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I giorni, le stagioni e le generazioni

28 Ott 20

A cura di Leonardo Dino Angelini

 

Progetto per l’istituzione di un vivo museo del tempo a Locorotondo

[apparso nei gg scorsi su "Paese vivrai",
una vivista che esce mensilmente
ormai da tantissimi anni a Locorotondo (Ba)]

 

——

“La determinazione del tempo riposa dunque sulla capacità dell’uomo di collegare fra loro due o più sequenze di cambiamenti continui, di cui una serve da metro di misura temporale per l’altra, o le altre …” (Norbert Elias)

 

a. La specificità di Locorotondo
 

Tutte le analisi sui paesi della bassa Murgia e soprattutto di Locorotondo hanno posto in evidenza un insieme di specificità che nel tempo hanno fatto del nostro territorio un unicum che sa di prodigio:

– Da una parte la campagna ricca di trulli che qui non sono ‘pagghiari’, ma case abitate da tempo immemorabile dai contadini, e la loro distribuzione intorno ai jazzìli che, insieme ai muretti a secco che delimitano le mille piccole e piccolissime proprietà, marcano ancor oggi un habitat che solo ‘un popolo di formiche’ attraverso una cura sapiente e intensiva della terra ha saputo rendere abitabile e fruttifero (Fiore).

– Dall’altra una comunità urbana fatta di artigiani e di commercianti che solo nel contado e nel rado ceto possidente hanno avuto per lungo tempo il loro piccolo mercato; e che da sempre hanno vissuto in un altro unicum: quello delle ‘cummerse’, costruite con le stesse ‘chianche’ e con la stessa sapienza che è alla base dell’architettura del trullo (Fumarola), ed assemblate in modo così razionale che il tutto non pare ciò che invece è: una struttura urbana sviluppatasi nei secoli spontaneamente.

Ciò ha fatto si che col passare del tempo si sia sedimentata una cultura “double face” in cui si parla lo stesso dialetto, si adorano gli stessi santi, si hanno più in generale costumi ed usanze ampiamente, ma non totalmente sovrapponibili! E ciò perché campagna e paese – proprio come trulli e cummerse – sono attraversati da alcuni elementi di specificità che rendono parallelo, ma non sovrapponibile il loro cammino nel tempo.

Specificità scandite sempre in base al genere; legate ai vari lavori e prima ancora ai diversi percorsi formativi che introducono ai vari lavori; così come ai diversi rapporti che intercorrono fra i vari lavori, la natura e gli eventi atmosferici, da una parte, e l’appartenenza laica e religiosa dall’altra.

Specificità che solo di recente sono state come levigate e rese quasi irriconoscibili in base ai tumultuosi processi di cambiamento (Weinstein e Platt) che hanno investito anche questo angolo discreto del mondo (Angelini 2013, Galt). Il che a mio modo di vedere rende urgente l’esigenza di mettere in piedi un laboratorio di analisi.
 

 

b. Proposta della istituzione di un vivo museo del tempo a Locorotondo
 

In base alla combinazione di tutti questi elementi si sono sedimentati negli uomini e nelle donne locorotondesi specifici modelli di temporalità, la cui rappresentabilità in termini museali è una sfida che non va vista come un’operazione di tipo diacronico e storiografico, ma come laboratorio vivo (cioè mai concluso) di elaborazione, di giustapposizione e “di presentazione didatticamente efficiente dei risultati ultimi mano a mano acquisiti” (Cirese) dalle ricerche sul campo di tipo demologico ed etnografico (Milillo).

Un museo quindi che privilegi la sincronicità, rispetto alla diacronicità. E ciò sul piano della rappresentazione del trascorrere del tempo implica – almeno in prima istanza – la messa in mostra di tutto ciò che sia riconducibile al tempo ciclico (Pomian): quello incentrato sulle circolarità implicite nei gesti, nei lavori, nelle credenze e nelle abitudini quotidiane, così come in quelle stagionali, e in ogni altro elemento di ciclicità implicito nello stile di vita di ieri e di oggi.

M’immagino quindi il museo da una parte come un insieme di percorsi espositivi circolari (Zerubavel) che non si sovrappongano, e che possano essere fruiti distintamente o in sequenza da un pubblico di adulti (studiosi, turisti), ma anche di soggetti in età evolutiva (coinvolgendo le scuole del territorio, ma anche quelle dei viaggi di studio).

