La nevrastenia è l’espressione mentale di una malattia somatica, mentre l’isteria presup- pone un fatto mentale: una sua specifica narrativa interna. Freud sostiene che sia la ne- vrosi ossessiva, sia l’isteria d’angoscia hanno una narrativa interna che porta alla compar- sa dei sintomi. La differenza è che mentre nel disturbo ossessivo-compulsivo si tratta di una narrativa che comporta la ripetizione alla ricerca di quello che c’era prima, nell’isteria essa comporta l’inibizione somatica prodotta da un conflitto specifico. Per esempio, se io non voglio andare da Giovanni nella stanza di là, mi viene la paralisi agli arti inferiori. Nell’isteria d’angoscia si tratta di un’affezione generale legata ad un’inibizione del piacere dell’orgasmo; è ciò che Freud chiamava, usando la terminologia di quel tempo, “angoscia virginale”. Le donne di allora, anche per motivi di tipo sociale, facevano delle questioni spaventose per quanto concerne l’atto della deflorazione. Lo stesso concetto di prima notte di matrimonio assumeva un aspetto drammatico con varie “scene”, legate all’inibi- zione, che richiedevano continue rassicurazioni.

Qui la nevrastenia non c’entra, così come non c’entra neanche la psicoastenia di Janet. Sappiamo invece che qui un qualcosa viene espresso da qualcos’altro, ma l’uno e l’altro s’equivalgono.

Freud aveva il proposito di studiare questi argomenti spiegandoli in termini anatomici e neurofisiologici, come modi di funzionamento del sistema nervoso centrale quale allora era conosciuto. In quell’ epoca si stava costruendo tutta l’anatomia macroscopica e mi- croscopica dell’encefalo (si chiamava frenologia), e Freud, sulla scia di queste grandi ri- cerche (riguardo all’individuazione delle aree cerebrali e delle varie strutture di connes- sione, come quella tra area frontale anteriore e area temporale), stava cercando di spiega- re il funzionamento della psiche. Gli elementi da studiare in termini fisiopatologici, ri- guardo all’isteria, interessavano in particolare il funzionamento della memoria e il modo in cui questa poteva diventare patologica. Nasce così il progetto di una psicologia per i neurologi.

Per Freud i concetti fondamentali sono i seguenti.

Esistono degli elementi quantitativi, che chiama Q, cioè una quantità alla quale può esse- re connessa un’ulteriore quantità accumulata e che può essere spostata, che chiama Qi. Questi concetti sono meritevoli di considerazione perché con essi Freud sta facendo il tentativo di passare da una prospettiva categoriale ad una dimensionale, dal qualitativo al quantitativo.

La scienza nasce nel momento in cui si passa al dimensionale, alla misura. Qualcuno so- stiene che la scienza sia nata prima di Galileo e di Newton, con Leonardo da Vinci. Egli aveva creato un progetto di prosciugamento delle paludi maremmane, opera che allora il duca Cosimo si era proposto di realizzare. Si erano progettati aspiratori che avrebbero dovuto salire per 100-200 metri lungo la collina e in tal modo “l’acqua sarebbe salita alle stelle”. Ma Leonardo, con una grande intuizione che solo in seguito Torricelli avrebbe verificato sperimentalmente, affermò che non è possibile far salire l’acqua per più di 10,33 metri. “Secondo me l’aria pesa; se dall’altra parte c’è il vuoto l’aria spinge su l’ac- qua, e possiamo fare tutti i vuoti che vogliamo ma più che il peso dell’aria dall’altra parte non c’è nulla che la spinga”. Gli ingegneri del duca sostenevano che l’aria non pesasse, e a conferma di questa convinzione prendevano un grande recipiente d’oro, lo pesavano, poi lo schiacciavano a martellate e quindi lo ripesavano, osservando che non c’era varia- zione di peso. Al che Leonardo prese un recipiente di vetro, creò al suo interno il vuoto e tale recipiente risultò pesare meno.

Freud cercava un sistema teorico. Oggi sarebbe felice di sapere che esistono i sistemi dei neurotrasmettitori che mettono in comunicazione i vari neuroni.

Leggiamo ora qualche pagina di quest’opera che ha un significato storico, e che contiene gli studi fatti per spiegare il concetto della relazione “tra un neurone e l’altro”.

Introduzione. L’intenzione di questo progetto è di dare una psicologia che sia una scienza naturale, …

“Scienza naturale” è una scienza fondata sull’osservazione della natura; la psicologia è per Freud parte della medicina. Psicologia come scienza naturale, secondo l’impostazio- ne galileiana, secondo il principio di Newton, cioè se io posso studiare il fenomeno que- sto fenomeno esiste, altrimenti non posso dire nulla circa la sua esistenza.

… ossia di rappresentare i processi psichici come stati quantitativamente deter- minati di particelle materiali identificabili, al fine di renderli chiari e incontesta- bili.

Qui si vede la grande innovatività: Freud sta parlando di base neurobiologica della psi- che, in un’epoca nella quale non è ancora nota l’esistenza di serotonina, dopamina, ecc. ….

Oggi possiamo provare ad andare indietro rispetto a questi princìpi, non da psichiatri con quell’impostazione che ci viene dalla massificazione delle conoscenze. Con questo apparente aumento delle conoscenze, si ha poi una riduzione della capacità di sintesi, e quindi della chiarezza dei concetti di fondo. Freud invece ha le idee chiare. Qui se non cercassimo le quantità e i movimenti della quantità, non riusciremmo a capire.

Due le idee principali:

1) di riconsiderare come ciò che distingue l’attività dalla quiete una quantità (Q), soggetta alle leggi generali del movimento;

Tutto tende a fermarsi, tutto tende alla quiete, tutto quello che non è in quiete è instabile, e allora tende a muoversi.

2) di considerare i neuroni come le particelle materiali. N e Qή. — Tentativi simili sono ora frequenti.


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Evidentemente Freud intuisce, nella mente, qualcosa che non riusciva ad afferrare. Come il geometra di Dante che non riesce a trovare la formula che gli dice come deve passare dal quadrato al cerchio che hanno la stessa superficie, qui Freud non trova il principio e gioca con le parole.

[1.] Prima tesi principale: la concezione quantitativa

Questa concezione è ripresa direttamente dalle osservazioni di patologia clinica, in modo particolare là dove si tratta di rappresentazioni sovraintese, come nell’i- steria e nella nevrosi ossessiva, in cui, come vedremo, il carattere quantitativo emerge più chiaramente che nel normale. Processi come lo stimolo, la sostitu- zione, la conversione e la scarica, che si devono là ravvisare, ci hanno direttamen- te suggerito la considerazione dell’eccitamento neurotico come quantità in mo- vimento.

Nell’isteria c’è stimolo, c’è movimento, c’è una controforza che impedisce allo stimolo di emergere e allora lo stimolo cerca, per esprimersi e per rappresentarsi, un altro modo nel quale ci sia la possibilità di soddisfare la spinta. Questo è un concetto molto concreto, molto materiale, come anche lo sono i concetti che oggi hanno i neurobiologi (basta pensare ai mediatori chimici!).

Cercare di generalizzare quanto là riconosciuto, non ci pare illegittimo. Partendo da questa considerazione, è stato possibile formulare un principio fondamentale dell’attività neurotica in rapporto alla Q, principio che prometteva di essere alta- mente chiarificatore poiché sembrava comprendere l’intera funzione. È questo il principio dell’inerzia neuronica, secondo il quale i neuroni tendono a liberarsi di Q. La struttura, lo sviluppo e le funzioni dei neuroni diventano così comprensibi- li.

I neuroni eccitati tendono a eliminare questo eccitamento. Se il neurone viene eccitato, si libera tendenzialmente di questa quantità di eccitamento e quindi si mette in movimento e fa ciò che conosciamo.

In primo luogo il principio d’inerzia spiega la bipartizione strutturale (dei neuro- ni) in motori e sensori, come un ordinamento che ha per scopo di annullare la ri- cezione di Qή mediante una trasmissione.

Freud parla di neuroni sensori perché ricevono Q e ad un certo punto debbono liberar- sene, e allora si attiva l’arco riflesso. Con questa spiegazione cerca di dare un senso gene- rale al funzionamento del cervello.

Il movimento riflesso è ora comprensibile come forma fissa di questa trasmissio- ne; il principio d’inerzia ce ne fornisce il motivo. Se guardiamo ancora più indie- tro, possiamo collegare anzitutto il sistema nervoso (come erede dell’eccitabilità generale del protoplasma) alla superficie esterna irritabile (di un organismo), la quale si alterna a strati considerevoli di superficie non irritabile. [O.S.F., Vol. 2, pag. 201, 202]

Freud dice: “così come quando io tocco un’ameba, questa si ritrae perché cerca di allon- tanare lo stimolo, allo stesso modo reagisce il nostro sistema nervoso centrale.

Un altro concetto importante espresso da Freud è che ci sono due tipi di neuroni, che lui in modo molto fantasioso chiama neuroni motori e sensori. I neuroni sensori sono i neuroni impermeabili.

Quando la stimolazione dall’esterno passa nel sistema nervoso attraverso una serie di neuroni, ad un certo punto arriva al neurone sensore e qui si ferma e si crea un accumu- lo, perché tale neurone è impermeabile. Ecco quindi spiegata la base della formazione della memoria, dei sentimenti, delle emozioni. Tra un neurone e l’altro si crea una situa- zione di blocco, per cui da qui partirà il contenuto: quello che rimane, quello che rispon- de e che riesce fuori.

Questo è un concetto che riguarda qualsiasi recettore, D1, D2, D3… Qui ci sarebbero i dendriti e il gruppo delle monoamine, e ad un certo punto c’è un loro accumulo fuori dal neurone. Noi, nella terapia farmacologica antidepressiva, cerchiamo, bloccando o au- mentando il reuptake, di incrementare o diminuire il livello di mediatori monoaminergici che si trova lì in mezzo, nelle fessure intersinaptiche.

Le barriere di contatto.

La prima giustificazione di questa ipotesi deriva dalla considerazione che in que- sto punto la conduzione passa attraverso un protoplasma indifferenziato, e non, come avviene all’interno del neurone, attraverso un protoplasma differenziato, il quale è probabilmente più adatto alla conduzione. Ciò fa supporre che debba es- servi un rapporto tra differenziazione e capacità di conduzione, per modo che potremo aspettarci di scoprire che lo stesso processo di conduzione possa creare una differenziazione nel protoplasma e quindi una maggiore capacità di ulteriore conduzione.

La teoria delle barriere di contatto presenta inoltre i seguenti vantaggi: una delle principali caratteristiche del tessuto nervoso è la memoria, cioè, generalmente parlando, la facoltà di subire un’alterazione permanente in seguito a un evento, ciò che rappresenta un notevole contrapposto al comportamento di una materia che permetta invece il passaggio di un movimento di onde per ritornare poi alla condizione di partenza. Qualsiasi teoria psicologica meritevole di considerazione deve fornire una spiegazione della “memoria”. Ora, qualsiasi spiegazione si scontra con la difficoltà, da un lato, di dover postulare che i neuroni, dopo l’ecci- tamento, restino permanentemente mutati rispetto alle condizioni iniziali, men- tre, dall’altro lato, non si può negare che in generale i nuovi eccitamenti incon- trano le stesse condizioni di ricettività dei precedenti. I neuroni quindi dovrebbe- ro essere contemporaneamente influenzati e inalterati, non prevenuti.

Se i neuroni vengono eccitati, come mai rimangono cambiati? Perché si ha la memoria? In che modo il neurone modificato da un punto di vista biochimico riesce a ritornare allo stato originario?

Non possiamo così a priori immaginare un apparato capace di un funzionamen- to tanto complesso. Ma la situazione viene risolta se assegniamo la caratteristica di venire permanentemente influenzati dall’eccitamento a una certa classe di neuroni, e quella di restare immutabili, pronti a ricevere nuovi eccitamenti, a un’altra classe. Così è nata la distinzione corrente tra “cellule percettive” e “cellu- le mnemoniche”, distinzione che non si adatta però ad alcun altro contesto e che non ha alcun elemento a suo sostegno. [Ibidem, pag. 204, 205]

Freud qui cerca di modificare il concetto precedentemente esposto in quello di cellule impermeabili e cellule permeabili. Le cellule impermeabili sono quelle che bloccano lo stimolo, pronte a rimandarlo indietro, invece quelle permeabili sono quelle che fanno passare lo stimolo fino a che esso non trova più altre cellule dello stesso tipo.

Ma nel sogno che cosa succede? Da dove viene la memoria del sogno? Qui Freud com- pie un tentativo “disperato” di cercare di assemblare una molteplicità di concetti. In un certo modo, ciò assomiglia ai tentativi che facevano i grandi astrologi dell’antichità per spiegare cosa succedeva nel cosmo: vedevano gli astri girare e cercavano di dare una spiegazione dei loro spostamenti non conoscendo ancora le leggi dell’universo, che avrebbe scoperto Newton molto tempo dopo.

La coscienza delle rappresentazioni oniriche è in primo luogo discontinua. Non si acquista coscienza di un intero decorso associativo, ma solamente di singole stazioni in esso. In mezzo giacciono anelli intermedi inconsci facilmente scopri- bili nello stato di veglia

Ci sono una serie di “anelli” che compaiono nel sogno

Se investighiamo la ragione di questa discontinuità, ecco che cosa troviamo: sia A una rappresentazione onirica divenuta cosciente e che conduce a B.

A è la rappresentazione onirica divenuta cosciente che conduce a B, che non è nella co- scienza; nella coscienza c’è invece C.

Ma, invece di B, si trova nella coscienza C, e questo avviene perché esso giace sul cammino tra B e un’altra carica D che è presente simultaneamente. Vi è quindi una diversione dovuta a una carica simultanea differente che non è, inoltre, co- sciente. C ha preso il posto di B, quantunque B si adatti meglio al collegamento dei pensieri, cioè all’appagamento di desiderio.

A avrebbe dovuto portare a B ma non porta a B perché, siccome c’è D che interferisce, porta a C, che è una via di mezzo, intermedia.

Qui c’è il sogno di Irma di cui Freud parlerà nella Interpretazione dei sogni.

Per esempio ho sognato che R

È Freud che ha sognato, ha sognato il signor R

ha fatto ad A una iniezione di propile.

Propile era un farmaco che serviva per la respirazione.

Io vedo allora molto distintamente davanti a me trimetilamina, allucinata come una formula. Spiegazione: il pensiero che è simultaneamente presente (D) è la natura sessuale della malattia di A

Malattia di A e pensiero che la sua natura è sessuale perché c’è l’iniezione, di per sé ses- suale perché è una penetrazione.

Però tra questo pensiero e il propile (A) giace un’associazione sulla chimica ses- suale (B), di cui ho discusso con W. Fliess…

La chimica sessuale consiste negli elementi organici del sesso, che spingono il sesso. Al- lora quando dice propile-penetrazione viene in mente l’attività sessuale.

