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Marzo 2016 II – Da Dante a Magris, passando per Paolo, Kant, Eco

27 Mar 16

A cura di Luca Ribolini

L’AMORE PER IL NUOVO CHE CI HA INSEGNATO ECO. Sandro Veronesi ricorda l’incontro con lo scrittore, appena quattro mesi fa, ma sente che presto dalla sua scomparsa potrà nascere una grande impresa
di Sandro Veronesi, corriere.it, 11 marzo 2016
 
Ho commesso una grande ingenuità: quattro mesi fa mi sono affezionato a una persona di 84 anni. Non solo ci sono entrato in società per fondare una nuova casa editrice, non solo mi sono sentito protetto dalla sua sapienza e dalla sua erudizione: mi ci sono proprio affezionato. Non mi sono reso conto che mia madre è morta a 78 anni e mio padre a 81, e ho fantasticato su quante occasioni questa nuova amicizia avrebbe potuto generare — di fare, di imparare, di divertirsi insieme. Non ho minimamente pensato che potesse morire — anzi, per essere sincero, non ho proprio pensato che fosse vecchio. Il suo whisky a mezzogiorno, il suo spirito fulminante, il suo amore per il paradosso, la sua curiosità d’adolescente, mi hanno ingannato, facendomi credere d’aver trovato un nuovo, formidabile compagno di strada per tanti anni a venire. Così, adesso che è mancato all’improvviso mi sembra di averlo perso due volte: una insieme a tutto il mondo, l’altra io solo — e non so dire quale delle due perdite sia più grave.
Però, come sarebbe piaciuto a lui, trovo nei libri una consolazione. Non soltanto nei suoi — che restano, e ancora molto ho da leggere di tutto ciò che ha scritto: nei libri degli altri. In un libro, in particolare, anzi in un brevissimo scritto che compare all’interno di un’opera monumentale, talmente breve che rischia di passare inosservato. È il 1915. Sigmund Freud consegna un testo per un volume collettaneo commissionato da un’associazione goethiana di Berlino. Il titolo di questo testo è «Vergänglichkeit», cioè «Caducità» (oggi sta nel volume ottavo delle sue Opere Complete, Boringhieri, Torino, 1989, pagine 173-176).
 
Segue qui:
http://www.corriere.it/opinioni/16_marzo_12/umberto-eco-amore-il-nuovo-che-ci-ha-insegnato-f60a6f0a-e7b1-11e5-ba2c-eb6e47d0264e.shtml

QUANDO L’INDAGINE SI FA DURA, FREUD E DANTE COMINCIANO A INDAGARE. Non conosce confini la moda dei personaggi reali arruolati come detective in gialli fantastorici. Il padre della psicoanalisi tra i più gettonati, con il Sommo Poeta. Ma anche Aristotele, Archimede, Leonardo, Machiavelli, Giordano Bruno, Artusi

di Mario Baudino, lastampa.it, 12 marzo 2016
 
Riecco il dottor Freud, armato delle sue teorie psicanalitiche, che fumando come una vaporiera una quantità preoccupante di sigari piomba nel cuore della cristianità. A Roma, in Vaticano, invitato dal Papa (non è neppure un anno giubilare). È pilotato da Carlo M. Martigli, che pubblica per Mondadori La scelta di Sigmund, il suo ultimo giallo di taglio fantastorico, mettendo fronte a fronte un Papa tutto sommato «progressista» e un ebreo ateo un pochino conquistato e un pochino intimidito, chiamato a risolvere un complicatissimo caso di probabile omicidio, o diciamo induzione al suicidio, a sfondo sessuale.
Ogni riferimento a papa Bergoglio dovrebbe essere puramente casuale, ma non così quelli al simpatico medico viennese, per il quale la veste di indagatore non è affatto peregrina, visto il suo comprovato amore per Sherlock Holmes. Lo ricorda nelle memorie uno dei suoi pazienti più famosi, «l’uomo dei lupi», che anzi osservò come il Maestro leggesse Conan Doyle con una passione ben maggiore di quella che riservava a Dostoevskij. Freud è del resto nella narrativa di genere è uno dei più vistosi emblemi del personaggio storico trasformato in detective. Ma ha innumerevoli fratelli dall’antichità più remota ai giorni nostri, una tribù di sapienti che come per un giudizio universale ma pur sempre «dedicato» si affollano da qualche anno in libreria e nei supermercati.
 
Segue qui:
http://www.lastampa.it/2016/03/13/cultura/quando-lindagine-si-fa-dura-freud-e-dante-cominciano-a-indagare-28E0d9RDeyqzNepliN09qK/pagina.html

PER UN PUGNO DI DOLLARI E DI VOTI. È del filosofo pop Slavoi Zizek lo sguardo più penetrante sulla politica americana di questi giorni. Giorni di campagna elettorale, candidati che si prendono a sportellate, milioni di dollari bruciati sull’altare della democrazia. Tutti guardano Donald Trump e quel che vedono è l’insostenibile pesantezza della sua volgarità. Attacchi razzisti (contro gli immigrati messicani), perfidie che instillano il dubbio sul luogo di nascita di Obama e i suoi diplomi universitari, attacchi sessisti contro le donne, offese agli eroi di guerra come John McCain.

di Redazione, ecodibergamo.it, 13 marzo 2016
 
In realtà, insinua Zizek, non abbiamo a che fare solo con la politica, ma con tutto quel densissimo retroterra di regole (non scritte) che controlla la vita sociale: la spessa e impenetrabile sostanza etica che ci dice quello che possiamo e non possiamo fare. Ebbene, queste regole, secondo il pensatore sloveno – uno dei più originali e controversi intellettuali contemporanei – oggi stanno saltando per aria. Quello che fino a solo pochi anni fa era semplicemente impensabile e/o impossibile da pronunciare durante un dibattito pubblico, oggi può essere detto nella più totale impunità.
Catalogato sbrigativamente come alfiere della destra estrema, Trump incarna benissimo questa tendenza all’imbarbarimento della vita pubblica. Il tycoon con moglie bellissima non cerca il consenso su un programma, ma su un comportamento, per di più politicamente scorretto. Stenta ad avere cittadinanza nel suo partito però rischia di diventare il presidente degli Stati Uniti. Se vincerà, avrà dimostrato che l’unica critica davvero corrosiva al capitalismo non viene dall’anticapitalismo, ma dall’antipolitica. A noi europei con la puzza sotto il naso ricorda il Dittatore del film di Charlie Chaplin, in realtà nessuno come lui è bravo a farsi capire dalle classi popolari: le conosce benissimo, suo padre si è arricchito costruendo a New York case a basso costo, edilizia residenziale per i più poveri.
 
Segue qui:
http://www.ecodibergamo.it/stories/Editoriale/per-un-pugnodi-dollari-e-di-voti_1171834_11/

I BAMBOCCIONI… SI DIVENTA. Si resta «puer» o «bambocci» quando prevale qualcuno che dà soddisfazione ai bisogni ancor prima di averli e di manifestarli

di Giuseppe Maiolo, ladigetto.it, 13 marzo 2016
C’è un termine che, pronunciato qualche tempo fa da un politico, ha suscitato subito scalpore e irritazione al punto tale che è immediatamente divenuto impopolare: è la parola bamboccione. Per la verità non è un bel vocabolo, tantomeno rappresentativo (come vorrebbe essere) di una generazione. È solamente espressivo ed evocativo. Fa venire in mente uno di quei bambolotti che usano i piccoli per giocare e divertirsi. Pacioccone, morbido e tenerone, quel giocattolo che un tempo era anche chiamato cicciobello è servito come metaforica per alludere ai nostri giovani, a quegli adolescenti del nostro tempo che sembra non crescano mai. Ragazzi o giovani adulti che a lungo coccolati dalle nostre mille attenzioni, iperprotetti e difesi ad oltranza da genitori ansiosi e preoccupati, appaiono intenzionati a non andarsene mai di casa.
 
