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SE(lfies) NASCOSTI

25 Mag 16

A cura di Eleonora de Gaetani

Il selfie è una fotografia di se stessi, tipicamente ripresa con uno smartphone o una webcam e caricata su un social network. Ne abbiamo visti di ogni tipo: con i musetti a papera e smorfie del volto, seducenti pose davanti allo specchio, muscoli e capelli…insomma li abbiamo visti, sono ovunque in ogni social, per ogni fascia di età, nazionalità. Non ci sono differenze, nessuno ne è immune. Eppure da qualche tempo, maggiormente diffusa tra gli adolescenti, vi è una nuova concezione del self portrait: nascondersi.
Che sia inquadrare una minuscola porzione del volto, nascondersi con le mani o con i capelli…il selfie si evolve, pare, con l’evolversi dell’età, dell’identità, del se.

Non può essere semplicemente una questione anagrafica, del resto i minori corrono tantissimi rischi nella rete e nel mondo virtuale. Non può altresì essere una questione di privacy: abituati a condividere spazi di quotidiana intimità, la propria casa, familiari, i propri averi e oggetti personali, il volto non farebbe certo la differenza. La nuova tendenza non è più mostrare, mostrarsi, ma nascondere; non più presenza ma assenza, mancanza, vuoto.
Si potrebbe ora rifarsi facilmente al vuoto di valori che attraversa le giovani generazioni, non sarebbe sbagliato, ma troppo facile e scontato. Esiste una crisi valoriale, esiste una crisi identitaria, esiste una crisi generazionale, certamente sì, e incide anche questo sull’auto- rappresentazione. Tuttavia, per ora, le modalità del nascondersi, frazionarsi, eclissarsi pare appartengano a una sola fascia d’età: 11-17 anni. Questo dato sembra strettamente correlato a tutti quei processi psicologici tipici adolescenziali: prima di ri-conoscersi in un io ideale, perseguire un personale modello vi è un classico periodo di “vuoto esistenziale”.
 


 
L’identità è una specie di orientamento o di linea tendenziale che accompagna tutta l’esistenza umana, ma diventa un processo centrale nell’adolescenza. In questa età l’individuo diventa in grado di identificarsi con se stesso e acquisisce una consapevolezza più personale dei propri bisogni e talenti, con questo tende anche ad occupare un proprio spazio nel contesto sociale in cui vive.
Secondo Erikson, il senso dell’identità, come sintesi della componente biologica, di influenze ambientali e di elaborazioni personali nasce molto presto. Già dalla prima infanzia, prende avvio il cammino d’identità che conosce varie tappe.
 

 
Dapprima è un senso di continuità interiore che è data dalla percezione di potersi fidare di sé e dell’altro. Successivamente diventa fiducia nella propria capacità di autonomia, poi si configura come capacità di assumere ruoli, di immaginarli anche attraverso il gioco.
Nel periodo dell’adolescenza, la formazione dell’identità raggiunge una specie di culmine e di strutturazione relativamente stabile. L’adolescente si rende conto in modo progressivamente più autonomo delle sue potenzialità e dei suoi limiti, dell’insieme dei suoi gusti, delle sue tendenze e idiosincrasie.
Ormai diventa in grado di percepirsi come un’entità attiva che può esprimersi in modo originale e unico nei vari contesti che vive. L’identità quindi è una crescente consapevolezza di sé, come orientamento dell’adolescente a capirsi nelle sue esperienze dirette, o a “collocarsi” rispetto ai gruppi di appartenenza e all’interno dell’ambiente sociale.
 

 
È pertanto l’incertezza di tale posizione, l’immaturità di tale consapevolezza che conduce a nascondersi, per non ancora rivelarsi, ma attendere maggiore sicurezza e maturità.
Il selfie e l’auto-rappresentazione, seguono così lo sviluppo evolutivo ed emotivo dell’individuo, dimostrando tutte le fragilità che caratterizzano l’idea della propria immagine e l’utilizzo che ne scaturisce, l’influenza dei processi psicologici di autostima e personalità.
Spinti dall’impulso di condividere un selfie, nessuna fotografia risulta essere mai abbastanza, non è solo una questione estetica, questa volta l’esterno conta poco. Questa volta, il Se (lfie) nascosto, è la meravigliosa, pura ricerca della propria veridicità. Ci sarà modo e tempo di sperimentarsi nei ruoli, nelle svariate forme e rappresentazioni, ben vengano queste foto forse inutili per chi è costretto a guardare non volti, ma utilissime per chi è costretto a guardare alla cosa più importante nella vita: se stessi.
 

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