Il presente articolo accenna al tema dell’origine della malattia secondo quanto si rileva in base ad un’estesa ricerca di taglio etnografico-antropologico svolta in una vallata alpina del Piemonte meridionale, in provincia di Cuneo, attraverso interviste ad anziani informatori. Temi che vengono compiutamente presentati dall’autrice nei volumi “Incantesimi di masche e di lupi – Sortilegi, metamorfosi in animali e malefici stregonici nell’immaginario popolare di una vallata alpina (Dutto Lidia, 2011) e “Nelle corna del bue lunare” – Approcci verso la salute e la malattia, rimedi empirici, pratiche di cura e segnature nella tradizione popolare di una vallata alpina (Dutto Lidia, 2016).
Da quanto emerge dalle testimonianze raccolte in tale contesto, nel ritmo ciclico di nascita e morte dell’astro lunare e nel ritmo della ruota in continuo movimento si inserisce la visione della vita dell’uomo, in simbiosi con gli elementi e la sacralità della Natura. L’ordine creato dal ritmo viene turbato dall’instaurarsi della malattia, creando così un dis-ordine che deve essere in qualche modo riparato. E le concezioni che avanzano i nostri informatori sulla causalità della malattia possono essere sintetizzate a partire da alcune prospettive. Da un lato, la malattia origina da cause naturali, in quanto evento senza dubbio susseguente ad una situazione inevitabile del corpo, dall’altro lato essa ha origine da cause sovrannaturali, in alcuni casi la malattia è il risultato dell’invidia di una persona o di un’operazione malefica, di un sortilegio da parte di una masca, di forze occulte volte al male, in alcuni casi invece è il risultato di una colpa, un’infrazione all’ordine ed alle regole morali, sintanto a divenire il risultato di una combinazione di una o più tra le cause sopra elencate. Riepilogando le affermazioni rese dalle nostre fonti orali in questo contesto si evince che la malattia, sia essa derivante da una disgregazione tra psiche e soma, sia essa derivante da un disequilibrio di più elementi, può essere la risultanza di diversi fattori:
- Cause naturali
- Cause sovrannaturali
- Risultato dell’invidia
- Conseguenza di un sortilegio, di un maleficio, incantesimo, fascino e malocchio
- Conseguenza di una violazione ad una regola comunitaria
- Conseguenza di una trasgressione di varia natura
- Conseguenza di una colpa o di un peccato
- Combinazione di più fattori
Mentre tutti gli informatori affermano “l’invidia è la madre di tutti i mali”, l’influenza malefica riveste un ruolo imponente nelle rappresentazioni della malattia nell’universo culturale oggetto della mia indagine. Sullo sfondo, l’imperante presenza di paure e timori connessi a possibili malefici ritenuti provenire, una volta ancora, dall’invisibile potere delle masche, come vengono definite le streghe localmente, e dai loro adepti. A tal proposito, ricordiamo un breve passaggio estratto dal volume (Dutto, 2011) interamente dedicato alle credenze sul potere malefico delle masche: “a livello generale, si dice che vi fossero persone in grado di mutare aspetto, di trasformarsi in animali, di essere contemporaneamente in due luoghi diversi, che avessero il potere di rendersi invisibili. “Si diceva anche che le masche camminassero senza mostrarsi, così la gente avvertiva forti rumori e vedeva soltanto le scarpe muovere e ballare: dentro non c’era nessuno!” (Testimoni N, W). A questi straordinari poteri si aggiungeva la capacità di influire negativamente sulle persone e sugli animali sino a condurli alla morte, di agire con accanimento su quanto aveva vita, scegliendo le vittime per spegnerne la vitalità, l’energia, renderle sterili. I racconti raccolti nel corso delle interviste lasciano identificare alcuni poteri comunemente addebitati a quegli individui ai quali veniva conferito il pesante attributo di masca: il potere di “far di fisica”, di trasformarsi in animali, arbusti, luci e bagliori, il potere di sdoppiarsi, rendersi invisibili, il potere della bilocazione, il potere di "ammascare" e, in particolare in relazione all’influenza negativa sulla salute, “il potere di influire negativamente (anche col tocco e lo sguardo), il potere di “tradire”, rendere sterile, provocare svenimenti, far del male in senso lato” sino a “condurre la vittima alla morte” unito al “potere di uccidere”, ecc. (pagg. 26-27).
Le influenze negative delle masche sono anche chiamate in causa in quei casi che oggi potremmo definire come “disagio psichico”, in quei casi in cui la vittima, “ammascata, comincia a deperire, a stare male, a rifiutare il cibo” (pag. 27). E’ quindi necessario fare attenzione a che eventuali residui umani, come capelli, unghie, ecc., non giungano nelle mani delle presunte streghe, evitando così eventuali utilizzi in misura di attivare il male sulla persona a cui queste sostanze appartenevano. Per questo motivo, unghie e capelli venivano immediatamente gettati nel focolare una volta tagliati.
In un contesto di sospetto e di timore nei confronti di un mondo altro, indefinibile e potente, al quale ci si trovava maggiormente esposti e vulnerabili in particolari momenti della vita, anche lo sguardo e le parole delle presunte masche potevano nuocere: nella quotidianità la persona che nutriva il sospetto di trovarsi di fronte ad una masca, doveva evitare di "guardarla negli occhi", pena un eventuale maleficio. “U svier”, come viene definito da un’informatrice dell’alta vallata del Pesio e che tradotto significa “sguardo”, ha il potere di ammaliare, di far ammalare, di ammascare e di nuocere: “”U svier” è uno sguardo, uno sguardo malefico, che fa male” (Testimone S2). Interessante notare che sempre nell’area dell’alta vallata, alcuni testimoni indicano la masca come “a traditura”, ovvero, “colei che tradisce” (pag.28). Così, ancora, “anche le parole pronunciate dalla presunta masca sono assunte come indicatori di questa figura: “Sono persone che ti dicono “che bel bambino che hai!” e, l’indomani, il tuo bambino è malato… (…) Sono persone come noi, come tutti gli altri, ma se decidono di far del male a questo o quello, lo fanno. Se decidono di non fargli del male, non lo fanno” (Testimone S2). E allorchè in ambito comunitario si veniva a conoscenza dei presunti poteri di quella persona, vigeva solido l'enunciato: “Kela lì a fa böi i tüpinet!”, cioè “Quella fa bollire i vasetti!” (Testimoni J e K)” (pagg.29-30).
I rischi e i pericoli provenienti dalle forze naturali ed il potere delle forze malefiche rappresentano motivo di preoccupazione. Il timore rispetto ad invisibili forze è presente nelle parole degli intervistati, i quali, sinteticamente, riferiscono che il male poteva giungere da più parti, anche dall’invidia e dalla cattiveria degli uomini, rappresentando una minaccia per la salute delle persone, degli animali e dei raccolti. Come indicato, nel volume dal titolo “Incantesimi di masche e di lupi” (Dutto, 2011), sono stati descritti ed analizzati i dati raccolti in merito alla tematica delle masche ed ai presunti poteri a loro attribuiti nel contesto di cui ci siamo occupati. Qui, si credeva che alcune persone fossero portatrici di eventi nefasti le quali, oltre al potere di trasformarsi in gatto, cane, gallina, maiale, ecc., avessero il potere di rovinare i raccolti, di far svenire gli sposi in chiesa, di far ammalare le persone, di rapire neonati e bambini, di seminare malattia e morte nel bestiame, di impedire la crescita dei vitellini, di immobilizzare mucche e buoi nelle stalle, di rendere sterili le mucche. Ancor più in un ambiente di montagna dove le colture e l’allevamento intensivo erano inesistenti poiché incongruenti con la conformazione del territorio, dove la maggioranza delle famiglie aveva la possibilità di mantenere solo un paio di bovini, ogni evento che veniva ad intaccare la salute degli stessi era vissuto con ansia e preoccupazione. Le croci della candelora disegnate sui gioghi, sulle corna, sulle greppie e sulle porte delle stalle servivano in qualche modo a far pensare di tener lontano il male, di qualsiasi natura.
Quello delle “masche” era un timore ampiamente diffuso e manifesto che ha condotto all’attivazione di misure protettive specifiche con formule linguistiche e comportamentali ancora evidenziabili nel corso delle interviste presso gli anziani informatori. A titolo di esempio, la recitazione di formule di scongiuro fisse ogniqualvolta si è affrontato il tema delle “masche” e del loro presunto potere, recitate da sole o talvolta anticipate dal rito del segno della croce al contrario, l’utilizzo in caso di necessità del ramo di olivo benedetto la domenica delle Palme, la preparazione di sacchetti contenenti oggetti benedetti da porre nelle culle dei neonati, da puntare all’interno delle maglie, o laddove si ritenga utile cercare protezione da qualsiasi forma attraverso la quale il male possa manifestarsi. Non ultima la necessità di rivolgersi a coloro che si presupponeva avessero la capacità di combattere questo male, la smentiöura per esempio, ovvero operatori di magia ritenuti in grado di togliere l’ammascamento, di opporsi a quelle forze invisibili e distruttrici a causa delle quali tra le manifestazioni più evidenti vi era il deperimento fisico della vittima sia essa uomo, animale, semina o raccolto.
Tratto e riassunto dai volumi:
“Incantesimi di masche e di lupi” – Sortilegi, metamorfosi in animali e malefici stregonici nell’immaginario popolare di una vallata alpina (Dutto Lidia, 2011)
“Nelle corna del bue lunare” – Approcci verso la salute e la malattia, rimedi empirici, pratiche di cura e segnature nella tradizione popolare di una vallata alpina (Dutto Lidia, 2016).
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