di Elisabetta Cannone, cittanuova.it, 21 ottobre 2015
Ostacolo o punto di partenza. Al di là di quello che pensiamo comunemente, il limite non ha sempre e solo una faccia, per di più negativa. Spesso può rappresentare una sfida, l’occasione per andare oltre e farci migliorare. Sul senso e sul valore da attribuirgli si sono interrogate Rita Corsa e Lucia Monterosa, psichiatra la prima e psicologa la seconda, entrambe psicanaliste, e lo hanno fatto nel loro libro scritto a quattro mani Limite è speranza, edito da Alpes. Nelle pagine del volume, le due studiose, ciascuna nel proprio ambito di competenza, sono entrate dentro al senso del limite, sia per i propri pazienti, sia per chi, come loro, opera nella psicanalisi e di conseguenza anche su ciò che deve intendersi per speranza. “Questo libro – spiega una delle due autrici, Lucia Monterosa – nasce da una serie di riflessioni sui limiti del nostro lavoro di operatori, in particolare nelle situazioni in cui sembra che non ci sia più nulla da fare. Una prospettiva che prende in considerazione da una parte il paziente e dall’altra anche chi cura, chi deve affrontare difficoltà personali o nei casi estremi il fine vita. Si è trattato di un lavoro nato dal desiderio di studiare le competenze del lavoro, mio e della mia collega co-autrice, e le sue prospettive concrete, di come guardare al futuro e la speranza di vedere un orizzonte davanti a sé. Ecco perché nel titolo c’è un verbo e non la congiunzione”.
Segue qui:
http://www.cittanuova.it/c/450100/Il_limite_che_non_uccide_la_speranza.html
COME RICONOSCERE LE CICATRICI DELL’ANIMA
di Massimo Ammaniti, repubblica.it, 21 ottobre 2015
Tra ricerche e autobiografie, si riaccende l’interesse degli studiosi per i traumi e le loro conseguenze. Se in passato il quadro di Gericault La zattera della Medusa immortalava le sofferenze dei sopravvissuti al naufragio della loro nave, oggi le immagini televisive dei migranti che camminano lungo le rotaie delle ferrovie ci rimandano gli stessi patimenti, subiti nel paese da dove sono fuggiti e poi nell’esodo drammatico che ha visto molti di loro morire nelle acque del Mediterraneo oppure nei camion che li trasportavano. Che conseguenze provocano queste sofferenze che vengono inevitabilmente registrate nella mente e nel corpo delle vittime? A questa domanda cerca di rispondere Bessel Van der Kolk, professore di Psichiatria presso la Boston University e autore del libro Il corpo accusa il colpo (Raffaello Cortina). Come racconta lo stesso Van der Kolk il suo interesse per le vittime dei traumi fu suscitato, durante la sua specializzazione in Psichiatria, dall’incontro con un uomo massiccio in preda a un grave stato di agitazione. Nel corso del colloquio quest’uomo raccontò di essere stato in guerra in Vietnam come marine ed ogni volta che riemergevano i ricordi di quel periodo non riusciva più a controllarsi e aveva paura di fare del male alla sua famiglia. Per questo doveva scappare stordendosi con l’alcol oppure guidando in modo sfrenato la sua motocicletta.
Segue qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/10/21/come-riconoscere-le-cicatrici-dellanima52.html?ref=search
NAZARENO INCONSCIO
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 21 ottobre 2015
Affronto un compito analitico alquanto arduo, capire perché da quando c’è Mattarella alla presidenza della Repubblica il Cavaliere gli fa cattivo viso e non vota le renziane leggi. Cosa di preciso esse siano non sono riuscito a decifrare, ma ho idea che prefigurino una più consistente autorevolezza. Cosa di meglio, Cavaliere? Non è forse il sogno della sua vita? Le scoccia di non essere lei a incarnarlo? O forse, leggendario Don Giovanni, Ella ha visto nell’impassibile Mattarella la figura del Convitato di pietra, il giustiziere? Comunque sia, dispiacerebbe vederla allineato con chi cerca d’impedire a Matteo Renzi di governare, una lugubre smania di cui lei stesso è stato vittima per vent’anni. Se per davvero ora si unisse ai moralisti di destra e di sinistra in una presunta battaglia antifascista, ciò non sbiancherebbe la sua anima, tutt’altro, la macchierebbe di dabbenaggine.
