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Fotografare è generare la propria bellezza

4 Lug 16

A cura di Eleonora de Gaetani

Quando guardiamo qualcosa, siamo davvero certi di cosa i nostri occhi stiano guardano?
La percezione visiva non è un semplice meccanismo neurobiologico garante di un’oggettività inesistente. Ogni informazione che giunge ai nostri occhi è elaborata dal nostro cervello e pertanto mediata da quella serie d’istanze che appartengono al complesso mondo psicologico: le esperienze, le conoscenze dell’individuo, la memoria soggettiva, la personalità, il temperamento insomma, alla fine di questo processo il risultato non è di certo oggettivo, anzi, è strettamente personale.

E se ciò che vediamo è di per sé una costruzione mentale, forme di cose che significano altre cose, quello che fotografiamo cos’è? L’atto fotografico è sincronia: il mondo esterno si incontra, si attraversa….ma fare click dipende dalla motivazione, dalla ragione interiore che ogni osservatore porta dentro di sé, da tutto quel groviglio inconsapevole che lo spinge a preservare per sempre una parte del mondo e lasciarne fuori tutto il resto.
Come si scelgono le parole per scrivere una lettera d’amore, per comporre il verso di una poesia, allo stesso modo si scelgono parti della realtà: compongo l’immagine, ne curo la luce, correggo gli errori e mi permetto qualche licenza poetica.

Fotografare diviene un disegno nuovo dell’universo esterno che coincide con il proprio universo interiore, con le proprie immagini mentali, con le proprie idee e i propri pensieri. Che sia un luogo, un paesaggio, un autoritratto, l’origine è la necessità di riconoscersi. La necessità di dare un volto nuovo al proprio volto, un punto di vista nuovo quando si fa un nuovo passo verso la persona che si vorrebbe essere, quel se ideale a cui si tende, quel desiderio verso cui protende il proprio cuore. Tracciando e scoprendo il proprio cammino, elaborando le proprie scelte, preservando i propri sogni.

La fotografia non è altro che una continua ricerca, poetica e creativa. La costruzione di una personale e intima verità, della rassicurante necessità che il mondo possa coincidere con le nostre idee: “Unus Mundus”. L’immagine così’ creata, non potrà mai essere di qualcun altro, solo pochi potranno avvertire quello stesso stato di appagante appartenenza. Migliaia di persone la guarderanno, e ogni volta avrà significati differenti. Alcuni la troveranno interessante, ad altri piacerà, ma solo pochi, forse nessuno, la adorerà, come si fa con certe cose oscure, senza sapere come o perché.

Sul dubbio dell’esistenza di ciò che ci circonda, e della vita stessa, sorge e si alimenta la fotografia, colei che anima e inganna, nel reiterato tentativo di documentare facile la propria presenza. Nel “Grande mare del bello” come lo definisce Platone, l’uomo ricerca l’immortalità e la bellezza, ricerca che si compie solo procreando e generando. Ecco, la fotografia è la prova tangibile della bellezza che ognuno di noi può generare, di ciò che si ha in mente, ma può divenire reale!

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