Come già abbiamo avuto occasione di dire, gli obiettivi della valutazione standardizzata, nell'ambito della clinica, sono essenzialmente quelli di un più preciso inquadramento diagnostico, di una chiara definizione del quadro psicopatologico, di una misurazione della gravità dei sintomi, di un monitoraggio degli effetti dei trattamenti. A fianco di questi, si collocano, poi, strumenti atti a valutare le risorse del paziente (intelligenza, personalità, deterioramento, eccetera), a studiare la prevalenza e l'incidenza nella popolazione della patologia psichiatrica in genere o di specifici disturbi in particolare, a valutare l'adattamento sociale ed altro ancora.

Per le diverse finalità della valutazione è necessario ricorrere a "strumenti" con caratteristiche diverse; è evidente che per una valutazione diagnostica può essere sufficiente stabilire la presenza o l'assenza di un sintomo, mentre per misurare la gravità del quadro clinico e del suo modificarsi nel corso del trattamento sarà necessario che, per i vari sintomi che lo caratterizzano, siano chiaramente specificati i diversi livelli di gravità. Analogamente, saranno necessari strumenti con caratteristiche diverse se vogliamo studiare i rapporti della sintomatologia specifica di un determinato quadro clinico con la psicopatologia nella sua globalità (come nel caso, ad esempio, dello studio della patologia di spettro o della comorbidità), oppure se vogliamo indagare aspetti limitati di uno specifico quadro clinico (come potrebbe essere, ad esempio, l'approfondimento di sintomi quali la perdita di speranza, i sentimenti di inutilità e di impotenza, considerati come elementi essenziali per la comprensione della depressione).

Nel caso della valutazione dell'efficacia di un trattamento, è necessario che siano prese in considerazione quelle dimensioni che sono capaci di rilevare i cambiamenti. La mancanza di queste dimensioni (o di un loro numero sufficiente) può far giungere alla conclusione di una mancanza di efficacia terapeutica, quando invece è presente. Bisogna anche evitare l'eccesso di variabili, eliminando quelle per le quali non ci sono indizi che siano influenzabili dal trattamento in studio, poiché la loro ridondanza può rendere difficile l'interpretazione dei risultati della ricerca. In alcuni casi, queste variabili aspecifiche possono addirittura raggiungere la significatività statistica in seguito alle modificazioni di alcuni parametri solo per effetto della casualità.

Così, ad esempio, nella valutazione degli effetti del trattamento del paziente schizofrenico acuto, si dovranno valutare le modificazioni del giudizio di realtà, dei disturbi del pensiero e delle sensopercezioni, della disorganizzazione del comportamento, del ritiro sociale e dei comportamenti auto ed eteroaggressivi, mentre nel trattamento di quello cronico l'attenzione sarà più spostata sul versante dell'adattamento sociale. Anche nei quadri depressivi si terrà conto del giudizio di realtà e dell'adattamento sociale, ma l'attenzione sarà maggiormente focalizzata sui disturbi dell'umore, sulla sofferenza soggettiva, sui sintomi somatici, sul rischio suicidario.

Vedremo questi aspetti più in dettaglio nei singoli capitoli; vogliamo sottolineare qui che non per tutte le aree il consenso è unanime. Esso è certamente molto più ampio quando si tratta di esplorare i disturbi psicopatologici che fanno ormai parte dell'esame psichico tradizionale, come i disturbi dell'umore, della psicomotricità, dell'orientamento, della memoria, del pensiero, del giudizio di realtà, eccetera, poiché è generalmente accettato il loro valore come indici di gravità del disturbo e sono concetti ormai ben definiti e valutabili con buona affidabilità. Meno unanime è il consenso su altri concetti, come, per esempio, quello di "adattamento sociale", di "qualità della vita", eccetera, poiché i valori su cui si basano concetti quali "buon funzionamento", "soddisfazione", eccetera sono estremamente variabili non soltanto a livello soggettivo, ma anche a livello socioculturale. Basti pensare al diverso significato che questi due termini, "buon funzionamento" e "soddisfazione", possono avere se riferiti a condizioni (vita coniugale, lavoro, tempo libero, attività sociali, eccetera) ed a persone diverse (un giovane ed un anziano, un laureato ed uno appena alfabetizzato, di una classe sociale abbiente o non abbiente, un uomo ed una donna e così via). Ma anche a parità di altre condizioni, il giudizio sull'adattamento sociale è complesso, derivando dal giudizio sul livello di attività prestazionali e di soddisfazione giudicato accettabile dalla famiglia e dalla società e quello attuale del paziente. La valutazione dell'adattamento sociale è anche in rapporto al "setting": ben diverso è il giudizio in ambito di ricovero, in una comunità per lungodegenti o nel normale ambiente di vita. Inoltre modalità diverse di trattamento possono influenzare in maniera diversa, e talora senza apparenti correlazioni, il quadro psicopatologico e l'adattamento sociale.

Altri settori controversi sono quelli relativi alla valutazione della personalità (per la mancanza di consenso su quali siano le sue dimensioni fondamentali) e dei concetti psicoanalitici, perché esiste disaccordo sia su quali siano realmente importanti, sia sulla loro stessa definizione, sia, infine, sulla loro indipendenza rispetto ai sintomi psicopatologici.

Alcuni studiosi hanno criticato le RS poiché prendono in considerazione soltanto i disturbi psicopatologici ed ignorano gli aspetti positivi dello psichismo, quelli che potremmo indicare come segni di salute mentale. Se in passato è prevalsa l'opinione che gli aspetti positivi dello psichismo potevano essere considerati l'immagine speculare di quelli negativi, oggi si tende a considerare i due aspetti come relativamente indipendenti. Alcuni strumenti di valutazione, come la Global Assessment Scale (Spitzer et al., 1973) o, ancor più, scale di valutazione dell'adattamento sociale, come la Structured and Scaled Interview to Assess Maladjustment (Gurland et al., 1972) e la Social Adjustment Scale (Weissman et al., 1971) hanno recepito questa istanza inserendo item che esprimono aspetti positivi, come la cooperatività, la contentezza, l'avere il senso dell'humor, l'essere responsabili, eccetera. Anche per gli aspetti positivi del funzionamento mentale manca comunque, così come per l'adattamento sociale o per le dimensioni della personalità, un vasto consenso tra i diversi Autori.

Sulla base dell'area esplorata si possono sostanzialmente distinguere le scale di valutazione diagnostica e quelle di valutazione psicopatologica e, fra queste, quelle di valutazione globale e quelle di valutazione settoriale; ci sono poi le scale di valutazione dell'adattamento sociale, del rischio di suicidio, della qualità della vita, eccetera. Questo criterio di classificazione sarà seguito nella parte speciale, dove saranno descritte una buona parte delle RS che meritano, per qualche ragione, di essere ricordate e saranno riportate quelle più importanti o di maggiore diffusione.

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Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici