“Dymphna’s Family”, l’edizione italiana della rivista scientifica europea sullo IESA, è giunta ormai al suo quarto numero, che uscirà a breve come supplemento di “Evidence based Psychiatric care”, il magazine organo ufficiale della Società Italiana di Psichiatria. La SIP ha recentemente approvato il “decalogo IESA”, che racchiude tutte le peculiarità di questo modello di cura, che è stato presentato dal suo presidente Dott. Enrico Zanalda all’interno del convegno internazionale “IESA 20”.
Il seguente articolo è tratto dal numero 02 di Dymphna’s Family, che può essere visionato per intero al seguente link https://issuu.com/dymphnasfamily.
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ASPETTI TERAPEUTICI NELL’INSERIMENTO ETEROFAMILIARE SUPPORTATO:
L’ESTENSIONE DI UNO STUDIO ESPLORATIVO
Iob G.[1]*, Aluffi G[2]**., Zuffranieri M[3]***, Zanalda E[4]****., Boraso F.[5]*****
INTRODUZIONE
Il Servizio IESA rappresenta un modello di intervento che si discosta dagli inserimenti residenziali classici, quali comunità terapeutiche oppure gruppi appartamento: si tratta di un intervento che privilegia la creazione di un percorso riabilitativo e di reintegrazione sociale che ha luogo all’interno di contesti ecologici (Rössler, 2006).
Questo tipo di proposta prevede l’inserimento di una persona affetta da disagio psichico all’interno di un nucleo familiare diverso da quello di origine entro il quale, grazie anche al supporto degli operatori del Servizio e al contesto sociale, può accrescere la propria autonomia e migliorare la propria qualità di vita. Il primo incontro e il successivo ingresso presso un nuovo nucleo familiare disposto e preparato ad accogliere principalmente pazienti con disturbo psichico può rappresentare per il paziente un’occasione per trovare un nuovo spazio, soprattutto interpersonale, entro il quale sperimentarsi, dare avvio a un processo di cambiamento, costruire una nuova e/o più solida rappresentazione di sé, sviluppare o potenziare le risorse personali. L’unico vincolo all’inserimento eterofamiliare consiste nel creare la “giusta combinazione” paziente-famiglia: in altri termini è necessario far incontrare i bisogni del paziente con le aspettative e le risorse offerte dalla famiglia (Iob, Ceccarini, Zuffranieri & Aluffi, 2017).
Altre peculiarità del Servizio IESA sono:
- Il paziente è al centro del suo progetto, in quanto per progettare e dare avvio all’inserimento sono necessari il suo consenso e la sua partecipazione;
- Il paziente rimborsa le spese alla famiglia ospitante;
- La famiglia collabora in termini di volontariato, a differenza di altre realtà europee come in Belgio dove le famiglie abilitate vengono assunte dalla clinica presso cui il servizio opera[6];
- Gli operatori del Servizio (psicologi, educatori professionali e tecnici della riabilitazione psichiatrica) sono formati per ricoprire tale ruolo e sono impegnati esclusivamente in tale attività.
In riferimento al modello del continuum graduale di programmi di trattamento residenziale secondo cui il paziente “progredisce” verso un migliore funzionamento sociale e quindi verso setting meno restrittivi e assistenziali, non è possibile collocare lo IESA ad alcun livello specifico, trattandosi di un inserimento che non richiede che il paziente abbia raggiunto un livello adeguato di funzionamento e autonomia. In quest’ottica, l’inserimento eterofamiliare si estende a tutti i livelli di intensità assistenziale e supera diversi limiti dell’approccio del linear continuum emersi in letteratura nel corso degli anni, quali per esempio la relativa integrazione dell’individuo all’interno della comunità, la permanenza del paziente all’interno di strutture con alto livello di assistenza che rende il paziente resistente alla prosecuzione del progetto in strutture a minor livello assistenziale, oppure gli operatori riluttanti alla dimissione, il rischio di riprodurre luoghi di istituzionalizzazione, il cambiamento del setting in caso di stabilizzazione oppure di miglioramento del quadro clinico (Geller & Fisher, 1993).
