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ESSERE FIERI…

15 Nov 17

A cura di Maria Ferretti

Al mio fiero Analista

E dopo numerose battaglie sul lettino ritrovi l'oggetto reale né buono né cattivo soltanto umano.
L'umano, l'essere nella sua complicata inesattezza. Oh Dio! Dio non è dio se mai è Gesù!
Si può esser fieri dell'uomo, di se stessi?
Dopo anni di sbagli, di errori erranti alla fine sei tu con te.
La reincarnazione di te stesso nel bene e nel male.
Dio quanto mi somigli? Dio sei me.
Quando ti han tolto dalla nascita la speranza di essere umano per sopravvivere non hai più bisogno di un uomo ma di un "Dio" oppure di "nessuno".
L'inesistenza è la condanna di certe ferite o "esistere "non esistendo”.
Poi un giorno ti vedi e ti senti perfino fiero dell'Altro, fiero di te.
Io sono fiero di te, di me.
Che bella parola la fierezza.
Quando la senti ti senti esplodere dentro.
La senti nella gola.
La senti quasi che non esce perché, se uscisse, sarebbe così tanta da scioglierti .
Perché sì, anche l'amore provato può essere dirompente: una bomba che lascia un buco.
Ma la fierezza lo è meno è una declinazione dell'amore.
Qualcosa di più verticale che sta su. Fiero è verticale, è a testa alta. Non prono, non servo, ma autonomo. Fiero è cuore, cervello e gambe. Fiero è riflesso di uno specchio che rimanda alla tua parte di esistenza più vera, più nascosta.
 
In analisi questo sentimento è più dell'amore di transfert, più di un transfert idealizzante deve aver superato il purgatorio del transfert negativo.
 È un resto d'amore, un resto di vita.
La fierezza non come ferocia ma come "indomito" ovvero refrattario a qualsiasi pressione ostile, a minaccia o violenza.
Il sentimento della fierezza nasce da un riconoscimento dei propri e altrui meriti e deve aver incontrato anche quell'affetto spiacevole dell'invidia.
L'invidia è forse uno degli affetti più difficili da ammettere, il suo riconoscimento implica prima un dolore di pochezza verso noi stessi, poi un dolore vergognoso provocato dall'idea di aver desiderato di fare un po' male all'altro desiderato.
La fierezza è un chapeau, un onore al merito.
Ma la fierezza viene da un lavoro di riconoscimento della propria pochezza, della propria povertà sia come ferita (origine) sia come cicatrice (esito). L'invidia è lì che ci ricorda quanto non siamo stati, quanto forse non saremo.
Ci ricorda anche i Limiti.
La fierezza ricorda ciò che è rimasto di amabile in noi, quel poco che ha resistito alle umiliazioni e alle torture dell'altro. E se qualcosa si salva forse perché in noi qualcosa di buono c'è sempre un piccolo semino che va innaffiato e curato come un neonato prematuro sempre a rischio di morte.
Si! bisogna esser fieri anche dei nostri aspetti beceri perché è solo da lì che il seme diventa frutto.
Si! Bisogna ammettere anche le nostre pochezze, le nostre mancanze.
Si! Bisogna ammettere dolorosamente, ammettere dolorosamente.
Quando si è fieri si è in questa posizione ovvero la posizione del riconoscimento onorevole dell'altro.
Il primo incontro con la fierezza l'ho ritrovato nei paesi del terzo mondo. I primi ad avermi insegnato la fierezza sono gli ultimi. Esser fieri di ciò che si ha anche se poco, esser fieri solo di "esser umani" . Ogni persona ha il diritto dalla nascita ad occupare un suo particolarissimo posto. Riconoscerlo significa avere il diritto dalla nascita, da poco prima della tua uscita dal grembo materno alla tua esistenza.
Gli ultimi non saranno i primi ma gli ultimi esistono e hanno il loro posto unico, un posto speciale, quello legato alla terra non al cielo (il paradiso).
Fiera è la terra.
Fiero è il verme che di noi farà pasto.
 
Aldo Palazzeschi è il ricordo su un libro di antologia, è qualcuno che mi ricorda sconfitte e umiliazioni da presunti maestri/insegnanti che hanno reciso invece di far sbocciare. E proprio lui mi risponde, in questo momento, sempre per caso come nelle associazioni libere.
Il poeta mi risponde non come Eco a Narciso ma come suono udito nella sua profondità.
Perché il poeta possiamo udirlo tutti, lui è a terra, è nudo. Il poeta si denuda per sentire.
Il poeta deve smascherarsi come un buon analista e un buon analista è "bellezza  naturale".
 
Scrive Palazzeschi: “Le bellezze naturali mi incantano, ma la bellezza creata dall'uomo mi esalta, ragione per cui adesso io amo tanto Venezia, perché lì è soltanto l'uomo che opera, è soltanto l'uomo che ha agito, che ha creato e da una pozzanghera ha tirato fuori questo grande miracolo.”
Palazzeschi il poeta trasgressivo, irriverente.
Poeta dell'avanguardia. Colui che sostiene la nuova poesia. Il nuovo come ciò che va avanti! E come la sua poesia sostiene: lasciatemi divertire!
 
E allora andiamo avanti… Dottore.
 
La donna coi pantaloni” di Aldo Palazzeschi
 
“Che cosa pretende d'essere
Che cosa vuol sembrare?
Dove vuole arrivare?”
La risposta è molto semplice:
alla parità con l'uomo
 in tutte le cose,
trattare con lui | e sopra uno stesso piano
i problemi | che interessano tutti e due,
non esistere più
fra l'uno e l'altro
segno di distinzione.
E un'altra cosa forse
stuzzica la fierezza del suo procedere
pure essendo una realtà apparente:
non appena il pancino
 incomincia a gonfiare
vedere un uomo gravido finalmente!
Questo è il punto più elevato
a cui la donna vuole giungere.

Foto "My Elisabeth" di André Kertész

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2 Commenti

  1. admin

    FATE UNA LIBERA DONAZIONE
    FATE UNA LIBERA DONAZIONE ALLA RIVISTA e lo potete fare tramite BONIFICO all’IBAN IT23A0335901600100000121875 Intestato, presso BANCA PROSSIMA, a ASSOCIAZIONE PSYCHIATRY ON LINE ITALIA – Via Provana di Leynì 13 Genova, oppure potete usare il nostro account PayPal connesso all’email boll001@pol-it.org

    Grazie per ciò che farete, grazie dell’attenzione.

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  2. admin

    Credo sia utile leggere tutti
    Credo sia utile leggere tutti i post della rubrica per comprendere al meglio il percorso che vi è sotteso.
    come credo sia utile aprire su queste pagine un dibattito tra gli utenti registrati della rivista: un modo serio e partecipato di arricchire di contenuti e di spunti la Rivista
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