In questi mesi abbiamo assistito ad un vero e proprio protagonismo della Regione Lombardia che ha deliberato con atti di Giunta, in particolare sugli OPG, Ospedali Psichiatrici Giudiziari, senza un dibattito in Consiglio regionale, senza coinvolgere le parti sociali, il Terzo Settore e le Associazioni dei famigliari che quotidianamente vivono sulla loro pelle il disagio mentale dei loro cari e sopportano le conseguenze di tali atti.
La Campagna per la Salute Mentale alla quale aderiscono moltissime realtà lombarde impegnate nel campo del disagio psichico (associazioni di familiari, tra cui URASAM, Associazioni di operatori sanitari, del No profit, del Sindacato…) e il Comitato Stop OPG che raccoglie numerosi operatori di diversi campi, intellettuali e Associazioni, anche di familiari, impegnate per l’abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, PROMUOVONO UN INCONTRO PUBBLICO allo scopo di evidenziare le numerose criticità che da tempo sono denunciate senza alcun riscontro da parte dell’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia.
In particolare richiamiamo l’attenzione su alcuni elementi di criticità già esposti ai candidati alla presidenza della Regione Lombardia e successivamente agli Assessori Regionali alla Sanità e alla Famiglia, Solidarietà sociale e Volontariato:
La separazione degli assessorati alla Sanità e alla Famiglia, Solidarietà sociale e Volontariato
La separazione, con la L. 31/97, delle ASL – soggetti pubblici di Programmazione, Acquisto e Controllo (PAC) dei Servizi sanitari e socio-sanitari- da chi produce le cure, le AA. OO., trasformate in soggetti di diritto privato in cui il profitto è elemento costitutivo ha impedito la reale ricezione della Legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato d’interventi e servizi sociali". La 328/2000 era finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e sociosanitari in aiuto alle persone, al loro nucleo familiare e alle famiglie in difficoltà favorendo l’inclusione sociale delle persone fragili con il raccordo tra cura sanitaria e socio- assistenziale.
Tale separazione tra chi programma i Servizi sanitari e socio-sanitari, l’ASL, e chi produce le cure, le AA OO, ha portato le ASL a ridurre l’impegno per la prevenzione e ad affidare a soggetti esterni, accreditati e non, le attività socio-sanitarie. Il PRSM, Piano Regionale per la Salute Mentale, nella sua formulazione promuove la dimensione comunitaria dei servizi, la loro declinazione nella varietà delle situazioni locali, il raccordo con la medicina di base, i Distretti, i Piani di Zona, la collaborazione con le famiglie, gli utenti, la cooperazione sociale, il volontariato e agenzie varie. Se ciò va letto in chiave favorevole, non altrettanto si può dire della governance, ovvero del governo del sistema dei Servizi che è delegato ai Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere, in qualità di funzionari della Regione, però privi di rapporti con i Comuni.
Gli Organismi di Coordinamento per la Salute Mentale (OCSM) promossi dalla Regione per supplire a tale separazione con un lavoro supplementare d’integrazione delle due funzioni, hanno nei fatti pagato le conseguenze dello squilibrio di potere dei suoi interlocutori: la debolezza del Sociale, delle Famiglie, del Terzo Settore, dei Servizi sociali, dei Sindaci, anche per lo svuotamento dei trasferimenti del Fondo Sociale ai Comuni, rispetto allo strapotere del Sanitario incarnato dai primari in rappresentanza dell’Azienda Ospedaliera.
Altra conseguenza è stata la mancanza di un’istanza presso la Giunta regionale, che chiamiamo Ufficio per la Salute Mentale, che conosca quanto accade nei territori della Regione e sia in grado di guidare e orientare gli interventi e le attività per la salute mentale.
La cura è ridotta a prestazioni
La “cura”, riabilitazione e inclusione sociale, è ridotta così prevalentemente al ricovero ospedaliero, all’attività ambulatoriale, al trattamento farmacologico e ai ricoveri in strutture residenziali a vario grado di protezione.
Ne deriva uno squilibrio tra prestazioni sanitarie (Ospedale, Comunità, CRA, ecc ) che assorbono la maggior parte delle risorse e la dimensione territoriale sociale e socio-assistenziale della “cura” ridotta ai minimi termini, mentre dovrebbe invece essere prevalente: Centro Psico Sociale (CPS), ascolto, psicoterapie, assistenza domiciliare (AD), casa, tra cui la residenzialità leggera, lavoro, accompagnamento nella gestione del tempo libero, sostegno alla famiglia.
Ne consegue inoltre una mancata continuità e congruità di cura con un elevato numero di recidive in Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), Residenze protette, in Carcere o Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) (porta girevole), un numero elevato di contenzioni e trattamento sanitario obbligatorio (TSO), derive di cronicizzazione già in giovane età. I cosiddetti casi difficili, che spesso associano al disturbo psichico comportamenti a rischio, problematiche di dipendenze varie o di disabilità, trovano spesso soluzione in contenitori chiusi, le Comunità di vario tipo, compreso Carcere e OPG, invece che nella promozione di forme d’accompagnamento e inclusione sociale, più consone alle potenzialità di recupero delle persone e oltretutto meno costose per la Comunità. Il non assicurare continuità di cura ai “persi di vista”, quelli che non ritornano ai Servizi e ai cosiddetti casi difficili citati sopra, oltre ad avere conseguenze deleterie ai fini del loro recupero, è noto, origina dei costi di gestione più elevati.
L’offerta è orientata essenzialmente a garantire il funzionamento dei Servizi sotto forma di “Prestazioni” accreditate dall’ASL in conformità alla logica remunerativa dei DRG (Diagnostic Related Group) che garantisce i profitti all’A.O. ma che poco hanno a che fare con la presa in carico, l’appropriatezza della cura, la continuità della stessa, l’inclusione e promozione sociale degli interessati e la relativa continuità assistenziale tra i diversi nodi della rete d’offerta. A fronte di un potenziale informativo delle banche dati delle prestazioni di Salute Mentale, da cui si evince lo squilibrio tra le prestazioni sanitarie erogate e quelle socio sanitarie, sociali e assistenziali, invece carenti, nessun movimento di risorse o progettualità innovativa è messo in opera per riparare tale sfasatura.
Impoverimento degli organici
A ciò si aggiunge l’impoverimento costante degli organici e delle risorse dei DSM. Nessun riferimento è più mantenuto ai parametri degli organici stabiliti dai Progetti Obiettivo nazionali, 1994-1996 e 1998-2000. Le contenzioni negli SPDC e la difficoltà ad accogliere le persone dimissibili dagli OPG o di gestire nel territorio i casi difficili vanno fatti risalire alla mancanza di una cultura no restraint negli operatori, alla mancanza di formazione degli stessi alle buone pratiche di contenimento/riduzione dell’aggressività, all’insufficienza di personale negli organici, alla chiusura dei CPS alle h.16 del pomeriggio durante i giorni feriali, la chiusura degli stessi il sabato e la domenica e alla non promozione da parte dei DSM di progetti di inclusione sociale (casa, lavoro, accompagnamento, AD, ecc.) delle persone nel territorio.
Ricadute sulle famiglie
A pagare il prezzo più alto di questo stato di degrado – oltre naturalmente ai soggetti interessati, privati dei diritti di cura, riabilitazione, recupero e integrazione sociale – sono le famiglie, lasciate sole a sopperire alle carenze dei Servizi e sottoposte a un carico superiore alle loro capacità e possibilità. La famiglia, già oberata da un carico pesante derivante dalla difficoltà e spesso dal peso delle situazioni relazionali, è costretta a farsi carico, tra le altre, anche dei momenti di crisi del proprio congiunto surrogando i “Centri di crisi” dei Servizi, mancanti, con conseguenza a volte nefaste ai fini del mantenimento delle relazioni interpersonali familiari e della salute mentale e non della famiglia stessa.
Diritti negati, legature, contenzioni, TSO e OPG
Le contenzioni in Lombardia, mediamente il 12 per centro dei ricoverati nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, con gli estremi che vanno dallo zero per cento di Mantova al 25 per cento di Monza e Brianza, con una concentrazione elevata nelle ore notturne, evidenziano una pratica che è applicata non solo ai casi previsti e regolamentati dalla legge, lo stato di necessità per la pericolosità auto o etero diretta del soggetto, bensì per sopperire a carenze formative del personale, alla mancanza del numero adeguato d’operatori, a cattive pratiche sedimentatesi nel tempo.
Ugualmente avviene per l’eccessivo utilizzo del TSO. I dati di Milano mostrano come i TSO siano concentrati di sabato e domenica. Significa che lo strumento TSO ha un utilizzo improprio, diverso da quello previsto dalla legge, ovvero per i casi rari d’emergenza in cui il rifiuto della cura mette a repentaglio la salute del soggetto o dei familiari o di altri dell’ambiente attorno. Il TSO viene invece spesso utilizzato per tacitare persone che protestano, sedare conflitti familiari, come risposta a casi sociali che dovrebbero trovare soluzioni di tipo diverso. L’utilizzo improprio della contenzione e del TSO, oltre che configurarsi come dei reati istituzionali, sono cattive pratiche che ledono i diritti e la dignità e quando sono reiterate compromettono le possibilità stesse di recupero delle persone.
Ugualmente avviene per molti invii negli OPG o nelle carceri. Il più delle volte i reati commessi sono conseguenza di mancanza di continuità di cura, di conflitti che sorgono a causa di stati d’abbandono, oppure casi di disagio sociale, che si somma al disturbo psichico, che non hanno trovato le adeguate risposte.
COSA CHIEDIAMO?
1- Riunificazione semplificazione e integrazione degli assessorati Sanità e Famiglia
In un’ottica di semplificazione e d’integrazione dei processi e delle funzioni vanno riorganizzati i soggetti istituzionali attraverso l’unificazione dei due assessorati sopra accennati, Sanità e Famiglia, riportando al centro il soggetto e il territorio in cui lo stesso vive, salvaguardando le prerogative delle ASL e dei Piani di Zona per la massima integrazione tra sociale, assistenziale, socio-sanitario e sanitario.
Questo comporta che nei DSM, Dipartimenti di Salute Mentale, confluiscano i servizi per le dipendenze patologiche, le disabilità cognitive, la neuropsichiatria infantile e dell’età evolutiva.
Riportare al centro la persona significa che i servizi devono essere strutturati non per dare risposte uguali per tutti, ma per rispondere alla molteplicità delle esigenze singolari attraverso i progetti individualizzati integrati, volti a promuovere le potenzialità di ciascuno e la continuità assistenziale necessaria.
2- Un nuovo Piano regionale per la Salute Mentale che si proponga la prevenzione e la presa in carico delle varie forme del disagio mentale e sia costruito con la partecipazione dei professionisti, dei Comuni e di tutti i portatori d’interesse (persone con diagnosi psichiatrica, famiglie, terzo settore).
3- Interventi atti alla prevenzione del disagio mentale
Per evitare la cronicità già in giovane età, ampia attenzione deve essere data alla Prevenzione e alla presa in carico precoce garantendo luoghi confortevoli, punti d’accesso a bassa soglia non connotati da stigma, punti di Segretariato sociale, Reti di prossimità e una maggiore integrazione tra cure primarie, Servizi psichiatrici ospedalieri, SPDC, e territoriali, CPS, Servizi sociali, Terzo Settore, Familiari e Utenti, Società civile (cura, lavoro, casa, assistenza domiciliare, gestione del tempo di vita, ecc.).Va garantito un maggiore sostegno e coinvolgimento della famiglia anche con AD, Assistenza Domiciliare, e accompagnamento, in particolare in fase iniziale d’esplosione del disturbo mentale, che favorisca la partecipazione della famiglia al progetto individuale del congiunto e la conciliazione con la vita.
Occorre, come citato sopra, un maggiore accompagnamento nel territorio che promuova e sostenga l’acquisizione del massimo di autonomie possibili, una reale integrazione sociale delle persone, anche quelle in passaggio in comunità, alleggerendo il carico alle famiglie.
Buone pratiche, anche in Lombardia, mostrano che con un’offerta di valide risposte non ospedaliere 24 ore su 24 o orari più ampi d’apertura dei servizi, è possibile assicurare una migliore continuità di cura e maggiori probabilità di miglioramento e guarigione.
Parallelamente vanno messe a disposizione risorse per un Piano di prevenzione alla Salute nelle scuole dove le Associazioni di familiari, anche per l’esperienza consolidata ed anche le persone con disagio psichico stesse, possono svolgere un ruolo di testimonianza, di contributo al superamento dello stigma, di proposizione di un sapere esperienziale che più facilmente può catturare l’interesse e il coinvolgimento di studenti e insegnanti, rispetto a quello prettamente tecnico dei professionisti.
Va ricordato inoltre che la libertà di scelta contempla anche la ricerca del consenso che non può limitarsi al “consenso informato”, ma oltre ad accedere a tutte le informazioni che permettano all’assistito di partecipare alle decisioni riguardanti la sua salute, deve coinvolgere anche la famiglia e i partner coinvolti nel progetto di trattamento, che può contemplare farmaci, trattamenti psicoeducativi, comunitari, riabilitativi, psicoterapie, ecc. Non si deve dimenticare che ci troviamo di fronte a un soggetto fragile la cui autonomia e libertà di scelta sono fondamentali per la tutela soggettiva, ma non necessariamente esente da condizionamenti affettivi o cognitivi provenienti dalla sua patologia. Rispettare la sua libertà significa in questi casi sostenere la persona e la famiglia aiutandola a diventare maggiormente autonoma, ad acquisire spazi anche piccoli di maggiore libertà.
4 – Rispetto degli organici con spostamento di risorse dalla residenzialità al territorio
Si richiede che:
– gli organici nei Servizi di Salute Mentale siano in conformità al Progetto Obiettivo 1998-2000; – sia fatto un controllo del Turn Over e dei contratti del personale; – siano potenziate le risorse economiche.
Gli organici dei CPS, come già affermato sopra, sono oggi ridotti all’osso, il loro potenziamento permetterebbe l’avvio dell’accompagnamento delle persone e delle famiglie nel territorio, ora mancante. Questo favorirebbe, sia la riduzione delle recidive e dei ricoveri nel Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, SPDC, sia la diminuzione al ricorso indiscriminato alle Comunità Residenziali che, quando reiterato, è il prodromo all’instaurarsi della condizione di cronicità, già in giovane età. Ciò, oltre ad una più appropriata presa in carico, creerebbe delle economie nel sistema dei Servizi. La residenzialità ad alta protezione, infatti, per la maggior parte affidata a gestori del privato sociale convenzionato, con scarsa verifica dei risultati, e il resto di gestione pubblica e gli SPDC, assorbono la maggior parte del budget della Salute Mentale. E’ necessario, perciò, che siano, riviste le convenzioni tra Regione (ASL) ed erogatori di residenzialità, riducendo i posti accreditati, includendo dei criteri di misurazione degli esiti e incentivando gli erogatori più virtuosi. I risparmi ricavati dalla riduzione di posti accreditati siano affidati ai DSM per assumere personale (infermieri, educatori …) per realizzare attività d’inclusione sociale e d’accompagnamento delle persone e delle loro famiglie nel territorio: accompagnamento, case, borse lavoro, domiciliarità … E siano incentivati quei Servizi che realizzano progetti con la rete sociale, compreso quelli con le Associazioni dei Familiari.
5 – NPI e primo accesso alle cure
Occorre potenziare i posti letti per il ricovero dei minori, oggi purtroppo inviati di frequente nel SPDC, Diagnosi e Cura degli adulti. Ai minori occorre offrire maggiori possibilità di presa in carico e di gestione delle situazioni urgenti, evitando di rimandarle a lunghe liste d’attesa per invii in Comunità o per prese in carico. Sia inoltre promossa maggiormente l’integrazione nel passaggio da NPI alla Psichiatria adulti.
6 – Riconoscimento della rappresentanza
Gli aderenti alla Campagna Salute Mentale e al Comitato Stop OPG, in quanto portatori d’interessi e di saperi, chiedono di essere riconosciuti come interlocutori istituzionali e convocati in sede di programmazione e definizione delle politiche regionali nel campo della Salute Mentale e non essere soltanto informati delle decisioni già assunte dalla Regione.
RITENIAMO NECESSARIO:
– Istituire presso la Giunta regionale l’Ufficio di Salute Mentale Regionale che sia punto di riferimento, sostegno e indirizzo delle attività dei Dipartimenti di Salute Mentale nel rispetto delle finalità del Piano Regionale per la Salute Mentale.
– Dare avvio ad un cambiamento di gestione dei servizi che preveda con il tempo uno spostamento di risorse dal Sanitario/ospedaliero – vedi il modello lombardo (SPDC, strutture residenziali – al Sociale con il relativo potenziamento delle attività territoriali. Ciò deve contemplare una strutturazione diversa della funzione dello SPDC, che dovrebbe diventare un contenitore più leggero con a lato la disponibilità di luoghi territoriali (CPS) di gestione delle situazioni sociali, l’apertura delle porte dello SPDC con l’eliminazione della contenzione e servizi territoriali 24H sette giorni su sette.
– Presa in carico e gestione da parte dei DSM delle persone che hanno commesso reato in modo da impedire le derive neomanicomiali attuali o altre sotto forme più mascherate.
– Dare parola a chi ha esperienza di disagio psichico con la partecipazione di utenti e familiari all’interno dei Servizi, anche nel controllo della qualità.
– Inserire il contributo dei familiari nella formazione degli operatori anche nelle scuole di specializzazione di psichiatria.
– Investire nell’aggiornamento e nella formazione continua di tutti gli operatori perseguendo le finalità e i contenuti del nuovo Piano Regionale per la Salute Mentale.
– Il lavoro può rappresentare per molti sofferenti psichici uno strumento fondamentale di recovery, d’acquisizione di dignità, autonomia, libertà e “guarigione”. La politica regionale deve assumersi il compito di gestire le problematiche connesse affinché l’applicazione delle leggi in materia non rimanga lettera morta. Occorre creare le condizioni per favorire le assunzioni nelle aziende private garantendo la necessaria assistenza alle stesse e l’accompagnamento al lavoratore, e anche nella PA anch’essa inadempiente all’obbligo applicativo della legge 68/99 “, norme per diritto al lavoro dei disabili”, compresi quelli psichici. Poche sono le assunzioni in particolare dei sofferenti psichici e, per contro, sono facilmente licenziati, quando trovano un impiego, a causa di mancanza d’accompagnamento e sostegno.
PER CONFRONTARCI SU QUESTI TEMI SEI INVITATO AL:
DIBATTITO/CONFERENZA STAMPA
APERTO A TUTTE LE COMPONENTI
GIOVEDI’ 27 GIUGNO 2013 ALLE ORE 11
DAVANTI AL "PALAZZO LOMBARDIA",
PIAZZA CITTÀ DI LOMBARDIA N. 1 – MILANO
Milano 13 giugno 2013
Per raggiungere PIAZZA CITTÀ DI LOMBARDIA N. 1 – MILANO : MM linea verde N. 2 – Fermata Gioia
Campagna per la Salute Mentale
Comitato Stop OPG
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