Come Ella si sarà accorto, ho usato il verbo al condizionale, facendolo precedere da un invalidante “se”. Se lei davvero fosse antirenziano sarebbe una catastrofe per tutti; se fosse… ma lei non lo è, di Matteo Renzi essendo il massimo sostenitore. “Ma come può sostenerlo, il dire e l’operare di Berlusconi parlano chiaro!”, tuonano coloro che si accontentano dell’apparenza più misera. In realtà, e in lealtà con un pensiero a lungo coltivato e praticato, le cose non stanno così. Le cose non sono quello che sembrano e nemmeno quello che sono, c’è un flusso sotterraneo che ci trascina, indipendentemente dalle nostre volontà: ben più che Berlusconi e Renzi, a governarci è l’inconscio, da cui essi stessi, i due fieri contendenti, ricevono precisi ordini di squadra.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2015/10/21/nazareno-inconscio___1-vr-134072-rubriche_c277.htm
IL PROF TRANSESSUALE? NON È TUTTA COLPA DI FREUD…
di Luigi Campagner, ilsussidiario.net, 23 ottobre 2015
La parola latina trans significa varie cose tra le quali movimento, nel senso di moto a luogo: passaggio da un luogo all’altro, muoversi verso, ecc. Volendo indicare chi, mosso da una spinta inconscia — solo in seguito razionalizzata —, cerca con ogni mezzo di modificare o cambiare il proprio il sesso, con la parola transsessuale non si è di certo colto nel segno. Perché il transessuale fa piuttosto un giro su se stesso: un movimento a vuoto, per quanto cangiante possa apparire, che non si può assimilare al movimento verso l’altro, come ad esempio il “fare la corte”, che indica invece il movimento, non facilissimo, di un sesso verso l’altro e non l’eclissamento di un sesso da parte dell’altro; che avviene prima nel foro intimo del proprio sé, e poi, semmai, anche nel corpo. Questa legge del movimento dev’essere sfuggita a Michele Romeo, il trentottenne insegnate transessuale di matematica e fisica, che fa quel che può — come tanti altri — per arrangiare la sua vita e la sua carriera di precario dello Stato, della cui vicenda ha dato conto il Messaggero Veneto del 18 ottobre. Romeo si presenta (a se stesso e agli altri) più come “staticista” che come movimentista, dal momento che sostiene, come ha spiegato agli studenti nella sua prima ora di lezione, di essere partito dall’ermafroditismo — che nell’uomo non esiste, salvo rarissime patologie — e lì di essersi fermato. Il prof. Romeo nel suo curriculum vanta due anni di dottorato a Monaco di Baviera, un passaggio in un prestigioso liceo di Trieste, una collaborazione con l’università triestina, nonché un matrimonio con una donna, tutt’ora in corso. Non mancano neppure le crisi di panico (angoscia), né il gusto infantile di vestire gli abiti della madre, successivamente mistificato come una condizione originaria ricevuta da “madre natura”, di cui (però) lo stesso Romeo ha ravvisato un inizio all’età di dieci anni (intervista a tgcom24, 17 ottobre). Da allora, da quando, trentatreenne, Romeo decise di fare outing passarono 23 anni, immagino non facili.
Segue qui:
http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2015/10/23/SCUOLA-Il-prof-transessuale-Non-e-tutta-colpa-di-Freud-/649069/
POESIA E PSICOANALISI, QUEI VERSI CHE AIUTANO A GUARDARE IL MONDO E A CONTENERE IL DOLORE. Vittorio Lingiardi presenta “Alterazioni del ritmo” e spiega il suo amore per le parole domani a BookCity. Con letture di Fabrizio Gifuni
di Natalia Aspesi, repubblica.it, 24 ottobre 2015
Poi alla fine non c’è altro modo per dire amore o dolore con appassionato, incancellato distacco se non chiudendo quei sentimenti del corpo e della mente in pochi versi, brevi come aforismi. Non ci sono altre strade per essere se stessi al di là della professione che definisce una persona, oltre le parole quotidiane, che raggiungerne altre, segrete, per arrivare alla verità profonda di sé. Vittorio Lingiardi è psichiatra, psicoanalista, docente alla Sapienza. Ha scritto una montagna di saggi sapienti e due libriccini di poesie, un minuscolo segmento della sua vita, che è in realtà la sua vita. Li ha pubblicati nottetempo, La confusione è precisa in amore nel 2012 e ora Alterazioni del ritmo, che viene presentato a BookCity. In tre giorni su 800 libri presentati a Milano, 60 sono di poesie.
Perché la poesia che sembrava luminosamente avviata all’estinzione sta tornando in modo prepotente?
“La poesia non parte e non torna, c’è. Perché come dice Cocteau, è indispensabile. Non so se è cresciuto l’interesse per la poesia, ma se sì, forse è anche merito del livello scadente di molta narrativa”.
Lei psicanalista che bisogno ha di esprimersi in poesia?
“Io sono innamorato del linguaggio e non so comporre musica. E sono convinto che ci vogliono parecchi luoghi dentro di sé per avere qualche speranza di essere se stessi. La costruzione del verso è diventata il mio modo di osservare il mondo. Questo a volte mi aiuta anche nel lavoro di analista. Facilita il compito di stare a contatto con la memoria, i ricordi, i sogni”.
Quindi c’è un legame tra psicoanalisi e poesia?
“Stando ai “ruoli”, l’analista ascolta e il poeta parla. Ma quello che unisce le due figure è la ricerca di una verità personale, propria o dell’altro. La ricerca dell’idioma, dell’origine di sé”.
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http://www.repubblica.it/cultura/2015/10/24/news/poesia_e_psicoanalisi_quei_versi_che_aiutano_a_guardare_il_mondo_e_a_contenere_il_dolore-125800759/
LEZIONI DI “SKATE” E PREGIUDIZI DA EVITARE”
di Luigi Ballerini, avvenire.it, 26 ottobre 2015
La lettera di Jeanean Thomas è diventata virale. Ripresa dai grandi canali televisivi, è rimbalzata sui social network e sui quotidiani nazionali e internazionali. Il fatto: Jeanean, mamma canadese, ha portato fuori la sua bambina Peyton che aveva voglia di usare lo skateboard. Lo skatepark è però pieno di adolescenti maschi che fumano e sfrecciano veloci. La mamma lancia un’occhiata e parte già sulla difensiva dicendo alla figlia, intimidita da tanti ragazzi più grandi, «non sono loro i padroni del parco». Peyton che ha sei anni inizia a provare lo skate, ma è difficile e non riesce bene. Ecco che si avvicina uno sconosciuto ragazzotto. La mamma è di nuovo lì, pronta a ingiungergli «ha il diritto di usare il parco esattamente come voi». E invece la sorpresa: «metti i piedi male, posso aiutarti?», e via con un’ora di lezioni di skate con tanto di raccomandazioni di sicurezza, oltre che di tecnica.
Segue qui:
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/LA-NORMA-VITTIMA-DEL-PREGIUDIZIO-.aspx
PER L’AMOR DI DIO. Cosa dire a quel vecchio satrapo che vuole risposarsi in chiesa con una giovane innamorata?
