Essere la cura
Oh padre padre, anche come si muore
tu mi hai insegnato, il senso della vita
dentro la morte, a prezzo della vita…
Patrizia Valduga
Gina Pane: "azione sentimentale"
Lamento dei lupi sulla loro razza.
Da tutti i deserti del mondo io ti chiamo.
Non è lutto, ma modo altro di vivere.
Non è separazione, ma difesa del proprio territorio.
Ritorno al silenzio per ascoltare, me e te.
Chi entra?
Pochi, eletti da stessi meccanismi.
Condannati a vette, steppe, deserti.
Animali in fuga.
Nessuno, per noi. Soli.
Siamo pronti per un’esperienza di reciprocità, due.
Cosa senti?
Da distanza a prossimità infinita. Cannibali d’amore.
Vorrei mangiare ogni centimetro di te, metterti dentro. Trattenerti. Entrarti.
Vorrei espellerti per ritrovare il mio pensiero.
Libertà dalla prigionia e’ Familia communi iure. Niente sangue tra di noi.
Una famiglia a modo mio.
Branco.
Solitari capostipiti, che guidano altri verso luoghi inospitali.
Noi siamo quelli non graditi, quelli sparsi a zolle, quelli che sanno cio’ che altri immaginano.
Abbiamo barattato la nostra giovinezza per non perderci.
Abbiamo sbranato l’amore dell’altro come possibilità di esistenza, sviluppo e crescita.
Basta esser pensati con la certezza di ritrovarsi.
L’inganno è colpa di sapere che ti scelgo solo per la mia stabilità.
Sapere e’ amore che può avere solo una funzione : sopravvivenza alla perdita di me.
Colpa e’ rinuncia a cio’ che desideri, per poter mantenere intatte le funzioni del pensare.
Amare è solo perdersi, brancolare. Nebbia.
L’esperienza del due alimenta solo polmoni e cervello ma non il cuore.
Respiro artificialmente.
Sogno la fuga e i luoghi isolati.
L’altro e’ solo polmone d’acciaio.
Provo a liberarmi dallo spazio angusto, ogni volta ci si condanna alla sospensione.
Anni di detenzione forzata al raggiungimento di una fantasticata autonomia.
Passano i decenni.
Quando saremo liberi?
Forse l’autonomia viene dalla possibilità di non dipendere più da qualcuno e infine si tramuta in forte spinta all’ autoconservazione della specie.
Lavori, progetti il tuo mondo.
Nessuna ribellione, nessuna rivoluzione.
Silenzio, poi lo scontro con il male.
La malattia urla e urta la libertà.
Vedo tua perdita di movimento, la tua perdita di capacita’ di pensiero e vedo la mia vita viva, da li’ per sempre.
Quando esci dalla prigionia tutto ciò che ricorda mancanza di esistere provoca inevitabilmente il richiamo della foresta, spazio libero dalla tortura dei mali affetti, libertà’ di essere a modo mio.
Scegliere ciò che è bene.
Ma ancora si cade. Niente lacci. Mai più legami.
Slegati come cani sciolti.
Cerchi di negare la tua trasformazione pensi che potrai fare tutto quello che fanno gli altri .
Lo stesso modo.
Scopri che qualcosa ti rende diverso. Selvatico. E’una sensazione che ti assale soprattutto nelle situazioni di normalità, di feste comandate. Un malessere che prende forma di cappio, ti senti imprigionato, solo. L’obbligo ad essere.
Tutti nello stesso modo, nello stesso giorno e’ la sopportazione della bugia.
La normalità, la ritmicità, la continuità, la avverti come morte.
Mi ricordo le fughe, l’isolamento, il riparo, il silenzio, le corse, la pioggia, la neve di notte, la grandine.
Lupi.
Continuo a correre di notte.
Ci si riconosce subito. Odori, movimento, occhi. Ti muovi bene prendi le forme che ti salvano ma dentro sei riconoscibile solo ai tuoi simili.
Corri, sfami il branco ma tu sei sempre solo.
Ti ritiri nello spazio per ricaricare l’affanno.
Corri, sempre.
Ogni tanto ti fermi, contempli, scruti.
Programmi la tua sopravvivenza.
Solo.
Prendi atto della tua natura`.
Il buio, la solitudine, la non gente, i luoghi nascosti.
La tana.
Deponi i piccoli, ti curi di loro. Li fai crescere.
Poi, riparti.
Lasci, abbandoni chi è pronto.
Mi sono vista, con manto argentato, occhi chiari e gambe robuste.
Più sola che mai.
Ho alzato la testa ed ho richiamato a me tutti i miei simili. Me ne sono andata nei luoghi che mi appartengono, luoghi apparentemente inospitali dove si cela la vita.
Luoghi a pelo d’acqua. Luoghi dimenticati da Dio. Luoghi a tre lettere, luoghi in cui vi è certezza di ritrovarsi.
Simili, dalla stessa parte.
Si corre la stessa velocità. Si parla la stessa lingua.
Lui è uomo, lei una donna.
Sono entrambe capi branco, conducono. Possono separarsi con la certezza di ritrovarsi. Si danno sempre appuntamento in un luogo stabilito.
Cacciano, sfamano e si rispettano.
Rispettano le loro vicendevoli doti con una sorta di ammirazione pari all’adorazione.
Si dividono, si uniscono, si dividono,si uniscono.
L’unico modo che hanno per respirare è in questo movimento.
Solo così non si perdono, solo cosi tollerano la mancanza di ossigeno provocata dalla norma prestabilita.
Loro hanno forma rara, perfetta per inusuali compiti.
Proteggere e onorare la vita degli altri.
È la loro natura, sine causa.
Essere la cura è prendere su di se’ lo scherno, la derisione, l’aggressività, l’invidia, l’amore ,la passione, il tradimento, la follia, l’odio.
Porto le braccia al cielo.
Si paga la propria natura con la vita .
Se apro il mio corpo affinchè voi possiate guardarci il mio sangue, è per amore vostro: l’altro.
Amore vostro è raggiungere il proprio bene.
È condividerlo.
E’ cosa buona e giusta.
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