Cari lettori,
obiettivo di questo scritto è informarvi, per chi non ne avesse sempre saputo ancora nulla, di una importante vicenda che riguarda tutti gli psichiatri e i medici italiani, anche se apparentemente periferica.
Riguarda, dunque, la salute dei cittadini.
Ve la racconterò facendo riferimento al modo in cui la sto vivendo, in modo partecipe e attivo (capirete da subito cosa intendo) con l’impegno di mantenere il più alto grado di informazione sulla questione in sé, pur avendo scelto di parlare delle vicissitudini del mio tentativo di fare qualcosa. Non sono secondarie, le mie valutazioni, perché rappresentano l’ossatura del racconto. Il racconto di una piccola iniziativa rispetto all’inerzia percepita (spero erroneamente).
Il TAR di Latina con sentenza 1-2-2021, n.39 pubblicata il 01.02.2021, accoglieva il ricorso dell’Ordine degli Psicologi del Lazio contro la ASL di Frosinone rea di aver indetto un bando di concorso per assegnare la Dirigenza di UOC SPDC escludendo la figura dirigenziale dello Psicologo.
Profondamente turbato da questa sentenza, che vi invito a leggere in originale, con una certa solerzia ho scritto una lettera (11.02.2021), inviata per PEC, all’attenzione dell’Ordine dei Medici e Chirurghi di Roma (OMCEO-RM), in particolare al presidente Dr Magi.
Vi riporto le note di questa lettera, e di quelle che seguiranno, perché sono un ampliamento delle informazioni della vicenda di cui già sapete tutto: le righe sottolineate sopra sono tutto e potrei fermarmi qui.
C’è una storia nascosta che non verrà narrata: quella del mio tentativo di portare all’azione un sindacato al quale sono stato iscritto fino a pochi gironi fa. Ma la saprete leggere tra le righe di quella che segue. Per analogia.
Nella mia lettera all’OMCEO di Roma, chiaramente motivata a sollecitare una presa di posizione, commentavo la sentenza di Latina. In primo luogo sottolineavo che l’avviso pubblico era inerente l’attribuzione di un incarico di Direzione UOC SPDC, acronimo che sta per Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura. Sono i reparti istituiti con la legge 180/1978, poi integrata con la 833/1978, dove vengono ricoverate le persone affette da disturbi psichici in acuzie, sia in regime volontario, sia in regime obbligatorio (TSO): sottolineavo come questa seconda fattispecie di ricovero trova collocazione, quando determinata da cause inerenti la patologia mentale, ESCLUSIVAMENTE in questo specifico luogo di cura. In secondo luogo evidenziavo che per il sentenziante, che ha accolto il ricorso dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, le ragioni che rendono la ASL di Frosinone rea di aver inopportunamente escluso la categoria professionale dello Psicologo dal concorrere, sono derivabili da analoghi provvedimenti dello stesso Tribunale amministrativo (TAR del Lazio, Sez. III quater, 11.1.18, n. 192) in una filiera interpretativa autoreferenziale, e al suo interno generosa di “consecutio” apparentemente logiche.
Il cuore dell’argomentazione della sentenza era che il ruolo della Dirigenza di UOC è gestionale e organizzativo, che tutte le figure professionali hanno una competenza parziale e che, dunque, tutte possono afferire alla dirigenza purché figurino nell’elenco all’art – 4 del DPR 484/1997. Il principio individuato, dunque, non era nell’allineamento tra la competenze prevalente richiesta dalla specificità del lavoro clinico e la professionalità del Dirigente da individuare, ma un principio paritetico tra professionalità considerate analoghe pur nella loro parzialità di conoscenze. Annotavo, nella mia lettera, a tal proposito, quanto segue:
“Sembra qui delinearsi un principio di “attribuzione di competenze per sineddoche”: poiché gli Psicologi si occupano di una parte (la parte, appunto, della sineddoche) del trattamento (quello psicologico) inerenti le UOF come i Medici quello farmacologico (sineddoche parallela), dunque possono attribuirsi a entrambe le figure professionali, per par condicio, il ruolo organizzativo e gestionale (il tutto, a cui la sineddoche rimanda). La correzione di questo abominio logico è invece questa: Lo Psichiatra, oltre che essere Medico, è anche Psicoterapeuta con iscrizione all’Albo. In tal senso l’attribuzione di Dirigenza di una UOF multidisciplinare non necessità del “principio di sineddoche” ma gli deriva dalla ampiezza della sua competenza formativa. Negare questo fatto, perché di un fatto si tratta, e accreditare le varie figure professionali al ruolo di Dirigenza UOC vuol dire certificare la scissione tra funzione gestionale e organizzativa da una parte e competenza sulla materia da gestire e organizzare dall’altra. Restando allo specifico della sentenza e dell’attribuzione della dirigenza UOF SPDC, si fa presente che si tratta di un reparto di ricovero in acuzie psichiatrica a carattere subintensivo dove la prevalenza dell’intervento squisitamente terapeutico è di tipo farmacologico, di esclusiva pertinenza e competenza dello Psichiatra. Suggerire surrettizianamente che, poiché l’operatività clinica si esplica a livello di UFS (Unità funzionali Semplici), e che quindi al medico ha diritto in esclusiva solo del ruolo di Responsabile di reparto è un bizantinismo che sarebbe soltanto ridicolo se non fosse irrispettoso e inaccettabile. Nessun Direttore di UOF SPDC limita il suo lavoro agli aspetti dirigenziali e organizzativi perché la sua competenza clinica dà indirizzo, integra e sostiene il lavoro dei medici che sono sotto la sua direzione, oltre che quello degli altri operatori.”