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 28 ottobre 2015
Inutile darsela a bere: il Sinodo legittima i divorzi affidati al discernimento… dei sacerdoti! Chi fino al giorno prima unì, ora dovrebbe dividere?! La spada della nuova dottrina taglierà l’antica come Salomè la testa di Giovanni? Un pasticcio denso di disastri, se disastri ben maggiori già non occupassero gran parte del nostro tempo. In realtà sembra denso di niente, un pasticcio acquoso. Il no ai divorziati era quel che era, giusto o sbagliato pur sempre un fulmine della Madre chiesa, istituzione rinomata nei secoli, qualcosa che scatenava dolore, desiderio, pietà; adesso siamo in un fatiscente teatrino che spalanca scene grottesche. Ci si appella al n. 84 del Familiaris consortio, là dove si sottolinea la differenza tra “quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido”, e di questo divario i preti che decidono dovrebbero tenere conto. Ma chi mai può discernere? Solo Dio può cogliere il vero profondo pensiero di un uomo. “Papa Francesco da buon gesuita conosce quest’arte”, sentenzia un futuro Papa, il cardinale di Vienna Schönborn, “bella fonte”, omonimo della fatale Schönbrunn, reggia dei mitici imperatori. Ma neppure Francesco è Dio, anche lui sbaglierebbe come tutti noi saccenti scrutatori dell’anima, solo Dio onniveggente può discernere il giusto dal reprobo e mandare Valentino in paradiso e Marquez all’inferno.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2015/10/28/per-lamor-di-dio___1-vr-134299-rubriche_c178.htm
BIMBI ADOTTIVI E MADRI NATURALI: COSA SI PUÒ E SI DEVE DIRE
di Stefania Maresca, Luigi Ballerini, avvenire.it, 28 ottobre 2015
Nel 2013 io e mio marito siamo diventati genitori grazie al bellissimo percorso dell’adozione. Nostra figlia aveva solo 30 giorni quando l’abbiamo conosciuta ed è stato amore a prima vista. È per noi il dono più bello della nostra vita e ogni giorno ci ricolma di gioia. Adesso ha due anni e mezzo. Le abbiamo già iniziato a parlare della sua storia, le abbiamo fatto vedere le nostre prime foto insieme, le abbiamo scritto una fiaba, le ho iniziato a spiegare che non è nata dalla mia pancia, ma che è sempre stata nel mio cuore. Volevo condividere con lei una mia difficoltà: non so come chiamare la sua madre biologica quando le parlo della sua storia.
Stefania Maresca
Di mamma ce n’è una sola. Questo detto, così noto, è vero solo nel suo stretto senso biologico, ossia è vero che solo una donna porta in grembo il bambino. Dopo la nascita però accade la vita, con i suoi incontri. Ci sono bambini che si vanno a trovare altre mamme, ad esempio. A quante maestre è capitato di sentirsi chiamare mamma dai propri alunni delle prime classi? Mamma, per loro, è diventato l’epiteto e il concetto che viene riservato a chi tratta bene, a chi difende, a colei da cui ci si aspettano atti favorevoli. Ci sono poi anche bambini che non si cercano altre mamme, ma che hanno altre mamme che cercano loro. Altre mamme che non solo li cercano e li vanno a prendere in luoghi più o meno lontani, ma che li accolgono in casa, li accudiscono, li nutrono, parlano loro, li fanno giocare e li fanno crescere al meglio secondo le loro possibilità. Sono i bambini adottati che, soprattutto se piccoli, attribuiscono da subito, e senza riserve, il termine mamma a queste donne così importanti per loro.
Segue qui:
http://www.avvenire.it/rubriche/Pagine/Giovani%20storie/Bimbi%20adottivi%20e%20madri%20naturali%20%20cosa%20si%20puo%20e%20si%20deve%20dire_20151028.aspx?rubrica=Giovani+storie
DIETRO A UN MAL DI PANCIA SI PUÒ NASCONDERE UN MALESSERE PSICHICO, OLTRE CHE FISICO.Compito del paziente è quello di rivolgersi a un medico che sappia distinguere tra malore e disturbo psicosomatico
di Cristina Tognaccini, linkiesta.it, 26 ottobre 2015
«Se l’emozione non è scaricata all’esterno con l’attività fisica o con una idonea azione mentale, agirà sugli organi interni alterandone le funzioni». Lo scriveva nel 1876 lo psichiatra inglese Henry Maudsley all’alba della psicoterapia moderna. D’altra parte il mal di pancia del bambino che non vuole andare a scuola, il dolore “immaginario” dell’ipocondriaco, i malesseri psicosomatici, e gli attacchi di panico sono tutti segni che il nostro corpo invia per comunicarci qualcosa che risiede nell’inconscio.
Niente di nuovo, in fin dei conti, se si pensa che l’approccio psicosomatico alla malattia era già chiaro a Platone e anche a Ippocrate che, già nel IV secolo a.C., affermava che tutte le funzioni organiche sono influenzate dalle passioni. E proprio il problema psicosomatico rappresenta il nucleo originario attorno al quale si è originato il movimento psicoanalitico con Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi, anche se oggi è un po’ obsoleto parlare di malattie psicosomatiche, e si preferisce parlare di un tutt’uno mente-corpo continuamente connesso, un unicum che va sempre considerato nel suo insieme.