Segue qui:
http://www.ladigetto.it/permalink/52266.html

ISTRUZIONI PER NON CROGIOLARSI NELLA DOLCE CERTEZZA DEL PEGGIO. “Oltre le passioni tristi”: una sfida alle forme della sofferenza mentale, non più centrate sul conflitto e sulla colpa

di Francesca Borrelli, ilmanifesto.info, 13 marzo 2016
 
Una diagnosi dello stato attuale della crisi cui è approdata la nostra civiltà aveva portato lo psicoanalista argentino Miguel Benasayag a titolare L’epoca della passioni tristi il suo libro scritto nel 2003 insieme a Gérard Schmit, dove la locuzione presa a prestito da Spinoza rimandava ai sempre più diffusi stati d’animo dominati «dall’impotenza e dalla disgregazione». In quel contesto Benasayag prendeva atto della ormai evidente «rottura dello storicismo teleologico», ossia del tramonto di quella credenza in un futuro migliore che aveva orientato le società affacciate sulla modernità, causando un capovolgimento di prospettiva tale per cui all’orizzonte si profilerebbero, ormai, solo minacce.
Di fronte a questi cambiamenti, che lo psicoanalista argentino non esita a definire «antropologici» benché non riguardino affatto i requisiti trascendentali della natura umana, e che dipendono in larga misura dalla nostra ibridazione con la tecnologia, anche la sofferenza psichica ha da tempo mutato le sue forme espressive.
Nel nuovo saggio sulla «clinica del malessere», che Feltrinelli pubblica con il titolo Oltre le passioni tristi Dalla solitudine contemporanea alla creazione condivisa (con la collaborazione di Angélique del Rey, pp. 155, euro 18,00) Benasayag aggiorna i conti con la psicoanalisi, a volte mettendone a fuoco le indiscutibili inadeguatezze, altre volte caricaturalizzandole, e più spesso riconoscendo alle teorie freudiane il loro insuperato contributo conoscitivo al dolore mentale.
Ciò che oggi spesso si nasconde dietro gli attacchi alla psicoanalisi non è tanto motivato, in realtà, dalle sue lacune – scrive Benasayag – quanto dalle sue virtù: a venire in special modo rifiutata è, infatti, la «dimensione tragica» della cura analitica, quel contatto del singolo con il mondo in cui risuona l’eco hegeliana di una teoria della storia secondo la quale gli individui, pur dedicandosi alle loro attività e perseguendo fini egoistici servono, sebbene inconsciamente, un comune disegno di emancipazione.
 
Segue qui:
http://ilmanifesto.info/istruzioni-per-non-crogiolarsi-nella-dolce-certezza-del-peggio/
 

MASSIMO RECALCATI NEL NOME DEL PADRE. Psicoanalisi. Rivitalizzata dall’esperienza sul campo, questa riflessione sul metodo clinico lacaniano è un approdo e insieme un avvio per la analisi dei nuovi sintomi

