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Morto il padre del Chemsex, consigli utili per la Riduzione del Danno

17 Gen 22

A cura di Manlio Converti

È morto David Stuart, un uomo bellissimo ed un perfetto sconosciuto al mondo di Psichiatri e Tossicologi italiani, ma molto noto in rete e tra le associazioni LGBTI per il suo lavoro scientifico e psicoterapico presso il Dean Street a Londra.

Il lavoro di David Stuart, partito da un’esperienza personale e votato alla Riduzione del Danno nelle persone che fanno uso di Chemsex.

Di cosa stiamo parlando?
Eccovi un estratto dal Position Statement, purtoppo non riconosciuto in Italia dal SSN:

https://ihp.hiv/chemsex-position-paper/?fbclid=IwAR17BECcP_hgwn7jymGQ5o4G36Z9nL8j6M5ZaKPExcEPaZaJqjt-CtKkSsI

“Il Chemsex si collega al sesso tra uomini o con donne transgender, nel contesto di come il godimento del sesso tra o con persone LGBTI sia influenzato da:
1) Atteggiamenti della società nei confronti delle persone LGBTQ+ e del sesso gay
2) Il trauma che l’epidemia di HIV/AIDS ha avuto sulle persone LGBTQ+ e sul sesso gay
3) Bullismo cronico delle persone LGBTQ+
4) Pressioni sia esplicite che più nascoste tra gli uomini gay
5) L’importanza delle attività ritualizzate condivise in un gruppo stigmatizzato
6) Tensioni tra pari nei gruppi LGBTQ+ sui comportamenti maschili/femminili (o identità personali) in particolare per quanto riguarda il godimento del sesso e le fantasie sessuali
7) Siti di incontri gay e saune
8) L’ampia disponibilità di droghe per uomini gay e persone trans e non binarie tramite app di collegamento gay
9) In realtà gli MSM, le persone trans e non binarie impegnate in chemsex, possono anche essere prostitute, minoranze razziali ed etniche, migranti e/o prigionieri. Possono anche avere diagnosi di salute mentale, altri disturbi di dipendenza, disabilità, vivere con l’HIV e/o HCV o essere fuori dal mondo del lavoro.
10) L’attuale trauma di così tanti gay, persone trans e non binarie morte a causa del chemsex.”

Questo discorso è evidentemente molto importante anche in Italia, nonostante la Pandemia abbia ridotto alcune possibilità di uso del Chemsex e la sua diffusione.

Esiste un sito in italiano per essere inseriti in percorsi di auto-aiuto:

https://www.davidstuart.org/care-plan-it?fbclid=IwAR0Id-Y2r5zdfl9m05rFHQxlvp6kFk8N-10ygrupzr0eRHdC__EH_kQhw_g

che segue il criterio della Riduzione del Danno. E’ molto importante diffonderlo e metterne a conoscenza gli operatori della Salute Mentale, dei SERD, del Pronto Soccorso e delle associazioni LGBTI.

Dobbiamo citare anche questa intervista in italiano, tenuta dal dottor Lepore pochi anni fa a David Stuart:

Chemsex, David Stuart: «È un termine che ho coniato io circa 25 anni fa: vi spiego il perché. La realtà italiana? Mancano ancora dati sicuri»

da cui traiamo questo concetto di psicologia, molto importante, su cui basare una relazione psicoterapica efficace:

“Non esiste un particolare “tipo” di gay in riferimento all’uso di Chemsex. Potrebbero essere coppie felici che desiderano rendere più piccante la loro vita sessuale. Potrebbero essere omosessuali che si recano a party di gruppo e si divertono con il chemsex come parte di quell’esperienza. Potrebbero essere uomini che si collegano online o si divertono con i partner nelle saune. Potrebbe essere un gay solitario che gode di lunghe sedute di masturbazione. In molti casi, il chemsex è semplicemente un modo divertente per migliorare il sesso. Per molti altri il chemsex potrebbe essere un mezzo per risolvere alcuni problemi inerenti al godimento sessuale.

A volte alcuni fattori impediscono di eccitarci o rilassarci quando ci si trova in specifiche situazioni. Motivi d’ordine religioso o culturale, ad esempio, potrebbero farci vergognare delle nostre fantasie o dei nostri desideri. La condizione di sieropositività (e il connesso stigma presso larghi strati dell’opinione pubblica) potrebbe impedire di sentirci eccitati o a proprio agio quando si è a letto con un partner. Potrebbero anche influire ricordi spiacevoli di precedenti esperienze sessuali o difficoltà a fidarsi degli altri. Altre volte potremmo sentirci brutti e non all’altezza nel confrontare il nostro corpo con quello degli eventuali partner. Molti di noi potrebbero essere molto bravi nel fare sesso, ma in realtà non “sentirlo” in modo autentico.”

Queste parole dovrebbero in realtà essere ricordate da tutti gli psicoterapeuti italiani e dai medici dei servizi e pronto soccorso, SERD, medici di base, psichiatri e tossicologi, dai pediatri e perfino dai ginecologi, affinché capiscano l’importanza di una formazione in Medicina di Genere LGBTI e di una Accoglienza LGBTI Friendly.

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