Per citare una delle metafore più famose di Freud, egli paragonava la nostra mente a un iceberg, in cui la parte che emerge al di sopra dell’acqua, più piccola, è la parte conscia, mentre quella sommersa, molto più grande, è la parte inconscia. A livello conscio si trova tutto ciò di cui noi abbiamo coscienza e conosciamo, dalle idee, ai ricordi, agli affetti, mentre nell’inconscio si trova tutto ciò che è sconosciuto anche a noi stessi, ciò che non raggiunge lo stato di coscienza. Elementi con cui siamo entrati in contatto e che abbiamo immagazzinato nel nostro corpo ma di cui non abbiamo coscienza. A volte l’inconscio invia dei segnali più o meno visibili, di cui spesso ci disinteressiamo o che possono essere ignorati, mentre in altri casi, soprattutto nelle situazioni di sofferenza quando i segnali sono più evidenti, si ricorre alla psicoanalisi come specifica possibilità di cura che indaga le motivazioni inconsce di questi comportamenti.
Segue qui:
http://www.linkiesta.it/it/article/2015/10/26/dimmi-cosa-sogni-e-ti-diro-che-malattia-hai-gli-strani-sintomi-dellinc/27933/
ADDIO INCONSCIO, LA PSICOLOGIA NON INDAGA PIÙ I SOTTERRANEI DELLA MENTE. Dai tempi delle ricerche di Sigmund Freud molte cose sono cambiate. L’inconscio non attrae più le ricerche: ora si preferisce la terapia cognitiva, che guarda alla coscienza e non più ai bassifondi della psiche
di Giovanni Maria Ruggiero, linkiesta.it, 25 ottobre 2015
L’underground è affascinante, ciò che è sotterraneo e nascosto è intrigante, ma la psicoterapia moderna ha da tempo abbandonato le esplorazioni negli inferi. Le profondità buie dell’inconscio freudiano sono finite nei racconti ottocenteschi da leggersi all’imbrunire, insieme alle storie di Jeckill e Hyde, di Dracula e Frankenstein. L’inconscio freudiano era estremista. Un inconscio assoluto, inattingibile e mai veramente conoscibile. Solo la situazione psicoanalitica, la stanza chiusa e il lettino, ci concederebbe la possibilità di dare una rapida occhiata ai contenuti inconsci. E questa situazione psicoanalitica è a sua volta un privilegio riservato a pochi felici, gli analisti esperti, che si siano sottoposti a loro volta a una lunga analisi personale. Un percorso iniziatico, insomma, nei bassifondi della psiche. La stranezza è che in Freud questo livello underground era raggiunto percorrendo una strada tecnologica e modernistica. Tecnologia ottocentesca beninteso, basata sul motore a vapore.Per Freud la mente era una macchina che obbediva ai principi della termodinamica. Paradossale base teorica dal sapore steampunk per uno degli scopritori dell’interiorità. Freud si ispirò al lavoro di Gustav Theodor Fechner (1801-1887), il quale sosteneva che le percezioni psichiche di piacere e dolore sono prodotte dalla maggiore o minore vicinanza della mente-motore a vapore allo stato di stabilità, secondo il secondo principio della termodinamica. La soglia della coscienza era investita dal piacere nella misura in cui si approssimava alla completa stabilità, e dal dolore quanto più se ne allontanava.
Insomma, come il cognitivismo nel XX secolo avrebbe modellato l’analogia tra mente e computer, Fechner un secolo prima immaginava un’analogia tra mente e motore a vapore. E in questa analogia Fechner aveva cercato la legge che mettesse in relazione anima e corpo, psiche e materia. E anche Freud aveva tentato inizialmente di ridurre il lavoro mentale a uno scontro di forze fisiche impersonali. Ma questa pretesa materialista, seppure sempre presente, fu una maschera a cui Freud si attenne solo in parte. Al tempo stesso, Freud iniziò per fortuna a sviluppare una psicologia dell’interiorità. Le forze psichiche teorizzate da Freud, seppure definite inconsce e quindi a voler essere rigorosi non indagabili introspettivamente, non potevano non mostrare il loro aspetto di fenomeni mentali e accessibili alla coscienza.