Ho appreso successivamente (grazie a un collega che me la ha segnalata), e non è dunque un aspetto trattato nella lettera ma lo aggiungo qui per completezza argomentativa, che la Regione Lazio ha specificamente deliberato (Deliberazione 2 agosto 2019, n. 574) sui criteri e procedure per conferire gli incarichi dirigenziali. In particolare la norma dice che “il Direttore Generale definisce il fabbisogno che caratterizza la struttura complessa relativa all’incarico di direzione da conferire: a) sotto il profilo oggettivo, declinato sulla base del governo clinico e delle caratteristiche organizzative e tecnico-scientifiche; b) sotto il profilo soggettivo delle competenze professionali e manageriali, delle conoscenze scientifiche e delle attitudini ritenute necessarie per assolvere in modo idoneo alle relative funzioni.” Questa norma esplicita quell’allineamento tra compiti oggettivi e competenze del Dirigente di cui parlavo prima: non è citata nella sentenza del TAR di Latina (provincia del Lazio) e sarebbe stato un ottimo argomento di carattere normativo, in sede di dibattimento, se ci fosse stata una controparte.
Aggiungevo inoltre:
Abbiamo detto che il SPDC è unico luogo dove può aver luogo il T.S.O per ragioni inerenti la patologia mentale. Suddetto provvedimento viene proposto e attivato da due medici, reso effettivo da una ordinanza del Sindaco e suggellato dal Giudice Tutelare. Va da sé che la responsabilità conferita al medico è enorme quanto il ruolo di tutela svolto dalla struttura che ospita il T.S.O. ospedaliero. L’art. 35. della legge 833/1978 (intitolato “Procedimento relativo agli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera per malattia mentale e tutela giurisdizionale”) recita, tra le altre cose, in merito alla proroga del provvedimento di TSO, che il sanitario responsabile del servizio psichiatrico della unità sanitaria locale è tenuto a formulare, in tempo utile, una proposta motivata al sindaco che ha disposto il ricovero, il quale ne dà comunicazione al giudice tutelare, con le modalità e per gli adempimenti di cui al primo e secondo comma del presente articolo, indicando la ulteriore durata presumibile del trattamento stesso. Nel linguaggio della legge il sanitario responsabile corrisponde alla figura di Direttore della UOF. Si ritiene in tal senso che far corrispondere la figura dello Psicologo con quella del Direttore di SPDC è una chiara violazione della legge in virtù di attribuzioni di ruolo a cui non può corrispondere. E questa, dispiace dirlo, non è una privazione di ruolo per sineddoche.
Segnalavo, alla fine della lettera, anche la mancata costituzione in giudizio sia dell’OMCEO-Frosinone che della stessa ASL di Frosinone. Su questo secondo punto ho fatto due errori, uno di errata lettura del testo della sentenza (la parte in causa individuata non era l’OMCEO di Frosinone ma quello nazionale, la FNOMCEO), uno legato a una informazione che non potevo avere: l’OMCEO di Frosinone (come avrei saputo soltanto il 26 marzo grazie a una segnalazione di una collega), nella persona del presidente Dr F. Cristofari, aveva da subito avanzato alla FNMCEO il suo disappunto per la sentenza chiedendo di prendere una decisa posizione. Scriveva il collega a ridosso della pubblicazione della sentenza del TAR: “A parere dello scrivente tale pronuncia è meritevole di censura posta l’assoluta ragionevolezza della scelta effettuata dall’Azienda di riservare all’area della dirigenza medica gli incarichi direttivi di strutture che devono garantire un corretto svolgimento delle funzioni di diagnosi e cura dei pazienti affetti da disturbi mentali.” Ne seguivano ragionevolissime considerazioni analoghe a quelle già presentate nella mia lettera e che non ripeto.
Al mio primo documento accompagnavo, di lì a poco, la pubblicazione di un breve articolo su un noto giornale on-line di sanità con l’obiettivo di far conoscere a più persone possibili la vicenda (per i curiosi: https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=92570). Lo ho fatto girare il più possibile per creare una sensibilizzazione sulla questione e mi ha permesso di creare una piccola rete di persone informate, molte di loro a attive in diversi modi sulla vicenda.
