiva o ben pianificata in tutti i dettagli?”
M: “Gli allontanamenti impulsivi hanno pochissima durata e sono generalmente rabbiose, non hanno una struttura; quelli che sono pianificati sono calcolati nei minimi dettagli: chi decide di fuggire, organizza in tutto e per tutto la fuga, anche se – possiamo aggiungere – con l’avvento dei social network e con la globalizzazione, nascondersi è diventato quasi impossibile”.
R: “Mi ha colpito la recente storia di Simone Pedron, all’epoca minorenne, ritrovato dai genitori in Portogallo: coltivava i campi. Pensi davvero – come riferisce la madre in nella trasmissione “Chi l’ha visto” – che Simone fosse insoddisfatto perché poteva avere davvero tutto e quindi non riusciva a godere di nulla? A quanto pare, ora che Simone ha cambiato vita, riesce ad apprezzare anche le piccole cose, come la vita di campagna…”
M: “Penso che questo ragazzo abbia raccontato con la sua fuga un malessere che è tipico della nuova generazione, perché, probabilmente, non dai valore a quello che hai se non quando lo perdi probabilmente; questo ragazzo, apparentemente potrebbe sembrare più sensibile e illuminato rispetto a quelli della sua generazione,; in realtà, questa sorta di ascetismo e ritorno al semplice, è molto personale; non la ritengo una esperienza sociologica, ma intima e personale, infatti, è uno dei pochi casi in cui i ragazzi sono ritrovati e che hanno la possibilità di raccontarlo in tv. C’entra sempre una qualche religiosità,perché poi si appassionano alla terra, al buddismo…mi piacerebbe puntualizzare questo concetto: un atto che sembra così ascetico ed eletto, in realtà nasconde, a mio avviso, un egoismo clamoroso perché questi allontanamenti senza una spiegazione, lasciano nella angoscia la famiglia di origine, che, qualsiasi cosa abbia fatto, non merita di avere un parente scomparso. E’ una delle cose piu’ brutte e terribili che possa capitare a una famiglia, vivere nell’angoscia di un congiunto che non da più notizie di sé”.
R: “Che ne pensi della scelta dei genitori di lasciare “libero” il loro figlio Simone in Portogallo e di doversi adattare alla scelta del ragazzo, ormai, maggiorenne?”
M: “Penso sia il giusto trovare il compromesso, perché credo che i due genitori abbiano capito in qualche modo che i figli devono trovare la loro strada, qualsiasi essa sia; credo che la paura più grande non sia stata quella di vedere il figlio fare il contadino in Portogallo ma quello di pensarlo vittima di qualche brutto evento; che faccia il broker a New York o che faccia il contadino in Portogallo poco importa….”.
R: “Tu, da genitore, cosa avresti fatto?”
M: “Esattamente quello che hanno fatto loro, lo avrei cercato sicuramente fino alla morte ma visto che questo ragazzo non ha vissuto alcuna tragedia, allora è giusto che viva la propria vita”.
R: “Ricordi qualche altra scomparsa che si è risolta in questo modo?”
M: “Si, ne ho il ricordo. Ricordo quel ragazzo inglese trovato in Italia da Giuseppe Pizzo, inviato di “Chi l’ha visto”. Giuseppe Pizzo trovo un ragazzo inglese scomparso mentre camminava per le campagne italiane; lo intervistò e mandarono in onda il documentario; poi è tornato in Inghilterra.”
R: “Pensi ci sia una differenza tra l’allontanamento di un adulto e quello di un adolescente?Perché?”
M: “Assolutamente si. L’adulto ha il diritto di essere dimenticato dal nucleo sociale di provenienza; per contro, un minore va tutelato dallo stesso nucleo sociale, deve essere cercato con tutti i mezzi disposizione; un adolescente non ha struttura e mezzi -o meglio potrebbe non averli -per vivere in un contesto fuori da quello d’origine”.
R: “Quali sono i campanellini di allarme di un adolescente inquieto?”
M: “Mi riesce difficile risponderti,ipotizzare dei cambiamenti nella personalità, perché è una competenza prettamente psicologica e medica”.
R: “Ci sono ragazzi che hanno dovuto inventare delle bugie pesanti per fuggire di casa senza problemi e impedimenti. Cosa pensi di questo aspetto della menzogna?La menzogna è necessaria o fa parte di una struttura di personalità manipolativa e menzoniera?
M: “È una domanda a cui dovresti rispondere tu… (ride)
R: “Da psicologa-psicoterapeuta potrei ipotizzare una struttura di personalità al limite, con una scarsa percezione del rischio, una sopravvalutazione delle proprie capacità cognitive e una svalutazione dell’Altro, ritenuto indegno di conoscere la verità, perché valutato come inetto oppure ritenuto, semplicemente, incapace di comprendere. Cosa consigli ai genitori che scoprono che il proprio figlio vorrebbe segretamente scappare e rifarsi una vita altrove?a tuo avviso, Mauro, bisogna dare importanza a questa inquietudine? Cosa si potrebbe fare?”
M: “Generalmente, anche se non sono uno psicologo, credo che quando un minore o un adolescente chiede espressamente di cambiar vita è gran un campanellino di allarme che ci dice che la vita che vive non è quella giusta per lui; nessun bambino che sta bene in casa, ne desidera un'altra; questo è un segnale da ascoltare ma è anche la cartina tornasole che la famiglia sta vivendo un qualche disagio”.
R: “Un tema che mi incuriosisce molto è quella delle sette religiose che vanno reclutando i giovani nei campus universitari, smarriti e senza un punto di riferimento. Queste sette tendono, con il tempo, a isolare questi giovani dalle famiglie e a trattenerli con canti estenuanti e preghiere fino a notte, in uno stato , probabilmente, di suggestione, di promessa di amore e riconoscimento del valore. Cosa ne pensi? Sei a conoscenza di queste sette?”
M: “Come cronista è capitato di imbattermi in casi di questo tipo, chiaramente ho visto gli effetti nefasti di questa affiliazione alle sette che generalmente esprime dei rapporti così esasperati che spesso poi sconfinano in un reato, sia da parte dei ragazzi, sia da parte del “tutor” che ha delle “fissazioni”contro di loro; insomma, questi legami non sono legami sani e hanno dei presupposti di violenza.”
R: “Il plagio è un reato difficile da verificare accertare a livello giudiziario, proprio in questi contesti dovei giovani reclutati e gli adulti sani, hanno la piena capacità di intendere e di volere. Cosa si potrebbe fare per tirarli fuori da li? Questa è la domanda che mi pongo da qualche tempo…”
M: “Ripeto, da non tecnico, ma da osservatore, posso riferire che, generalmente, certe situazioni, attecchiscono dove c’è un vuoto emotivo e affettivo; probabilmente ci sono anche dei personaggi che hanno la subdola capacita di insinuarsi dove trovano un vuoto affettivo”.
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