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IO SONO MIA

9 Ott 15

A cura di Eleonora de Gaetani

Quando mi sono lasciata affascinare dalla fotografia, ho scoperto con gioia un universo femminile comunicativo e pieno di forza, che non appartiene a tutti gli strumenti artistici.
Il mio ora, non vorrebbe essere un excursus storico sulla fotografia e la donna, poiché sarebbero molteplici gli ambiti e le sfaccettature da trattare: troppe e diverse.
Il risvolto interessante è la riappropriazione dell'immagine della donna da parte della donna stessa.
La figura decantata per mezzo delle parole dei poeti, raffigurata attraverso il tratto dei pittori, diviene, oggetto e autrice di se stessa. Dall’arte della rappresentazione all’auto- rappresentazione.
La figura femminile da prima “è” attraverso gli occhi di qualcun altro, vista attraverso un filtro, un'altra mente, un altro individuo. Poi diviene responsabile del messaggio da veicolare su se stessa e soprattutto attraverso se stessa, divenendo così attrice principale e giocando un ruolo attivo nella promozione della femminilità e dell'essere donna.

Lo slogan che promuove questo pensiero è "IO SONO MIA".
Titolo del film di Sofia Scandurre datato 1977, con Stefania Sandrelli e Michele Placido, e diffusosi nei movimenti femministi degli anni '70, utilizzato anche e soprattutto nelle manifestazioni di piazza di quella vibrante stagione.
In quanto "MIA" divengo consapevole e padrona del mio corpo, dei miei pensieri ed emozioni, pertanto divengo padrona della mia vita.

 

I temi inizialmente trattati furono appunto quelli caldi come: l'esplorazione del corpo, la sessualità, l'aborto. Ovviamente con forti influenze dovute al periodo storico e sociale.

Perché la fotografia come strumento di comunicazione e artistico?

Come disse Anna Oberto: “L'arte è buona o cattiva, ma non ha sesso”.

E’ attraverso il canale della sperimentazione artistica, quindi, che si ha più libertà di espressione.
La fotografia era e lo è tuttora un'arte in forte espansione, fu accolta nelle grandi rassegne artistiche (per es. alla V Biennale di Venezia 1972, o all'interno della Documenta di Kassel del 1972 e 1977) e furono numerosissime le mostre fotografiche al femminile tra gli anni '70 e '80 ("Fotografia creativa" 1970 – "Fotomedia" 1974 – "Foto e idea" – 1975 "A- Photo" 1977- "Foto come analisi" 1977- "Venezia" 1979).
Coinvolge molte più persone rispetto all'arte classica tipo la pittura; ed è sopratutto di facile utilizzo, diretta e attiva. Strettamente legata alla realtà, cioè all'oggetto fotografato.
La fotografia permette di guardare al mondo, offre un punto di vista ma anche la possibilità di cambiare prospettiva, e quindi é confacente alle esigenze del movimento femminista.
L'esplorazione dei nessi tra corpo e identità femminile si pone come esperienza centrale da indagare nei suoi risvolti psicologici e sociali, nelle sue ambiguità e contraddizioni.
La donna cessa di essere l'oggetto della visione e del desiderio altrui.

Suzanne Santoro 1974 (immagine di copertina)

Giustappone l'immagine fotografica del clitoride a particolari di conchiglie, di fiori o di pubi levigati tratti da dipinti e statue antiche. Santoro contrappone all'idealizzazione della vagina tipica del modello di rappresentazione maschile, il realismo e l'aderenza al reale della fotografia.
D'altro canto a tale riappropriazione iconografica della vagina corrisponde sul piano politico e sociale, un vasto processo di riappropriazione del corpo a cui si lega il self-help: l'esplorazione diretta dell'apparato sessuale.

Verita Monsellas "AMORE AMORE" 1974
 


Si può notare la messa in scena, anche per attirare l'attenzione, in cui l’uomo è visto come ombra-manichino contro la donna bambola oggetto sessuale degli anni ’50.
Il tentativo di sovvertire i canoni sociali, come se ora fosse l'uomo ad essere secondario rispetto a una donna in grado di poter prendere delle decisioni, di avere un ruolo primario e centrale.

Tomaso Binga "Alfabetiere murale" 1976
 



 
L'opera nasce con l’obiettivo di creare un’alternativa radicale al linguaggio maschile, per riscattare il processo di occultamento della fisicità fino ad allora avvenuto, attraverso una rivalutazione dell’imperfetto, dell’errore, del fuori posto, come ricerca iconica e simbolica.
La semplicità delle lettere che compongono le nostre parole, quindi il nostro modo di interagire, il nostro linguaggio, da cambiare completamente, per essere più liberi di esprimersi.

Marcella Campagnano "Ruoli" 1980
 


Questo collage è una strategia per verificare la natura mutevole del sé e mettere in crisi le “IMMAGINI CLASSICHE E STANDARDIZZATE” del femminile.
La donna: sposa, madre, amante, lavoratrice, professionista diva viene rivisitata con abiti e pose stereotipate, per giocare se vogliamo con la propria immagine e sperimentarsi con gli innumerevoli ruoli che tutte le donne assumono nel corso della propria vita. Non esiste più una fisicità universale, ma una molteplicità di ruoli, di emozioni, di vissuti, di personalità.
"Io sono mia" e per tanto dispongo di me stessa come credo, vestendo numerosi e diversi ruoli senza che uno neghi l'esistenza di un'altro. Essere madre non vieta di essere una donna in carriera, essere moglie non vieta di essere amante e così via…

Questi solo alcuni di tanti e straordinari lavori che hanno aperto un grande varco nella sperimentazione artistica e nella lotta femminile. Opere in cui la fotografia ha giocato un ruolo fondamentale come strumento esperienziale e divulgativo, un luogo di passaggio tra la certificazione di presenza e l'immaginario che sollecita.

 

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