Mr. Grey è uomo sessualmente e fisicamente attraente ma malato. Questo veleno sessuale è iniettato in migliaia di spettatori come se tutto fosse normale. La normalità di relazioni contaminate dalla follia, la normalità dell’abuso sessuale e la regolarità della violenza emotiva. La manipolazione sociale da parte del cinema è presto esplicata dalle belle donne, dal lusso, dai vizi e dalla ‘’normale’’ condizione perversa, ma tutto ciò distorce la realtà e le ambizioni sessuali delle persone. Mr. Grey nella attuale società civile dormirebbe con le sue perversioni in una cella 2mx2m per venti anni, e le sue vittime in un obitorio. Molte donne gridano contro il femminicidio ma affermano a gran voce che vorrebbero incontrare Mr. Grey e non Mr. Bean nel proprio letto. Il dolore, l’abuso, la sofferenza che danno piacere sessuale inquadrano la coppia come deviata, folle e patologica. La donna che accetta l’abuso ed il dolore estremo prende una decisione automutilante, autolesionistica, distruttiva e non sana. A livello profondo la donna attua il desiderio inconscio di torturare l’altro con il proprio dolore, peccato che l’uomo sadico viva e si alimenti proprio di quel dolore, in questo senso la coppia collude con il mutuo accordo della duplice tortura. Qui non esistono più i principi del piacere e della realtà nell’atto sessuale ma la coppia si proietta e si identifica con il dolore, la coppia è il dolore. In questa società odierna dove la coppia è liquida e dove l’amore afferma la sua inesistenza, sia l’uomo che la donna sognano la perversione per dare rumore ad una stanza sempre più silenziosa. Ma la tenerezza degli amanti si alimenta con il silenzio tra le coperte, mentre l’aggressività è sguinzagliata altrove, verso il tradimento perverso, verso delle pratiche rumorose che a volte finiscono nel sangue. Quando la rabbia e l’aggressivita non trovano un canale di sfogo, lo trovano tra le lenzuola dove si grida ma nessuno può ascoltare. La violenza è amore malato.
Un solo incontro sbagliato può rovinarvi la vita per sempre.
La personalità masochistica è la peggior nemica di se stessa, non accettando più il principio del piacere ma solo del dolore e dell’autodistruzione. Questi individui incorrono nel circolo vizioso per cui arrendersi è segno di sconfitta. Jung vedeva nella struttura masochistica la parte oscura del bisogno archetipo di venerare ed adorare. Il depresso ed il masochista sono simili, ma in ultima analisi i masochisti si sentono vittime che soffrono ingiustamente, con una sfumatura paranoide e non depressiva. La differenza di genere è molto combattuta ma di solito le bambine abusate si proiettano verso un modello masochistico, mentre i ragazzi verso l’identificazione con l’aggressore, quindi con l’inversione della diade vittima-persecutore. Ovvio che non possiamo creare una legge lineare e statica perché esistono anche uomini masochisti e donne sadiche. L’introiezione, l’idealizzazione e il volgersi contro di sé colludono con l’autodistruttività e con l’aggressore abusante sadico. Il comportamento si rinforza, più il paziente soffre, più l’azione del persecutore è forte e quindi presente. E' la presenza che riempie il vuoto esistenziale dell'assenza.
Dr. Leano Cetrullo
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