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TRA 2016 E 2017. Parte I – Ricorrenze e ricordi

31 Dic 16

A cura di Paolo F. Peloso

E  andando nel sole che abbaglia
Sentire con triste meraviglia
Com’è tutta la vita e il suo travaglio
In questo seguitare una muraglia
Che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
 
Eugenio Montale, Meriggiare, 1916

 

 
Ricorrenze. Il 2016 è stato un anno particolarmente denso di ricorrenze che hanno toccato più o meno direttamente la psichiatria. Tra esse, ricordo il fatto che sono proseguite le celebrazioni del centenario della Grande guerra, che ha visto dedicata alle sue implicazioni per la salute mentale l’annuale riunione del Centro Studi di Storia della Psichiatria il 30 settembre a Reggio Emilia: Il conflitto, i traumi. Psichiatria e prima guerra mondiale. A intervenire Mizra Redzic, di Serajevo, sul tema della guerra combattuta per conto d’altri (l’impero asburgico nel caso degli jugoslavi impegnati contro la Serbia, che sono andati incontro a maggiori problemi di salute rispetto ai nemici. Gabriele Licciardi e Gerardo Favaretto che hanno illustrato rispettivamente il lavoro di Salerni a Verona e Zanon del Bo’ a Treviso[i] dimostrando come uno stesso atteggiamento, quello di essere tendenzialmente selettivi nel rimandare i soldati al fronte dopo le cure, possa sottendere intenzioni opposte: proteggere l’Armata da soldati che sarebbero di peso o di proteggere i soldati dal rischio di nuova esposizione alla noxa traumatica. Infine, gli storici del cinema Giovanni Vitelleschi e Giulia B. Koehne hanno commentato spezzoni di commuoventi documentari – per l’Italia quelli realizzati dal neurologo Antonio Nigro a Torino – con i quali i neurologi dell’epoca documentavano la sintomatologia isterica nel soldato. La settimana successiva, al congresso della Società di Storia della Medicina a Padova ampio spazio era dedicato alla sanità militare durante la Grande Guerra. Sono trascorsi 500 anni dalla pubblicazione dell’Orlando furioso di Lodovico Ariosto e del tema ci siamo occupati su questa rubrica[ii]. Ne sono trascorsi 400 dalla morte di William Shakespeare e Miguel de Cervantes; al secondo questa rubrica ha dedicato uno spazio[iii], e le riflessioni esposte sono state ampliate in una conferenza presso l’Accademia Ligure di Scienze e Lettere che sarà replicata l’11 febbraio 2017 a Rapallo. Quanto a Shakespeare invece, lo abbiamo lasciato in ombra e siamo in debito con lui. 160 anni fa, il 6 maggio 1856, nasceva a Freiberg, in Moravia, Sigmund Freud: ci limitiamo a ricordare la ricorrenza, perché la grandezza del suo contributo alle scienze della mente eccede ovviamente quello che potremmo scrivere in questa sintesi. Sono trascorsi 150 anni dalla pubblicazione di Delitto e castigo e de Il giocatore da parte di Fëdor Dostoëvskij, e anche di ciò questa rubrica si è occupata[iv]. Lo stesso periodo è trascorso dalla morte il 5 marzo 1866 ad Hanwell nei pressi di Londra dello psichiatra inglese John Conolly (era nato il 27 maggio 1794). La sua esperienza iniziata nel 1839 presso il manicomio di Hanwell presso Londra rimane una pietra miliare nella storia della psichiatria e ha ancora ai nostri giorni molto da dirci. Nel suo testo Trattamento del malato di mente senza metodi costrittivi del 1856 (tradotto da Einaudi nel 1976) illustra i vantaggi dell'abolizione dei mezzi di contenzione, e sostiene che "gentilezza e attenzione", insieme a un buon affiatamento nell'équipe, sono in psichiatria gli strumenti di cura più efficaci. 120 anni sono trascorsi dalla nascita a Genova del poeta Eugenio Montale e 100 dalla pubblicazione, ventenne, della più nota delle sue poesie, Meriggiare, della quale abbiamo riportato gli ultimi versi in esergo. L’Accademia Ligure di Scienze e Lettere lo ha ricordato il 15 dicembre con un Omaggio a Montale nel quale sono stati anticipati i contenuti di un libro basato sulla corrispondenza privata in corso di pubblicazione per l’editore San Marco dei Giustiniani; vi hanno preso parte, con l’editore, Maria Antonietta Grignani e G. B. Boccardo dell’Università di Pavia, la nipote Bianca Montale, nota storica del Risorgimento, oltre agli accademici Stefano Verdino e Massimo Bacigalupo. 70 anni fa, in un’Italia appena liberata, si svolgeva a Roma il XXIII congresso della Società Italiana di Psichiatria; un’occasione per guardare indietro gli anni del fascismo e della guerra, ma anche un’occasione che la psichiatria italiana non ha voluto cogliere fino in fondo[v]. 30 anni fa si spegneva a Parigi Simone de Beauvoir: con la sua penna garbata ha scritto cose importanti per l’evoluzione della figura femminile nel Novecento e ha partecipato con Jean Paul Sartre a una stagione fondamentale della cultura francese e della storia dell’Europa e dell’area mediterranea, negli anni del secondo dopoguerra, della decolonizzazione e della protesta studentesca. Mentre si svolgevano i suoi funerali a Parigi, gli Stati Uniti in un attacco aereo alla tenda in cui viveva la famiglia del colonnello Gheddafi ne uccidevano la bimba di 15 giorni, Hanna; allora furono costretti a fermarsi dallo schieramento della marina sovietica a protezione delle coste libiche. 25 anni sono trascorsi dall’inizio dell’intervento della coalizione militare a guida statunitense in Irak; e su quella tragedia di corpi di civili bombardati e soldati pressoché inermi sepolti vivi nella sabbia a migliaia come formiche, si alzano ancora il pianto e la denuncia nei versi di Dalle ceneri di Tahar Ben Jalloun[vi]:

 
(…)
La Madre delle Vittorie è un immenso cimitero
Senza lapidi e senza preghiere
Senza alberi e senza gatti
Un grande territorio dove il sangue
Delle parole e degli uomini
Si è mescolato con la sabbia
(…)
Hanno contato i loro morti.

Mani delicate
Mani dai guanti bianchi
Li hanno tratti dalla sabbia
Braccia robuste li hanno deposti nelle bare.
(…)
Chi conterà i nostri morti?
Mucchi di cenere dimenticati sul margine della strada
Membra sparse nelle carcasse abbandonate.

(…)
 

In quelle stesse giornate, in qualche luogo dell’Occidente al riparo dagli spari anche un medico genovese, l’autore di questo articolo, esprimeva in qualche verso i suoi sentimenti su quella tragedia:

 
…ma cosa potevamo dire noi, sommessamente
in quest’improvviso imbarbarirsi d'ogni cosa?
quando, la morte arrivò dal tramonto
stupida, come la morte
come la morte, implacabile…
 
                                   bambina di Baghdad, piangevi
                                   nelle notti di Gennaio…

 

E oggi mi viene da pensare che quella bambina, se fosse stata tanto fortunata da sopravvivere, avrebbe una trentina d’anni; ma le sue notti non avrebbero ancora cessato di essere scosse dalle esplosioni. 20 anni fa si spegneva Dario De Martis, tra i protagonisti della stagione che ha portato alla legge 180 e alla nascita dei nostri servizi; Pavia lo ha ricordato e l’evento è stato ripreso su questa rubrica[vii]. Sono trascorsi 15 anni dal G8 di Genova e questo anniversario è stato occasione per riproporre le riflessioni di allora estendendole al periodo trascorso da quei tre giorni nei quali la  speranza di un altro mondo possibile si è trovata ad affrontare la ferocia a mani nude[viii]. 10 anni fa ci lasciava Mario Tommasini, giovanissimo partigiano, poi per molti anni assessore ai servizi sociali della Provincia e del Comune di Parma, amico di Franco Basaglia al quale lo univano unità d’intenti e di passione, coraggioso e determinato protagonista delle lotte contro il manicomio, il brefotrofio, il carcere, le strutture emarginanti degli anziani. Dalla fattoria sociale di Vigheffio, uno dei risultati più emblematici del suo lavoro, promana un esempio di tensione etica, passione e utopia per quanti si sentano concretamente impegnati nella costruzione di una società più solidale, più serena e più giusta[ix]. Un felice compleanno infine: la rivista Psicoterapia e scienze umane, fondata e diretta da Pier Francesco Galli, ha festeggiato il 17 dicembre a Bologna 50 anni. L’evento, nella suggestiva cornice del convento di San Domenico, è stato aperto da un’introduzione di Galli alla quale è seguita una tavola rotonda nella quale alcuni protagonisti della nascita della psicologia in Italia (Renzo Canestrari, Marcello Cesa-Bianchi, Enzo Spaltro, Alberto Merini e Galli stesso) sono stati intervistati da due storici della psicologia, Valeria Paola Babini e Renato Foschi. In un breve filmato Galli e Merini, insieme ai due co-direttori Paolo Migone e Marianna Bolko e alla grafica Simonetta Ferrante hanno poi ricostruito la nascita della rivista, che con i suoi circa 5.000 articoli e 120 milioni di battute ha dato in questo mezzo secolo un contributo teorico preziosissimo alla vita dei nostri servizi. Nel pomeriggio Migone e Bolko hanno letto le risposte che alcuni psicoanalisti tra i più celebri hanno dato a una serie di domande della redazione sull’attualità della psicoanalisi, risposte che sono state raccolte nel numero speciale pubblicato per il cinquantenario. Dagmar Herzog, dell’università di New York, ha presentato le sue ricerche sulla desessualizzazione della psicoanalisi negli USA nel secondo dopoguerra e i suoi rapporti con la Chiesa cattolica. Ha chiuso la giornata la lettura, da parte di Stefano Benni, di un testo geniale dello psicoanalista Berthold Rothschild, nel quale si immagina che la psicoanalisi, in una sorta di contrappasso, si sdrai sul lettino dove ha accolto milioni di persone e si lasci andare a libere associazioni, argute e brillanti in più di un passaggio, a proposito del suo ingombrante padre, la mancanza di madre e i tanti cultori divisi in infiniti rivoli, e spesso gelosi l’uno dell’altro[x].

 

Ci hanno lasciato. Ricordo di avere ascoltato dal vivo Umberto Eco in occasione della lettura magistrale che tenne al XLIII congresso della Società Italiana di Psichiatria, nel 2003 a Bologna; in quel momento ho compreso il piacere che può dare vedere all’opera l’intelligenza dell’uomo con la sua capacità di creare attraverso la parola quando raggiunge le sue più felici ed eleganti espressioni. Il che mi è parso anche il tema di fondo del suo romanzo più noto, che ho divorato in una notte: il gusto che dà la commedia intesa come sintesi di parola, intelligenza, riso e libertà dell’uomo, e il terrore che la sua potenza eversiva evoca nei bigotti di ogni tempo (bigotti della religione certo, ma non solo). I saggi e i romanzi dei quali ci ha fatto dono hanno a che fare, credo, soprattutto con questo. Marco Pannella si era battuto negli anni ‘70 per la chiusura del manicomio e avrebbe voluto ottenerla tramite referendum. Figura poliedrica, ha costretto la società italiana e in qualche caso il mondo a interrogarsi su temi fondamentali della vita moderna, a partire dal divorzio. Ricordo sullo scenario internazionale le sue battaglie nonviolente contro la fame del mondo, la tortura e la pena di morte; la sua proposta di esilio per Saddam Hussein in alternativa alla seconda Guerra del golfo avrebbe potuto risparmiare molto sangue. E in Italia quelle per la legalizzazione dell’uso di droga, contro le leggi speciali degli anni ‘70, contro l’ergastolo, per condizioni di vita più dignitose nelle carceri, per i diritti degli omosessuali. Ha imposto all’attenzione della politica temi centrali per il dibattito bioetico e per la deontologia medica, come l’aborto e l’eutanasia, rispetto ai quali ho condiviso un’esigenza di maggiore apertura e depenalizzazione, ma non un’impostazione che mi è parsa troppo individualista e liberale. Per l’ideologia liberista, gli Usa e Israele il suo è stato un autentico  innamoramento; il che non aiuta a cogliere con lucidità i difetti. Credo comunque che l’Italia abbia avuto in lui un politico sincero, generoso, originale e capace di vivere come propri i problemi di tutti; e debba essergli grata per questo. Il giurista e magistrato Alessandro Margara è stato tra gli ispiratori delle politiche penitenziarie riformiste degli anni ’70 e ha fatto sempre della sesta delle opere di misericordia, visitare i carcerati, la propria missione; ad essa non ha mai fatto mancare la propria intelligenza, la passione e l’impegno. Ha ritenuto, come già Voltaire, che la civiltà di un paese si valuti tra le sbarre e, siccome la valutazione nel caso dell’Italia rimane bassa davvero, si è adoperato a migliorarla. E’ stato ispiratore nei primi anni ’90 di una proposta di regionalizzazione degli OPG, fatta propria dalla regione Emilia Romagna, che avrebbe consentito di compiere un primo passo vent’anni prima e in modo probabilmente più ordinato. Secondo la motivazione del premio Nobel per la letteratura consegnatogli il 9 ottobre 1997, l’attore e regista teatrale comunista Dario Fo:seguendo la tradizione dei giullari medioevali, ha dileggiato il potere restituendo la dignità agli oppressi”. Credo che l’imbarazzo che in molte persone orientate a sinistra abbiamo provato di fronte al suo cadavere corrisponda a quello provato da lui di fronte al cadavere della sinistra, che lo ha portato negli ultimi anni a identificare nel movimento di Beppe Grillo l’unico elemento di discontinuità e apertura al futuro della politica italiana; una valutazione di fronte alla quale scuoto la testa, ma