di Franco Lolli, ilmanifesto.info, 13 marzo 2016

Il contributo di Jacques Lacan alla clinica psicoanalitica è, probabilmente, quanto di più significativo e importante c’è nella sua intera opera: proprio dalla pratica quotidiana di ascolto dei suoi analizzanti, infatti, lo psicoanalista parigino seppe estrarre quelle preziose e geniali osservazioni che, fecondate dai saperi di altre discipline – la linguistica, la matematica, la filosofia, lo strutturalismo, la topologia – diedero origine alle sue innovative concezioni in ambito teorico.
In maniera analoga, Massimo Recalcati ha portato a compimento il suo progetto di scrivere quello che può essere considerato, a tutti gli effetti, il primo manuale teorico-clinico in lingua italiana sull’opera di Jacques Lacan. E se nel primo volume (uscito nel 2012), metteva in evidenza la profondità speculativa, metapsicologica e teoretica dello psicoanalista francese, nel volume appena uscito, Jacques Lacan Vol. 2 La clinica psicoanalitica: struttura e soggetto (Cortina, pp. XXII-667, euro 39,00) è l’accurata riflessione sulla clinica psicoanalitica a occupare una posizione di assoluto primo piano. Recalcati, infatti, conduce il lettore (anche quello non formato alla pratica lacaniana) in un percorso chiaro e, al tempo stesso, rigoroso, le cui tappe scandiscono i principali temi della clinica strutturale: il recupero della distinzione freudiana tra nevrosi e psicosi, la specificità della posizione perversa, lo studio della psicopatologia infantile, la definizione di criteri diagnostici, la considerazione del rapporto tra struttura e soggetto e così via.
Il libro è, inoltre, arricchito da un’ampia sezione dedicata alla direzione della cura e al problema della tecnica della psicoanalisi che, insieme all’appendice finale nella quale Recalcati commenta la teoria dei quattro discorsi di Lacan applicandola all’analisi della contemporaneità, attribuisce al libro – avviato da una parte di stampo eminentemente eziopatogenetico – un carattere di assoluta completezza.
Dal saggio emerge chiaramente il talento clinico dell’autore, che si traduce nell’evidente confidenza con i concetti che fondano la pratica psicoanalitica alla quale ha dedicato la propria vita. È, infatti, il Recalcati clinico raffinato e scrupoloso, dotato di un acume e di un intuito raro a venire fuori da questo ampio studio: il Recalcati che ha sempre accettato di prendere in cura casi ‘gravi’ e che, proprio su questa frontiera estrema del trattamento, ha saputo elaborare e formalizzare nuove possibilità terapeutiche, nuove modalità di presa in carico, nuovi luoghi di accoglienza per domande fragili; è questo Recalcati – in parte sconosciuto al grande pubblico – che l’uscita di un tale volume mette in primo piano.
Per chi conosce il suo percorso non sarà certo una sorpresa: Recalcati ha abituato i suoi lettori più interessati alle questioni psicoanalitiche a testi clinici di grande spessore, ormai divenuti riferimenti imprescindibili all’interno del campo lacaniano, da L’ultima cena fino a L’uomo senza inconscio, passando per La clinica del vuoto, sono molti i testi dedicati alla clinica psicoanalitica, uno dei tre grandi vettori della sua ricerca, insieme all’approfondimento dei presupposti filosofici e teoretici della dottrina lacaniana, da una parte, e all’analisi della fenomenologia psicosociale del presente, dall’altra.
 
Segue qui:
http://ilmanifesto.info/massimo-recalcati-nel-nome-del-padre/
 
LUCA VARANI. PICCOLA GUIDA PER CAPIRE IL MALE “BANALE” DEGLI ASSASSINI PRATO E FOFFO

di Luigi Campagner, ilsussidiario.net, 14 marzo 2016
 
L’omicidio di Luca Varani pone tra gli altri un problema giornalistico di impaginazione: cronaca nera o costume? La domanda non è oziosa, perché un week end con la “neve” pare d’uso come tempo fa la settimana bianca, e a prendere posizione contro l’allegro uso di dopanti vari si rischia pure l’ostracismo dei media più “à la page”. Anche di quelli pronti a stracciarsi le vesti col senno del poi. D’altronde resta vero che la censura è parte integrante della trasgressione, come ricordano san Paolo nella Lettera ai Romani, Ambrogio nelle sue prediche, per arrivare a Lacan e all’epigone Massimo Recalcati, che l’8 marzo sulle pagine di Repubblica ha rilanciato, commentando il truce delitto romano, il nesso tra godimento (perverso) e legge. Parola che lo psicoanalista oggi più in voga in Italia scrive con la maiuscola, come debito a una tradizione sacrale della legge, tramontata ormai, ma alla quale non è facile — neppure per un laico — trovare un sostituto. Kant, che la legge la faceva sorgere dal soggetto, già aveva indagato questo vortice oscuro nella sua Ragion Pratica quando propose il paradosso della forca allestita davanti al bordello, chiedendosi, se posto come divieto al godimento il simbolo della massima pena, esso avrebbe rappresentato davvero un rinforzo negativo o non invece un eccitante incentivo.
 
Segue qui:
http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2016/3/14/LUCA-VARANI-Piccola-guida-per-capire-il-male-banale-degli-assassini-Prato-e-Foffo/687454/

FACHINELLI: IL CUORE COME CAMPO D’INDAGINE

di Pietro Barbetta, doppiozero.com, 15 marzo 2016
 
Curato da Dario Borso, Al cuore delle cose. Scritti politici (1967-1989), è un insieme inedito di opere di Elvio Fachinelli per DeriveApprodi. Si tratta in gran parte di scritti apparsi su giornali e riviste, compresa L’erba voglio, tra il 1967 e gli ultimi tempi della sua breve vita. Il testo è corredato da una biografia sintetica dell’autore, morto prematuramente nel 1989, e di una intervista autobiografica svolta l’anno antecedente la sua scomparsa. Nell’introduzione Borso afferma che questi scritti mostrano che il paziente più difficile di Fachinelli fu l’Italia. Emerge infatti un corpo a corpo dello psicoanalista di Luserna con il nostro paese, ma anche con i corpi del paese. I Pierini – che hanno il merito di avere ciò che per i Gianni è esclusione – e, appunto, i Gianni, i figli dell’Italia reale, povera e ancora in molta parte analfabeta o semianalfabeta. “Noi Pierini assumiamo come nostro diritto, merito e premio ciò che per loro si è dimostrato condanna, biasimo ed esclusione”. Così in un saggio, presente nel libro, del 1967. Uno psicoanalista bizzarro – quando mai a quell’epoca la psicoanalisi europea si occupava dei poveri? – e coraggioso. In quegli anni, prima dell’autunno caldo del 1969, scriveva su due cose: il corpo e il sociale; del corpo sociale dell’opera di don Milani. Basti leggere queste righe, così incisive e radicali: L’escluso Gianni, che non può considerare non avvenuta la sua ferita, nutrirà un impacciato rispetto, o rancore d’amore, verso la cultura dell’altro. Potrà anche vagheggiare e plasmare una sua cultura, diversa. Ma mentre l’altro la chiamerà sottocultura, egli sarà costretto a ritrovarvi, invano rovesciato, il suo scacco reale (p.24).
Il che non significa che la vita dei Pierini sia più facile, tutt'altro. Si tratta di due culture che, proprio in quegli anni, vanno perdendo il loro differenziale superiore/inferiore. In Italia, la pedagogia di don Milani ribaltava i termini. Saranno i Gianni, almeno per un periodo, a riscattare il proprio scacco, non durerà molto: tempo dopo Pierini e Gianni condivideranno la stessa sorte. Allora però, con Fachinelli in psicoanalisi, don Milani in pedagogia, Gavino Ledda in letteratura, il corpo si faceva soggetto collettivo. 
Il corpo dei bambini poveri – la necessità di lavorare, di apprendere velocemente le pratiche agricole, di allevamento, le conoscenze che la professoressa delle Lettere non conosce –- diventerà il corpo di quegli adulti che non possono permettersi di pagare l'analisi, con i quali l'analista non potrà mai più permettersi di definire un accordo iniziale, che non sarà discusso ulteriormente. Il denaro dello psicoanalistaClaustrofilia e le osservazioni intorno alla revisione dell'opinione di Freud rispetto all'idea dell'Imperatore d'Austria di fornire un servizio psicologico per i poveri, portano la questione povertà “al cuore delle cose”.
 “Al cuore delle cose” c'è chi non ce la fa, un modo diverso di concepire la psicoterapia – Fachinelli non si è mai vergognato di usare questo termine meno “nobile” – dove si può parlare del lavoro, del salario, della rabbia per ingoiare le frustrazioni della fabbrica, della fatica e del sudore. Insomma, per parafrasare chi definì Spinoza “filosofo per non filosofi”, potremmo dire di Fachinelli: “psicoanalista per non psicoanalisti”.
Sui corpi infantili Fachinelli fu maestro dell'osceno, nel pieno rispetto della definizione freudiana del bambino come “essere perverso e polimorfo”, Fachinelli non vide mai un'infanzia innocente e incontaminata, che vive in un vuoto sociale. Nel testo Elvio cacato, del 1970 – per il Convegno Milanese sulle esperienze non autoritarie nelle scuole – che non avevo mai letto prima d'ora, Fachinelli sviluppa osservazioni etnografiche sul campo: Appena arrivato, Nino corre a impadronirsi di un triciclo; suo fratello minore Giovanni insiste per averlo, piange, ma Nino fa il duro. Dopo un po’, non so come, c’è un triciclo anche per Giovanni, e i due fratelli vanno su e giù per il corridoio, facendo chiaramente società fra di loro ed escludendo tutti gli altri. Hanno portato da casa un manganello di gomma. A un certo punto Sandro dà fastidio a Nino, e questo gli allunga una notevole botta in testa. Risposta timida di Sandro, che poco dopo manganella Corrado – più piccolo (p.46).
 
Segue qui:
http://www.doppiozero.com/rubriche/336/201603/fachinelli-il-cuore-come-campo-dindagine
 

LO STATISTA INFELICE. La generosità è il valore chiave da considerare nel giudizio su un politico. Da Trump a Obama

di Umberto Silva, ilfoglio.it, 16 marzo 2016
 
La grandezza di un uomo politico si misura in base a una serie di qualità che contemplano l’intelligenza ma anche la generosità e la lungimiranza. Trovo stimabile un politico che non si accontenta di badare agli interessi del suo popolo ma, più estesamente, anche a quelli di altri popoli che se la passano male. Non si può pensare che la civiltà prosperi in presenza di nazioni che deperiscono economicamente e spiritualmente, la qual cosa spesso è connessa. Insomma, l’avarizia non paga, nonostante quel che ci sforziamo di credere. L’individuo è infelice se pensa solo al proprio bene, com’è infelice un popolo che si rinchiude in se stesso, tanto più che nessuno più è ignaro di quel che accade nel mondo. La felicità e l’infelicità sono globali, e per quanto la morte di bambini stranieri e lontani possa essere rimossa dagli svaghi e dal daffare, niente sfugge all’inconscio, sicché tocca poi masticare pillole su pillole o farsi di coca tutto il giorno. Non se ne viene a capo: l’opulenza accresce paurosamente l’infelicità proprio per il suo miserabile tentativo di farle da antidoto. Per quante coperture si crea, Donald Trump è l’immagine stessa di una spaventosa pericolosa infelicità.

Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2016/03/16/lo-statista-infelice___1-vr-139445-rubriche_c150.htm

MAMME TROPPO BELLE (A OGNI ETÀ) E LE FIGLIE REAGISCONO. A VOLTE MALE. Su RealTime un programma (realizzato con Pupa) fa luce sul rapporto tra le due generazioni in famiglia. La psicanalista Vegetti Finzi: «Attenzione alle rivalità»

di Gabriela Jacomella, corriere.it, 17 marzo 2016
C’erano una volta Jane (Birkin) e Charlotte (Gainsbourg). Madre e figlia, bellissime entrambe — di quella bellezza cui la natura ha sicuramente dato una mano, e resa unica da una personalità fuori dal comune. Due modelli di stile che hanno imboccato strade diverse, se non opposte. Occhi allungati dal kajal per la mamma, icona iperfemminile di stilisti — la «Birkin Bag» è tuttora il sogno proibito di molte — e registi dagli anni Sessanta fino ad oggi; viso acqua e sapone incorniciato da un look finto-trascurato e mascolino per la figlia, attrice e cantante fuori dall’ordinario.
Passaggio di testimone
Nel passaggio di testimone fra generazioni, il make up traccia da sempre una linea sottile, ma netta. A volte fin troppo visibile, con madri-ragazzine fuori tempo massimo, ossessionate dal rituale mattutino davanti allo specchio, al fianco di figlie ribelli ostentatamente refrattarie ad ogni trucco e parrucco. Che succede? Lo abbiamo chiesto alla psicologa e psicanalista Silvia Vegetti Finzi
http://video.corriere.it/psicanalista-prendetela-leggerezza/f6e94d18-ec63-11e5-b4bb-fbc47dd8e9c6
 
L’articolo segue qui:
http://www.corriere.it/cultura/speciali/2015/corriere-eventi/notizie/mamme-troppo-belle-a-ogni-eta-figlie-reagiscono-volte-male-e23e0302-ec5b-11e5-b4bb-fbc47dd8e9c6.shtml?refresh_ce-cp

 

