Anche se il paziente è, nella maggior parte dei casi, la fonte principale di informazioni, non necessariamente egli è anche colui che effettua la rilevazione della sintomatologia, come accade quando si utilizzano le cosiddette scale di autovalutazione (Self-assessment Rating Scale – SRS); più spesso, anzi, la rilevazione è fatta da un osservatore esterno, di solito un operatore sanitario (che può essere un medico, psichiatra o meno, uno psicologo, un infermiere, eccetera), ma anche da altri (p. es., i familiari), e si parla allora di scale di eterovalutazione (Observer Rating Scale – ORS). Tanto le SRS che le ORS presentano vantaggi e svantaggi.

Le SRS hanno avuto un notevole sviluppo poiché accreditate di avere, rispetto alle ORS, una maggiore economicità di impiego, non richiedendo un dispendio di tempo da parte del medico, ed il vantaggio, essendo l'espressione diretta dei sentimenti e delle sensazioni del paziente, di eliminare una possibile fonte di varianza, la distorsione, cioè, dovuta all'intervento dell'osservatore. Molti Autori sono però assai critici nei confronti di questi strumenti che, in realtà, presentano dei limiti indiscutibili. Anche escludendo i casi in cui il paziente è del tutto incapace di compiere un'autovalutazione, come negli stati confusionali o nei quadri demenziali, e quelli in cui l'autovalutazione è inattendibile, come nella mania o nella schizofrenia, le SRS possono risultare di difficile comprensione generale per numerosi pazienti, possono prestarsi ad interpretazioni semantiche diverse, o possono essere usate come strumento di manipolazione da parte del paziente. Accanto, quindi, ad Autori come Zung, Biggs, Kellner, McNair, Heiman, Lipman, Covi, eccetera, che sostengono la validità e l'attendibilità delle SRS nella valutazione della sintomatologia e del suo cambiamento e nella discriminazione tra farmaco attivo e placebo nelle prove cliniche, ce ne sono molti altri (Carrol, Hamilton, Williams, Pichot, Rickels, Prusoff, Aitken, Angst, Faravelli, eccetera) che mettono più o meno decisamente in dubbio l'utilità delle SRS avendo riscontrato, con queste:

• una bassa concordanza con il giudizio clinico;

• la difficoltà per il malato di interpretare i diversi livelli di gravità o di capire il significato di alcune espressioni;

• l'impossibilità di cogliere aspetti obiettivi rilevanti per il clinico, come l'espressione mimica, il tono della voce, la psicomotricità, eccetera;

• la difficoltà che il paziente può avere nel rilevare cambiamenti modesti che, pur non incidendo sull'essenza del disturbo, sono importanti per il clinico che può ricavare da questi indicazioni circa l'opportunità di proseguire il trattamento, incrementarne le dosi o sospenderlo;

• la possibilità che il paziente amplifichi miglioramenti irrilevanti per gratificare il medico o per ottenere vantaggi quali il trasferimento in un reparto migliore, una minore sorveglianza o la dimissione (magari per mettere in atto gesti autolesivi);

• la possibilità, al contrario, che il paziente minimizzi i miglioramenti o amplifichi la sintomatologia per richiamare l'attenzione del medico, ottenere maggiore attenzione, o altro.

Le ORS si prestano ad essere utilizzate in varia maniera. Una prima modalità è quella dell'osservazione effettuata da un informatore (ed esistono per questo appositi questionari) il quale può fornire notizie sul comportamento del paziente nel suo ambiente naturale. Il campo di osservazione migliore è, in questo caso, il comportamento direttamente osservabile, mentre i sentimenti ed i pensieri possono più facilmente sfuggire o esser tenuti nascosti dal paziente. Non sempre, purtroppo, è disponibile un informatore e quelli possibili possono non prestarsi o essere incapaci di effettuare le rilevazioni.

Le RS per l'osservazione naturalistica da parte del personale di assistenza in ambito di ricovero, sono assai numerose e sono state fra le prime RS ad essere state sviluppate. L'attenzione di questi strumenti è per lo più focalizzata sul comportamento manifesto e sono perciò più adatti a quei tipi di patologia in cui il comportamento è significativo e di facile rilevazione. Sono particolarmente indicati per valutare la frequenza dei comportamenti abnormi o disturbanti, soprattutto nei pazienti molto gravi, con i quali è difficile comunicare. L'uso di questi strumenti ha avuto la massima diffusione quando la psichiatria era svolta prevalentemente negli ospedali (psichiatrici e non) ed i ricoveri erano protratti; oggi, con lo spostamento dell'assistenza psichiatrica nella comunità e con la marcata riduzione della frequenza dei ricoveri e della loro durata, hanno perso molto del loro valore.

