Si comincia con Slate pattinato magazine on line della Microsoft nato nel 1996 come risorsa a pagamento ma divenuto free nel 1999 e da allora dopo diversi passaggi di proprietà tuttora gratuito.
Si passa attraverso altri tentativi tutti naufragati per il basso successo degli abbonamenti per arrivare a oggi in Italia dove il CORRIERE DELLA SERA decide di passare al pagamento dei suoi contenuti proponendo un abbonamento di 10 € al mese, dopo un iniziale "assaggio" per un mese ad 1 € .
Il sistema di pagamento scatta dopo aver visitato 20 pagine del quotidiano ma è bypassabile se si opta per la navigazione anonima possibile per fare un esempio col browser FIREFOX.
Tutti i tentativi di vendere l’edizione on line di prestigiose testate giornalistiche sono miseramente falliti (non parlo dell’abbonamento all’edizione on line della “carta” che in alcuni casi è stato un successo come per il New York Times più come numeri che come revenues credo) eppure la gloriosa testata milanese ci riprova.
Perché?
Credo che alla base di tutto ci sia un circolo vizioso economico che provo a proporre: da un lato ci sono i contenuti da produrre e, per quanto le testate giornalistiche abbiano negli anni ridotto il personale e proposto contratti davvero modesti ai loro “nuovi” collaboratori, produrre costa, dall’altro ci sono le revenues pubblicitarie che, nonostante i numeri spesso davvero ragguardevoli come letture (almeno dell’homepage), continuano a non decollare rendendo, di fatto, i quotidiani on line un MUST ineludibile oggi ma un più o meno marcato “bagno di sangue economico” per i proprietari delle testate.
Al tempo stesso per stare al passo con i tempi e con l’offerta produrre informazione giornalistica on line costa e costerà sempre di più poiché occorre da un lato garantire una copertura H24 e attivare servizi sempre più raffinati (e costosi da fare) e dare sempre maggiore impulso al video che rappresenta la sfida del futuro e il mezzo di fruizione sempre più preferito dagli utenti.
Se a questo aggiungiamo che la progressiva e inarrestabile crescita dell’informazione on line ha abbattuto in maniera notevole le vendite delle corrispondenti edizioni cartacee il quadro credo sia completo e non certo tranquillizzante per gli editori che, ricordiamolo, non sono benefattori dell’Umanità ma azionisti che si aspettano dividendi a fine anno a fronte degli investimenti fatti.
In questa temperie di inserisce appunto la scelta del Corriere di passare al pagamento per le notizie e i servizi che offre e si tratta di una sfida basata su dati di fatto evidenti: da un lato la gratuità fa accessi rispetto al pagamento e gli accessi rendono potenzialmente appetibile il sito per gli inserzionisti pubblicitari, dall’altro i ricavi pubblicitari nell’online (anche a causa di una congiuntura economica pessima e perdurante da almeno 7 – 8 anni) restano bassi rispetto alle potenzialità. Se a tutto questo aggiungiamo che le vendite del cartaceo in crisi diminuiscono certamente gli introiti pubblicitari di quel comparto abbiamo un quadro completo che in parte può spiegare la scelta fatta.
La curiosità è capire come andrà a finire e se il nuovo modello di business porterà i risultati economici sperati.
La storia della rete dice di no ma credo sia interessante stare a vedere che accadrà.
Personalmente credo che più che nuovi modelli di business si debbano cercare nuovi modelli organizzativi per la produzione delle notizie dove l’integrazione tra carta e digitale divenga un valore aggiunto a supporto dei due formati e non volto a creare una “competizione” che non solo non porta da nessuna parte ma che lascerà temo molti cadaveri eccellenti nel prossimo futuro se non si individueranno soluzioni compatibili con la rimuneratività obbligatoria di qualunque impresa.
Come Psychiatry on line nel nostro cantuccio di settore basandoci sul volontariato intellettuale possiamo solo osservare queste manovre che non ci appartengono (POL.it è stata e sempre sarà di libera lettura gratuita) ma che certamente come operatori dell’informazione(pur di settore) non possono non interessarci.
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