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COVID-19: Cronache dalla psichiatria nell’epidemia : Diario del 6 aprile 2020

6 Apr 20

A cura di Gerardo Favaretto

A partire da domani affronteremo uno degli aspetti rilevanti nella situazione che stanno vivendo il sistema socio sanitario e i Servizi :  quali sono le indicazioni e i supporti che le diverse società scientifiche possono dare  e stanno dando.

Nel diario di oggi accogliamo un contributo di Lucio Ghio Direttore SC Salute Mentale Distretto 11-SPDC Galliera, ASL3 Genovese, sulla situazione ligure.

Salute mentale e Covid-19 in Liguria: alcune riflessioni

Con un ritardo di circa 10 giorni rispetto alla situazione in Lombardia anche la Liguria è stata travolta dal ciclone Coronavirus che ha ridisegnato le pratiche assistenziali e l’organizzazione dei servizi sanitari, inclusi quelli per la salute mentale. L’organizzazione ospedaliera è stata quella maggiormente coinvolta con interi ospedali che si sono ormai riconvertiti in ospedali Covid-19, con chiusura di numerose aree specialistiche, incluse ad esempio aree come la neurologia, la chirurgia ordinaria, la geriatria. I servizi psichiatrici di diagnosi e cura sono tra i pochi reparti che si sono salvati da queste riconversioni, cosi come sul territorio i Centri di Salute Mentale hanno mantenuto la loro funzione a differenza di tutte le altre realtà territoriali che sono state chiuse per spostare il personale sanitario a supporto dei reparti Covid-19. La situazione attuale vede più di 3500 pazienti positivi con le rianimazioni oramai al collasso e una mortalità, calcolata sui tamponi eseguiti, superiore al 10%. Dopo una prima fase di shock e incredulità, sia tra la popolazione che tra gli operatori sanitari, in cui i meccanismi di negazione e proiezione (è un problema confinato solo alla Cina prima e alla Lombardia dopo) sono stati messi a nudo e smascherati nella loro fragilità, il sistema sanitario ha reagito sia da un punto di vista organizzativo che operativo. Come in altre parti d’Italia il problema principale è stato quello dei famosi DPI, la cui mancanza nelle prime fasi ha lasciato molti feriti sul campo, inclusi alcuni psichiatri e operatori della salute mentale. A questo proposito l’aspetto che ha determinato maggiore incertezza anche tra gli operatori sanitari è stata l’ambiguità delle comunicazioni istituzionali sull’utilizzo dei DPI, che sono cambiate di giorno in giorno fino ad arrivare solo ora a una stabile uniformità. In questa situazione di emergenza sanitaria e allarme i nostri pazienti, e i loro familiari, si sono rivelati i nostri alleati più preziosi, mostrando una resilienza (o resistenza?) inimmaginabile e di cui dovremmo forse tenere conto una volta terminata questa prima fase emergenziale. Se da una parte infatti è ipotizzabile che, a emergenza finita o attenuata, i servizi di salute mentale saranno in prima linea a gestire le conseguenze post-traumatiche di questo periodo nefasto, dall’altra questa realtà ci ha fatto capire che spesso i nostri pazienti hanno risorse emotive e capacità di adattamento superiori a quelle che qualsiasi psichiatra avrebbe mai potuto immaginare. Come nella maggior parte dei Dipartimenti di Salute Mentale Italiani questo ha permesso di osservare, anche in Liguria, una riduzione dei ricoveri in SPDC e di ridurre gli interventi nei Centri di Salute Mentale all’essenziale senza che questo cambiamento organizzativo abbia determinato, almeno per il momento, conseguenze negative manifeste. In un momento in cui il mondo deve affrontare una delle maggiori minacce del secolo appare al momento poco comprensibile il motivo per cui i pazienti schizofrenici e paranoidi dei nostri servizi ne siano al momento poco contagiati. I pochi pazienti che necessitano di un ricovero in questo periodo (e parliamo ormai di piú di un mese) sono per lo più affetti da disturbo bipolare, patologia più strettamente correlata a una componente genetica costituzionale e meno al contesto socioambientale. Forse proprio la riduzione dei contatti sociali rappresenta un fattore protettivo per i nostri pazienti psicotici, che spesso inseguiamo e spingiamo a una socialità “nomalizzante”. In ogni caso la riduzione dell’attività ordinaria vis a vis nei Centri di Salute Mentale non ha significato ovviamente abbandonare i pazienti a se stessi, ma ha attivato nuove modalità di comunicazione, e potremmo dire di relazione, attraverso gli strumenti della tecnologia (Skype, Zoom, Whatsapp), che forse questa crisi ci aiuterà a sdoganare definitivamente come possibile strumento anche terapeutico, al di là delle resistenze delle più vetuste ortodossie e delle burocratiche normative sulla privacy. In una civiltá digitale dove anche l’esame obiettivo fisico è quasi scomparso a favore della piú efficace tecnologia, non è piú pensabile che la psichiatria, il cui lavoro si basa principalmente sulla parola, possa continuare a negare l’utilitá di questi strumenti. E a dire il vero gli operatori si sono velocemente adattati al momento di crisi e altrettanto rapidamente hanno iniziato ad utilizzare gli strumenti tecnologici a disposizione, inizialmente anche sui device personali. Queste tecnologie stanno permettendo in questo momento di offrire il nostro supporto anche agli operatori più direttamente coinvolti nella gestione dell’emergenza e in generale di offrire supporto anche solo telefonicamente ai familiari dei pazienti ricoverati nei reparti Covid, che non hanno quasi mai la possibilità di comunicare con il loro congiunto. In questo contesto cosi complesso gli operatori della salute mentale si sono dimostrati solidi, allenati da anni ad affrontare angosce psicotiche e situazioni di imprevedibilità, rimangono disponibili e attivi ai margini della trincea, ben consapevoli che a breve toccherá a loro entrare in prima linea, anche se non è semplice immaginare con precisione cosa accadrà. Certamente in questa fase acuta tutti i dispositivi di difesa e di emergenza sono stati attivati: i pazienti tengono, i familiari non rivendicano, la solidarietà tra colleghi aumenta, la litigiosità diminuisce, la comunità tutta sembra unita nella sfida alla letalitá del virus. Questa fase non durerà a lungo, ma sarebbe importante che la memoria della capacità di funzionamento di questo periodo rimanesse impressa nella nostra società, cosi come quella anticorpale, anche quando i medici e gli infermieri non saranno più eroi

 

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