Segue qui:
http://www.linkiesta.it/it/article/2015/10/25/addio-inconscio-la-psicologia-non-indaga-piu-i-sotterranei-della-mente/27924/
Video
COME FREUD CI INSEGNA A NAVIGARE TRA PIACERE E DOVERE”
da internazionale.it, 23 ottobre 2015
“Sigmund Freud ci aiuta a comprendere perché le nostre vite sono così piene di confusione e sofferenza. Ci spiega perché la vita è dura e come farci i conti”, dice Alain de Botton, parlando del fondatore della psicoanalisi. “Tutti noi potremmo usare un po’ di più le idee di Freud per cercare di capire meglio noi stessi”.
Alain de Botton è uno scrittore, filosofo e conduttore televisivo. Ha fondato The school of life. Si occupa di cultura e storia del pensiero sottolineando il loro valore per la vita quotidiana. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è L’arte come terapia. The school of life.
Vai al link:
http://www.internazionale.it/video/2015/10/23/sigmund-freud-piacere-e-dovere
SIMONA ARGENTIERI E NICOLETTA GOSIO A “PANE QUOTIDIANO”
da rai.tv, 29 ottobre 2015
Sono stressato: un’affermazione che ricorre sempre più spesso nella nostra quotidianità. Ospiti di Concita De Gregorio nella puntata di Pane Quotidiano, la psicoanalista Simona Argentieri e la psichiatra Nicoletta Gosio distinguono però tra uno stress patologico e un altro tipo di tensione, ben più sana, che s’identifica con la fatica di ogni giorno. Una fatica con cui siamo sempre meno disposti a convivere e che è invece l’unico strumento che ci autorizza davvero a sognare.
Vai al link per il video:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-67afb911-6785-4042-a621-607cdb9a65af.html#p=0
REPTV MELITO, PIETROPOLLI CHARMET: “NON C’ENTRA IL PC, BISOGNA INDAGARE SU STORIE COMPLESSE”
da video.repubblica.it, 29 ottobre 2015
Una ragazza di 17 anni che uccide la madre dopo che le ha negato l’uso di computer e telefonino, interroga tutti noi. E’ lecito collegare la violenza di una figlia alla dipendenza da smartphone e web? Come deve rapportarsi un genitore all’esigenza del figlio di essere sempre presente in Rete? Dobbiamo essere “contenitivi” o libertari? Lo abbiamo chiesto a un grande esperto, il professor Gustavo Pietropolli Charmet, pischiatra e psicanalista fondatore e responsabile del Consultorio Adolescenti del centro Minotauro, già docente di Psicologia dell’età evolutiva all’Università Statale di Milano e autore, fra i tanti suoi saggi dedicati ai giovani, di “La fatica di diventare grandi, la scomparsa dei riti di passaggio” (Einaudi), “I nuovi adolescenti” (Cortina Raffaello) e “Psicoterapia evolutiva dell’adolescente” (Fanco Angeli).
Intervista di Giulia Santerini, montaggio Francis D’Costa.
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http://video.repubblica.it/embed/cronaca/reptv-melito-pietropolli-charmet–non-c-entra-il-pc-bisogna-indagare-su-storie-complesse/216534/215718&width=320&height=180
COME ANNA FREUD CI INSEGNA A USARE LE NOSTRE ARMI DI DIFESA SENZA TRASFORMARLE IN TRAPPOLE
da internazionale.it, 30 ottobre 2015
“Anna Freud era la figlia del fondatore della psicoanalisi, Sigmund Freud”, spiega Alain de Botton, e a lei dobbiamo la teoria sui meccanismi di difesa che ognuno di noi ogni giorno usa per tutelare il proprio io e la nostra immagine. Il problema è che questi meccanismi di difesa spesso danneggiano la possibilità di affrontare la realtà e di maturare. Alain de Botton è uno scrittore, filosofo e conduttore televisivo. Ha fondato The school of life. Si occupa di cultura e storia del pensiero sottolineando il loro valore per la vita quotidiana. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è L’arte come terapia. The school of life.
Vai al link per il video:
http://www.internazionale.it/video/2015/10/30/anna-freud-psicologia-difese
I più recenti pezzi apparsi sui quotidiani di Massimo Recalcati e Sarantis Thanopulos sono disponibili su questo sito rispettivamente ai link:
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4545
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4788
Da segnalare anche la rubrica "Mente ad arte, percorsi artistici di psicopatologia nel cinema ed oltre, di Matteo Balestrieri al link:
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4682
(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com)
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