Il Servizio IESA e le famiglie ospitanti offrono infatti al paziente la possibilità di intraprendere un percorso terapeutico e riabilitativo flessibile, che permette un’esperienza relazionale correttiva all’interno del nuovo nucleo familiare e il reinserimento sociale dell’individuo (Aluffi, 2014). Non vi sono limiti in termini di tempo di permanenza in famiglia. Si parla di tempo per costruire e tempo per restare: nel primo caso lo stare ed essere in famiglia è orientato allo sviluppo di una crescente autonomia e a una migliore qualità di vita, nel secondo alla creazione e mantenimento di una stabilità soprattutto affettiva per il paziente. L’eventuale cambiamento del progetto non è dettato unicamente da indicatori sanitari che segnalano un miglioramento o un peggioramento della condizione clinica dell’ospite, ma anche dalle sue esigenze esistenziali, in particolare quelle relazionali e affettive.
L’obiettivo che si propone questo lavoro è di estendere un precedente studio realizzato con un disegno pre-post che esplorava l’efficacia dell’inserimento IESA confrontando la condizione clinica dei pazienti, intesa come frequenza e durata dei ricoveri ospedalieri in Casa di Cura Neuropsichiatrica o presso un Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), prima e dopo l’inserimento eterofamiliare. L’ipotesi è che il cambiamento ambientale, conseguente all’inserimento presso una famiglia IESA, possa produrre effetti benefici sullo stato di salute dell’ospite e tradursi in un minor ricorso ai ricoveri ospedalieri.
METODO
È stato condotto uno studio retrospettivo che ha coinvolto i pazienti con disagio psichico o disabilità afferenti al Servizio IESA dell’ASL TO3, Azienda Sanitaria che si estende per un territorio pari al 12% della Regione Piemonte[8] contando 581.687 abitanti nel 2018. I dati oggetto di analisi sono stati raccolti mediante la consultazione di registri elettronici dedicati agli inserimenti residenziali e delle cartelle cliniche dei pazienti.
Sono stati inclusi nello studio tutti i progetti full-time, a medio e lungo termine, realizzati presso il Servizio IESA tra il 1998 e il 2017 della durata di almeno un anno.
L’analisi dei dati confronta la frequenza e la durata dei ricoveri dovuti a problematiche di carattere psichico un anno prima e un anno dopo l’inserimento presso il Servizio IESA; sono stati esclusi i ricoveri dovuti a problemi fisici, come per esempio la frattura di un arto, oppure i ricoveri per motivi ambientali, come l’insorgere di problemi di salute nel caregiver che impediscono la prosecuzione delle attività di cura e supporto al paziente e richiedono una sua tempestiva ricollocazione.
Il trattamento farmacologico pregresso all’inserimento IESA è proseguito per i pazienti che ne avevano necessità.
Per procedere al confronto tra il numero e la durata dei ricoveri un anno prima e un anno dopo l’inserimento presso il Servizio IESA è stata applicata la statistica t-test per dati appaiati attraverso l’utilizzo del software statistico Statistical Package for Social Sciences (SPSS versione 23.0 inglese). Il livello di significatività (α) era fissato allo 0,05 per tutti i confronti effettuati.
RISULTATI
Dal 1998 al 2017 sono stati inseriti presso il Servizio IESA 60 pazienti con progetto full-time. Sono stati raccolti ed esaminati i dati relativi a 61 progetti (per un utente si sono registrati 2 inserimenti presso il Servizio IESA a distanza di più di un anno l’uno dall’altro) della durata di almeno un anno.
Nella tabella 1 sono riportate frequenze e percentuali relative ai dati anagrafici, alla diagnosi, al tipo di progetto e collocazione precedente.
Tabella 1. Caratteristiche del campione.