Tali percorsi circolari dovrebbero avere come elementi centrali

1- il giorno;

2 – le stagioni dell’anno;

visti sempre nella loro complessità e nelle loro specificità, e cioè – come dicevamo prima – in base al genere; alle varie modalità lavorative, ai diversi percorsi formativi, ai diversi rapporti dei vari lavori con la natura e gli eventi atmosferici, alle ricorrenze religiose e laiche, etc. –

Ma importanti potrebbero essere sia la scansione della settimana in base alla dieta (la famosa dieta mediterranea!!); sia gli indubbi elementi di circolarità impliciti nella nostra onomastica, così come in quella di tutto il Sud italiano e della stessa Grecia odierna (Naziri, Dragonas).

A seconda dei locali reperiti si potrebbero così evidenziare o un insieme di percorsi circolari che si avvolgono uno attorno all’altro in un solo stanzone; oppure un insieme di stanze più o meno grandi, che forse permetterebbero più facilmente una fruizione da parte di più individui e più gruppi.  In entrambi i casi lo spazio più grande dovrebbe essere quello incentrato sul trascorrere delle stagioni, che visivamente potrebbe essere visto come un passaturo circolare (che nella sua totalità rappresenterebbe l’anno) ai lati del quale inserire le varie icone che rappresentano le ricorrenze lavorative; la teoria delle feste laiche e religiose (cfr. l’anno liturgico – Angelini, 2020); l’insieme dei vari segnali sui quali si basava la sapienza di tipo previsionale e meteorologico da parte dei contadini, etc. –

Come dice Cirese il materiale dovrebbe essere fatto di foto, audio (pensiamo alla raccolta dei canti popolari locorotondesi di Alan Lomax, che pochi conoscono, ma che pure sono lì, gratis, a disposizione di tutti nella raccolta online dell’Accademia di Santa Cecilia!!!), video, etc. in grado non tanto di imitare il vero, quanto di evidenziare nessi e significati.

D’altro canto però, a fianco a questo artefatto, dovrebbe essere previsto una specie di motorino sempre acceso in grado di tenere vivo il museo: e cioè – come dicevamo prima – un laboratorio mai concluso fatto di ricerche sul campo di tipo demologico ed etnografico. Ma anche – aggiungerei – di ricerche di tipo storico ed etnologico incentrate non solo sull’analisi di ciò che accade nella nostra piccola Itaca, ma anche su quelle che studiano il Sud e – direi – i vari Sud del mondo.

Infine, nel rapporto con i centri di ricerca di tipo demologico, etnologico e storiografico – utilissimi, se usati cum grano salis – suggerirei di non legarsi ad un solo centro, ma di valutare volta per volta a chi rivolgersi, e non rinunciare mai a negoziare in base al principio “chi ha bisogno di cosa”.

 

Reggio Emilia, 13.9.2020

 

Bibliografia:

– Angelini L., Il sole, la campana, l’orologio”, Psiconline, Francavilla a Mare, 2013

– Angelini L. Il calendario liturgico di Locorotondo nelle parole di Don Orazio Scatigna, Locorotondo, Rivista di economia ..”, Estate 2020, pp. 45 \ 67

– Cirese A.M., Oggetti, segni, musei, Sulle tradizioni contadine, Einaudi, To, 1977

– Elias N., Saggio sul tempo, Il Mulino, Bo, 1989

– Fiore T., Un popolo di formiche,  Laterza, Bari, 1978

– Fumarola P.M., In Valle d’Itria Cicerone di me stesso, Schena, Fasano, 1990

– Galt A. H., Town and Country in Locorotondo. Holt. Rinehart and Winston. Green Bay, USA, 1992

– Milillo A., “La vita e il suo racconto”, Casa del Libro, Roma, 1983

– D. Naziri e Th. Dragonas, Le passage à la paternité : une approche clinique, in : La Psychiatrie de l’enfant, 1994, vol. 37, no 2, pp. 601-629

– Pomian K, la voce: Ciclo, in: Enciclopedia, Vol. 2°, Einaudi, Torino, 1977, pp. 1141-1199

– Pomian K, L’ordine del tempo, Einaudi, Torino, 1992

– Zerubavel E., Ritmi nascosti – orari e calendari nella vita sociale, Il Mulino, Bologna, 1985

– Weinstein F. e Platt G., Sociologia, storia, psicoanalisi. Rosebmerg e Sellier. Torino, 1983

 

 

Sitografia:

– Archivi di Etnomusicologia dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia (Lomax – Carpitella, 1954)

 

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