Ritrovarsi tra le mani un libro di Sergio Finzi è sempre un evento e “L’amore che precede”, edito da Morett&Vitali, finisce per precedere tutti gli altri che hanno accompagnato e illuminato la sua pluridecennale esperienza psicoanalitica. Il fondatore della Rivista “Il piccolo Hans” ci conduce per mano tra i due culmini della sessualità umana, tra le forme psicotiche che tutti ci riguarda, ma lo fa ricorrendo a opere e autori geniali, a percorsi letterari e filosofici che permettono di osservare gli altri mentre osserviamo noi stessi. Così, da “L’isola di Arturo” a “La coscienza di Zeno”, da Giordano Bruno a Darwin, da Van Gogh a Joyce, le immagini, anche solo accennate, si sovrappongono e restituiscono il valore di un concetto mai fine a sé stesso, di una trama, di una profondità mai tanto conosciuta.
Scrive Finzi: “Un trauma è il passare da una porta aperta. Le teorie sessuali infantili abitano il medesimo luogo del romanzo familiare: all’età di circa quattro anni, la configurazione, il ritaglio, la delimitazione di quello che ho chiamato ‘il luogo della follia’, preso nel paesaggio circostante la casa ma con caratteristiche tali, barriere, scansioni, confini, zone separate, da poterlo leggere in rapporto al soggetto come prima rappresentazione esterna dell’apparato psichico. Nel luogo della fobia, l’insorgenza delle teorie sessuali infantili risponde al sogno di angoscia che precede la loro formazione e che riguarda il primo prender atto della sessualità paterna. Il trasferimento del pene alla madre è l’innesto nel luogo dell’origine di una misura”.
Nel luogo della fobia, Finzi si muove con astuzia. Si appoggia ai casi di pazienti particolari, ne racconta ansie e movimenti di crescita e di caduta, le giunture del sogno aiutano a riconfigurare un percorso possibile. In “Storia di una credenza”, il terzo capitolo che più degli altri mi ha coinvolto, l’autore avverte: “Quello che c’è di incredibile nella psicoanalisi sono le teorie sessuali. Riguardano, come è noto, il pene attribuito a ogni essere vivente dei due sessi, l’interpretazione del rapporto sessuale come una baruffa, uno scontro fisico, e la concezione anale del parto”. Si comincia da un paziente e si arriva a Leone Ebreo, ai suoi “Dialoghi”, per dire che la psicoanalisi non è se non è apertura verso altro, poiché “l’unico modo di perseguire il centro è sempre quello di girargli intorno. L’infinito non può essere ‘compreso’, può essere solo ‘infinitamente perseguitato’. Solo accettando questo scacco della ‘comprensione’, per dirla con Bruno, è possibile cogliere ‘quel centro infinito, il quale non è formato né forma”.
Finzi ha scritto un libro di psicoanalisi, di filosofia, di letteratura, di poesia e di vita. Ha scritto il libro che ci contiene, il libro dell’amore che precede tutti gli altri dèi, un libro di cui non si dovrebbe né scrivere, né parlare, ma tacere, per leggerlo in silenzio e ammirarlo, per comprendere ciò che intende dirci e, soprattutto, dove intende condurci.
Scrive Finzi: “Un trauma è il passare da una porta aperta. Le teorie sessuali infantili abitano il medesimo luogo del romanzo familiare: all’età di circa quattro anni, la configurazione, il ritaglio, la delimitazione di quello che ho chiamato ‘il luogo della follia’, preso nel paesaggio circostante la casa ma con caratteristiche tali, barriere, scansioni, confini, zone separate, da poterlo leggere in rapporto al soggetto come prima rappresentazione esterna dell’apparato psichico. Nel luogo della fobia, l’insorgenza delle teorie sessuali infantili risponde al sogno di angoscia che precede la loro formazione e che riguarda il primo prender atto della sessualità paterna. Il trasferimento del pene alla madre è l’innesto nel luogo dell’origine di una misura”.
Nel luogo della fobia, Finzi si muove con astuzia. Si appoggia ai casi di pazienti particolari, ne racconta ansie e movimenti di crescita e di caduta, le giunture del sogno aiutano a riconfigurare un percorso possibile. In “Storia di una credenza”, il terzo capitolo che più degli altri mi ha coinvolto, l’autore avverte: “Quello che c’è di incredibile nella psicoanalisi sono le teorie sessuali. Riguardano, come è noto, il pene attribuito a ogni essere vivente dei due sessi, l’interpretazione del rapporto sessuale come una baruffa, uno scontro fisico, e la concezione anale del parto”. Si comincia da un paziente e si arriva a Leone Ebreo, ai suoi “Dialoghi”, per dire che la psicoanalisi non è se non è apertura verso altro, poiché “l’unico modo di perseguire il centro è sempre quello di girargli intorno. L’infinito non può essere ‘compreso’, può essere solo ‘infinitamente perseguitato’. Solo accettando questo scacco della ‘comprensione’, per dirla con Bruno, è possibile cogliere ‘quel centro infinito, il quale non è formato né forma”.
Finzi ha scritto un libro di psicoanalisi, di filosofia, di letteratura, di poesia e di vita. Ha scritto il libro che ci contiene, il libro dell’amore che precede tutti gli altri dèi, un libro di cui non si dovrebbe né scrivere, né parlare, ma tacere, per leggerlo in silenzio e ammirarlo, per comprendere ciò che intende dirci e, soprattutto, dove intende condurci.
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