Frequenze (N) | Percentuali (%) | |
Età | ||
18-35 | 11 | 18,0 |
36-45 | 13 | 21,3 |
46-55 | 15 | 24,6 |
56-65 | 14 | 23,0 |
66 e oltre | 8 | 13,1 |
Genere | ||
Uomini | 33 | 54,1 |
Donne | 28 | 45,9 |
Diagnosi principale | ||
Disturbi di personalità | 8 | 13,1 |
Schizofrenie | 34 | 55,7 |
Disturbi dell’umore | 11 | 18,0 |
Ritardo mentale e disturbi a eziologia organica | 5 | 8,2 |
Altro* | 3 | 4,9 |
Tipo di progetto | ||
A medio termine | 38 | 62,3 |
A lungo termine | 23 | 37,7 |
Collocazione precedente | ||
Casa propria | 24 | 39,3 |
Comunità terapeutiche | 23 | 37,7 |
Altro** | 14 | 23,0 |
** La voce Altro riferita alla categoria Collocazione precedente si riferisce a dormitorio (n. 1), gruppi appartamento (n. 9), pensione assistita (n. 3) e residenza assistenziale (n. 1).
L’età media del campione all’avvio del progetto IESA è di 50,7 anni (DS=14,4), in particolare l’età media delle donne è pari a 49,8 anni (DS=14,5) e quella degli uomini pari a 51,5 anni (DS=14,5).
La durata media dei progetti esaminati, comprensivi di quelli ancora in corso al 31/12/2018, è di 2.254 giorni (DS=1.737; min=373; max=7.050) corrispondenti a 6 anni, 2 mesi e 3 giorni.
Per 21 progetti (34,4%) è stato registrato almeno un ricovero per motivi psichici in Casa di Cura oppure in SPDC un anno prima dell’inserimento IESA. La maggior parte dei ricoveri ospedalieri si registrano per gli uomini (13 su 21). Tredici dei partecipanti che sono stati ricoverati si trovavano a casa propria, cinque in comunità, due in gruppo appartamento e uno in pensione assistita. Per 11 progetti (n.11) si tratta di pazienti affetti da disturbi dell’area delle schizofrenie, sei progetti riguardano pazienti con disturbi dell’umore, tre progetti pazienti con disturbo di personalità e un progetto un paziente con ritardo mentale.
In seguito all’inserimento IESA, cinque pazienti (8,2 %) sono stati ricoverati in Casa di Cura o in SPDC per motivi psichici. Si tratta di tre uomini e due donne. Due pazienti provenivano da una comunità terapeutica, due dal domicilio e un paziente da una pensione assistita. Tre pazienti risultano affetti da disturbi dell’umore, un paziente da un disturbo di personalità e un altro da schizofrenia di tipo paranoide.
Il grafico 1 e grafico 2 confrontano rispettivamente il numero dei ricoveri e il numero delle giornate di ricovero registrate prima e dopo l’inserimento eterofamiliare.
Il confronto del numero di ricoveri dovuti a problemi psichici un anno prima e un anno dopo l’inserimento eterofamiliare ha evidenziato una significativa riduzione passando da un totale di 59 ricoveri e una media di 1 a un totale di 6 ricoveri e una media di 0,1 (t(60)=3,71; p=0,0005). Si osserva una differenza statisticamente significativa anche dal confronto delle giornate di ricovero rilevate prima (Totale = 2.365; Media = 38,8) e dopo (Totale = 78; Media = 1,3) l’avvio di un progetto IESA (t(60)=4,05; p=0,0002).
Dai risultati emersi si evince che il numero e la durata dei ricoveri sono diminuiti nel periodo successivo all’inserimento IESA e tali riduzioni sono statisticamente significative.
CONCLUSIONI
Lo scopo di questa ricerca era testare l’ipotesi secondo cui il numero di ricoveri e le giornate di ricovero di pazienti presi in carico dal Servizio IESA variasse prima e dopo l’inserimento eterofamiliare. Dai risultati è emerso che sia il numero di ricoveri che il numero delle giornate di ricovero diminuisce in seguito all’inserimento presso una famiglia IESA e tale riduzione è statisticamente significativa. Queste evidenze supportano i risultati emersi nella precedente ricerca (Aluffi, Iob & Zuffranieri, 2017).
