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Dottore, quanto è “naturale” la mia famiglia?

28 Mar 19

A cura di Luigi D'Elia

Niente di più effimero che usare l'aggettivazione “naturale” accanto alla parola famiglia. Se lo scopo di un aggettivo è quello di connotare e caratterizzare un oggetto o un soggetto, l'uso della locuzione “famiglia naturale” è quanto di meno preciso si possa immaginare. Al pari di “famiglia normale” o “famiglia terrestre” o “famiglia locale” o “famiglia generica”. Semplicemente non connota un bel niente perché connota un po' tutto, quindi è il massimo dell'imprecisione.

Se un mio paziente, magari un partecipante del prossimo convegno internazionale sulla Famiglia che si tiene a Verona, venisse da me e mi dicesse: salve dottore, io provengo da una “famiglia naturale”, la mia catena associativa di evocazioni e nessi mi condurrebbe a visualizzare, mentre costui parla, tutta una serie di immagini.

In primis, penserei ad alcune foto di un libro di antropologia che ho qui sulla mia scrivania (figura 1) (Il mondo fino a ieri, di Jarred Diamond) che testimoniano la prima volta in cui una tribù del Borneo incontra l'uomo bianco e si coglie il terrore nel volto di un pover uomo che immagina di incontrare le anime pallide dei defunti.

In secondo luogo penserei ad alcune foto di famiglie di bonobo, delle bellissime scimmie, molto socievoli che amano vivere in gruppo, come del resto accade a tutte le altre specie di pitechi.

Poi ancora penserei alle famiglie del passato, tipo Amish, appartenenti al mondo contadino che vivevano in una temporalità lenta e ciclica, tipica del ciclo delle stagioni e dei raccolti, e mi comparirebbe subito il noto dipinto American Gothic di Grant Wood.

 

Ma dopo appena due secondi e l'accavallarsi di queste e molte altre immagini ancora (che vi risparmio per pudore), mi rivolgerei al mio interlocutore e gli domanderei, con un lieve sentimento di inquietudine, cosa diavolo intende quando parla di famiglia naturale.

Dobbiamo però ricordarci che siamo nell'epoca dei fake, un'epoca ad esempio in cui usiamo il prefisso “bio” davanti a qualunque prodotto, persino ad un paio di scarpe, un muro, un automobile, per cui non c'è nulla di cui stupirsi se qualcuno, animato da una posizione emotiva complessa, un misto di malinconia, paura e rabbia, si appella alla natura o a ciò che di essa vorrebbe recuperare, per esprimere una posizione (bio)politica (qui però ci sta bene) sull'ordine del discorso che riguarda la famiglia.

Non so poi quanto gli inventori di questa locuzione ci abbiano pensato, ma il riferimento alla natura in realtà rimanderebbe a ciò che sta sotto l'enorme ombrello concettuale delle scienze della natura: fisica, biologia, geologia, etc. Quindi una famiglia naturale sarebbe, secondo questa accezione, una famiglia prossima alle leggi della fisica, della biologia, della meteorologia e di tutte le altre leggi naturali. Quindi, ad esempio, una famiglia che rispetta le leggi gravità e dell'elettromagnetismo, una famiglia dunque con i piedi per terra, ma anche una famiglia che onora lo scambio cellulare, che rispetta la sintesi clorofilliana, che glorifica la genetica e l'intreccio del DNA, ed ancora, una famiglia che apre l'ombrello quando piove e si toglie la giacca quando picchia il sole.

Ma ho il forte sospetto che non è esattamente questo quello che intendano gli estensori della locuzione “famiglia naturale”. Ho invece idea che vogliano fare riferimento ad un'idea di natura di tipo teologico, cioè la natura come “creazione”, quindi dentro il concetto di natura è insita l'idea di un creatore che ha impresso alla sua creatura, cioè il creato, una direzione, un senso sovradetereminato.

Assistiamo dunque ad un abisso ermeneutico tra l'aggettivazione “natura” nell'accezione delle scienze naturali e l'aggettivazione “natura” nell'accezione che ne danno gli organizzatori del convegno di Verona e il popolo che essi rappresentano. Nel primo caso l'aggettivazione “naturale” è significato innocente e non sovradetereminato, direi autodeterminato; nel secondo caso, nell'accezione teologica, l'aggettivazione “naturale” assume tutto all'opposto un significato teologicamente determinato e indirizzato. Un Dio ha costruito un Ordine naturale e ha previsto al suo interno l'esistenza della famiglia umana che segua tale Ordine prescritto. Dopodiché ci ha fatto conoscere le sue Leggi e ci ha indicato il modo in cui seguirle.

