Incontro da spiaggia, sulla incomunicabilità tra colleghi omosessuali.
Finalmente è estate, dopo mesi di clima autunnale, adesso è proprio estate. L’estate c’è o non c’è, senza sfumature, come l’inverno, mentre le stagioni intermedie sono sempre più ambigue e nevrotiche.
Ovviamente frequento la spiaggia gay di Gaeta, meravigliosa costa di Ulisse, pareti scoscese che tengono lontano il rumore del traffico, mare trasparente color di giada e una compagnia di rari nudisti e persone Lgbt che allontana le rumorose famiglie con bambini piccoli e attrae la curiosità di coppie e gruppi di giovanotti in cerca anche di avventure.
Ogni estate si rivedono i volti noti, soprattutto dei ragazzi di provincia, tutti fuggiti lontani, non solo per lavoro, che tornano, emigranti senza radici. Tra loro Mario, nome di fantasia, libero e gioviale, che subito mi presenta il nuovo giocattolo per fare sport in mare e il fidanzato, Pietro, anch’egli dal nome volutamente falso.
Marco mi piaceva tanto qualche anno fa ma non si è mai concesso e siamo andati oltre, per cui è facile giocare al ruolo di spasimante invidioso, anche solo per passare il tempo.
Quest’anno il gioco delle coppie finalmente si rinnova e possiamo chiedere l’un l’altro senza problemi quando ci si sposa, io celibe misantropo, loro coppia evidentemente innamorata.
Siete già andati a convivere? A quando le nozze? E giù dettagli di fantasia, ma tutti oggettivamente realizzabili, anche se non ci siamo ancora abituati alla realtà.
Pietro è un medico, un chirurgo che lavora a Roma, dove è migrato Mario a fare il commesso. Insomma la favola di Cenerentola gay, con Mario che si vanta di tutto, anche della mamma dove sono ospiti adesso, come tutti i fine settimana, che gli prepara amorevoli cene e piatti tradizionali per coccolarli, umili ma soeciali.
La domanda sui suoceri è inevitabile ma il collega Pietro sbotta mentre Mario nega di averli conosciuti.
Mi esce spontaneo e risolutorio, per cambiare poi argomento, una frase normale e di circostanza: “vabbuò, non glielo hai detto”, che sottintende in questo caso solo “di essere omosessuale”.
Apriti cielo. Confesso che Mario pensava fino a quel punto che avere un fidanzato meico-chirurgo, da presentare come il principe azzurro, fosse soprattutto con me un merito straordinario. “Siete colleghi, non lo sai?” come se dovessimo riconoscerci anche in costume da bagno. E invece si ritrova a minimizzare di mandarmi a quel paese, “come fanno tutti sopra questa spiaggia” dove sono l’unico attivista Lgbt e dove a parte Mario i ragazzi dichiarati in famiglia sono una minoranza. Ovviamente le relazioni sociali qui sono come tra parenti serpenti, visto che residenti e abituè siamo sempre gli stessi, ma ognuno ha il suo giro di amici, e perfino l’angolo di spiaggia riservato per limitare i contatti con fazioni avverse. Anche io….limitate solo dalla mia misantropia e dal mio esporre la bandiera arcobaleno in modo orgoglioso, come accade in tutte le altre spiagge gay del mondo.
Mario insomma gioca in ritirata, perché non si aspettava la reazione del compagno, sarebbe falso dire che non sapesse quanto sono impertinente.
Lo confesso: avevo gettato l’amo sperando di trovare un alleato sul campo della depatologizzazione dell’omosessualità in ambito sanitario. Certo non è argomento da spiaggia, ma appunto nascondersi alla madre naturale era l’evento che uccideva questa speranza e così dicendo un “vabbuò non glielo hai detto” stavo chiudendo il capitolo per andare a parlare del tempo e della cronaca.
Invece no. Apriti cielo!
Pietro è incontenibile, arrabbiato forse anche perché un giorno anni fa ci avevo vagamente provato con Mario inizia ad insultare la professione di psichiatra, a suo parere dicotomica e superficiale, a fare a pezzi il Dsm 4, come se vagamente io lo considerassi una bibbia, chiedermi quando avessi terminato la mia psicanalisi didattica, che non c’entra nulla per poi passare a speculazioni edipiche su mia madre attraverso la frase chiave, assolutamente non richiesta, mentre io cercavo di cambiare argomento.
Non ho detto “vabbuò jamme annanze” , ma temevo una filippica anche sui napoletani!
La frase chiave.
“Tra dire di essere gay alla propria madre e non dirlo esistono infinite sfumature!”
Tocca a voi farvi un’idea, non potendo ascoltare di persona Pietro, ma vi assicuro di aver riportato fatti e parole in modo esatto.
Tocca a voi dirmi cosa ne pensate della frase chiave e della rabbia di Pietro.
Io sono solo qua per ricordare che l’80% degli omosessuali non fa Coming Out anche quando non ci si può davvero nascondere, mentre questa percentuale sale al 99% tra i medici.
Le sfumature di grigio tra dire e non dire alla madre di essere gay e la rabbia che le accompagna, anche adesso che possiamo sposarci in Italia, grazie a noi attivisti Lgbt, cosa rappresentano?
Cosa soprattutto potete fare voi per ridurre l’evidente sofferenza del collega?
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