Non ho ricevuto nessuna risposta per molto tempo.
Il 16 marzo una collega mi segnala che la ASL di Frosinone ha deliberato per attuare il ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR di Latina. Il giorno successivo torno alla carica affinché l’Ordine per cui, per legge, sono costretto ad essere iscritto e che al momento non aveva ancora dato una risposta, quello della Provincia di Roma, solleciti una azione: anche stavolta sbaglio l’obiettivo, chiedendo di spingere l’OMCEO di Frosinone a schierarsi. Ma tanto fa.
In data 22.03.2021 via PEC ricevo la risposta dall’Ordine, con allegati relativi alla citata sentenza del Consiglio di Stato (vedi testo sotto) che loro citano. Vale la pena riportarla per intero:
“Egregio Collega, con riferimento alle Sue note dell’11 febbraio e del 17 marzo uu. ss., nel ringraziarLa per la segnalazione, Le preciso quanto segue. Condivido in pieno quanto da Lei puntualmente riportato nelle note in riscontro, devo però rappresentarLe che, a seguito di approfondita analisi dei ns. legali, l’orientamento più recente della Magistratura amministrativa non risulta favorevole (vd. Cons. di Stato n. 2799 del 2019, allegato). Pertanto, non è stato ritenuto opportuno sottoporre a gravame la sentenza del TAR Latina cui Lei fa riferimento. Peraltro, sotto il profilo strettamente processuale sembrano sussistere perplessità circa la legittimazione a ricorrere da parte dell’Ordine di Roma, tenuto conto che lo stesso non è stato parte nel giudizio di primo grado. Con i migliori saluti. IL PRESIDENTE (dott. Antonio MAGI) firmato digitalmente”.
Passa un giorno e, dopo aver lungamente riflettuto su quanto quei saluti fossero migliori, rispondo.
Nella risposta, oltre a perseverare nell’errore di chiedere con ancora maggiore urgenza l’azione dell’OMCEO di Roma su quello di Frosinone (il caro dr Cristofari, che non conosco, abbia misericordia) entro nel merito della sentenza citata del Consiglio di Stato.
In particolare, tra le tante annotazioni, segnalo che “precedenti sentenze del Consiglio di Stato, la cui emanazione – nel tempo in cui si sono prodotte – testimonia la mancanza di una controparte argomentativa forte e autorevole e non la certezza del diritto, che come Lei [dr Magi] sa, è cangiante rispetto alle forze in campo”.
Osservo, sempre in relazione alla sentenza indicata, che “la questioni lì in discussione era l’attribuzione di Dirigenza di UOC territoriali che, notoriamente, hanno una più evidente funzione gestionale e organizzativa. Precisando che personalmente non sono per nulla d’accordo neanche con questo orientamento (le ragioni le ho ben chiarite nella mia prima lettera: nella parzialità delle conoscenze dirige chi ce le ha più ampie, lo Psichiatra dunque), rimanendo alla nostra questione Le faccio di nuovo presente che l’attribuzione dell’incarico di cui stiamo parlando è relativo a una UOC Ospedaliera SPDC, reparto di ricovero in Emergenza Psichiatrica, le cui specificità di competenza e ruolo di Dirigenza non hanno quasi nulla di sovrapponibile alle altre Dirigenze nell’ambito dei Dipartimenti di Salute Mentale. Considerare dunque la questione “Tar di Latina”, per scivolamento argomentativo, analoga a questioni già affrontate dalla Consiglio di Stato, NON E’ ACCETTABILE. Sarebbe come dire che poiché un Infermiere può dirigere una Casa della Salute, ne deriva la stessa possibile attribuzione per un reparto di Medicina intensiva (esempio inventato).”
Chioso, con un impennata finale un po’ impertinente, facendo altresì “presente[…] che il DPR 484/1997 nel citato art. 4 [è il DPR relativo agli incarichi di cui abbiamo già accennato, già citato nella sentenza del TAR di Latina e ripreso da alcune sentenze del Consiglio di Stato] […] annovera una pletora di discipline, organizzate per Aree, all’interno delle quali vigerebbe [secondo il Consiglio di Stato] un diritto di equivalenza attributiva del ruolo di Dirigenza: Lei [Dr Magi] capisce che, così INTERPRETATO, il DPR apre alla barbarie attributiva di Dirigenza. A quando un Veterinario a capo della Ginecologia (si occupa di parti anche lui, mi sembra)? Mi fermo qui perché ciascuno può facilmente capire in che burrone stiamo scivolando.”
Con questo racconto epistolare spero di avervi dato, dall’osservatorio offerto dalla mia modesta iniziativa, le giuste informazioni su questa importante vicenda.
Per ora il racconto finisce qui ma…
…a luta continua.
Muovetevi.
Agostino Manzi
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