La modalità più comune, rimane comunque la valutazione diretta del paziente da parte del medico il quale, con un'intervista ben condotta, può ottenere informazioni non ottenibili per altre vie; combinando le informazioni così raccolte con quanto osservato nel corso dell'intervista e con altre informazioni eventualmente raccolte da altre fonti, egli può formulare giudizi molto più appropriati e pertinenti. Attraverso un buon colloquio psichiatrico è possibile migliorare la qualità e la quantità delle informazioni fornite dal paziente o, comunque, evidenziare la tendenza a mentire o a sotto o sovrastimare i sintomi e dare così un giudizio ponderato. Il limite maggiore delle ORS deriva dal fatto che ogni clinico ha una propria modalità di effettuare l'intervista, di porre le domande, di esplorare più o meno ampiamente le diverse aree della psicopatologia. Lo stesso intervistatore, inoltre, spesso cambia il proprio modo di intervistare non solo i diversi pazienti, ma anche lo stesso paziente in momenti successivi. Ne deriva che, con le ORS, la variabilità fra valutatori può essere maggiore di quella fra i pazienti. Per ovviare a questo, sono state proposte delle interviste standardizzate, più o meno rigidamente strutturate, che migliorano nettamente l'accordo fra valutatori: parleremo più avanti di questo tipo di interviste.

È generalmente accettato il principio che le informazioni utilizzabili in ambito di ricerca siano soltanto quelle ottenute direttamente dal paziente, in modo che ogni valutatore disponga delle medesime informazioni e che, quindi, la concordanza fra valutatori sia maggiore. Questa maggiore affidabilità è ottenuta, però, a scapito della validità, che sarà certamente minore di quella raggiungibile se si potessero utilizzare anche altre fonti di informazione (familiari, personale di assistenza, eccetera) dato che, nel corso dell'intervista, possono non emergere alterazioni perché troppo sporadiche o per il fatto di essere rilevabili soltanto dall'osservatore, ma non dal soggetto, o perché il paziente tende a negare, o per altri motivi ancora; è il caso, ad esempio, del comportamento motorio, dei disturbi del pensiero e delle allucinazioni, dei comportamenti bizzarri o di abuso o aggressivi, eccetera, che non sono costanti nel tempo o che il paziente può tendere a dissimulare nel corso dell'intervista.

L'impiego di fonti di informazioni diverse dall'intervista con il paziente, crea comunque ulteriori problemi: il valutatore può non essere sicuro della qualità delle informazioni derivanti da altre fonti, o fonti diverse possono fornire informazioni differenti o addirittura contrastanti; i diversi valutatori possono avere quantità o tipi diversi di queste informazioni e tutto questo può influenzare anche pesantemente il risultato finale. Com'è facile intuire, non esistono soluzioni ottimali per risolvere questi problemi.

Prima di concludere, è necessario tornare un attimo sul problema delle SRS e delle ORS, di cui Faravelli (1983) ha fatto un'ampia disamina, della quale cercheremo di fare qui una sintesi. A ben vedere, quelli indicati come gli svantaggi delle ORS, il dispendio di tempo da parte del medico e l'introduzione di una fonte di varianza, sono in realtà irrilevanti. Nel contesto di un normale rapporto clinico, il colloquio con il paziente è (o dovrebbe essere) tale da fornire le informazioni necessarie per rispondere praticamente a tutti gli item di una comune RS; l'attenta osservazione, contestuale al colloquio, dovrebbe fornire la risposta agli item di tipo comportamentale; in genere, solo per pochi item può essere necessario porre domande specifiche. È evidente, quindi, che la compilazione di una ORS non richiede, di solito, che pochissimi minuti in più rispetto al tempo normale di consultazione. Quanto, poi, alla variabilità introdotta dall'osservazione esterna, è stato ampiamente dimostrato in numerose ricerche che l'accordo fra valutatori diversi è generalmente molto elevato, poiché il giudizio degli psichiatri, anche se di impostazione dottrinaria diversa, è, per l'omogeneità della cultura di base, per la formazione medica, per l'esperienza clinica e per l'abitudine all'osservazione, molto più coerente e confrontabile rispetto all'autovalutazione, che è molto più influenzabile da una serie di fattori personali, quali la capacità di introspezione, il livello culturale, le conoscenze linguistiche, eccetera. È stato dimostrato, infatti, che la correlazione fra l'auto e l'eterovalutazione:

• è direttamente proporzionale al livello culturale dei pazienti, probabilmente perché il contenuto semantico degli item è il prodotto dell'evoluzione culturale generale e quindi l'accordo è tanto maggiore quanto più lo sviluppo culturale del paziente è vicino a quello del medico;

• è maggiore per quegli item per la cui valutazione è necessario interrogare il paziente (p. es., i sentimenti di colpa) che per quelli per i quali la valutazione è più legata all'osservazione (p. es., l'agitazione psicomotoria);

• è maggiore nelle forme medio-lievi di psicopatologia che in quelle gravi.

È un dato di fatto che i pazienti tendono a dividersi in tre categorie: quelli che valutano criticamente le proprie sensazioni ed il proprio stato (raggiungendo, di solito, un buon accordo con la valutazione del clinico), quelli che amplificano al massimo la propria condizione e quelli che, al contrario, la minimizzano; questi ultimi due tipi di pazienti tendono a dare valutazioni nei valori estremi della scala, lasciando perciò poco margine per eventuali ulteriori peggioramenti o, rispettivamente, miglioramenti.

