Il rapporto dell’IPCC
(la commissione dell’ONU sul clima) è inequivocabile.Gli umani stanno distruggendo il loro habitat. Non solo l’aumento della temperatura di 1,5 C° è ormai irreversibile (con tutto quello che in termini di piogge torrenziali, inondazioni, incendi comporta); se non si corre subito ai ripari l’aumento arriverà a 2, 3 gradi e oltre con risultati catastrofici. Ma il recupero parziale in extremis è credibile?
L’incapacità di proteggere il futuro delle nuove generazioni e la negligenza con cui si lascia tutto all’emergenza di turno e alla necessità, nella pretesa folle che a tutto si possa porre un rimedio tecnico, deriva dalla mancanza di ragionevolezza. Non si può essere ragionevoli in un mondo dominato dal successo dell’agire anaffettivo in tutti i campi delle relazioni sociali. La saggezza richiede il senso della misura, condizione impossibile senza il libero flusso e dispiegamento delle emozioni. La convinzione che l’uomo raggiunge il massimo della capacità di riflessione a “sangue freddo” è una grande mistificazione. Eliminando i propri sentimenti e affidandosi al puro calcolo si possono vincere delle battaglie, ma i vincitori di queste battaglie stanno regolarmente dalla “parte sbagliata” della storia, quella delle forze distruttive.
La repressione delle emozioni e la loro costrizione nello schema di eccitazione e scarica, che le svilisce rendendole impulsive e compulsive, è il prodotto di una sistematica spersonalizzazione e manipolazione del nostro sentire che fa leva sulla grande precarietà che vige attualmente nelle relazioni umane a tutti i livelli. La manipolazione, che elude totalmente le istituzioni politiche, gli ordinamenti giuridici e i confini nazionali, creando una legalità “di fatto” (più forte di ogni legge), punta alla conversione delle emozioni in comportamenti prevedibili e predeterminabili con cui si può controllare il rapporto tra domanda e offerta su ogni piano del vivere. La posta in gioco non è l’accumulazione di beni (l’eccesso disumanizzante della loro concentrazione oggi tende ad annullare il significato di ricchezza, a renderla insensata) bensì il potere sui rapporti di scambio.
L’opportunismo, fondato sulla predeterminazione e il controllo delle opportunità, è diventato il fondamento del “diritto del più forte”: Trump, Putin, il regime cinese, Bezos, Gates pur esprimendo culture e inclinazioni diverse, sono l’espressione visibile di una dimensione alienante del nostro rapporto con la vita, molto più ampia nelle sue dimensioni sconosciute, nascoste. Questa dimensione sarebbe sbagliato ricondurla necessariamente a una ferocia o a una vocazione totalitaria personale. Rappresenta una tendenza impersonale, anonima presente negli esseri umani ogni volta che i rapporti sociali di scambio si rompono. Essa ha raggiunto una forma distruttiva totale nel secolo scorso e oggi si riaffaccia al nostro orizzonte. I suoi intermediari sono personalità intelligenti ma “fissate” nell’onnipotenza infantile che diventano profeti, attraverso il loro modo di agire, di un “pensiero cieco” incapace di stabilire un rapporto reale con il tempo e con il nostro ambiente di vita. Il pensiero cieco non apprende dall’esperienza (è privo di memoria, essendo privo di emozioni vere) e non riconosce/conosce la realtà: fabbrica un mondo artificiale e più costruisce il suo artifizio più si chiude senza speranza nel proprio inganno. Esempio dell’infiltrazione di questo pensiero nelle istituzioni democratiche, che rende sempre più ingovernabile il mondo, sono le parole di Patrick Vallance, capo dei consiglieri scientifici del governo britannico: “Strumenti già esistenti possono anticipare gli eventi avversi; aggiustando il disegno delle città, i sistemi di trasporto e l’agricoltura si possono minimizzare i peggiori degli effetti”. L’ipotesi fantascientifica di un’umanità che vive sotto cupole giganti inizia a prendere consistenza.
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