La “famiglia naturale” quindi, nell'accezione teologica, è iscritta in un preciso ordine del creato che segue quindi precisi codici e precise prescrizioni.

Un argomento fondato su siffatte premesse teologiche ha un piccolo difetto, si presenta come intrinsecamente tautologico e indimostrato, quindi automaticamente indiscutibile, dogmatico: proviene direttamente da una rivelazione. Non si sa da chi e come ricevuta, ma comunque una rivelazione.

Inutile dunque provare a impostare un ragionamento partendo da premesse discorsive comuni. Facciamocene una ragione: non ci sono premesse comuni per un confronto sensato: le premesse discorsive sono incompatibili, irriducibili, reciprocamente intollerabili.

E quindi sono inutili gli appelli di associazioni scientifiche, sociali, accademiche, e persino politiche che provano a ragionare e controbattere con fini argomenti scientifici, storici e antropologici come fanno ad esempio le Storiche Italiane (nel documento che trovate in calce a questo articolo): inutile cercare di dimostrare, con milioni di argomenti sensati e comprovati, l'inconsistenza del concetto di famiglia naturale dal punto di vista delle scienze naturali o dal punto di vista delle scienze sociali.

Il tentativo di dialogo e confronto che parta da premesse discorsive razionali dove il discorso teologico soppianta quello scientifico è destinato a fallire e naufragare immediatamente. Il fenomeno babelico dell'incomunicabilità è, come suggerisce lo stesso mito della torre, motivo di conflitto e distruttività: non c'è nulla di più pericoloso che provare a dialogare con qualcuno del quale non si può accettare l'utilizzo di categorie e segni totalmente opposti e sconosciuti.

È invece utile, anzi direi doveroso, dialogare con il popolo del naturalismo teologico partendo da premesse discorsive emotive.

Quindi dirò qualcosa che probabilmente spiazzerà i lettori.

Questi signori e queste signore che si riuniscono a Verona per creare consenso intorno ad un progetto biopolitico medievale vanno assolutamente compresi e abbracciati. Sono il prodotto di una società iperdromica e caotica, nella quale i processi tecnologici, sociali e psicologici si sono talmente accavallati e ad una tale velocità che il disordine sociale è diventato in loro e, direi, anche in tutti noi (ma in loro più che in noi), disordine morale e disordine mentale. Sono il prodotto di un disambientamento inevitabile frutto di un processo di integrazione culturale mal riuscito tra un prima e un dopo che si incontrano in una temporalità ristrettissima e contraria a qualunque possibilità di elaborazione.

Noi clinici che conosciamo bene i meccanismi di difesa della mente assediata da stress, disordine, inquietudine, impossibilità di processi di integrazione, dovremmo essere coloro in grado di stabilire i criteri di dialogo con mondi che si sono arroccati in sintomatologie ossessive, compulsive, paranoidee, et similia. Dovremmo cioè riuscire a stabilire i setting più adeguati per realizzare l'incontro tra le più diverse forme di umanità. Dovremmo riuscire ad accogliere.

Svelo a questo punto un sogno inconfessabile: vorrei avere tra i miei pazienti uno di questi relatori del convegno di Verona, magari un esponente politico dei più infervorati e convinti. Lo confesso, sarebbe per me un sogno proibito.

Torniamo dunque a quel paziente astratto di cui dicevo ad inizio articolo che in seduta mi dichiarasse la sua provenienza da una “famiglia naturale”. Ebbene, dopo avergli chiesto cosa diavolo voglia dire con questo lo guarderei negli occhi e poi lo abbraccerei, lo rassicurerei, gli direi che il mondo non è così pericoloso come lui pensa.
Che l'ascesa sociale delle donne nella storia dell'umanità, lungi dall'essere compiuta, è stata, è e sarà una benedizione per tutti e non un flagello.
Che l'outing massiccio di persone di orientamenti sessuali differenti non è un pericolo per l'umanità, tutt'altro.
Che l'orientamento sessuale non è una scelta o una moda, ma una condizione “naturale” (quella sì).
Che i diritti al divorzio, all'aborto, all'adozione, sono più spesso atti di libertà e di verità e quindi atti di amore molto più frequentemente che atti di distruttività.
Che nessuno di noi è veramente in grado di comprendere, qualora vi fosse, quale possa mai essere il “progetto di Dio” su di noi come individui e come umanità nel suo complesso, sui nostri comportamenti, le nostre scelte, il nostro futuro.
Che nessuno di noi può in scienza e coscienza essere portavoce dell'intima essenza della “natura umana” e che in definitiva nessuno sa veramente nulla di cosa essa sia veramente, tale è l'intreccio di architetture antropologiche, genetiche, storiche, culturali, ecologiche che noi sapiens siamo. Figuriamoci se qualcuno possa mai e poi mai arrogarsi la presunzione di dire cosa sia una “famiglia naturale” o una famiglia tradizionale o semplicemente se sia mai esistita una famiglia a cui poter attribuire questa aggettivazione.

Dopodiché lo saluterei con affetto e comprensione e gli chiederei di tornare per un successivo incontro per proseguire a ragionare su quali siano le cause del suo disorientamento.

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LA FAMIGLIA“NATURALE” NON ESISTE
 
COMUNICATO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE STORICHE SUL XIIICONGRESSOMONDIALE DELLEFAMIGLIE
 
Dal 29 al 31 marzo 2019 si terrà a Verona il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie (WCF XIII), organizzato dall’IOF (Organizzazione Internazionale per la Famiglia). «La missione dell’IOF è di unire e dotare i leader di tutto il mondo di strumenti per promuovere la famiglia naturale» e il congresso «ha l’obiettivo di unire e far collaborare leader, organizzazioni e famiglie per affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come sola unità stabile e fondamentale della società».1 Un ricchissimo patrimonio di ricerche ha tuttavia mostrato chiaramente che non esiste un unico modello di famiglia e che il concetto di famiglia “naturale” (esso stesso “artificiale”,  frutto di una lunga evoluzione  socio-culturale) è privo di qualsiasi base scientifica. Utilizzare il concetto di famiglia “naturale” come elemento di orientamento delle politiche sulla famiglia e sul matrimonio è pertanto una scelta puramente ideologica. La ricerca storica e antropologica, infatti, ha ampiamente dimostrato l’enorme variabilità delle organizzazioni familiari e domestiche nel tempo e nello spazio: non solo famiglie formate da una donna e un uomo ma anche famiglie poliandriche o poligamiche; non solo legami genitoriali dovuti a filiazione biologica, ma anche legami genitoriali non biologici, a partire dalle adozioni; non solo matrimoni tra persone di diverso sesso ma anche unioni, socialmente riconosciute, tra persone dello stesso sesso. Peraltro numerose società, anche del passato, prevedono l’esistenza non solo di uomini e donne ma anche di persone intersex e/o appartenenti a un terzo genere. E anche dove l’organizzazione sociale prevalente è basata sul binarismo, la ricerca ha individuato la presenza, e ha ricostruito l’esperienza, di persone che non si riconoscono nel genere attribuito alla nascita e intraprendono transiti di genere. Decenni di indagine hanno inoltre dimostrato come la famiglia promossa dal WCF – formata da una coppia eterosessuale e basata su una netta divisione dei ruoli tra uomo e donna –, sia storicamente diffusa in contesti segnati da culture patriarcali fortemente sbilanciatea vantaggio del potere maschile. Pur presentando attualmente un’estremaricchezza di equilibri relazionali e affettivi, tale forma di famiglia può tuttora essere sede di oppressione e sfruttamento, ed è il contesto nel quale, oggi, le donne rischiano più spesso di subire gravi violenze. Il sostegno alla presunta famiglia “naturale”, oltre a promuovere una cultura che limita i diritti di autodeterminazione delle donne, produce esiti decisamente contrari ai principi di non discriminazione e uguaglianza che informano le nostre società, nella misura in cui mira a escludere altre forme di famiglia. La Società Italiana delle Storiche (SIS), associazione fondata nel 1989 che raggruppa studiose accademiche e ricercatrici indipendenti, molte delle quali impegnate proprio nello studio delle famiglie e delle relazioni di genere nelle società del passato, considera pertanto con grande preoccupazione il patrocinio dato al XIII Congresso Mondiale delle Famiglie dal Ministero per la Disabilità e la Famiglia e da altre istituzioni pubbliche italiane, nonché la partecipazione all’incontro del Vicepresidente del Consiglio dei Ministri Matteo Salvini, del Ministro per la Famiglia e la Disabilità Lorenzo Fontana, e del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica Marco Bussetti. In particolare, in quanto associazione alla quale aderiscono molte ricercatrici e docenti universitarie, la Società Italiana delle Storiche non si riconosce nella legittimazione data al XIII Congresso Mondiale delle Famiglie dal Ministro Bussetti con la sua stessa partecipazione e ne prende con voce chiara le distanze. La SIS ribadisce la totale infondatezza scientifica del concetto di famiglia “naturale”, e richiama la necessità che discorsi e iniziative politiche si basino e si sviluppino a partire dai risultati di serie e solide ricerche scientifiche, e non da prese di posizione infondate e ideologiche. Per tutto quanto detto, la SIS aderisce alla mobilitazione “Verona città transfemminista” lanciata da Non Una di Meno e da altre organizzazioni per il 30 marzo a Verona.

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1 commento

  1. manlio.converti

    Sono anni che ribadiamo
    Sono anni che ribadiamo questi concetti ed il silenzio delle istituzioni e la mancata aggregazione di medici e personale sanitario Lgbt o Gayfriendly CONTRO IL CONVEGNO DI VERONA è sintomo grave…
    Se vi interessa davvero, fate girare i nostri comunicati e iscrivetevi ad #Amigay

    Lettera a giornali, istituzioni e ministeri:

    E’ inarrestabile la violenza del collega Gandolfini, oltre quella della De Mari, che oggi abusa della posizione di Psichiatra non solo per maltrattare le persone Lgbt (Lesbiche, Gay, Bisex, Trans, Intersex, Questioning ecc) nel suo ribadire una condanna morale, etica e medica, giuridica e tecnica, ma anche nel suo dichiarare psicotica (paranoidea) la persona dell’On. Cirinnà, una donna!
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/03/17/gandolfini-family-day-cirinna-delirio-paranoide-parlo-da-psichiatra-e-invita-a-pregare-per-non-una-di-meno/5042703/

    La violenza del convegno di Verona, che vedrà i peggiori omofobi e misogini riuniti nella città dell’amore politicamente contrastato tra Romeo e Giulietta, viene ribadita ogni giorno dai comunicati politici di Pillon, Fontana e Salvini, ma loro non sono né medici né psichiatri.

    In Italia abbiamo ancora, come detto troppe volte senza che si sia posto rimedio, la diagnosi ipocrita di “omosessualità egodistonica” come patologia psichiatria, perché usiamo il Manuale di Codifica delle Malattie Internazionali (ICD) 9 CM invece che 10.

    Solo a fine agosto 2018 la SIP (Società Italiana di Psichiatria) ha accolto ufficialmente la Nota WPA del 2016, che rappresenta in pratica il codice di condotta per garantire i Diritti Sanitari e Civili delle persone Lgbt.
    http://www.psichiatria.it/wpa-position-statement-on-gender-identity-and-same-sex-orientation-attraction-and-behaviours/

    L’Ordine dei Medici di Torino, più volte interpellato, ha sempre risposto in modo ambiguo, senza mai prendere posizione (senza neanche usare mai parole come omofobia o omosessualità) sulle offese omofobe continue della collega De Mari, la quale nega perfino la completa depatologizzazione dell’Omosessualità e quindi Bisessualità avvenuta il 17 maggio 1990 all’OMS.

    Chiediamo allora all’Ordine dei Medici di Brescia di intervenire sulle dichiarazioni del Dott. Gandolfini, alla SIP, alla Fnomceo, alla EPA, al Sottosegretario alle Pari Opportunità e al Ministro della Sallute di intervenire su entrambi (De Mari e Gandolfini) ma soprattutto di prendere posizione chiara nel merito dei Diritti Sanitari delle persone Lgbt, del Diritto al Coming Out del Personale Sanitario Lgbt e del Dovere di Contrasto Attivo all’Omofobia Sanitaria.

    Chiediamo ai singoli colleghi Psichiatri e alle Associazioni e Sindacati Medici di uscire dal cono d’ombra, dal silenzio complice e dall’ipocrisia del benaltrismo, per dare spazio e visibilità alle istanze Gayfriendly, ai Diritti Sanitari e Civili delle persone Lgbt così come ai Corsi di Formazione e Simposi Scientifici sul Sex Orienteering e Psichiatria (o meglio Medicina) di Genere Lgbt in ogni occasione pubblica.
    Perfino l’Università di Verona, che l’anno scorso bloccò un corso su ‘Migranti e Persone Lgbt’, adesso si è schierata contro questo evento violento e antiscientifico. Cosa aspettate ancora?

    https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2019/03/ven-Verona-documento-Professori-universita-docenti-ricercatori-contro-Congresso-Mondiale-Famiglie-160-firme-e255c9c8-1d09-4ea1-84b9-ebf5859333cc.html

    Manlio Converti
    Psichiatra
    Presidente AMIGAY

    Rispondi

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