Cosa rimane di un film, la Tenerezza di Gianni Amelio (2017), che racconta la vicenda di un vecchio avvocato napoletano, Lorenzo (Gianni Carpentieri), che odia i suoi figli ma che ama il nipote, figlio di sua figlia? Un sentimento confuso, inspiegabile in un primo momento, perché non si capisce come un uomo ormai anziano, e a tratti anche apparentemente saggio, possa far coabitare ben separati due sentimenti così opposti. La vicenda poi si complica perché lo stesso uomo incontra nel vecchio edificio dove abita una giovane coppia (Fabio e Michela) con due figli e ha una sorta di ispirazione affettiva (la tenerezza del titolo) verso di loro. Se ne prende cura e li guida fornendo piccole istruzioni di sopravvivenza nell’intrico della Napoli più verace. Da cosa tragga il suo affetto per loro non è facile capire, dato il disprezzo che continua a nutrire per i propri figli, con i quali si rifiuta di parlare. Michela e Fabio sono venuti da poco a Napoli e si capisce che hanno storie personali complicate. Anche se Michela (Micaela Ramazzotti) sembra quella più sconclusionata e il marito (Elio Germano) quello più solido, un poco alla volta è lui che con un crescendo incalzante rivela nel comportamento tratti caratteriali paranoici di insofferenza verso chi gli sta accanto, con scoppi d’ira, momenti di regressione infantile e vagabondaggio autistico. Poi improvvisa la tragedia: Fabio uccide i suoi figli, ferisce gravemente lei e si uccide, rivelando così il suo tormento depressivo interiore. Per Lorenzo è un grave colpo. Michela viene ricoverata in rianimazione e lui si fa passare per suo padre pur di starle accanto fino alla fine. Intuiamo che il suo attaccamento per Michela è forse un atto riparatore nei confronti di sua figlia Elena (Giovanna Mezzogiorno) che cerca di stargli testardamente vicino. Poco prima della tragedia, in un dialogo tra Michela e Lorenzo, questi aveva affermato che la colpa dei suoi figli era quella di essere cresciuti e Michela aveva ipotizzato che forse tenerli lontano era il modo per non sentire la loro sofferenza. Comunque sia, poco alla volta impariamo a conoscere la realtà di nonno Lorenzo, una realtà in verità piuttosto sgradevole. Lui è stato avvocato di chi imbrogliava le assicurazioni con finti incidenti, aveva un’amante, per la quale la moglie si era lasciata progressivamente morire, che aveva poi abbandonato senza spiegazioni. Se a tutto ciò si aggiunge l’abbandono dei figli, ne emerge il quadro di un egocentrico imbroglione non certo commendevole. Il suo fallimento viene dall’impossibilità a che il mondo continui a funzionare da rinforzo per il proprio ego e che una vita di imbroglio possa risultare soddisfacente. Dove sta la tenerezza secondo Gianni Amelio? Sta forse nella possibilità di poter provare questo sentimento come ultima chance, forse nel momento in cui interviene la debolezza della vecchiaia quando ogni altra possibilità di riscatto viene a mancare. Direi di più, Amelio sembra sostenere che per la donna la tenerezza altruistica è un fatto naturale (vedi sua figlia Elena e Michela, ma anche probabilmente l’amante e la moglie), mentre per l’uomo è una conquista che si può fallire quando il narcisismo pernicioso ha il sopravvento, come in Fabio, o si può raggiungere in extremis, come forse riesce a fare alla fine Lorenzo.
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