Il disturbo mentale non è solo determinato da fattori biologici: a influenzarne lo sviluppo e l’evoluzione vi contribuisce in modo importante il contesto bio-psico-sociale e culturale entro il quale l’individuo cresce (Engel, 1977). Pertanto l’ambiente al pari della componente biologica spiega il disagio psichico: come afferma Liotti “il 100% del comportamento umano è innato, e il 100% del comportamento umano è appreso” (Liotti, 2001, p. 49). L’inserimento IESA mira a costruire un contesto relazionale, spontaneo e autentico, accogliente e attento ai bisogni dell’ospite, volto a “correggere” i suoi vissuti emotivi, le sue credenze, i suoi atteggiamenti e il suo comportamento. Il bisogno di condividere momenti difficili, gioie e speranze, di essere visti, rassicurati e sostenuti rappresenta una componente sana di una vita psichica e relazionale appagante (Gazzillo, 2016). In quest’ottica il Servizio IESA si propone di offrire al paziente, insieme alla famiglia, “esperienze emozionali correttive” (Alexander, 2007) al fine di promuovere il benessere psicofisico e migliorare il suo funzionamento psichico e interpersonale. I risultati di questo lavoro sembrano sostenere l’ipotesi che l’ambiente “famiglia” possa assolvere una funzione terapeutica in linea con quanto evidenziato dagli studi sul fattore terapeutico ambientale (Aluffi, 2014).
In merito ai limiti dello studio, il disegno di ricerca non consente di isolare la relazione tra inserimento eterofamiliare e riduzione dei ricoveri in quanto altri fattori possono influenzare i risultati emersi; pertanto non è possibile stabilire una relazione causale tra i due eventi.
Visti i risultati emersi nello studio, si ritiene utile estendere questa tipologia di ricerca ad altre sedi in diversi Paesi Europei nei quali è diffusa la pratica dell’inserimento eterofamiliare realizzando uno studio osservazionale multicentrico.
BIBLIOGRAFIA
Alexander, F. (2007). Analysis of the therapeutic factors in psychoanalytic treatment. 1950. The Psychoanalytic Quarterly, 76(4), 1065-1083.
Aluffi, G. (2014). Famiglie che accolgono: Oltre la psichiatria. Gruppo Abele: Torino.
Aluffi, G. (2014). Il fattore terapeutico ambientale nell’inserimento eterofamiliare supportato di adulti sofferenti di disturbi psichici (IESA). Psichiatria/Informazione, 3.
Aluffi, G., Iob G., & Zuffranieri, M. (2017). Uno studio retrospettivo sullo IESA. Nuove evidenze a supporto del Fattore Terapeutico Ambientale attraverso un’analisi dei ricoveri in pazienti psichiatrici. Dymphna’s Family, 00, 13-19.
Drachman D. (1981). A residential continuum for the chronically mentally ill: A Markov probability model. Evaluation and the Health Professions, 4, 93-104. doi: 10.1177/016327878100400108
Engel, G. (1977). The need for a new medical model: A challenge for biomedicine. Science, 196 (4286), 129-136.
Gazzillo, F. (2016). Fidarsi dei pazienti: Introduzione alla Control-Mastery Theory. Cortina: Milano.
Geller, J.L., & Fisher, W.H. (1993). The Linear Continuum of Transitional Residences: Debunking the myth. The American journal of psychiatry, 150(7), 1070-1076. doi: 10.1176/ajp.150.7.1070
Iob, G., Ceccarini, L., Zuffranieri, M., & Aluffi, G. (2017). Famiglie terapeutiche. Uno studio esplorativo sui candidati ospitanti IESA. Dymphna’s Family, 00, 53-60.
Liotti, G. (2001). Le opere della coscienza: Psicopatologia e psicoterapia nella prospettiva cognitivo-evoluzionista. Cortina: Milano.
Maone, A. (2012). Dimissione e inserimento sociale. Oltre il mito del continuum residenziale. In A. Ferruta, G. Foresti & M. Vigorelli (A cura di), Le comunità terapeutiche. Psicotici, borderline, adolescenti e minori. Raffaello Cortina: Milano.
Payne, J.H. (2014). Residential Services and Independent Living. In C.W. Pratt, K.J. Gill, N.M. Barrett & M.M. Roberts (A cura di), Psychiatric Rehabilitation (pp. 341-372). San Diego: Academic Press.
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Rössler, W. (2006). Psychiatric rehabilitation today: An overview. World Psychiatry, 5(3), 151-157.
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