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Diritto ad essere DONNA

22 Set 16

A cura di Manlio Converti

Due donne bussano, una alla porta del Centro di Salute Mentale e l'altra al Pronto Soccorso, distrutte, in lacrime, agitate. Entrambe portano i segni di probabili ferite da contusione e una piccola ustione, una sul braccio, l'altra sulla gamba. Una ha una relazione scomposta, un figlio, una famiglia con problemi relazionali noti, l'altra è sconosciuta, vive con i genitori nonagenari e dementi e riceve ogni tanto le terrificanti visite del fratello sposato.
Entrambe all'apparenza sembrano soffrire e questa sofferenza può essere interpretata come una sindrome psichiatrica solo perché parlano molto e sono verbalmente aggressive con i medici. In realtà reclamano solo i loro diritti negati e urlano, perché nessuno le ascolta mai.
Entrambe denunciano i parenti presso i carabinieri.
 
La prima è davvero una  paziente maniacale seguita dal Centro di Salute Mentale. L'altra mi è ignota.
I parenti della prima, come sempre, l'aggrediscono verbalmente e non permettono neanche ai medici di dialogare o mediare alcunché. Il fratello della sconosciuta, invece, si rifiuta di parlare davanti a lei, mi raggiunge successivamente e mi spiega solo di essere imbarazzato perché lui appartiene ad un'arma e questa storia di denuncia viene difficilmente tollerata dai suoi colleghi, che non sanno che parti prendere.
 
Siamo ancora chiusi nel Cappello a Tre Punte o nel Così è Se Vi Pare di Pirandello, per cui la calunnia ad una donna emancipata che sia "pazza" giustifica ogni violenza fisica e psicologica.

D'altra parte in Italia è difficile essere una donna. Si è merce abusata sia da vestita che da spogliata, con il velo o con le mutandine di pizzo, con i capelli rifatti o con il trucco disfatto. Sei una cosa, con una scadenza, nata solo per perpetuare l'unica specie degna, di cui si è al servizio in ogni civiltà ed epoca, anche la nostra: il maschio.
 

 
E' vero che una paziente maniacale, più o meno avvenente, turba l'ordine familiare e sociale quando esce libera la notte e rischia di offrirsi al primo che passa, così come è vero che è fuori dalle aspettative sociali una donna qualsiasi che recede dal ruolo di badante di genitori dementi e ottuagenari o di domestica asservita al padre o ai fratelli, o schiava del sesso del maschio che l'ha eletta tale e lo dimostra portandosela dietro come un cagnolino ammaestrato o abbrancandola come una preda.
Uscire fuori dallo standard sociale, fissato dai Mass Media o dalla tradizione italica eteropatriarcale, continua ad essere pretesto di una doppia violenza.
 
Le donne che protestano e rivendicano la propria libertà siano o meno malate di mente, vengono calunniate come tali e d'altra parte, a quanto pare, l'essere "pazze" giustifica le violenze che subiscono.
 
Il problema della violenza sulle donne è senza fine perché non abbiamo ancora trovato una Franca Viola o una Rosa Parks psicotiche che si ribellino efficacemente, neanche come Malala dopo l'ennesimo attentato. D'altra parte perché molte donne, anche medico, magistrato, ministro, madri, avallano questo fondamento di equivalenza tra sofferenza psichica e violenza domestica?
 
Ogni pronto soccorso e ogni professionista, di ogni genere, può invece fornire il numero 1522, Telefono Rosa a tutte le donne vittime di violenza, siano o meno sofferenti psichiche. Sappiamo benissimo che sono in corso tagli feroci anche alle strutture di assistenza materiale e psicologica verso le donne che subiscono violenza. Sappiamo benissimo delle campagne insensate e femminicide sulla fertilità o la famiglia come unico valore.

Pochi conoscono il destino delle casalinghe, dopo aver chiuso il ciclo infanzia, come figlie, adolescenti, come fidanzate, giovinezza, come mogli, adulte, come madri. Pochi sanno che arrivati ai 50 anni restano sole, perse in un vuoto esistenziale che le condanna ad una morte in vita, tradotta da eminenti psichiatri in diagnosi di depressione endogena per trattarle da contenitori di psicofarmaci o giustificare il loro abbandono da parte di mariti ancora vitali e attivi sessualmente.

Le donne sopra i 50, le casalinghe in particolare, vivranno circa altri 30-40 anni, ormai forse anche 50, di serenità e benessere fisico, ma non psichico, minate dall'interno dall'assenza totale di scopo nella vita e vuoto sociale.
Il loro essere altro dal programma eteropatriarcale, maschio.centrico, le esclude anche da sè stesse, fino alla dimostrazione di sintomi psichiatrici.

Le donne che lavorano non cadono in questa forma di depressione se non dopo la pensione. D'altra parte anche loro vivranno alcune decadi ancora, con maschi sessualmente attivi, il cui scopo resterà quello di trovare badanti o giovani aitanti.
I maschi in pensione ci arrivano con un corpo in peggiori condizioni e vivranno mediamente meno, accolti in caso di patologie dalle ampie ed infinite braccia materne di mogli e figlie, eternamente grate di esistere all'unico scopo di prendersi cura di loro.

Eros e Priapo di E. Gadda spiega meglio di me le assurde psicopatologie relazionali degli italiani e delle italiane, ancora legate ai miti erotici ed eroici del maschio edipico, in cui potrete veder rappresentato ogni presidente, direttore, preside, marito, capo di stato o sindaco in testa.

Le donne sotto i 50 sono un pericolo se cercano di emanciparsi.
Quelle sopra i 50 devono essere ancora badanti e caregivers oppure perdersi nel nulla esistenziale, senza nulla pretendere dalla vita.

Le donne emancipate devono essere eliminate, fisicamente, psicologicamente, farmacologicamente, anche attraverso diagnosi e ricoveri, anche attraverso la capacità delle minoranze di boicottarsi da sole fino al suicidio o alla depressione.

E' uno stress incredibile essere donne ed essere libere, soprattutto quando ci sia davvero una malattia psichiatrica, perché la propria dignità umana (femminea) viene continuamente calpestata a ragion veduta del male presente, allo scopo sempre di aggiogare l'arroganza della libertà non esigibile.

 

 

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