Di Francesca Spinozzi, psicologa psicoterapeuta, C.S.M. Sant’Egidio alla Vibrata (TE), Associazione Rete Italiana Noi e le Voci
Esistono dunque dei gruppi che si occupano dell’esperienza dell’udire le voci. Ma…cosa sono effettivamente le voci, le cosiddette allucinazioni uditive? In realtà è difficile trovare una definizione, perché le esperienze soggettive sono molteplici e ognuno le vive in maniera unica; per quel che riguarda il gruppo di Sant’Egidio alla Vibrata, posso dire che negli incontri iniziali ci siamo molto occupati di questo: definire le voci, cercare di capire di cosa si sta parlando e forse, dopo quasi due anni, è ancora un lavoro in fieri, poiché gli ingressi possono susseguirsi al gruppo e dunque c’è la necessità talvolta di riprendere l’argomento.
La voce è qualcosa prodotto dalla nostra mente, ma nello stesso tempo sembra provenire dall’esterno, non è come un nostro pensiero, non è la nostra voce, ma quella di qualcun altro, a noi conosciuto o sconosciuto.
Parlare di voci in termini di allucinazioni uditive fa pensare subito ad un disagio psichico importante, ci si immagina una mente gravemente dissociata. Invece bisogna precisare che nella popolazione generale il numero di persone che sentono le voci è di molto maggiore rispetto a coloro che, oltre a sentire le voci, presentano un disturbo mentale. Infatti, quello del sentire le voci è un fenomeno che interessa il 13% della popolazione generale, mentre, tra chi presenta anche un disturbo mentale, riguarda lo 0,4%.
Al di là comunque del caso degli uditori di voci, in cui l’esperienza dell’udire le voci è strutturata, è successo a tutti di “sentire le voci” almeno una volta nella vita. A chi non è capitato di esser certi di aver sentito squillare il proprio cellulare e poi di aver controllato e non aver trovato nessuna chiamata? O di sentirsi chiamare per nome per scoprire che in realtà non ci aveva chiamato nessuno? Anche queste sono allucinazioni uditive e sono dunque sperimentabili da chiunque. Sono legate a ciò che si vive in quel momento, il pensiero di una telefonata attesa o desiderata, il bisogno di sentire una persona o la paura di restare soli. Le voci sono intimamente collegate al mondo interno dell’uditore. Le paure, i desideri, le emozioni represse che non arrivano alla coscienza cercano una via per parlare al soggetto, dandogli la possibilità di prendere contatto con queste parti scisse.
Come già detto, non si parla più di voci come sintomi psicotici o esperienze simil-psicotiche o sintomi psicotici sub-clinici, ma esse si considerano esperienze soggettive insolite (definizione di Antonio Preti). Tali esperienze insolite sono strettamente legate alla vita dell’uditore. Le voci sono da noi considerate come meccanismo di autodifesa che evita alla persona di confrontarsi con i problemi e le emozioni che le hanno provocate, come risulta dai numerosi studi effettuati tra gli anni ‘90 e Duemila (Romme & Escher 1989; 1993; 2000a; 2005), che hanno dimostrato un significativo effetto causale dose dipendente tra il numero di traumi subiti e il rischio di sperimentare fenomeni di questo tipo. Altri studi indicano una relazione con l’essere vissuti in un ambiente in cui è stata negata l’espressione delle emozioni (Ensink 1992; Honig et al. 1998).
Le voci quindi non sono viste esclusivamente come sintomi di malattia ma come reazioni a problemi della vita del paziente. In particolare, le voci sono reazioni a problemi della vita e nel rapporto tra le persone. Le voci sono le storie delle emozioni minacciose, le emozioni della persona piegata da esperienze terrificanti, di aggressione, il senso di colpa, e l’angoscia.
L’udire le voci è correlato ad esperienze traumatiche per la stragrande maggioranza degli uditori (70%) e le voci sono espressioni delle turbe emotive provocate da tali traumi. I vissuti traumatici portano con sé emozioni intense e per alcuni soggetti, a causa di particolari sensibilità o fragilità nella formazione della personalità, l’impossibilità di elaborarle e di integrarle dentro di sé. Per questo, rimosse nell’inconscio, trovano una via per tornare (come il rimosso fa per esempio nei sogni) e si manifestano attraverso il presentarsi improvviso di una voce che comunica contenuti da disvelare.
E qui subentra la parte più importante…parlare di sé. Il partecipante al gruppo deve superare lo scoglio più duro, aprirsi agli altri, accettare di condividere con qualcun altro ciò che ha dentro, i suoi vissuti più intimi. Non tutti riescono subito a parlare di quello che hanno vissuto e ciò può considerarsi normale, poi, una volta acquisita la fiducia e formato lo spirito di coesione, si sentono di parlare anche di quello che crea maggiore sofferenza e che cercano in genere di evitare. Ed è bello vedere come il gruppo sa stimolare l’altro senza essere invadente e poi accogliere e contenere le emozioni che accompagnano queste narrazioni, nel rispetto e nella condivisione partecipata.
0 commenti