Percorso: Home 9 Rubriche 9 CLINICO CONTEMPORANEO 9 La donna mia

La donna mia

30 Apr 16

A cura di Maurizio Montanari

Ho trovato delle formidabili similitudini tra le atmosfere cupe dei racconti di vite grige di diversi analizzanti e i pensieri opachi dell’uomo che vive nel sottosuolo di Dostoevskij. La verità è che siamo tutti vittime di un fraintendimento voluto dell’amore, culliamo un desiderio di emancipazione da pensieri e volontà di sottomissione che sono parte della nostra cultura, e dai quali tanti recitano un distacco a parole. Ma in fondo, nelle parti piu’ oscure dei cuori, ancora vive un arcaico senso di possesso goffamente mascherato da dichiarazioni di sani principi di eguaglianza. ' Alla fine la mantengo, cosa vuole di piu' quella?' grida indignato l'uomo di mezza età lasciato per i suoi modi violenti. ' Se l'è cercata quella, io sono andato a riprendermela. Cosa doveva fare, lasciare che mi sputtanasse ? giustifica in questo modo le percosse alla ex moglie l'iracondo condannato a un anno di carcere. ' Sono tutte uguali, una vale l'altra. Violenza? Ma quale violenza, sono stato provocato' recita il rampollo bene della città ricca , beccato dopo uno stupro. 
Dostoevskij fa dire al protagonista: ‘Io non ero nemmeno piu’ in gradi di amare, giacché per me amare significava tiranneggiare e dominare moralmente. Per tutta la mia vita io non sono stato neppure capace di figurarmi un amore diverso, e sono andato tanto oltre che adesso certe volte mi capita di pensare che l’amore consista soltanto nel diritto liberamente accordatoci dall’essere amato di esercitare su di lui la nostra tirannia ’. Queste  parole  sono simili alle confessioni in seduta di tanti uomini, che nulla sanno dell’amore perché inclini al solo possesso, increduli di quanto un agire che sentono condiviso subisca una reprimenda sociale. Alcuni di loro recitano, altri cercano di celare sino alla fine questo senso padronale. Non credo particolarmente alla riduzione entro categorie, quali quella del ‘narciso perverso’, o del ‘manipolatore’ oggi assai in voga. Non ci credo, perché non credo alla loro funzione riparatrice, all’intenzione assolutoria che la società assegna loro. Non credo che un comportamento culturalmente acquisito e condiviso in larga parte possa trovare alcuna giustificazione se vestito coi panni della devianza o , peggio, della malattia. La scorciatoia assolutoria è li, lastricata di desideri violenti, di intenzioni moraleggianti o ‘terapeutici’ E’ piu’ vero quel che sostiene Dostoevskij : ‘Per quanto mi riguarda personalmente, io altro non ho fatto nella mia vita se non portare all’estremo ciò che voi avete osato portare soltanto sino a metà’

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3 Commenti

  1. manlio.converti

    Bhè certo, il pericolo che
    Bhè certo, il pericolo che occore già per i pedofili, di essere considerati malati di mente, e quindi esentati dalla valutazione giudiziaria, figuriamoci dalla pena, è identica e parallaela, ma ha precise responsabilità e radici, diciamo culturali, nell’abuso fatto da alcuni colleghi sui mass-media, dove pontificano sul nulla, esprimendo in condizioni violente, sui ring dei talk show, il nulla altrettanto violento dei loro pregiudizi.

    Adesso la sua confessione appare come un pentimento tardivo, cui non si alineeranno i vari Crepet o Bruno o Binetti, figuriamoci gli altri, tutti arrivisti, che nella spazzatura della cronaca nera, ulcera diffusa e comune, divenuta orgoglio e fantasia erotica di milioni di italiani teledipendenti, mostrano perle false, volgari e pericolose.

    L’essere umano è onnivoro e violento.
    Questa è la nostra natura comune.
    Discriminare i comportamenti eticamente sani da quell pericolosi è invece arte recente, che emerge da pochi millenni dal brodo universale di miliardi di anni di libertà selvaggia, necessaria per la sopravvivenza.
    Quel selvaggio, che emerge quando siamo soldati di opposte armate, inguerre dichiarate o meno, anche tra i generi, è la nostra profonda natura umana.

    Possiamo verosimilmente cambiarla? Possiamo solamente punire i colpevoli? Possiamo solamente inventarci rituali catartici per rendere socialmente accettabili idee profonde che ci appartengono e che nella migliore delle ipotesi, che azzardo, non realizziamo solo perché ce ne viene a mancare l’occasione.

    Guardiamoci in faccia.
    Noi non siamo belli nè buoni.
    La televisione e i film ci moltiplicano immagini orrende di noi stessi, di cui finiamo per innamorarci….come dei protagonisti dei romanzi…
    Le nostre vite però sono più spesso vuote e mediocri.
    Lavorare di fantasia aiuta a rimepirle.
    Riempire i vuoti con idee che ci allontanano dalla reale condivisione emotiva che stiamo provando mentre ascoltiamo certe storie di cronaca nera ci aiuta ad aumentare ipocritamente la nostra autostima.
    Se l’altro è l’alieno per eccellenza, diventa accettabile desiderare uccidere come lui o come lei, ma allo stesso tempo pensare che questo nostro desiderio sia negato dal fatto che l’alieno è un pazzo, mentre noi nel pensare le stesse cose e desiderare lo stesso sangue, non potremmo esserlo.
    Il pazzo è un contenitore di alienità che fa comodo agli ipocriti.

    In realtà… l’occasione fa l’uomo stalker, anche la donna, anche le persone omosessuali… solamente le circonstanze della vita dividono me dallo stalker o dall’assassino di cui vedo le prodi gesta esaltate dalla televisione.
    Le vittime invece? Ovviamente solo quell più deboli di un gruppo o quelli più deboli della persona che ha l’occasione di agire in quel momento la violenza: quindi sono più spesso le donne, le persone trans, gli omosessuali, i piccoli rom, piuttosto che i grossi nigeriani, i minorenni, i sofferenti psichici, i disabili….

    E’ solamente una questione di ecologia.

    Rispondi
  2. manlio.converti

    Bhè certo, il pericolo che

    Bhè certo, il pericolo che occore già per i pedofili, di essere considerati malati di mente, e quindi esentati dalla valutazione giudiziaria, figuriamoci dalla pena, è identica e parallaela, ma ha precise responsabilità e radici, diciamo culturali, nell’abuso fatto da alcuni colleghi sui mass-media, dove pontificano sul nulla, esprimendo in condizioni violente, sui ring dei talk show, il nulla altrettanto violento dei loro pregiudizi.

    Adesso la sua confessione appare come un pentimento tardivo, cui non si alineeranno i vari Crepet o Bruno o Binetti, figuriamoci gli altri, tutti arrivisti, che nella spazzatura della cronaca nera, ulcera diffusa e comune, divenuta orgoglio e fantasia erotica di milioni di italiani teledipendenti, mostrano perle false, volgari e pericolose.

    L’essere umano è onnivoro e violento.
    Questa è la nostra natura comune.
    Discriminare i comportamenti eticamente sani da quell pericolosi è invece arte recente, che emerge da pochi millenni dal brodo universale di miliardi di anni di libertà selvaggia, necessaria per la sopravvivenza.
    Quel selvaggio, che emerge quando siamo soldati di opposte armate, inguerre dichiarate o meno, anche tra i generi, è la nostra profonda natura umana.

    Possiamo verosimilmente cambiarla? Possiamo solamente punire i colpevoli? Possiamo solamente inventarci rituali catartici per rendere socialmente accettabili idee profonde che ci appartengono e che nella migliore delle ipotesi, che azzardo, non realizziamo solo perché ce ne viene a mancare l’occasione.

    Guardiamoci in faccia.
    Noi non siamo belli nè buoni.
    La televisione e i film ci moltiplicano immagini orrende di noi stessi, di cui finiamo per innamorarci….come dei protagonisti dei romanzi…
    Le nostre vite però sono più spesso vuote e mediocri.
    Lavorare di fantasia aiuta a rimepirle.
    Riempire i vuoti con idee che ci allontanano dalla reale condivisione emotiva che stiamo provando mentre ascoltiamo certe storie di cronaca nera ci aiuta ad aumentare ipocritamente la nostra autostima.
    Se l’altro è l’alieno per eccellenza, diventa accettabile desiderare uccidere come lui o come lei, ma allo stesso tempo pensare che questo nostro desiderio sia negato dal fatto che l’alieno è un pazzo, mentre noi nel pensare le stesse cose e desiderare lo stesso sangue, non potremmo esserlo.
    Il pazzo è un contenitore di alienità che fa comodo agli ipocriti.

    In realtà… l’occasione fa l’uomo stalker, anche la donna, anche le persone omosessuali… solamente le circonstanze della vita dividono me dallo stalker o dall’assassino di cui vedo le prodi gesta esaltate dalla televisione.
    Le vittime invece? Ovviamente solo quell più deboli di un gruppo o quelli più deboli della persona che ha l’occasione di agire in quel momento la violenza: quindi sono più spesso le donne, le persone trans, gli omosessuali, i piccoli rom, piuttosto che i grossi nigeriani, i minorenni, i sofferenti psichici, i disabili….

    E’ solamente una questione di ecologia.

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  3. manlio.converti

    Bhè certo, il pericolo che

    Bhè certo, il pericolo che occore già per i pedofili, di essere considerati malati di mente, e quindi esentati dalla valutazione giudiziaria, figuriamoci dalla pena, è identica e parallaela, ma ha precise responsabilità e radici, diciamo culturali, nell’abuso fatto da alcuni colleghi sui mass-media, dove pontificano sul nulla, esprimendo in condizioni violente, sui ring dei talk show, il nulla altrettanto violento dei loro pregiudizi.

    Adesso la sua confessione appare come un pentimento tardivo, cui non si alineeranno i vari Crepet o Bruno o Binetti, figuriamoci gli altri, tutti arrivisti, che nella spazzatura della cronaca nera, ulcera diffusa e comune, divenuta orgoglio e fantasia erotica di milioni di italiani teledipendenti, mostrano perle false, volgari e pericolose.

    L’essere umano è onnivoro e violento.
    Questa è la nostra natura comune.
    Discriminare i comportamenti eticamente sani da quell pericolosi è invece arte recente, che emerge da pochi millenni dal brodo universale di miliardi di anni di libertà selvaggia, necessaria per la sopravvivenza.
    Quel selvaggio, che emerge quando siamo soldati di opposte armate, inguerre dichiarate o meno, anche tra i generi, è la nostra profonda natura umana.

    Possiamo verosimilmente cambiarla? Possiamo solamente punire i colpevoli? Possiamo solamente inventarci rituali catartici per rendere socialmente accettabili idee profonde che ci appartengono e che nella migliore delle ipotesi, che azzardo, non realizziamo solo perché ce ne viene a mancare l’occasione.

    Guardiamoci in faccia.
    Noi non siamo belli nè buoni.
    La televisione e i film ci moltiplicano immagini orrende di noi stessi, di cui finiamo per innamorarci….come dei protagonisti dei romanzi…
    Le nostre vite però sono più spesso vuote e mediocri.
    Lavorare di fantasia aiuta a rimepirle.
    Riempire i vuoti con idee che ci allontanano dalla reale condivisione emotiva che stiamo provando mentre ascoltiamo certe storie di cronaca nera ci aiuta ad aumentare ipocritamente la nostra autostima.
    Se l’altro è l’alieno per eccellenza, diventa accettabile desiderare uccidere come lui o come lei, ma allo stesso tempo pensare che questo nostro desiderio sia negato dal fatto che l’alieno è un pazzo, mentre noi nel pensare le stesse cose e desiderare lo stesso sangue, non potremmo esserlo.
    Il pazzo è un contenitore di alienità che fa comodo agli ipocriti.

    In realtà… l’occasione fa l’uomo stalker, anche la donna, anche le persone omosessuali… solamente le circonstanze della vita dividono me dallo stalker o dall’assassino di cui vedo le prodi gesta esaltate dalla televisione.
    Le vittime invece? Ovviamente solo quell più deboli di un gruppo o quelli più deboli della persona che ha l’occasione di agire in quel momento la violenza: quindi sono più spesso le donne, le persone trans, gli omosessuali, i piccoli rom, piuttosto che i grossi nigeriani, i minorenni, i sofferenti psichici, i disabili….

    E’ solamente una questione di ecologia.

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