di Raffaele Avico, psicoterapeuta cognitivo comportamentale, socio AISTED, ESTD
Premessa: il trauma di cui si parla in questo articolo, andrebbe inteso nel senso più naturale, e “animale”, possibile. Quando parliamo di trauma, dobbiamo immaginare un forte evento che irrompe nella vita dell'individuo facendogli sperimentare un senso di impotenza e minaccia devastanti, che permangono anche quando questo sia finito, e divenendo quello che appunto venne chiamato (in seguito all'osservazione dei reduci del Vietnam negli Stati Uniti), PTSD, ovvero disturbo da stress post traumatico. Il PTSD è stato osservato, e viene osservato, negli animali: sia in animali più evoluzionisticamente vicini a noi (come gli scimpanzè), sia in animali con una struttura cerebrale più semplice, che tuttavia risponde ai medesimi meccanismi, naturali, dell'essere umano. Lo studio di questi fenomeni si pone in modo esterno alla psicologia dinamica, alla psicoanalisi, agli studi promossi dalla psicoterapia sistemica, e in generale rappresenta un filone specifico del macro-ambito chiamato psicotraumatologia.
Il CORPO DISSIPA IL TRAUMA
Questa felice espressione mutuata dal lavoro di uno dei riferimenti mondiali di approccio somatico al trauma, Peter Levine, esprime il senso di lasciare andare via il vissuto traumatico per via corporea. Già era stato qui citato il lavoro di Pat Odgen relativo allo sviluppo e alla realizzazione delle “tendenze all'azione” bloccate nel corso, e in seguito al trauma.
Levine si pone sulla stessa linea, arrivando da un lungo studio del trauma in senso neurobiologico ed etologico, attraverso l'osservazione degli animali. Gli animali, quando non provenienti da storie di sviluppo traumatico, rispondono al singolo trauma in modo estremamente efficace, “scrollandolo” via dal corpo e ripristinando per via corporea lo stato -neurofisiologico- antecedente il trauma stesso. L'uomo non sempre è in grado di fare questo: nonostante la sostanziale sovrapponibilità interspecifica delle parti più antiche del cervello osservabile negli animali vertebrati, il sistema nervoso umano è dotato di alcuni potenti strumenti di memorizzazione e problematizzazione della realtà esperita, che paradossalmente conducono a una memorizzazione eccessiva e distorta del trauma stesso.
Levine in questo senso parla di un eccesso di “energia” fisica che, non potendo svilupparsi in senso biologico a causa dello stato di profonda impotenza sperimentato durante il trauma, rimane nel corpo e lo perturba (stress post-traumatico): questo aspetto della teoria di Levine è assimilabile all'idea, come si citava, di “tendenza all'azione” usata da Pat Odgen, tendenza all'azione che, come si diceva, dovrebbe essere idealmente “scaricata”, dissipata attraverso il corpo (primo veicolo e naturale sede dei movimenti di fuga/attacco elicitati dalla minaccia). Lo sport, per esempio, potrebbe essere pensato come veicolo di scarico di tendenze all'azione maturate durante il trauma.
Sempre Levine descrive come uno degli effetti somatici del PTSD siano tremori, eccessiva sudorazione, mani fredde: dal suo punto di vista segni medici di questo tipo ci racconterebbero di una risposta autonoma del Sistema Nervoso Centrale bloccato in una anormale, protratta modalità di “difesa”, in previsione di un ipotetico, futuro nuovo momento traumatico.
Da un lato potremmo pensare questi comportamenti autonomi (tremori, agitazione) come figli di un'operazione implicita di apprendimento della paura, espressa per via somatica (il corpo rimarrebbe in questo caso congelato in uno schema rigido); Levine, tuttavia, e con lui altri studiosi dell'ambito, interpreta questi segni e sintomi come “spie” corporee di qualcosa che necessita di essere evacuato o appunto dissipato (per esempio una forte rabbia che non è riuscita a esprimersi, una fuga impossibile rimasta intrappolata nel corpo).
Se osserviamo (come nel video sottoriportato, di cui consigliamo la visione integrale) per esempio un animale bloccato in una condizione di freezing, e lo osserviamo fuoriuscirne, osserveremo che l'animale scarica attraverso il tremore lo stato di freezing stesso: alcuni animali -come l'orso polare nel video- tremano tendenzialmente di più (sono sconquassati da forti tremori che poi si placano), altri meno. Il tremore rappresenta una risposta naturale funzionale a dissipare il terrore e l'ansia: alcune scuole di psicoterapia (afferenti, anche se non direttamente, alla scuola di pensiero della psicoterapia sensomotoria) addirittura ne prescrivono l'autoinduzione in modo volontario come strumento per scaricare il corpo. Quello che sembra essere necessario, in effetti, in natura, è che il processo di scarico della paura a seguito di un forte shock o trauma, avvenga in modo completo, fino in fondo.
Sappiamo che il comportamento animale ricapitola, semplificato, o meglio rispecchia, il nostro stesso comportamento, e che a volte dall'osservazione degli animali possiamo imparare ciò che difficilmente riusciamo a vedere in noi. Il lavoro fatto da Peter Levine, vero luminare nell'ambito, ci insegna che il corpo, a seguito di una forte attivazione, deve scaricarsi: lo sport, in questo senso, fornirebbe un contenitore ideale e modulato/modulabile, di esprimere con successo queste tendenze bloccate. La figura qui sotto, estratta dal video, è esemplificativa in tal senso:
Quest'immagine riportata, descrive la sequenza che dallo stato di immobilità porta, attraverso la corsa, al recupero di una condizione di empowerment (senso di potere). Il razionale dell'utilizzo dello strumento “corsa” sarebbe in questo caso lo sviluppo e il compimento della tendenza di attacco/fuga, rimasta congelata al momento del trauma (Levine, molto efficacemente, spiega come per creare il trauma debbano associarsi immobilità e paura: in senso clinico occorrerà dissociare e risolvere questi due aspetti dell'esperienza, così da liberare il corpo dalla sua "trappola").
0 commenti