Abbiamo preso in considerazione in questa sede alcuni dei principali strumenti per la valutazione del coping scegliendo, fra quelli pubblicati negli ultimi vent’anni, quelli di maggiore interesse. Da questa rassegna emergono (e ne abbiamo già fatto cenno) alcuni problemi che ancora non hanno trovato un’adeguata soluzione.

Lo sviluppo di questi strumenti è basato, giustamente, in parte su assunti teorici ed in parte sull’osservazione pratica, ma un adeguato equilibrio non è stato ancora raggiunto.

Molti Autori, come abbiamo visto, prendono item che rispondono alle loro teorie da strumenti preesistenti, ve ne aggiungono altri derivati dalla propria esperienza e sottopongono il tutto all’analisi fattoriale derivandone scale che rispondono più alle proprie convinzioni che alla soluzione fattoriale empirica. Altri raccolgono, in maniera non sistematica e senza far riferimento al alcuna teoria, un insieme di item sui quali operano sofisticate analisi statistiche che forniscono dei coefficienti in base ai quali selezionano gli item della loro scala.

Non di rado, perciò, quello che viene fuori è uno strumento che valuta più i tratti (stabili) di personalità che non degli stili di coping, mentre sarebbe necessaria una netta distinzione fra le risorse personali, i comportamenti ed i risultati del coping.

Un altro problema ancora irrisolto è quello della valutazione del coping come tratto o come stato: ci si può chiedere se gli individui fanno un uso rigido delle loro strategie di coping di fronte a situazioni diverse o in tempi diversi, oppure se ogni episodio di coping è una cosa a sé in funzione della situazione contingente. Il problema è importante in funzione di ciò che vogliamo valutare, se ci interessano cioè le differenze intraindividuali o quelle interindividuali. Numerosi sono i problemi psicometrici correlati a questi diversi ambiti:

elevati standard psicometrici sono richiesti nella valutazione delle caratteristiche di personalità, ma possono ostacolare l’approfondimento delle ricerche di fronte alla complessità degli eventi stressanti che si incontrano nella vita quotidiana. Senza addentrarci in questo tipo di problemi, dobbiamo avere chiaro che i risultati di queste indagini non possono essere valutati senza far riferimento al contesto in cui i dati sono stati raccolti. D’altra parte il

nostro interesse precipuo è quello di predire e spiegare il processo di coping piuttosto che di descriverlo accuratamente.

Importante è anche il fatto che si indaghi come il soggetto risponderebbe a situazioni fittizie e come, invece, ha risposto ad una recente situazione stressante: è evidente che nel primo caso la confrontabilità tra soggetti è elevata, mentre è ridotta nel secondo caso riferendosi la risposta ad un evento che ha un significato personale, unico, specifico. Questo problema si attenua notevolmente quando si studiano popolazioni selezionate che hanno un certo tipo di esperienza a comune (ad esempio, pazienti cancerosi, vittime di stupri, profughi, eccetera).

I diversi strumenti, indipendentemente dal fatto che siano costruiti più su basi razionali che empiriche o viceversa, sono composti da un numero vario di scale (da 2 o 3 fino a 28).

Su quelle principali, che sono ai massimi livelli di astrazione, c’è, come abbiamo visto, un accordo generale (centrate sul problema o sulle emozioni, vigilanza ed evitamento, eccetera), minore è l’accordo su quelle che sono più vicine alle specifiche risposte di coping. I tentativi di creare delle gerarchie rispondenti ai vari livelli hanno dato risposte univoche.

Dibattuto è anche il ruolo del supporto sociale che, come abbiamo già accennato, è considerato da alcuni un fattore autonomo e da altri un fattore generale che influenza la risposta agli altri fattori.

È evidente, quindi, che questo settore necessita di essere ricondotto entro un quadro unitario e ad una maggiore standardizzazione. Ad esempio, invece di mettere assieme misure omogenee in maniera eclettica, sarebbe più logico correlare il tipo di disposizione personale al coping con la valutazione del coping situazionale, proponendo strumenti che indagano, con un certo numero di item, il coping attuale e con altri item le inclinazioni personali al coping. È necessario, inoltre, prestare più attenzione al passaggio del tempo ed all’acquisizione di esperienza di coping come prerequisito per le risposte attuali. In definitiva, cioè, è necessario fare un balzo in avanti pensando strumenti multidimensionali che rispecchino la complessità del coping e trovino conferma in disegni sperimentali multifattoriali ed in analisi statistiche multivariate.

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Parte generale

Parte speciale

CAPITOLO 29 - Gli effetti indesiderati dei trattamenti psicofarmacologici