Fratello della miseria
Non toccherete da noi nessun cielo né Inferno
Non c'è Inferno né cielo
C'è il marcio, ecco che c'è
In questo marcio ci siamo noi vermi di terra”
(La corte dei miracoli, Riccardo Cocciante)
Alla corte dei miracoli si sa di appartenere per nascita, dalla nascita.
Vocazione che ti prende e ti assale perché camminare per le strade per il semplice gusto di farlo, senza una meta reale, cercando proprio in quel girovagare il senso stesso dell’essere al mondo, la senti come la cosa più viva che ci sia.
Non importa chi sei, non importa dove come e perché sei, ci sei dentro.
Gioia, dolore, soprattutto dolore, tutto è appianato dall’essere lì.
Mendicanti, giocolieri, mimi… si gira per strada coi piedi scalzi, sporchi, con vestiti non adeguati alla stagione e trovati per caso. le coperte donate dai volontari, il cibo che arriva dalle mense dei poveri.
Chi gioca col fuoco ha la faccia sporca di fuliggine, i denti corrosi dalla benzina e dal crack.
sorrisi neri e sdentati di chi per sentirsi vivo scandisce il tempo ricercando l’adrenalina che ti danno le emozioni forti.
il limbo di chi non sceglie, vivere la vita nella rettitudine o nella perdizione totale non ha senso. L’equilibrismo sta nel restare in mezzo, tra vizio e virtù, nel vorrei ma non voglio.
La ricerca della felicità nel vivere di solo impulso.
La ricerca del senso della propria esistenza nell’appartenenza ad un qualcosa di diverso, che al contempo affascina e terrorizza per la sua meravigliosa distruttività.
L’estate è arrivata e con essa il desiderio di uscire dal bozzolo e di vivere le strade di Bologna, accattivanti, ribelli, colorate e piene di energia.
Non c’è virus che possa minare il richiamo della libertà sprigionata dal sole.
Non importa quanto la sostanza iniettata faccia stare male, se le convulsioni prendano e consumino per mezza giornata.
La scarica adrenalinica dettata dal fatto stesso di essere a metà tra la vita e la morte è più forte di qualsiasi altra cosa.
Camminare sul filo invisibile della vita senza guardare in basso, nonostante si rischi di continuo di sprofondare nel baratro, dona un senso di onnipotenza così accattivante che non si sente il senso di abbandonare questa via.
Il corpo mero strumento per raggiungere uno stato mentale estatico.
Il passante vede un mendicante sporco, dai vestiti logori, la siringa nel braccio, la bocca schiumante e gli occhi sbarrati, l'altro vede la felicità in cambio del corpo.
“Non c’è inferno nè cielo” alla corte dei miracoli, il tempo e il giudizio sono sospesi.
Il conto? Arriverà poi…
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