Sembrano quasi lontani i tempi in cui si parlava ai convegni di suidicio e rischio suicidiario nelle persone affette da disturbi dell’umore. Mentre noi clinici studiamo i principali fattori di rischio come i pregressi tentativi di suicidio, il dolore mentale, il pensiero dicotomico e la mancanza di prospettive future, in Russia i social si marchiano di “istigazione al suicidio” con l’apertura di gruppi segreti che diventano delle vere e proprie sette virtuali con l’aggravante che, chi apre queste pagine, ha un ritorno economico dovuto alle visualizzazioni. Ebbene si, non ci accontentiamo più della semplice notizia triste che – inconsciamente – ci tranquillizza dal fatto che ad essere morti sono sempre gli altri; ora noi vogliamo vedere, tutto deve passare dal canale visivo, esistiamo solo se gli altri vedono quello che noi facciamo, in sostanza, nel web siamo qualcuno. Fin qui niente di eccezionale,siamo iperstimolati, tendiamo all’isolamento autistico a causa del PC, siamo tutti vittime della tecnologia e intessiamo relazioni virtuali da chiudere con un “clic” senza nessun tipo di coinvolgimento affettivo. Questa situazione, oramai, ci appartiene e ce la teniamo nonostante gli sforzi strenui di chi denuncia la pericolosità dei social per la nostra salute mentale ma dinanzi a un suicidio di massa non possiamo rimanere spettatori impotenti ed è arrivato il momento che i social prendano le proprie responsabilità. Uno degli ultimi fenomeni pericolosissimi è quello che proviene dalla Russia, ovvero il fenomeno della balena blu spiaggiata (Blu Whale) tatuata sul braccio; si teme che ora che questa moda possa estendersi anche in Europa. A scoprire il suddetto fenomeno sarebbe stata la giornalista Galina Mursalieva, la quale – in un’inchiesta pubblicata lo scorso maggio sulla rivista “Novaja Gazeta” – riporta un dato sorprendente: dal novembre 2015 all’aprile 2016, si sarebbero uccisi 130 ragazzi e almeno 80 di questi appartenevano a queste comunità virtuali su VKontakte, il social network più diffuso in Russia. La giornalista puntò il dito su queste comunità virtuali e si creò un dibattito acceso tra la stessa e coloro che sostenevano che si trattasse di burle da ragazzi, tuttavia, furono bloccate decine di siti che inneggiavano al suicidio. Nel Novembre 2015 scattò il primo arresto per un 21 enne, Filip Budejkin, amministratore di 8 “gruppi della morte”, il quale, secondo gli inquirenti, avrebbe istigato al suicidio almeno 15 teenagers tra il 2013 e il 2016. Ora il fenomeno si sarebbe esteso anche in Ucraina, Bielorussa, Azerbaijan, Kazakhistan e Kirgizistan e la Camera civile da sempre a tutela i diritti dei cittadini in Cremlino, ha dovuto porre il divieto di accesso ad internet ai minori sotto i 15 aa. Questo fenomeno sta comparendo anche su instagram: anonimi amministratori affidano alcune “prove” da superare per accedere a gruppi più esclusivi; queste tappe iniziali prevedono una serie di attività come scrivere poesie sulla morte, disegnarsi un cetaceo blu sul polso, decifrare indovinelli o pubblicare foto di vene recise. Man mano che sali nella “scala della morte” vedrai film horror per 24 ore di fila, ti inciderai sul braccio la balena col tuo stesso sangue e poi scatterai il tuo “selfie” finale prima di ucciderti. Secondo i dati che provengono dal Rotsit (Centro pubblico russo sulle tecnologie Internet) si contano almeno 4mila hashtag al giorno associati a queste chat suicide. Al momento, lavorano investigatori privati per arginare un po’ il fenomeno ma essi ricevono minacce e innumerevoli foto di balene tatuate sul braccio. Una provocazione virtuale o potenziali suicidi? Resta sempre il dubbio: finzione o realtà? Il rischio è reale o solamente frutto di dinamiche virtuali? Dubbio che ricorda molto gli scenari degli snuff movie, film pornografici quindi, nei quali sono rappresentate scene di tortura o di omicidi che si presume che siano davvero accaduti. Nel gergo della cinematografia il termine di snuff movie vuol dire, infatti, “spegnersi lentamente”, riferendosi ai video amatoriali realizzati sotto compenso in cui vengono mostrate torture realmente messe in pratica durante la realizzazione del film culminanti con la morte della vittima (wikipedia). Come per gli snuff movie potremmo definire il fenomeno dei suicidi nel web un prodotto commerciale in cui chi muove le fila è un individuo senza scrupoli che trae profitto economico sfruttando la fragilità degli adolescenti e il loro mal de vivre; tuttavia, è lecito chiedersi se suddetto fenomeno sarebbe nato ugualmente a prescindere dall'esistenza di questi istigatori. In fondo “i ricami” sul braccio, così come “la balena blu”, sono dei passaggi all’atto di individui che hanno una certa struttura di personalità- verosimilmente borderline- e per i quali esiste un reale rischio suicidario però con il supplemento di una fotocamera per mostrare narcisisticamente al mondo il proprio coraggio.
0 commenti