che pur non condividendola trovo tristemente comprensibile. Tina Anselmi è stata staffetta partigiana, si è impegnata in politica nella Democrazia Cristiana e ha presieduto la Commissione parlamentare P2 gettando quel po’ di luce che le è stato consentito sui meccanismi occulti con i quali gran parte della classe dirigente stava gestendo e si preparava a meglio gestire il potere economico, politico e della comunicazione nella nostra sempre traballante democrazia. Nel campo della sanità, è stata il ministro protagonista di quella grande stagione di civiltà che ci ha dato la Riforma sanitaria e la Legge 180. Umberto Veronesi, insigne oncologo, ha migliorato la vita di migliaia di donne con la messa a punto di un intervento meno demolitivo per la mastectomia. Passando dall’Italia alla prospettiva internazionale, Fidel Castro Ruz è stato l’ultimo dei grandi rivoluzionari del XX secolo; qualcuno, più schizzinoso, distingue il rivoluzionario romantico del Granma da colui che, poi, ha retto l’isola per oltre mezzo secolo esercitando, certo, anche forme significative di repressione. Io credo invece che il giudizio della sua azione rivoluzionaria non possa essere scisso, e anche questa seconda responsabilità che si è assunto debba essere apprezzata perché difendere a lungo la rivoluzione dall’aggressione incessante del potente e rapace vicino statunitense è stato certo più prosaico, ma non meno eroico rispetto a farla. Anni fa mi trovavo in Plaza de la Revolucion quando i leader religiosi e sindacali invitati per il 1 maggio gli chiesero pubblicamente la grazia per alcuni detenuti processati, ritenuti rei dell’uccisione di turisti a scopo terroristico e condannati dal tribunale alla pena capitale. E lui, spiegandone le ragioni, rifiutò. In quel momento non condivisi la sua decisione, perché la pena capitale è sempre l’assassinio di un uomo legato e inerme, chiunque egli sia stato in precedenza; ma la compresi avvertendo, mi parve, la sua fatica e sofferenza. Credo che non si possa giudicare la Rivoluzione cubana, come ogni altra del Novecento, prescindendo dalla condizione di aggressione da parte del capitalismo che le ha costantemente minacciate; si è trattato sempre di esperimenti condotti sotto assedio. Tra i suoi meriti ricordo, da medico, la scelta di porre l’obiettivo di un’assistenza sanitaria di buon livello per tutti gli esseri umani – dentro ma anche fuori dall’isola – tra le priorità della Rivoluzione, e ciò in un subcontinente straziato dalle disuguaglianze dove la salute di masse sterminate non gode di nessuna protezione. Credo che, insieme al coraggio nella denuncia delle ingiustizie in sede diplomatica, anche questo renda molti cubani orgogliosi della loro Rivoluzione; il che costituisce il miglior antidoto alle minacce delle quali essa è oggetto, che passino attraverso le lusinghe del consumismo o attraverso i ricatti economici, o la violenza aperta, delle politiche imperiali.

 
Segue parte II: Eventi, servizi, recensioni (clicca qui per proseguire)



[ii] Si veda in questa rubrica: ORLANDO: 500 ANNI DI FURIA E DI POESIA.
[iv] Si veda in questa rubrica: 150 ANNI DI “DELITTO E CASTIGO”.
[vi] Genova, il Melangolo, ottobre 1991.
[vii] Si veda in questa rubrica: FARE E PENSARE, ANCORA.
[ix] Sulla figura e l’opera di Mario Tommasini cfr.: F. Ongaro Basaglia, Vita e carriera di Mario Tommasini, burocrate proprio scomodo narrate da lui medesimo, Roma, Editori Riuniti, 1991.
[x] Per un resoconto più completo clicca qui.

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