di Silvia Baldassari, Bruno Pacciardi, Mauro Mauri
Raggruppiamo in questa categoria gli strumenti che sono stato messi a punto in epoca pre-psicofarmacologia e che fanno, perciò, più o meno esplicito riferimento a costrutti psicoanalitico/psicodinamico piuttosto che a più specifiche ed affidabili categorie diagnostiche.
Alcuni di questi strumenti sono ancora ampiamente usati nell’ambito della psicologia clinica e trovano anche applicazione nella clinica psichiatrica propriamente detta.
Dedicheremo a questo settore uno spazio limitato, giusto quello necessario per ricordare gli strumenti più importanti, quelli che hanno segnato un’epoca della psichiatria, e non approfondiremo la loro descrizione rimandando alla vasta letteratura disponibile.
Classicamente si distinguono, in questo ambito, test "monofasici" e test "multifasici" a seconda che valutino un solo aspetto della personalità o una singola dimensione oppure che ne prendano in considerazione più di una contemporaneamente. In realtà, con la denominazione di "test monofasici" si indicavano quegli strumenti che valutano dimensioni psicopatologiche (quali ansia, depressione, aggressività, eccetera), strumenti che oggi sono chiamati RS e di cui abbiamo già ampiamente detto in altre parti di questo Repertorio per prenderli nuovamente in esame. In questa sede ci occuperemo, perciò, dei test multifasici.
Questi spaziano dai test cosiddetti obiettivi fino a quelli proiettivi. I primi sono caratterizzati dal fatto che vengono presentati al soggetto stimoli "strutturati" e definiti (delle domande alle quali si deve rispondere scegliendo una risposta tra un numero limitato di alternative), e che l’assegnazione dei punteggi è rigidamente stabilita al punto che la siglatura del protocollo può essere fatta da persone che non sono a conoscenza della filosofia che sottende quel test; solo l’interpretazione dei risultati è soggetta ad un certo margine di arbitrarietà.
Nei test proiettivi, invece, le istruzioni sono sommarie e generali, vengono presentati stimoli indefiniti, ambigui, che lasciano ampio spazio all’immaginazione, per cui la gamma delle possibili risposte è praticamente illimitata; l’interpretazione delle risposte è lasciata totalmente all’arbitrio (preparazione, scuola, sistema interpretativo adottato) dell’esaminatore.
Test obiettivi
Fra i numerosi test obiettivi messi a punto per lo studio della personalità (Tab. 22.I), il più conosciuto, il più diffuso ed il più usato è, senza dubbio, il Minnesota Multiphasic Personality Inventory – MMPI messo a punto nel 1940 da Hathaway e McKinley, oggi sostituito da una sua revisione del 1989, il MMPI-2 (Hathaway et al., 1989). Il MMPI può essere somministrato a tutti i soggetti con più di 16 anni e con un livello culturale tale da garantire la comprensione del significato degli item. Nella versione originale il test è composto da 566 affermazioni (ma ne esiste anche una versione ridotta, di sole 357 affermazioni) alle quali il soggetto può rispondere soltanto "vero" o "falso" a seconda che la ritenga prevalentemente vera o falsa per lui. Le affermazioni riguardano argomenti eterogenei, dai sintomi somatici alla sessualità, dalla sfera familiare a quella religiosa, dalla cultura ai rapporti interpersonali, eccetera. I 566 item si articolano in 13 scale (Tab. 22.II), 3 di controllo e 10 cliniche. Le dimensioni cliniche per quanto rimandino, con la loro denominazione, a categorie psichiatriche, devono essere viste come dimensioni psicologiche presenti anche nei soggetti normali ed assumono significato patologico solo nei valori estremi. Le scale di controllo forniscono indicazioni circa la validità del test: di queste si deve tener conto, non solo nell’interpretazione delle scale cliniche, ma anche nell’assegnazione dei punteggi in alcune scale cliniche.
Per ogni scala, clinica e di controllo, un’apposita griglia consente il calcolo dei punteggi grezzi che, già nel foglio di siglatura, diventano punteggi standardizzati T (un punteggio standard con media pari a 50 e deviazione standard uguale a 10) che consentono il confronto diretto tra i valori delle varie scale. I limiti del "range" di valori normali è stato fissato arbitrariamente a più o meno due deviazioni standard (2DS) dalla media dei punteggi ottenuti da un campione di soggetti normali. Unendo con una linea i punteggi ottenuti nelle scale di controllo da un lato ed in quelle cliniche dall’altro, si ottiene il profilo MMPI del soggetto.
Nell’interpretazione del profilo vengono prese in considerazione, in primo luogo, le scale di controllo e poi, in correlazione con queste, le scale cliniche. Esistono diversi criteri in base ai quali valutare queste scale e sono stati elaborati a questo scopo appositi atlanti in cui, ad ogni particolare assetto, corrisponde una descrizione del relativo quadro psicopatologico.
TAB. 22.I – PRINCIPALI TEST OBIETTIVI MESSI A PUNTO PER LO STUDIO DELLA PERSONALITÀ
Test |
Autori |
Caratteristiche principali |
Minnesota Multiphasic Personality Inventory – MMPI |
Hathaway e McKinley |
566 affermazioni (567 nella versione MMPI-2) con risposta vero/falso. 3 scale di controllo e 10 scale cliniche |
California Psychological Inventory – CPI |
Gough |
480 domande con risposta vero/falso. 3 scale di validità e 15 scale cliniche (ad es., dominanza, accettazione di sé, responsabilità, autocontrollo, femminilità, ecc.). |
Edwards Personal Preference Schedule – EPPS |
Edwards |
210 coppie di affermazioni tra cui sceglierne una. Indaga 15 bisogni quali autonomia, ordine, esibizione, aiuto, dominanza, umiliazione, eterosessualità, cambiamento, ecc. |
Sixteen Personality Factor Questionnaire – 16 PF |
Cattell |
Forma A e forma D costituite da 187 e 105 item a scelta multipla. È costituito da 16 scale bifattoriali che esplorano altrettanti tratti di personalità, quali riservatezza/cordialità, fiducia/sospettosità, umiltà/autoaffermazione, ecc. |
Guilford-Zinnerman Temperament Survey |
Guilford e Zinnerman |
300 affermazioni con risposta vero/falso/non so. 10 tratti di personalità, tra cui dominanza, socievolezza, attività generale, autocontrollo, mascolinità, cordialità, ecc. |
Eysenck PersonalityInventory – EPI |
Eysenck |
69 affermazioni con risposta sì/no. 3 dimensioni: psicoticismo, nevroticismo, estroversione. |
Millon Clinical Multiaxial Inventory – MCMI |
Millon |
175 item con risposta vero/falso. Una scala di controllo e 20 scale cliniche di cui 11 esplorano i disturbi di personalità secondo il DSM-III e 9 sindromi cliniche. |
TAB. 22.II – LE SCALE DEL MMPI
SCALE DI CONTROLLO |
SIGNIFICATO |
L |
Misura la tendenza a falsificare i risultati del test cercando di fornire un’immagine di (lie) sé socialmente favorevole. Gli item che la compongono si riferiscono a comportamenti largamente diffusi nella popolazione generale la cui negazione, pur ponendo il soggetto in una luce più favorevole, è improbabile che costituisca una risposta sincera. |
F |
Rileva la tendenza a fornire risposte atipiche o inusuali. La scala raccoglie una serie (frequency) di voci alle quali solo una piccola percentuale del campione normativo (non più del 10% e spesso meno del 5%) ha risposto in una determinata direzione. Un alto punteggio può suggerire errori di siglatura, o la mancata comprensione degli item o delle istruzioni, o negligenza nel fornire le risposte, o gravi disturbi emotivi in atto. |
K |
Misura l’atteggiamento di difesa nei confronti della manifestazione aperta delle pro(correction) prie reazioni emotive e dei propri disturbi psicopatologici e di conseguenza anche nei riguardi della situazione del test. Costituisce un indice di validità del test più sottile dei precedenti, risultando sensibile anche a tentativi di dissimulazione poco grossolani. Un punteggio elevato può deporre per ipercontrollo, rigidità, tendenza a presentare all’esterno una "facciata" accettabile, mentre un punteggio basso può indicare eccessiva autocritica. |
SCALE CLINICHE |
SIGNIFICATO |
1. Hs |
Misura le tendenze ipocondriache del soggetto, cioè la predisposizione a sviluppare (ipocondria) preoccupazioni eccessive per la propria salute ed a lamentare sintomi fisici senza una base organica dimostrabile. |
2. D |
Misura sintomi e tratti di natura depressiva quali umore depresso, bassa autostima, (depressione) sentimenti di inadeguatezza o di colpa, ecc. |
3. Hy |
Misura la tendenza a cercare comprensione negli altri tramite lamentele di disturbi (isteria) fisici e psichici ed a sviluppare sintomi somatici come mezzo per risolvere conflitti ed evitare responsabilità. |
4. Pd |
Misura tratti d’aggressività aperta e di ostilità a livello sociale e familiare, impulsività, (dev. psicopatica) difficoltà di rapporto con l'autorità. |
5. Mf |
Valuta il grado di uniformità agli standard sociali di mascolinità e femminilità. Pun(mascolinità/ teggi elevati depongono per caratteristiche tipiche del sesso opposto, ma possono femminilità) indicare anche l'esistenza di tendenze omosessuali. |
6. Pa |
Valuta la tendenza a sviluppare idee di natura proiettiva-interpretativa, nel caso di (paranoia) punteggi elevati, anche di grado delirante. Valuta anche tratti di personalità come rigidità, orgoglio, diffidenza, ipersensibilità, aggressività nei rapporti interpersonali. |
7. Pt |
Misura la tendenza allo sviluppo di ansia libera, dubbi, incertezza, "ruminazione"(psicastenia) mentale, sensi di colpa. Punteggi elevati indicano la presenza di sintomi ossessivi |
8. Sc |
Valuta la presenza di tratti schizoidi di personalità, tendenza al distacco sociale, (schizofrenia) chiusura, originalità di comportamento. Punteggi molto elevati possono indicare la presenza di scarso contatto con la realtà, esperienze bizzarre, deliri ed allucinazioni. |
9. Ma |
Valuta la tendenza all'iperattività motoria ed alla iperproduttività ideativa, alle variazioni disforiche del tono dell’umore ed in generale ai tratti di tipo ipomaniacale come grandiosità, impulsività, ottimismo ingiustificato, ecc. |
10. Si |
Misura la presenza di fattori come introversione, timidezza, difficoltà di socializzazione e di inserimento nel gruppo. |
Per una maggiore rapidità di valutazione (e per ridurre la soggettività dell’interpretazione) sono stati messi a punto dei sistemi di eleborazione automatica del MMPI; il più diffuso in Italia è il sistema IPUR messo a punto dall’Università di Roma.
Nella revisione del 1989 (MMPI-2) sono stati riscritti alcuni item per evitare alcune ambiguità, altri sono stati cambiati per esplorare altre aree di comportamento, è stata migliorata la standardizzazione, è stato adottato un nuovo metodo di trasformazione dei punteggi T, sono stati aggiunti 3 indici di validità del profilo e 15 scale di contenuto rappresentate dal raggruppamento di item che appartengono ad una stessa area di comportamento o ad una medesima dimensione psicologica. Anche con le scale di contenuto si può costruire un profilo che può arricchire le informazioni derivate dal profilo tradizionale.
Test proiettivi
Mentre i test obiettivi misurano la deviazione del soggetto rispetto ad un livello standard, i test proiettivi consentono di cogliere il corso del processo spontaneo del pensiero del soggetto. I test proiettivi, infatti, pongono il soggetto di fronte ad una situazione-stimolo "non strutturata", "ambigua", alla quale egli risponde in funzione del significato emotivoaffettivo che la situazione ha per lui, e consentono, pertanto, di esprimere (indirettamente) la caratteristiche fondamentali delle sua vita psichica e delle sue dinamiche (affettive, ma anche cognitive) latenti e profonde. Mediante la valutazione delle reazioni a stimoli differenti, più o meno complessi, ma comunque scarsamente strutturati, si cerca, quindi, di ricostruire lo schema della personalità del soggetto. Fra i diversi test proiettivi (Tab. 22.III), accenneremo qui a quelli più importanti che, oltre a segnare un’epoca, trovano ancora oggi un’ampia applicazione.
Il Test di Rorschach è certamente il più noto, il più usato ed il più suggestivo dei test proiettivi; fu proposto da Hermann Rorschach (1921) per valutare la personalità attraverso l’analisi della percezione. Il test è costituito da 10 tavole, ognuna delle quali presenta, su un fondo bianco, una macchia d’inchiostro, nero e/o colorato, a simmetria bilaterale, alle quali il soggetto deve attribuire un significato. Si prende nota della posizione in cui ogni tavola viene tenuta dal soggetto, del tempo trascorso fra la presentazione e la prima risposta, del contenuto dell’interpretazione, degli eventuali commenti e del comportamento generale durante la prova. Finita la presentazione delle tavole, viene svolta la cosiddetta "inchiesta", vengono ripresentate, cioè, le tavole al soggetto per stabilire la localizzazione (la zona della macchia a cui si riferiva la risposta) e i determinanti delle percezioni (le qualità percettive della macchia che hanno suscitato le risposte: forma, colore, movimento, eccetera). In genere vengono prese in considerazione altre categorie ed in particolare il contenuto (umano, animale, inanimato, eccetera), la qualità formale (adeguatezza della risposta allo stimolo) e l’originalità (interpretazioni che non rientrano fra quelle che vengono fornite più comunemente).
Le risposte ottenute vengono "siglate", vengono, cioè, contrassegnate con simboli che indicano la/e categoria/e alla/e quale/i appartiene/engono. Ad ogni sigla è generalmente attribuito un significato psicologico, ma nell’interpretazione del protocollo si tiene conto soprattutto del rapporto tra le diverse sigle. Nell’interpretazione si tiene conto anche di altri aspetti non quantificabili quali lo shock (reazione emotiva davanti ad una tavola, espressa da allungamento del tempo di reazione, imbarazzo o perplessità, esclamazioni, eccetera), il rifiuto (incapacità di dare una risposta ad una tavola), la perseverazione (ripetizione di una risposta a più tavole), le confabulazioni (risposte senza attinenza con lo stimolo), eccetera.
Per l’interpretazione del protocollo si fa ricorso ad uno dei sistemi interpretativi proposti dalle diverse Scuole Non è questa la sede per spiegare i meccanismi attraverso i quali vengono elaborate le risposte del soggetto, se siano più importanti le modalità percettive e di elaborazione cognitiva degli stimoli o, invece, i processi proiettivi attraverso i quali attribuiamo le nostre caratteristiche ad elementi dell’ambiente esterno. Ci limiteremo a dire qui che, nonostante le numerose critiche, relative soprattutto alle difficoltà di validazione scientifica (validità, attendibilità…), il test di Rorschach è generalmente considerato un valido contributo alla diagnosi ed alla prognosi psichiatrica, oltre che un significativo aiuto allo studio approfondito della personalità del soggetto nei suoi aspetti dinamici e strutturali.
TAB. 22.III – PRINCIPALI TEST PROIETTIVI PER LO STUDIO DELLA PERSONALITÀ
Test |
Autori |
Caratteristiche principali |
Test di Rorschach |
Rorschach, 1921 |
Studia la personalità e fornisce un indirizzo diagnostico; 10 tavole con macchie d’inchiostro a cui si deve attribuire un significato. |
Thematic Apperception Test – TAT |
Murray, 1943 |
Studia la personalità; 20 tavole in cui figurano uno o più personaggi sulle quali inventare delle storie. |
Rosenzweig Picture Frustration Study |
Rosenzweig, 1945 |
Studia la reazione alla frustrazione e l’aggressività; 20 vignette rappresentanti situazioni frustranti; il soggetto deve inventare il dialogo dei 2 personaggi della scena. |
Test della Figura Umana |
Machover, 1949 |
Studia la personalità; disegno libero di due figure umane di sesso opposto. |
Test del Villaggio |
Arthus, 1949 |
Studia la personalità; costruzione di un villaggio con una serie di edifici, alberi, animali, personaggi, ecc. |
Blacky Pictures |
Blum, 1950 |
Studio della psicodinamica in adulti e bambini di oltre 5 anni; 11 vignette su ognuna delle quali raccontare una storia. Le situazioni rappresentate rimandano a vari stadi dello sviluppo psicosessuale. |
Objective Relation Technique – ORT |
Phillipson, 1955 |
Studio dei rapporti interpersonali mediante l’analisi delle relazioni oggettuali; 13 tavole su cui inventare dei racconti come nel TAT. |
Holtzman Inkblot Technique |
Holtzman et al., 1961 |
Studia la personalità e fornisce un indirizzo diagnostico; 45 macchie d’inchiostro a cui si deve attribuire un significato. |
Reattivo delle frasi da completare |
Sacks e Levy, 1967 |
Studio del rapporto con famiglia, sessualità, rapporti interpersonali, concetto di sé; 60 frasi da completare. |
Per semplificare la laboriosità delle procedure di spoglio e di interpretazione del protocollo e per garantire al tempo stesso una maggiore obbiettività dell’interpretazione, sono stati formulati dei programmi informatizzati per l’elaborazione automatica del test, fra i quali ricordiamo qui il PRALP-3 sviluppato da Pancheri (Pancheri e De Fidio, 1994).
Un altro test proiettivo molto usato è il Thematic Apperception Test – TAT nella versione definitiva formulata da Murray nel 1943 sulla base di una prima versione del 1935. Secondo Murray, il soggetto, nel creare il racconto sulla base di uno stimolo poco definito o ambiguo, esprimerebbe bisogni, fantasie, conflitti, atteggiamenti caratteristici della sua personalità.
Si tratta di 31 tavole, 11 uguali per tutti i soggetti e 20 specifiche in funzione dell’età (maggiore o minore dei 14 anni) e del sesso del soggetto, che presentano (tutte, ad eccezione di una, che è bianca) disegni, fotografie, riproduzione di quadri in bianco e nero, di significato ambiguo, in cui compaiono uno o più personaggi. Ad ogni soggetto, in funzione della sua età e del suo sesso, vengono presentate in sequenza 20 tavole (per ultima quella bianca) invitandolo a costruire per ciascuna una storia nella quale vengono descritti gli antecedenti del fatto, la situazione attuale (compresi i sentimenti ed i pensieri dei personaggi) e la conclusione della storia. La tecnica originaria di Murray consisteva nel somministrare le tavole in due sedute separate, 10 per volta; nella pratica clinica si ricorre ad una somministrazione unica di 10 tavole.
Al termine della seduta si procede all’inchiesta per chiarire le motivazioni che sottendono le risposte fornite e gli eventuali riferimenti personali. Per ogni tavola si deve individuare, tra i vari protagonisti, l’eroe, il personaggio, cioè, con cui il soggetto si identificherebbe e sul quale proietterebbe le proprie motivazioni. L’analisi della storia permetterebbe di risalire, dai bisogni del protagonista e dalle pressioni dell’ambiente, ai conflitti dell’individuo, fino all’identificazione delle modalità di soluzione del conflitto ed al grado di adattamento.
Secondo altri Autori, i diversi personaggi rappresenterebbero tutti le istanze del paziente, con la differenza che i vissuti dell’eroe rappresenterebbero le tendenze e le motivazioni coscienti, mentre quelli degli altri personaggi sarebbero espressione di pulsioni meno accettabili e perciò inconsce.
Rispetto al test di Rorschach, che è più indicato per lo studio della personalità di base e delle tendenze individuali, il TAT consente di esplorare gli aspetti nevrotici e psicotici del soggetto.
Un test proiettivo che fornisce interessanti indicazioni sullo stile relazionale del soggetto è l’Objective Relations Technique – ORT che Phillipson (1955) ha messo a punto in riferimento alla teoria delle relazioni oggettuali elaborata nell’area anglosassone dalla scuola di Melanie Klein. Il test è costituito da 12 tavole che rappresentano situazioni-tipo della vita relazionale (a due, a tre e gruppale) e consentono di individuare il pattern maggiormente ansiogeno ed il comportamento di risposta. Le tavole, grazie alle sfumature, alla luminosità ed al colore, consentono di mettere in evidenza anche il "clima emotivo" (calore, freddezza, minaccia, attrattiva). Grazie alle indicazioni fornite dal test, è possibile valutare, oltre allo stile relazionale, la disponibilità del soggetto ad un rapporto psicoterapeutico individuale o di gruppo.