Per queste ragioni la BPRS ha avuto un ruolo di primo piano nella valutazione della schizofrenia, almeno fino a quando ha prevalso la concezione bleuleriana di questo disturbo. Per questo Autore i sintomi "fondamentali" della schizofrenia, quelli comuni, cioè, a tutte le forme cliniche, erano da individuarsi nella disorganizzazione del pensiero, nelle alterazioni dell’affettività, nell’autismo e nell’ambivalenza, mentre erano da considerarsi sintomi "accessori" tutti gli altri, quelli cioè non necessariamente presenti in ogni caso, come le allucinazioni, le variazioni dell’umore, le alterazioni dello stato di coscienza e le manifestazioni catatoniche. Negli anni Sessanta e Settanta c’era stata una certa rivalutazione dei deliri e delle allucinazioni al punto che i sintomi di primo ordine di Schneider (voci udibili, voci sotto forma di discorsi e repliche, voci che commentano l’operato del soggetto, esperienza di passività somatica, furto del pensiero ed altre esperienze di influenzamento del pensiero, diffusione del pensiero, percezioni deliranti e sensazioni di costrizione del dominio della volizione, dei sentimenti e degli impulsi), per quanto non patognomonici, erano considerati come una guida infallibile per la diagnosi, tanto da avere un ruolo importante negli RDC, nel PSE e nel DSM-III. Ma i sintomi di primo ordine di Schneider mostrarono ben presto i loro limiti e si tornò, con qualche aggiustamento, ai concetti di Bleuler ed in particolare alla denominazione di "sintomi negativi" dei sintomi fondamentali ed alla denominazione di "sintomi positivi" di quelli accessori. La distinzione fra due sindromi schizofreniche, una con sintomi negativi ed una con sintomi positivi — espressione, i primi, di perdita o riduzione di alcune funzioni e, i secondi, di alterazione o distorsione di altre funzioni —, riproposta da Crow nel 1980, ha suscitato notevole interesse ed attenzione. Nella formulazione originale di Crow, la schizofrenia di tipo 1, caratterizzata da buon adattamento premorboso, funzione cognitiva normale, prevalenza di sintomi positivi e buona risposta al trattamento con neurolettici, sarebbe sostenuta da un’eccessiva trasmissione dopaminergica (da cui i buoni risultati del trattamento con bloccanti dopaminergici), mentre la schizofrenia di tipo 2, caratterizzata dalla predominanza di sintomi negativi, da scarso adattamento premorboso e compromissione cognitiva, avrebbe alla base un’anomalia strutturale cerebrale (ampliamento ventricolare evidenziabile alla TAC) e questo spiegherebbe la scarsa risposta al trattamento. La dicotomia proposta da Crow, per quanto lasci insoluti, alla luce dell’esperienza clinica, alcuni problemi (di cui i principali sono rappresentati dalla presenza di forme cosiddette "miste", in cui coesistono sintomi delle due serie, e da quei quadri che, nel tempo, vanno incontro a drastiche variazioni) che non vogliamo certamente affrontare in questa sede, è stata il punto di partenza di numerose ricerche e, per quello che ci riguarda, anche per lo sviluppo di strumenti standardizzati di valutazione che a quella dicotomia fanno più o meno esplicitamente riferimento. Un primo contributo all’inquadramento di queste due forme di schizofrenia è stato fornito, sul piano psicometrico, dalla Scale for the Assessment of Thought, Language, and Communication Disorders – TLC, una scala metodologicamente ben costruita e con un solido substrato teorico, messa a punto dalla Andreasen (1979) per studiare specificamente i disturbi cognitivi degli schizofrenici attraverso l’esplorazione di 18 categorie di disturbo del pensiero. La TLC esplora, mediante un’intervista strutturata, le esperienze recenti e gli interessi personali dei soggetti senza prendere in considerazione l’insieme della sintomatologia. Dopo un breve colloquio informale, viene posta al paziente una serie di domande relative ad argomenti diversi (dall’astratto al concreto, dai problemi personali ai rapporti interpersonali); il punteggio è una sintesi della frequenza e della gravità del sintomo. L’analisi della TLC ha consentito di distinguere due tipi principali di disturbo del pensiero (positivo e negativo) e di isolare alcune forme di disturbo del pensiero, fra cui la "povertà di linguaggio" e la "povertà del contenuto del linguaggio" che caratterizzano pazienti con scarsa risposta al trattamento e con prognosi peggiore. La stessa Andreasen ha poi messo a punto due scale, una per la valutazione dei sintomi negativi, la Scale for the Assessment of Negative Symptoms – SANS (1982) ed una, la Scale for the Assessment of Positive Symptoms -SAPS (1982), per la valutazione di quelli positivi. La SANS e la SAPS hanno rappresentato un vero e proprio salto di qualità nella valutazione della schizofrenia, poiché hanno consentito la definizione e la valutazione quantitativa delle manifestazioni più specifiche del disturbo. La definizione precisa dei termini e l’ampiezza dell’area psicopatologica coperta rappresentano le caratteristiche migliori delle due scale della Andreasen, mentre un po’ carente è la definizione dei punteggi. Per quanto di agevole applicazione, entrambe le scale richiedono una buona esperienza clinica da parte del valutatore, e questo vale ancora di più per la SANS che richiede una particolare abilità nel far emergere i sintomi e dar loro una quantificazione. La SANS è composta da 25 item suddivisi in 5 cluster (Piattezza o ottundimento affettivo, Alogia, Abulia, Apatia, Anedonia, Asocialità ed Attenzione) e per ogni cluster è richiesta una valutazione globale. Gli item della SAPS sono 34 e sono raggruppati in 4 cluster (Allucinazioni, Deliri, Anomalie del comportamento e Disturbi formali positivi del pensiero); anche per questa scala è richiesta una valutazione globale dei singoli cluster. Le due scale della Andreasen, tuttavia, non forniscono indicazioni sul livello generale della psicopatologia del paziente schizofrenico e, per contro, la scala di valutazione della psicopatologia generale più usata nella ricerca e nella pratica clinica con questi pazienti, la BPRS, non fornisce adeguate informazioni sui sintomi positivi e negativi che caratterizzano questi pazienti. Kay e collaboratori (1987), nel tentativo di superare i limiti di questi strumenti, hanno elaborato la Positive And Negative Schizophrenic Symptoms – PANSS integrando i 18 item della BPRS con i 12 della Psychopathology Rating Scale – PRS (Singh e Kay, 1975) ed articolando i 30 nuovi item in tre distinti cluster, uno per i sintomi positivi (7 item), uno per quelli negativi (7 item) ed uno per i sintomi psicopatologici generali (16 item). Il manuale che accompagna la scala fornisce una dettagliata spiegazione dei singoli item e dei criteri di quantificazione dei sintomi (che sono valutati su una scala a 7 punti). L’intervista prevede una fase iniziale, non strutturata, durante la quale si cerca di stabilire un rapporto con il paziente, si raccolgono informazioni anamnestiche e si incominciano a valutare gli aspetti comportamentali ed interpersonali, ed una seconda fase, strutturata, in cui vengono esplorati gli altri ambiti psicopatologici, dall’umore alla cognitività, dall’ansia alle capacità di ragionamento astratto. Informazioni sul comportamento del paziente nel corso della settimana precedente l’intervista vengono raccolte dai familiari o, per i pazienti ricoverati, dal personale infermieristico. In questo modo, si può valutare in maniera più completa i diversi ambiti psicopatologici, dal comportamento ai rapporti interpersonali, dai processi cognitivi al contenuto del pensiero, caratterizzare i pazienti in termini di appartenenza ad uno dei due sottotipi di schizofrenia (a sintomi positivi o a sintomi negativi), dare una misura affidabile della gravità complessiva del quadro clinico. La PANSS, quindi, grazie alla descrizione analitica degli item, permette, al pari della SANS e SAPS, di cogliere gli elementi sintomatologici specifici della serie negativa e positiva, ma è operativamente più flessibile e, grazie all’introduzione di item esploranti la sintomatologia generale, consente di valutare anche quei sintomi che interagiscono con la sintomatologia positiva e negativa pur non facendone parte (Pancheri et al., 1995). Grazie all’analisi statistica (analisi delle componenti principali), la PANSS ha messo in evidenza, nella popolazione schizofrenica, 4 cluster di sintomi:

• una Sindrome Positiva, caratterizzata da deliri ed allucinazioni,

• una Sindrome Negativa, comprendente l’isolamento e la mancanza di spontaneità;

• una Sindrome Depressiva, di cui fanno parte la colpa, l’ansia e la depressione;

• una Sindrome di Eccitamento comprendente l’ostilità ed uno scarso controllo sugli impulsi.

Queste sindromi si collocano spazialmente a formare una piramide che ha per base un triangolo rettangolo che ha agli estremi dell’ipotenusa le sindromi Negativa e Positiva ed all’angolo retto la Depressione; l’Eccitamento rappresenta l’apice della piramide e si colloca perciò al di fuori del piano in cui si trova la base. La distribuzione di queste sindromi nei pazienti mostra che queste non sono dimensioni separate ma fanno parte di un continuum in cui:

• il lato che unisce la sindrome Positiva a quella Negativa descrive i pazienti con disturbi cognitivi quali disorganizzazione concettuale e ridotta capacità di critica, classificabili nella categoria diagnostica della schizofrenia di tipo disorganizzato;

• quello che unisce la sindrome Positiva a quella Depressiva include i pazienti con sospettosità ed idee persecutorie, classificabili nella schizofrenia di tipo paranoide;

• quello, infine, che unisce la sindrome Negativa a quella Depressiva è caratterizzato dal rallentamento motorio e dal negativismo e raccoglie pazienti classificabili nella schizofrenia di tipo catatonico.

Il modello a piramide non implica quindi che le sindromi isolate siano mutuamente escludentisi, ma sottolinea soltanto che alcune manifestazioni della sintomatologia schizofrenica sono distinte rispetto alle altre. Così, la sindrome Positiva non è correlata con la schizofrenia di tipo catatonico (asse Negativo-Depressivo), quella Negativa non è correlata con la schizofrenia paranoide (asse Positivo-Depressivo) e la sindrome Depressiva non è correlata con la schizofrenia disorganizzata (asse Positivo-Negativo). Studi successivi, mediante l’analisi delle componenti principali della PANSS (Lepine, 1991; Lindström e von Knorring, 1993; von Knorring e Lindström, 1995), hanno messo in evidenza l’importanza di un quinto fattore, il fattore "cognitivo" per un più completo ed articolato inquadramento del disturbo schizofrenico. Recentemente Pancheri ed i suoi collaboratori hanno proposto due scale per la valutazione della schizofrenia, la 3TRE (1995), e la Scala per la valutazione della Disorganizzazione del pensiero – SCADIS (1996). La 3TRE è stata studiata in funzione di una valutazione rapida e sintetica della sintomatologia schizofrenica. Si basa sul presupposto teorico della dicotomia tra sintomi positivi e negativi e si propone di superare i limiti delle scale precedenti (BPRS, SANS, SAPS e PANSS), limiti che sono stati individuati nel fatto che, quelle scale:

• contengono sintomi per i quali non vi è accordo unanime per l’attribuzione all’una o all’altra delle due categorie sintomatologiche;

S. NEGATIVA

S. POSITIVA

Asse Positivo-Negativo

Schizofrenia Disorganizzata

Asse Positivo-Depressivo

Schizofrenia Paranoide

Asse Depressivo-Negativo

Schizofrenia Catatonica

ECCITAMENTO

DEPRESSIONE DEPRESSIONE

• presentano, fra i sintomi negativi, item che riguardano il comportamento e le interazioni sociali e che dovrebbero essere considerati, in realtà, una conseguenza dei sintomi sia positivi che negativi;

• hanno un’attribuzione del punteggio alquanto aleatoria, mancando una descrizione precisa dei diversi livelli, e questo lascia uno spazio eccessivo alla soggettività del valutatore;

• richiedono, per la loro utilizzazione, un training specifico e per la loro compilazione sono necessari, in genere, tempi abbastanza lunghi.

La 3TRE è stata formulata in modo tale da:

• consentire la valutazione dei sintomi "essenziali" della sindrome positiva e di quella negativa della schizofrenia, di quei sintomi, cioè, che sono unanimemente attribuiti ad una delle due sindromi;

• poter valutare separatamente i sintomi positivi da quelli negativi, ed entrambi da quelli comportamentali che, oltre ad essere spesso conseguenza dei primi due, non sono rilevabili mediante il colloquio clinico;

• fornire precise definizioni dei livelli di gravità in modo da rendere più uniforme l’attribuzione dei punteggi;

• dare al valutatore criteri operativi per la valutazione psicopatologica e semeiologica di routine attraverso la formulazione e la definizione dei singoli item.

La 3TRE consta di tre sezioni (Sintomi positivi, Sintomi negativi e Sintomi comportamentali) ognuna delle quali è costituita da 3 item considerati "essenziali" per l’esplorazione di quell’area; la valutazione è fatta su di una scala da 1 a 5 ed ogni livello di gravità è adeguatamente descritto. Gli studi di validazione hanno documentato che la scala possiede proprietà psicometriche non inferiori a quelle delle scale concorrenti, rispetto alle quali è di più semplice e rapida somministrazione (Pancheri, 1995; Pancheri et al., 1995). La SCADIS è stata messa a punto per coprire un importante settore della sintomatologia schizofrenica trascurato dagli ormai ben validati strumenti per la misura della sindrome positiva e negativa, il settore, cioè, della disorganizzazione ideativa, che può essere considerato il terzo pilastro su cui si fonda il disturbo schizofrenico. Questo strumento si propone di "valutare quantitativamente e qualitativamente la destrutturazione delle modalità formali della comunicazione associate alla dimensione psicopatologica della "disorganizzazione"" (Pancheri et al., 1996) e non prende in considerazione, quindi, le tradizionali "alterazioni formali del pensiero", ma i meccanismi che le sottendono in funzione comunicativa. La SCADIS è composta da 7 item: i primi cinque — Finalizzazione, Capacità di astrazione, Sistema simbolico di riferimento, Logica di riferimento e Ridondanza procedurale — fanno riferimento a componenti del processo comunicativo, mentre gli altri due — Procedura di controllo e Qualità della comunicazione — hanno un carattere generale. Gli item sono accuratamente descritti e sono fornite adeguate indicazioni per la quantificazione della sintomatologia. La scala è ancora in fase di validazione. Per concludere, passeremo rapidamente in rassegna altri strumenti di valutazione dei disturbi schizofrenici (o, più in generale, psicotici) meno noti.

La Level of Functioning Scale – LFS di Strauss e Carpenter (1972) è una scala di 9 item messa a punto per la valutazione dell’esito della schizofrenia negli studi a lungo termine. Esplora la frequenza e la qualità dei contatti sociali e dell’attività lavorativa utile, la presenza di sintomi, la capacità di far fronte alle necessità di base ed il livello generale di funzionamento. Avendo come obiettivo prevalente lo studio delle relazioni sociali, ne accenneremo nel capitolo dedicato alla valutazione dell’adattamento sociale (Cap. 18). La Magical Ideation Scale – MIS (Eckblad a Chapman, 1983) e la Perceptual Aberration Scale – PAS (Chapman e Chapman, 1987) sono due scale messe a punto per la valutazione della predisposizione alla schizofrenia e/o al disturbo schizotipico di personalità. La MIS, composta da 30 item, è basata sull’ipotesi di Meehl che il pensiero magico caratterizzi i alle percezioni strane, bizzarre, che spesso hanno, secondo Krepelin e Bleuler, gli schizofrenici. Le due scale, usate spesso assieme, hanno dimostrato una buona capacità di discriminare soggetti normali e pazienti non schizofrenici da soggetti schizofrenici e schizotipici. Nell’ambito degli strumenti che esplorano aspetti del carattere considerati contigui, o predisponenti, o marginali, rispetto ai disturbi psicotici, si colloca anche la: Raulin Intense Ambivalence Scale – RIAS (Raulin, 1984), una scala messa a punto per la valutazione dell’ambivalenza, cioè della presenza contemporanea (o in rapida sequenza) di forti sentimenti positivi e negativi nei confronti dello stesso oggetto o della stessa situazione, che è considerata un’importante caratteristica della schizofrenia. La RIAS, composta da 45 item dicotomi (vero/falso), richiede tempi modesti per la compilazione ed ha mostrato ottime caratteristiche psicometriche. Dello stesso Autore è anche la Social Fear Scale – SFS (Raulin e Wee, 1984), una scala di autovalutazione mirata allo studio dell’evitamento e dell’inadeguatezza sociale e dei problemi di rapporto interpersonale, comportamenti ed atteggiamenti considerati caratteristici dei soggetti con disturbo schizotipico di personalità ( e quindi, verosimilmente, con predisposizione alla schizofrenia). Di questa scala diremo con maggior dettaglio nel capitolo 22 quando parleremo dei disturbi di personalità. Lo Auditory Hallucinations Questionnaire – AHQ (Husting e Hafner, 1990) è uno strumento che misura la presenza e le caratteristiche delle allucinazioni uditive, ma anche i deliri e l’umore. È formulato in forma di diario che il soggetto deve riempire tre volte al giorno (ore 8, 14 e 20) e dal quale si possono ricavare, oltre ad un punteggio totale, i punteggi nelle componenti delirante (item 1 e 2), allucinatoria (item 3-6) e dell’umore (item 7-9).


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sommario

Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici