Ottant’anni dopo. Raramente ci sono stati nella storia italiana provvedimenti legislativi vili, superficiali, crudeli e odiosi come le Leggi per la difesa della razza approvate dal regime fascista ottant'anni fa[i]. Attraverso di esse, con un atto di arbitrio e senza la preoccupazione di dare alle sue decisioni un fondamento serio, Mussolini se la prendeva con due categorie di persone isolabili in una condizione di debolezza per peggiorarne significativamente condizioni e prospettive di vita: i “sudditi” arabi e di colore dell'Impero, deboli perché oggetto di occupazione coloniale; e gli italiani di origine ebraica, una categoria che era il provvedimento stesso a creare facendone un gruppo debole perché ampiamente minoritario. Per il loro palese carattere di infondatezza, superficialità, ingiustizia e violenza credo che a buona ragione le leggi razziali del 1938 possano essere considerate il punto più basso raggiunto dalla storia italiana.
Tra i vari atti dissennati e dilettanteschi portati oggi avanti dal governo Salvini-Di Maio se ce n'è uno che per cattiveria e viltà si colloca, proprio in quest'ottantennale, nel solco di quelle leggi infami, è a mio parere il “Decreto sicurezza”. Una legge che io non so indicare con precisione (non sono un giurista) con quali articoli della Costituzione contrasti; ma che avverto chiaramente “a naso” aspramente contrastante con lo spirito, tendenzialmente egualitario e generoso, che la classe politica forgiatasi nella Resistenza ha impresso alla Costituzione. E che credo anche per questo sia una legge da aborrire sul piano umano prima ancora che su quello giuridico. Perché è il nuovo segno, ottant’anni dopo, di un'Italia vile ed egoista, meschinamente “cattiva”; un’Italia che non ci piace, come non ci piace quella che è stata l'Italia del 1938. La reazione inusitatamente dura della presidente dell’ANPI conferma la gravità di ciò che questo decreto prevede.
Quattro punti in particolare, tra il decreto e altre norme affini che sono attualmente in discussione (come l’aumento del balzello sulle rimesse dei migranti e l’estensione del concetto di legittima difesa per i furti in appartamento) colpiscono, e mi paiono aspetti diversi di un unico obiettivo: la guerra ai poveri. Perché il povero è debole, e spesso non sa neppure con chi deve prendersela per la sua povertà. Perché il povero dà fastidio: quando ruba per essere meno povero; o anche quando soltanto per essere meno povero si sposta od occupa un alloggio vuoto; o col fatto solo di esistere costringe a vedere la sua povertà che avvertiamo – con quel poco che della nostra coscienza non è ancora livellato dall’idiozia televisiva – un fastidioso ed effimero implicito atto d'accusa. E allora, è facile prendersela con i poveri, esattamente come era facile un tempo prendersela con i neri e gli arabi delle colonie o con gli ebrei. E questo è ciò che rende purtroppo tanto simili, a ottant'anni di distanza, la legislazione razziale di Mussolini e quella securitaria di Salvini.
Umanità e cittadinanza. Esiste un diritto antico quanto antico è l'uomo – comune a ciascun uomo – di abitare la terra. Da tempi remotissimi, prima che la Storia avesse inizio, uomini e gruppi umani lo esercitano nei termini della migrazione verso quei luoghi che garantiscono condizioni migliori per la vita. Così l'umanità sopravvisse alle glaciazioni, alle siccità, alle carestie e ad altre catastrofi. Poi la Storia ebbe inizio e a questo diritto naturale, antropologicamente fondato nell'essenza stessa dell'uomo, fu contrapposto il confine; un dato storico, artificiale, sul quale è fondata la cittadinanza[ii]. A rinforzare questo diritto – su base antropologica perché il diritto di spostarsi sulla terra è nella natura stessa dell'uomo – a migrare, si potrebbe poi considerare un ulteriore diritto di carattere storico e politico al risarcimento, che origina per chi è costretto oggi a sopravvivere nei luoghi più poveri della terra dalla spogliazione della quale quei luoghi sono stati per secoli oggetto da parte del nord del mondo, e lo sono tuttora.
La “protezione umanitaria”, con il tratto di flessibilità e apertura al buon senso che la caratterizza, rappresenta la persistenza in forma residuale dello scrupolo di dover riconoscere questo diritto “umano”, in quanto connaturato all'essere dell’uomo, e storico in una situazione nella quale l'applicazione in forma generale del criterio della cittadinanza ne rappresenta il disconoscimento. E la scelta di restringere o di abolire la protezione umanitaria non può che essere valutata, io credo, all'interno di questo ragionamento; il che rende la natura di guerra ai poveri che la caratterizza palese. Ma l’abolizione della protezione umanitaria non è uno che dei flagelli che con questo Decreto si abbattono sull’immigrato come grandine. Non basta aver fatto tutto il possibile per rendere più pericolose e insicure – e perciò meno invitanti – le rotte dei suoi viaggi; meno ospitali possibile le terre del suo approdo[iii]. Ora all’abolizione della protezione umanitaria consegue matematicamente un ridimensionamento del sistema SPRAR – al quale utilmente e ragionevolmente contribuivano Regioni e Comuni, assicurando una distribuzione razionale ed equa dell’accoglienza e favorendo, attraverso i piccoli numeri, l’integrazione – in favore di soluzioni massive e seriali, o dell’abbandono a se stessi. E la storia del manicomio ci insegna che “gestire” esseri umani in serie, spersonalizzandoci e spersonalizzandoli con questo, o in alternativa abbandonarli a se stessi per le strade, non sono mai una buona cosa. Aumenteranno così fantasmi con sembianze nonostante tutto umane destinati ad aggirarsi tra noi privi di residenza; che con la perdita della possibilità di risiedere saranno privi di ogni servizio pubblico collegato alla residenza e della possibilità d’iscrizione al Servizio sanitario. Ma poi, il decreto prevede ancora la possibilità di essere reclusi per un tempo maggiore (mezzo anno!) nei CPT senza aver commesso altro reato che provare a esistere in un luogo più favorevole; limitazioni agli orari specifiche per gli esercizi, guarda caso, etnici, a confermare una volta più allo straniero che in Italia non è proprio il benvenuto; compilazione di una lista di “luoghi sicuri” ai quali rispedire con meno scrupoli, i quali – l’esperienza insegna – a partire dalla Libia considerati sicuri dal governo italiano, sicuri poi non sono per niente. E ancora… norme più severe e vessatorie anche per chi, superato il salto ad ostacoli multiplo che è all’uopo previsto, si avvicina all’agognato obiettivo della cittadinanza. Non è poi parte del decreto sicurezza ma – a confermarne una vota di più lo spirito di fondo – il governo dell'aumento dello spread e della spesa fuori controllo si prepara a far cassa col taglieggiare le rimesse proprio degli immigrati con l'aumento, immotivato, del relativo balzello (“Aiutiamoli a casa loro”, insomma? Ma se giochiamo a taglieggiarli persino se a casa loro provano ad aiutarsi da soli!). In precedenza, il taglio da 35 a 19 euro della diaria versata agli enti di accoglienza non ha significato tagliare il superfluo per la "pacchia", ma scuola, tirocino e tutto ciò insomma che, guardando in direzione dell'integrazione, significava un minimo di progetto e non il caos. Persino direttamente nella salute, del resto, ci si prepara a tagliare: pare che un emendamento alla manmovra economica preveda che dal 2019 le Regioni potranno utilizzare anche per altri scopi i fondi di circa 31 milioni finora vincolati all'assistenza sanitaria degli stranieri non iscritti al SSN. Dire che si tratta anche in questo caso, e soprattutto in questo caso, di un'idea oltre che scioccamente demagogica e contraria al sentimento minimo di umanità anche assolutamente irresponsabile dal punto di vista dell'epidemiologia, non mi pare sufficiente a rendere l'idea. Si incoraggiano le Regioni a lavarsi le mani della salute degli stranieri irregolarmente presenti, nel momento esatto in cui il loro numero, proprio grazie al Decreto, aumenta! Complimenti davvero! Certo che agli occhi di un migrante, allora, noi italiani oggi dobbiamo sembrare proprio stupidi e odiosi: «Attenti bambini / che l’orco Salvini / mangia tutti i clandestini». Perché parrebbe, questo Decreto e ciò che l’accompagna, un gioco stupido a essere cattivi, ma che più stupidamente cattivi non si può, col rendere ai poveri la vita più difficile; ma c’è poco da sorridere invece: è la triste realtà!
Tra i vari atti dissennati e dilettanteschi portati oggi avanti dal governo Salvini-Di Maio se ce n'è uno che per cattiveria e viltà si colloca, proprio in quest'ottantennale, nel solco di quelle leggi infami, è a mio parere il “Decreto sicurezza”. Una legge che io non so indicare con precisione (non sono un giurista) con quali articoli della Costituzione contrasti; ma che avverto chiaramente “a naso” aspramente contrastante con lo spirito, tendenzialmente egualitario e generoso, che la classe politica forgiatasi nella Resistenza ha impresso alla Costituzione. E che credo anche per questo sia una legge da aborrire sul piano umano prima ancora che su quello giuridico. Perché è il nuovo segno, ottant’anni dopo, di un'Italia vile ed egoista, meschinamente “cattiva”; un’Italia che non ci piace, come non ci piace quella che è stata l'Italia del 1938. La reazione inusitatamente dura della presidente dell’ANPI conferma la gravità di ciò che questo decreto prevede.
Quattro punti in particolare, tra il decreto e altre norme affini che sono attualmente in discussione (come l’aumento del balzello sulle rimesse dei migranti e l’estensione del concetto di legittima difesa per i furti in appartamento) colpiscono, e mi paiono aspetti diversi di un unico obiettivo: la guerra ai poveri. Perché il povero è debole, e spesso non sa neppure con chi deve prendersela per la sua povertà. Perché il povero dà fastidio: quando ruba per essere meno povero; o anche quando soltanto per essere meno povero si sposta od occupa un alloggio vuoto; o col fatto solo di esistere costringe a vedere la sua povertà che avvertiamo – con quel poco che della nostra coscienza non è ancora livellato dall’idiozia televisiva – un fastidioso ed effimero implicito atto d'accusa. E allora, è facile prendersela con i poveri, esattamente come era facile un tempo prendersela con i neri e gli arabi delle colonie o con gli ebrei. E questo è ciò che rende purtroppo tanto simili, a ottant'anni di distanza, la legislazione razziale di Mussolini e quella securitaria di Salvini.
Umanità e cittadinanza. Esiste un diritto antico quanto antico è l'uomo – comune a ciascun uomo – di abitare la terra. Da tempi remotissimi, prima che la Storia avesse inizio, uomini e gruppi umani lo esercitano nei termini della migrazione verso quei luoghi che garantiscono condizioni migliori per la vita. Così l'umanità sopravvisse alle glaciazioni, alle siccità, alle carestie e ad altre catastrofi. Poi la Storia ebbe inizio e a questo diritto naturale, antropologicamente fondato nell'essenza stessa dell'uomo, fu contrapposto il confine; un dato storico, artificiale, sul quale è fondata la cittadinanza[ii]. A rinforzare questo diritto – su base antropologica perché il diritto di spostarsi sulla terra è nella natura stessa dell'uomo – a migrare, si potrebbe poi considerare un ulteriore diritto di carattere storico e politico al risarcimento, che origina per chi è costretto oggi a sopravvivere nei luoghi più poveri della terra dalla spogliazione della quale quei luoghi sono stati per secoli oggetto da parte del nord del mondo, e lo sono tuttora.
La “protezione umanitaria”, con il tratto di flessibilità e apertura al buon senso che la caratterizza, rappresenta la persistenza in forma residuale dello scrupolo di dover riconoscere questo diritto “umano”, in quanto connaturato all'essere dell’uomo, e storico in una situazione nella quale l'applicazione in forma generale del criterio della cittadinanza ne rappresenta il disconoscimento. E la scelta di restringere o di abolire la protezione umanitaria non può che essere valutata, io credo, all'interno di questo ragionamento; il che rende la natura di guerra ai poveri che la caratterizza palese. Ma l’abolizione della protezione umanitaria non è uno che dei flagelli che con questo Decreto si abbattono sull’immigrato come grandine. Non basta aver fatto tutto il possibile per rendere più pericolose e insicure – e perciò meno invitanti – le rotte dei suoi viaggi; meno ospitali possibile le terre del suo approdo[iii]. Ora all’abolizione della protezione umanitaria consegue matematicamente un ridimensionamento del sistema SPRAR – al quale utilmente e ragionevolmente contribuivano Regioni e Comuni, assicurando una distribuzione razionale ed equa dell’accoglienza e favorendo, attraverso i piccoli numeri, l’integrazione – in favore di soluzioni massive e seriali, o dell’abbandono a se stessi. E la storia del manicomio ci insegna che “gestire” esseri umani in serie, spersonalizzandoci e spersonalizzandoli con questo, o in alternativa abbandonarli a se stessi per le strade, non sono mai una buona cosa. Aumenteranno così fantasmi con sembianze nonostante tutto umane destinati ad aggirarsi tra noi privi di residenza; che con la perdita della possibilità di risiedere saranno privi di ogni servizio pubblico collegato alla residenza e della possibilità d’iscrizione al Servizio sanitario. Ma poi, il decreto prevede ancora la possibilità di essere reclusi per un tempo maggiore (mezzo anno!) nei CPT senza aver commesso altro reato che provare a esistere in un luogo più favorevole; limitazioni agli orari specifiche per gli esercizi, guarda caso, etnici, a confermare una volta più allo straniero che in Italia non è proprio il benvenuto; compilazione di una lista di “luoghi sicuri” ai quali rispedire con meno scrupoli, i quali – l’esperienza insegna – a partire dalla Libia considerati sicuri dal governo italiano, sicuri poi non sono per niente. E ancora… norme più severe e vessatorie anche per chi, superato il salto ad ostacoli multiplo che è all’uopo previsto, si avvicina all’agognato obiettivo della cittadinanza. Non è poi parte del decreto sicurezza ma – a confermarne una vota di più lo spirito di fondo – il governo dell'aumento dello spread e della spesa fuori controllo si prepara a far cassa col taglieggiare le rimesse proprio degli immigrati con l'aumento, immotivato, del relativo balzello (“Aiutiamoli a casa loro”, insomma? Ma se giochiamo a taglieggiarli persino se a casa loro provano ad aiutarsi da soli!). In precedenza, il taglio da 35 a 19 euro della diaria versata agli enti di accoglienza non ha significato tagliare il superfluo per la "pacchia", ma scuola, tirocino e tutto ciò insomma che, guardando in direzione dell'integrazione, significava un minimo di progetto e non il caos. Persino direttamente nella salute, del resto, ci si prepara a tagliare: pare che un emendamento alla manmovra economica preveda che dal 2019 le Regioni potranno utilizzare anche per altri scopi i fondi di circa 31 milioni finora vincolati all'assistenza sanitaria degli stranieri non iscritti al SSN. Dire che si tratta anche in questo caso, e soprattutto in questo caso, di un'idea oltre che scioccamente demagogica e contraria al sentimento minimo di umanità anche assolutamente irresponsabile dal punto di vista dell'epidemiologia, non mi pare sufficiente a rendere l'idea. Si incoraggiano le Regioni a lavarsi le mani della salute degli stranieri irregolarmente presenti, nel momento esatto in cui il loro numero, proprio grazie al Decreto, aumenta! Complimenti davvero! Certo che agli occhi di un migrante, allora, noi italiani oggi dobbiamo sembrare proprio stupidi e odiosi: «Attenti bambini / che l’orco Salvini / mangia tutti i clandestini». Perché parrebbe, questo Decreto e ciò che l’accompagna, un gioco stupido a essere cattivi, ma che più stupidamente cattivi non si può, col rendere ai poveri la vita più difficile; ma c’è poco da sorridere invece: è la triste realtà!
Diritto alla casa e proprietà privata. Guai allo straniero e guai al povero, dunque, perché con essi si ha buon gioco a prendersela. Poi la possibilità di mettere se stessi, i propri cari, le proprie cose essenziali al riparo dalle intemperie attraverso la casa costituisce uno degli strumenti attraverso i quali l'uomo protegge, dai tempi più antichi, la vita propria e quella dei suoi. E come scrive Heidegger in uno scritto in cui si occupa della crisi degli alloggi: «L’abitare è il tratto fondamentale dell’essere in conformità del quale i mortali sono»[iv]. Per questa ragione, anch'essa fondata nella natura stessa dell'uomo quindi, il diritto all’abitare costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni uomo. E certo la Costituzione tutela anche il diritto alla proprietà privata all'art. 42, peraltro con lo scopo esplicitamente previsto di “assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Ma ecco che anche per l'occupazione di un immobile vuoto da parte di soggetti poveri il cui diritto naturale all'abitare non ha risposta, che contrappone il diritto ad abitare del povero e quello a possedere del ricco, il Decreto prevede un ulteriore sbilanciamento e un inasprimento (esclusi peraltro, almeno per ora, i camerati di Casa Pound nel centro di Roma!). E anche questo, è per il Decreto un modo di fare guerra ai poveri.
Se occhio non vede… Accadeva negli anni ‘30 dell’Ottocento nel Regno di Sardegna di poter essere tratti al bagno penale anche solo per il fatto di condurre vita oziosa e vagabonda, e vivere di questua. Nel leggere notizie di questo genere mentre frugavo tra le scartoffie dell’archivio del Comune di Novi Ligure mi colpì il carattere autoritario e ingiusto di questa disposizione. Sono trascorsi quasi due secoli, ma il “cambiamento” che il Decreto propone a questo riguardo ci riporta lì. Perché tra tutti i provvedimenti odiosi che questo Decreto comporta, uno ben poco ha a che fare con la sicurezza, semmai col fastidio ed è il divieto di questua, un atto che più palese non si potrebbe di guerra ai poveri. I poveri non possono perciò migliorare la propria condizione, insomma, migrando dove la vita è più facile, né occupando ciò che è inutilizzato se è altrui. Ma non possono farlo neppure, e questo è il colmo, chiedendo aiuto! Cioè, chiedo scusa (e qui al massimo del cinismo, si accoppia l'ipocrisia che da esso mai va separata), non possono farlo chiedendo aiuto in modo “molesto”. Ma siamo seri: possiamo accettare che qualcuno possa essere privato per un periodo della libertà, per il solo crimine di avere chiesto con un po’ più d’insistenza l’aiuto del quale ha bisogno? E chi lo stabilisce quando una cosa è “molesta”? Se Salvini sapesse quanto mi è molesto già sentire il suo tono di voce!! Ma come è possibile chiedere a un altro di rinunciare a qualcosa del suo, senza riuscire già solo con questo, almeno un po', molesto? E se glielo chiedo due volte? E se mi avvicino oltre quel tanto nel chiederglielo? E se lo seguo, insistendo ancora? Quando comincio, secondo l’idea che ne ha Salvini, a essere molesto? Quando comincio a rappresentare un problema per la sicurezza?
Il povero, insomma, non può esagerare a piagnucolare nel chiedere, o rischierà di essere molesto…. Ohibò! “che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale”, come cantava qualcuno…. E chissà che, questa volta almeno, non possa essere quel Santo che ha fatto proprio della questua che si vuole oggi vietata uno stile di santità e di vita – ed è posto a patrono di questa Italia così irresponsabile e distratta da non essere scossa da quello che sta succedendo – a darle finalmente la scoppola che merita, offeso dalla sua cattiveria eretta a massimo valore. Per fare sì che ciacuno sia costretto a vedere la miseria e ne sia finalmente molestato; e così si ricordi di votare con la testa e col cuore (e dal lato, comunque e nonostante tutto, del cuore…).
Dunque… Né gli elementi della guerra alla povertà sono i soli provvedimenti odiosi del Decreto. Il DASPO potrà essere applicato anche a luoghi di cura e ospedali, luoghi protetti dalla repressione dello Stato fin dal medioevo, col rischio di ostacolarne l’accesso a chi ne ha bisogno. Si inaspriscono le sanzioni in caso di blocco stradale e ferroviario, col risultato di rendere più rischiosa la scelta di questa forma certo radicale, ma comunque non-violenta, di protesta: così i treni arriveranno in orario… ma il prezzo del biglietto comincia ad essere forse di nuovo troppo caro. Ancora, il Decreto prevede l'ampiamento della dotazione del "taser" alle forze dell'ordine. Il teser è uno strumento d'ordine pubblico che si pone concettualmente a metà strada tra il manganello e la pistola, molto discusso perché dove è più utilizzato, come negli USA, pare aver dato luogo a numerosi incidenti, anche mortali. E' chiaro che il suo utilizzo può rappresentare un passo avanti quanto più, per regole di utilizzo, esso va a sostituire la pistola; rappresenta invece un grave e rischioso passo indietro quanto più esso va a sostituirsi al manganello.
La storia chiederà un giorno conto a noi italiani di oggi di questo Decreto, come oggi chiede conto agli italiani di ottant’anni fa delle Leggi razziali. Ne chiederà conto a coloro che l’hanno approvato applaudendo, certo. Ma ne chiederà conto anche a coloro che l’hanno approvato senza applaudire; il che, nella sostanza, è lo stesso. Ne chiederà conto a coloro che hanno votato e gli uni e gli altri.
Ottant’anni fa, le Leggi per la difesa della razza determinarono in molti una reazione di rigetto; tanti che avevano creduto prima “furbo” aderire al fascismo si ricredettero finalmente. Dobbiamo augurarci che questo Decreto maligno e la guerra ai poveri che lo sostanzia abbiano lo stesso effetto salutare: risvegliare l’Italia dal suo incosciente e irresponsabile torpore, dall’eclissi di valori e di bontà che stiamo attraversando. E che per quel giorno, anche, qualcuno ritrovi la bussola che fa distinguere una politica di destra da una di sinistra. E qualcun altro riscopra, più a sinistra, la necessità di fare “politica”, cioè di lavorare per l’aggregazione e non per la divisione.
Nell’immagine: Giovanni Francesco Barbieri (Guercino, 1591-1666): La carità romana
Nel video: Albanese, Celentano, Fo, Gaber, Jannacci: Ho visto un re.
[i] Sul tema dell’ottantennale delle Leggi razziali del 1938 e del Manifesto degli scienziati che ne costituì il prodromo ideologico cfr. i recenti: Peloso P.F. 1938-2018. Ottant’anni dal Manifesto degli scienziati razzisti (2018); C. Schinaia, A 80 ANNI DALLE LEGGI RAZZIALI: Sul vissuto di chi è stato espulso (2018).
[ii] Sul tema del confine cfr. la recensione a un testo di Sandro Mezzadra: Terra e confini: una recensione (2016). Di Sandro Mezzadra segnalo anche l'articolo "Senza mediazioni. Note sul Global compact fo migration" pubblicato qualche giorno fa su facebook in occasione dell'annuncio della mancata adesione da parte dell'Italia.
[iii] Per una critica delle politiche migratorie italiane degli ultimi anni cfr. in questa rubrica: CORPI ECCEDENTI, CORPI VIOLATI. Le donne di Colonia e i (vecchi e nuovi) fantasmi d’Europa (Monologo sull'Europa) (2016); POLITICHE MIGRATORIE. Preoccupazioni dalla svolta estiva (2017); L’ABISSO NEL MARE, E DENTRO DI NOI. A partire da un testo di Flore Murad-Yovanovitch (2018); Politiche migratorie. “MARE JONIO”: umanità contro la barbarie. Una questione anche culturale e psicologica (2018). Cfr. inoltre: ANESTESIA? Lettera aperta al cuore dei lettori di ANTONELLO CORREALE (2018)
[iv] M. Heidegger (1954), Costruire, abitare, pensare, in: Saggi e discorsi, Milano, Mursia, 1991, pp. 96-108.
Senza pietà – BIS: 11 giugno
Senza pietà – BIS: 11 giugno 2019.Perché poi tutto questo non bastava ancora, al governo Salvini-Di Maio. Non bastavano ancora le cattiverie del decreto sicurezza, e le altre a far da contorno. Non ci sarà la vergognosa taglia al contrario sul migrante ripescato, che in un primo tempo era stata ventilata, ma ci saranno multe e sequestro per le navi che, dopo il salvataggio, “violano” le nostre acque, come se ci fossero confini sulle acque e come se ciascuno che è in mare non avesse il sacrosanto diritto a un approdo. Un approdo sicuro, a proposito di sicurezza. C’è una sicurezza della quale non importa niente a nessuno: quella di chi non si rassegna alla guerra, la fame, l’ingiustizia e la disperazione o la mancanza di opportunità,e fugge per cercare per sé e la sua famiglia un po’ di sicurezza. E se a qualcuno il Decreto sicurezza originale avesse lasciato ancora qualche dubbio, adesso è arrivato anche il Decreto bis per fugarglieli del tutto: senza pietà.