Percorso: Home 9 LA VOCE DELL'INDICIBILE 9 Vita interiore e sopravvivenza della civiltà: amore, conoscenza, bellezza

Vita interiore e sopravvivenza della civiltà: amore, conoscenza, bellezza

5 Ago 21

A cura di Sabino Nanni

        Sempre più, dalle persone che ascolto come medico o come amico, vengo a conoscenza di storie della vita affettiva che si assomigliano: rapporti coniugali o di convivenza (durati anche diversi decenni) che si dissolvono senza alcuna ragione apparente. Alla domanda su cosa non andava bene nella relazione, la risposta è, più o meno, questa: “Nulla, anzi, siamo rimasti amici; semplicemente, a un certo punto, ho capito di non provare più nulla per lui/lei”. In genere, basta una breve indagine per capire che, a parte l’iniziale luna di miele, il rapporto è rimasto sempre in superficie, fatto di scambi insignificanti e di banalità incapaci di coinvolgere in profondità entrambe le persone. A questo punto, solo un nuovo partner, ancora sconosciuto, può riaccendere la fantasia ed attrarre.
        L’idea che mi sono fatto è che, nei rapporti fra esseri umani, conoscenza e amore possono procedere solo di pari passo: se è assente l’una, viene a mancare anche l’altro, e viceversa. Parlo dell’amore stabile e duraturo; quello che invece caratterizza il “fuoco di paglia” (il sentimento che si dissolve con la stessa velocità con cui è nato) è rivolto, in realtà, ad un prodotto della fantasia; esso non può reggere al confronto con gli immancabili difetti e imperfezioni che presto si scoprono in qualsiasi persona reale. In parte, ciò è vero anche per la “luna di miele” che caratterizza la fase iniziale di ogni rapporto privilegiato: se la reciproca idealizzazione non cede gradualmente il posto alla capacità di capirsi per quel che effettivamente si è, oltre che a quella di collaborare per scopi comuni, anche qui il rapporto muore. Se non è possibile amare realmente chi non si conosce, altrettanto vero è che non è possibile arrivare a conoscere chi non si ama: verrebbero a mancare la curiosità, l’interesse, il desiderio di aiutare ed essere aiutati.
        Ho la brutta impressione che quel che ho descritto sia un aspetto particolare di un fenomeno più ampio. L’“Ama il prossimo tuo come te stesso” diviene sempre più inattuabile perché stiamo perdendo la capacità di conoscere ed amare, nella vita interiore, sia il nostro simile, sia noi stessi. Viviamo, sempre più, alla superficie di noi, in una dimensione “bidimensionale”, in cui la profondità del mondo interno viene ignorata; ed ovviamente, ignorando ciò che più ci caratterizza come individui ed esseri umani, non possiamo più capirci né amarci.
        Fenomeni apparentemente eterogenei hanno in comune quanto ho descritto. Li elenco così come mi vengono in mente, in ordine sparso: la tendenza crescente a trattare in modo superficiale e sbrigativo ogni forma di disagio interiore, con interventi che non sfiorano l’elemento centrale di tali forme di sofferenza, ossia l’incapacità di convivere con sé stessi; la dissoluzione dei legami familiari; l’affievolirsi della religiosità; l’obbedienza acritica ad ogni forma di autoritarismo; la progressiva scomparsa del buon gusto e dell’amore per l’Arte. Tutti questi fenomeni, a mio avviso, si sostengono e si rafforzano vicendevolmente, ed è molto difficile (o forse impossibile) identificare, fra loro, la causa prima. Quel che mi pare certo è che sono tutti espressione di una decadenza cui, in mancanza di consapevolezza, noi siamo destinati. Se priva di amore e conoscenza fra esseri umani, una civiltà non può sopravvivere.

 

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