CAPIRE IL BISOGNO DI AVERE UN FIGLIO

di Massimo Ammaniti, 27esimaora.corriere.it, 19 marzo 2016
 
È un interrogativo impossibile quello che pone Claudio Magris in un suo recente articolo: può ogni desiderio trasformarsi in un diritto. La società umana, come ha mostrato Sigmund Freud nel suo libro Il disagio della civiltà, per sopravvivere deve necessariamente reprimere i desideri e i piaceri individuali e piegarli al principio di realtà, anche se nel corso del tempo il rapporto fra desideri individuali e repressione necessaria si è profondamente modificato. Nella società viennese dei tempi di Freud le ragazze, ad esempio, venivano scoraggiate a proseguire negli studi e addirittura venivano avviate a scuole particolari, in cui le attività domestiche avevano un peso preponderante. Da allora il mondo è profondamente cambiato, i giovani, oggi, hanno difficoltà ad accettare il linguaggio del dovere e ricercano piuttosto nella loro vita la felicità personale, parola che non apparteneva al lessico delle passate generazioni.
Quando Freud parla di desideri si riferisce fondamentalmente a quelli che scaturiscono dal mondo inconscio, mentre Magris si riferisce piuttosto al desiderio cosciente di avere dei figli che vale sia per le coppie eterosessuali che per quelle omosessuali. Quando in passato non si potevano avere dei figli si accettava in modo rassegnato che «il Signore non li avesse mandati».
 
Segue qui:
http://27esimaora.corriere.it/articolo/capire-il-bisognodi-avere-un-figlio/
 

GRILLO COMICO CONTRO GRILLO POLITICO

di Luciano Casolari, ilfattoquotidiano.it, 20 marzo 2016
Che un politico finalmente si allontanasse spontaneamente dalla scena pubblica e tornasse a lavorare sarebbe una gran buona notizia. Vorrebbe dire che la dipendenza dal potere, che funziona come una droga stimolando la dopamina cerebrale, può essere vinta e sarebbe un precedente per altri. Il passo di lato di Grillo, dal ruolo politico a quello comico, non pare molto facile da realizzarsi.
Il ruolo della comicità è quello di alleviare nell’interlocutore la tensione emotiva che gli eventi della vita spesso determinano. Attraverso la battuta di spirito c’è una catarsi con uno scarico di tensione emotiva in quanto si riescono a rileggere e relegare in un angolo le brutture della vita. Un medico dice al paziente: Ho due notizie da darle una buona e una cattiva” Il paziente:” Mi dica prima quella negativa” “Lei ha l’Alzheimer” “Oddio, mi dica almeno quella buona?” “Quando scenderà le scale non se lo ricorderà più”. In questa storiella l’effetto comico che si determina è legato allo scarico di tensione. La pena che dovremmo provare per la persona malata e per noi stessi che ci avviamo alla vecchiaia si stempera e si scioglie nella comicità.
Diverso è il ruolo della satira che riesce a scaricare la tensione emotiva che noi proviamo nei confronti di tutti i poteri che ci tengono impigliati e ci sottomettono. Nel momento in cui riusciamo a mettere alla berlina il potente, il ricco o chi esercita autorità verso di noi avvertiamo un risparmio di energia emotiva che dà origine al riso. Ad esempio affermare: “Quando il mio capo mi ha chiesto chi è lo stupido, io o lui? Ho risposto che certo lui non assumerebbe mai persone stupide!” scarica la frustrazione che tutti nella vita proviamo quando abbiamo un capo.
 
Segue qui:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/20/grillo-comico-contro-grillo-politico/2564167/

UN GIRO DI PROSTITUZIONE MINORILE. Non serve incolpare esclusivamente la tecnologia digitale: urge invece dire «Basta!» allo stupore dei genitori che non vedono come sono realmente i loro figli

di Giuseppe Maiolo, ladigetto.it, 21 marzo 2016
 
Emerse nei giorni scorsi azioni di adescamento on line di minori finiti poi nel giro della prostituzione minorile, i giornali hanno giustamente riferito con dovizia di particolari di insospettati professionisti, per la gran parte bresciani, ma uno anche della provincia di Bolzano, i quali per lungo tempo hanno pagato prestazioni sessuali a ragazzi minorenni. Sui rischi che i minori corrono in rete non si parla mai abbastanza o se ne parla quando accadono fatti del genere.
 
Segue qui:
http://www.ladigetto.it/permalink/52506.html
 
 
I più recenti pezzi apparsi sui quotidiani di Massimo Recalcati e Sarantis Thanopulos sono disponibili su questo sito rispettivamente ai link:
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4545
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4788
 
Da segnalare anche la rubrica
"Mente ad arte, percorsi artistici di psicopatologia nel cinema ed oltre, di Matteo Balestrieri al link 
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4682
 
 
(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com

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