È bene, poi, ribadire il concetto che il paziente (ma non, ovviamente, il clinico) attribuisce alla propria valutazione un significato di comunicazione e che, pertanto, più che dare una valutazione oggettiva dei propri disturbi, egli tende ad esprimere attraverso la SRS una richiesta di aiuto e può essere perciò portato a rafforzare il messaggio mediante un'amplificazione funzionale.

Queste osservazioni ci portano al nocciolo del problema, quali siano, cioè, i criteri attraverso i quali lo psichiatra ed il paziente giungono alla valutazione. È evidente che il clinico, di fronte al malato, opera un confronto tra il quadro clinico attuale e quello di pazienti con patologia analoga di cui, sulla base della sua formazione professionale e della sua esperienza personale, si è creato in mente uno stereotipo. Il punteggio delle ORS ha perciò, di solito, una spiccata tendenza centrale, essendo appunto "centrale" lo stereotipo ed oscillando intorno a questo i punteggi dei pazienti reali. Il paziente, invece, ha come punto di riferimento solo se stesso ed il proprio vissuto attuale confrontato a quello precedente e perciò, quale che sia la gravità "oggettiva" del vissuto attuale, essa sarà comunque soggettivamente grave; è per questo che, con le SRS, la distribuzione dei punteggi tende verso l'estremo, che rappresenta la maggiore gravità.

Anche nella valutazione del cambiamento, che è poi uno degli scopi principali delle RS, il clinico ed il paziente adottano criteri diversi. Il valutatore esterno, che avrà certamente difficoltà a ricordare esattamente le condizioni precedenti del paziente, soprattutto se è trascorso un certo lasso di tempo, tenderà a fare, anche in questo caso, una valutazione trasversale, facendo riferimento soprattutto allo stereotipo che egli ha in testa, più che alle osservazioni precedenti dello stesso paziente. Il paziente, per i motivi sopra esposti, tenderà invece a fare il confronto con le sue condizioni precedenti e soprattutto con quelle della massima acuzie. Se questo è vero, il miglioramento espresso mediante le RS dovrebbe essere espresso in percentuale con le SRS e mediante i punteggi grezzi con le ORS. Con queste ultime il punteggio esprime il cambiamento assoluto della sintomatologia ed è perciò maggiormente confrontabile tra pazienti diversi. Il valutatore esterno, inoltre, è in grado di cogliere variazioni anche modeste della sintomatologia, mentre il paziente tende generalmente a valutare le sue condizioni nell'ottica più sfavorevole (del resto, quali disturbi sono più gravi di quelli in atto? Quelli passati, anche se più gravi di quelli attuali, non ci sono più!) ed ha bisogno perciò di variazioni sensibili per prendere coscienza dell'avvenuto cambiamento. Tutto questo sembra confermare l'opinione di molti Autori che auto ed eterovalutazione misurano qualcosa che è sostanzialmente diverso, tanto dal punto di vista concettuale che da quello semantico. Non si può negare, infatti, che il paziente tende a valorizzare la sofferenza soggettiva così come è psicologicamente vissuta, mentre gli aspetti più "esterni" della malattia hanno meno rilievo e minor peso; lo psichiatra, invece, che non può penetrare più di tanto nell'intimo della sofferenza del paziente, riesce a cogliere gli aspetti più esterni, ma non meno importanti, della realtà clinica, quali il comportamento, la compromissione somatica, le problematiche socio-relazionali, eccetera.

Anche gli studi sulle RS sembrano confortare questa opinione: l'accordo fra ORS e SRS, espresso dal coefficiente di correlazione, generalmente non è molto elevato, a testimonianza del fatto che i due tipi di scale non misurano, nella sostanza, la stessa cosa; per contro la correlazione tra le SRS tra loro e tra le ORS tra loro è abitualmente più elevata, a documentare che i due tipi di scale sono sostanzialmente diversi tra loro. O, per meglio dire, misurano aspetti diversi di uno stesso fenomeno, che è apparentemente non definibile nella sua totalità, assumendo aspetti diversi in rapporto all'ottica secondo cui viene osservato.

Per concludere, le ORS sono più vicine all'idea che il medico ha della malattia, sono strumenti maneggevoli, più aderenti delle SRS al concetto di strumento di misura ed al compito per cui sono state concepite, e cioè la valutazione obiettiva della psicopatologia, della sua gravità e del suo cambiamento, e perciò più adatte a soddisfare le necessità della ricerca. Esse però non sono in grado di descrivere gli aspetti soggettivi, comunicativi e relazionali, che sono parte integrante della malattia: questi aspetti sono meglio esplorati dalle SRS, che consentono una più approfondita conoscenza delle problematiche del paziente. In definitiva, quindi, possiamo considerare le scale di auto e di eterovalutazione strumenti da utilizzare in maniera integrata, per meglio rispondere all'esigenze tanto della clinica che della ricerca.

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Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici