“L’avvocato penalista va sempre di corsa anche se non ha fretta […,] in udienza, in cancelleria, in studio, al telefono. Il tempo non gli basta mai”.
Certamente, chi può affermare il contrario? E’ facile pensare al buon “Azzeccagarbugli” quando si entra nello studio di un avvocato, ma l’immagine che Florio rimanda della sua figura professionale non è, di certo, quella manzoniana, confusionaria e sciatta:
“La componente narcisistica è un must per un avvocato forense” – scrive – “il dibattimento è il suo proscenio, il pubblico ministero il nemico giurato al quale rivolgere sempre un sorriso autentico, il giudice il destinatario delle sue più ardite propalazioni”.
Probabilmente, come tutti, anche gli avvocati penalisti sono vittime del male del secolo: il narcisismo; qualcuno potrebbe non essere d’accordo con questa etichetta dal sapore di un manuale diagnostico di psichiatria, tuttavia, credo che i principi del foro possano tirare un sospiro di sollievo: infatti, “gli avvocati – sottolinea Florio- sono inseriti in maniera ironica nel romanzo, molti avvocati potrebbero identificarsi in uno dei personaggi”. Credo che l’arma vincente di quest’ opera non sia propriamente la storia dell’imputato Mario, quanto la simpatica e boccaccesca descrizione delle aule dei tribunali in cui ogni personaggio “vive” il suo cliché. Florio ritiene che “I tratti del carattere incidono molto sulla professione ed è un piacere ascoltare un avvocato incisivo, ma è piacevole ascoltare altrettanto un collega con cui confrontarsi nei corridoi”. Credo che con queste parole l’autore voglia sottolineare come sia facile essere ammaliati dall’ars oratoria dei grandi avvocatoni, ma quanto è profondo e affascinante confrontarsi “umanamente” con un collega per qualche “dritta”. Questo aspetto credo sia importante alla sopravvivenza di un giovane avvocato e durante l’intervista Florio lo suggerisce con fare delicato, lo stesso che contraddistingue il suo libro. Poi la magia si rompe all’improvviso con ’onomatopeica chiamata “avvocaaat” che segna, inevitabilmente, il cammino disastrato con il cliente pittoresco di turno; per non parlare del famoso “sempre verde piano B” dell’avvocato penalista: la prescrizione del reato. Certo che Florio riuscirebbe a strappare un sorriso anche alla lettrice pià profana! Insomma, un’opera audace e variegata che non lesina, di certo, uno dei temi più importante dell'uomo: l’amore! Ebbene si, anche gli avvocati hanno una vita sentimentale!Strano vero?
“Tanto amore e dolcezza nella descrizione di Margherita” – sottolinea emozionato Rapanà leggendo un passo del libro:
“la pausa pranzo è il nostro primo vero contatto della giornata” […] Vuole sapere dove sono, se sto bene, come ho trascorso la giornata. Le domande non sono incalzanti ma vogliono delle risposte. Nessuna prepotenza, solo voglia di condividere [..]mi vuoi sempre bene?”
Cosi Margherita, la compagna di Federico fa sentire la sua vicinanza,“è la fidanzata a distanza, è croce e delizia, si muove dietro le quinte del romanzo con discrezione” Insomma, la donna ideale di ogni professionista! “La vicenda giudiziaria- rivela Florio- è solo un pretesto per scrivere”, per parlare dei suoi luoghi, della Chiesa Russa, del liceo, del Salento, delle contrade di Monopoli, “fotografie melanconiche” le chiama, che hanno il sapore del rimpianto passato e dello sguardo deciso verso il futuro. Credo che il nostro “pendolare dell’amore” (ndr.l’autore stesso ha una relazione sentimentale a distanza) benché non ammetta il carattere autobiografico del suo romanzo, stia elaborando a modo suo i sacrifici fatti, oggi ben ripagati, pronto ad entrare nel periodo più florido della sua carriera forense.
“Il primo pensiero è quello di trovare una via d’uscita per l’imputato e, se proprio non riesci a trovarla, l’alternativa è il minor pregiudizio possibile per il cliente”
(A. Florio,” Nazariantz”, Edizioni Epsil, 2016)
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