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Il suicidio di Lavagna: lo stigma assassino

16 Feb 17

A cura di Leonardo Montecchi

Io credo che la terribile vicenda di Lavagna faccia emergere alcuni problemi non risolti. Il primo e' la ideologia proibizionista sulle sostanze che è la base della legge attualmente in vigore. Nonostante ci sia stata una sentenza della corte costituzionale che l'ha modificata nel suo impianto ancora il parlamento non ha provveduto a votare una nuova legge.
La proposta di legge attuale che prevede una forma di legalizzazione della cannabis e' stata apparentemente accantonata. In questa situazione incerta, con un governo che non ha indicazioni in proposito parte una campagna "antidroga" che vorrebbe prevenire la diffusione delle sostanze illegali con la polizia. Di qui le irruzioni della polizia o della finanza con i cani nelle aule scolastiche, come e' successo anche qui a Rimini. Lo spaccio della "droga" ha motivato anche l'installazione dei tornelli nella biblioteca di Bologna.
Questa ideologia nefasta basata sulla paura e sulla demonizzazione dei consumatori di sostanze illegali penetra nel senso comune e produce uno stato di guerra alla droga che si trasforma in guerra ai drogati. Il ragazzo di Lavagna, che aveva, pare,dieci grammi di Hascisc, secondo questa logica era già un " drogato".
Forse la mamma era impaurita, temeva che la situazione le sfuggisse di mano, o che i vicini di casa o le altre mamme della scuola l'accusassero di non avere educato bene suo figlio, forse ha sentito il peso della gente che dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio. Non so se si sia fatta aiutare da qualcuno per il figlio che fumava le canne, non so se sia stata al Sert, credo quello competente sia quello di Chiavari dove ci sono bravi operatori. Fatto sta che si rivolge alla guardia di Finanza che agisce perseguendo un reo, come dice la legge,credo sia entrata nella scuola e poi nella casa del ragazzo per effettuare una perquisizione. Qui, così dicono i giornali, il ragazzo si butta dalla finestra.
Non ci hanno detto che è caduto perché tentava di fuggire ad un arresto, che non vi sarebbe potuto essere, dicono che si sia suicidato. Cosa gli sia successo intimamente non lo so, deve avere avuto un ruolo molto forte la vergogna e la colpa ed una spinta a punirsi da parte di un super io troppo esigente che l'ha condannato a morte per la trasgressione alla legge e per lo scandalo in cui aveva trascinato la famiglia.
Certo che tutto questo ha costituito un trauma potentissimo che non sarebbe successo se il ragazzo avesse avuto con se una bottiglia di wodka. Non ci sarebbe stato lo stigma del "drogato" che secondo me, e' la cifra di questa tragedia. E ritorno a dire che la stigmatizzazione e' l'effetto della legge in vigore che a sua volta dipende dalla ideologia proibizionista.
Devo ancora dire che il proibizionismo si nutre sulla paura e che chi coltiva e alimenta la paura e' la struttura del potere che ci domina?
Forza,forza,forza cambiamo la legge superiamo il proibizionismo, cambiamo il senso comune
Adelante.

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3 Commenti

  1. chiclana

    Sento di condividere la
    Sento di condividere la sostanza dei tuoi sentimenti. Certo con il massimo rispetto per l’imperscrutabilità che caratterizza sempre un gesto suicidario e per le emozioni di tutti i protagonisti di questa triste vicenda, credo anch’io inevitabile la riflessione che quando l’istituzione Stato è chiamato dall’istituzione famiglia a intervenire a suo supporto nell’educazione di un adolescente, occorrerebbe che esso tenesse sempre presente la duplice esigenza di muoversi con delicatezza e senso della proporzione. E che perciò, in generale, dovrebbe ogni volta chiedersi se i suoi corpi armati, il metodo della perquisizione di polizia e un riferimento anche solo indiretto e implicito all’aspetto penale dei problemi siano proprio indispensabili in quel caso, e non gli sia invece possibile avvicinarsi alla fragile persona di un giovane in modo meno traumatico e, diciamolo francamente, più dolce.

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  2. antonello.sciacchi16

    “Il buon senso c’era, ma era
    “Il buon senso c’era, ma era nascosto dietro il senso comune”. A. Manzoni, I Promessi sposi, cap. xxxii, sugli untori della peste.

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  3. annalisapiergallini

    Condivido. Grazie per la
    Condivido. Grazie per la coraggiosa esternazione.

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