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SENSO CIVICO E ADDESTRAMENTO MILITARE VOLONTARIO

18 Dic 22

A cura di Sarantis Thanopulos

Il presidente della Camera dovrebbe occuparsi del suo ruolo istituzionale e limitarsi a esprimere il suo parere in modo imparziale (ma senza cadere nell’ipocrisia e nella finzione) solo sulle questioni nazionali più rilevanti. Il presidente Fico l’ha fatto, il  presidente La Russa non ci riesce. Dice la sua su tutto, sia per la sua indole impulsiva sia perché la propria interpretazione della vita ha per lui valore di programma politico, come del resto per lo schieramento a cui appartiene. 

Recentemente ha espresso il desiderio che diventi legge un progetto di addestramento militare: “Far sì chei giovani dai 16 ai 25 anni possano, se vogliono, passare 40 giorni della loro estate a imparare cosa è non solo l'amore per l'Italia, l'amore per la Patria, ma il senso civico, il dovere che ciascuno di noi ha di aiutare gli altri in difficoltà. Sarebbe un enorme servizio all'Italia”. C’è da dire che nel nostro paese il servizio di leva obbligatorio non è stato abolito, ma sospeso dal 2005.  

Il reclutamento attuale dell’esercito italiano è rivolto a giovani volontari e offre un addestramento remunerato di dodici mesi a cui può seguire una regolare carriera militare. Il clima di guerra che ha contaminato la psiche collettiva ha riaperto un dibattito sul ritorno in vigore della leva obbligatoria. Alimentando la confusione già esistente. La guerra in Ucraina a stento si mantiene all’interno di un conflitto convenzionale. La sua espansione oltre il suo spazio attuale -che la mentalità della difesa guerresca della patria e dei confini, esaltata dalla destra europea, favorisce- aumenterebbe in modo esponenziale il  rischio di una guerra nucleare.  

L’Europa delle singole patrie e delle chiamate dei popoli alle armi è insensata, folle. Le guerre, anche convenzionali, non si combattono oggi con le armate: l’impotenza di quella russa lo dimostra. L’invocazione delle patrie rende i paesi europei fragili nei confronti della realtà che li circonda e diffonde il seme di un conflitto, che sarà insanabile, all’interno dei confini europei. L’amore per il proprio paese non passa attraverso la difesa del proprio interesse patriottico nei confronti di altri interessi patriottici -che nel mondo di oggi dominato dalle superpotenze e tendente inevitabilmente all’autoritarismo, finirebbe per ridurre tutti in condizioni di “schiavitù volontaria” (per alcuni “dorata”, per la grande maggioranza tetra). Passa, invece, attraverso la coltivazione di rapporti fecondi di scambio con gli altri paesi che fanno crescere un benessere materiale, psichico e socioculturale comune. È in questo benessere condiviso che ogni “Made in My Country” (idee, costumi, gusti, prodotti industriali, alimentari, culturali) assume non un valore a sé stante (che lo priva di ogni credibilità), ma un significato “territoriale”. Il mondo, come la viticoltura, è fatto di “terroir”. Le particolarità di un terroir rivela le particolarità degli altri e viceversa. Un senso civico, dissociato da questa verità (in cui c’è tutta la bellezza della vita), non esiste da nessuna parte.  

Se il ripristino della leva obbligatoria sarebbe privo di utilità ai fini dell’interesse nazionale, l’addestramento estivo di 40 giorni dei giovani lo sarebbe molto di più. Il campeggio militare sembrerebbe una boutade se non fosse, invece, un’idea molto pericolosa. Chi vi potrebbe aderire tra i giovani se non i fanatici dell’estrema destra o gli esaltati che sparano nelle loro “play station” contro ogni cosa che si muove? Una nuova Gladio legalizzata pronta a combattere non una guerra contro un nemico esterno, ma una guerra civile. 

Il senso civico lo devono per prime mostrare le forze politiche, soprattutto quelle del governo. Amministrare la vita comune cercando di imporre  schemi del passato che o sono dimostrati violenti o il tempo li ha resi obsoleti, crea divisioni profonde, il contrario dell’interesse del nostro paese.  

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