… e durante la quale egli attrasse la mia attenzione specialmente sulla trimetila- mina. Questa è quindi sospinta verso la coscienza (C) da entrambe le direzioni. [Ibidem, pag. 244, 245]

Quindi c’è la chimica sessuale, che lui ha in mente perché c’è l’iniezione e c’è il discorso che ha fatto sulla trimetilamina con Fliess, e tutte e due spingono verso l’allucinazione di questa immagine che è quella che è rappresentata nel sogno, quindi un gioco di facilita- zioni. Da qui a lì si sarebbe potuto arrivare solo se non ci fosse stato questo elemento sessuale che impediva questo passaggio, per cui si è costruito uno stato intermedio che tenesse presente sia il discorso della trimetilamina sia il contenuto della chimica sessuale. Si vede come la costruzione sia tutta una serie di “rimbalzi” tra questi diversi neuroni che impediscono lo stimolo, lo spostano, lo deviano ad altri neuroni, che a loro volta lo pos- sono tenere, altrimenti lo passano ad altri e così via.

Nonostante la grande innovatività di impostazione e la grande scientificità, questa teoria è da rivedere. Freud aveva l’idea di costituire un sistema simile a quello endocrino, che allora era l’unico che si conosceva, ma oggi l’avrebbe sicuramente sostituito con i media- tori e i recettori.

Nella prima parte c’è stato un tentativo di sistemazione nosologica delle nevrosi. Le neu- ropsicosi si dividevano in vari gruppi che Freud aveva tentato di isolare parlando di ne- vrosi ossessiva e di nevrosi d’angoscia, e separando l’isteria d’angoscia dall’isteria di con- versione. Nella seconda parte fa un curioso tentativo di spiegazione neuropsicologica, che però allora rasentava l’assurdità, con la teoria dei neuroni, permeabili e impermeabili (che ricordano molto i concetti attuali delle attività intersinaptiche e dei mediatori). Tutti gli eventi, oggi, secondo la neurofisiologia e la neurobiologia, giacciono non nelle cellule ma tra una cellula e l’altra, negli spazi intersinaptici. In fondo Freud parlava proprio di questi punti in cui si passa da una sinapsi all’altra, questi siti dove lo stimolo esterno ve- niva trasferito, dove veniva bloccato dalle cellule impermeabili e poi restituito dalle cellu- le che impedivano il transito dello stimolo stesso. Questo tentativo era stato fatto da Freud perché allora aveva in mente il problema del ritardo mentale, e soprattutto il pro- blema di come spiegare i sogni. Il problema principale dei sogni per Freud era quello di riuscire a spiegare come mai le rappresentazioni mentali oniriche prendessero una via palindroma, ossia procedessero attraverso un “doppio senso” reversibile. Di solito noi abbiamo una rappresentazione esterna che, attraverso gli organi di senso, entra dentro il nostro sistema nervoso. Su di essa costruiamo memoria, rappresentazioni psichiche, connessioni. Andando dall’esterno all’interno, noi abbiamo una percezione. In un positi- vista come Freud, legato al principio di causalità, il mistero stava nel fatto che il cervello fosse causa lui stesso di stimoli che procedevano in via palindroma dall’interno all’ester- no. Il sogno ha una caratteristica di funzionamento di tipo rappresentativo-teatrale, pro- cede per espressioni di immagini. Se si considera un attore di teatro, per rappresentare per esempio un marito che litiga con la moglie, come fa? Questo sarà più semplice per uno scrittore, che potrebbe rappresentare due che si sorridono amabilmente e descrivere nel frattempo una luce sinistra che entra dalla finestra e rende tutto cupo: è un modo per esprimere uno stato d’animo. Uno scrittore può descrivere un ambiente e rendere l’idea di uno stato d’animo. Un attore di teatro come fa ad esprimere tutto questo? Bisogna che costruisca una situazione agita, una drammatizzazione. Bisogna, in altre parole, che il marito rivolga le spalle alla moglie o le dica qualcosa di brutto, o che comunque esprima in termini rappresentativi quello che sta accadendo, altrimenti non è possibile rappresen- tare i sentimenti. Nel sogno ci si trova nella stessa situazione: tutto è rappresentato attra- verso immagini. Quindi il problema per Freud arrivava soprattutto dalla percezione. Nel sogno bisognava spiegare il suo modo di procedere, che possiamo definire palindromo, cioè capace di passare anche dall’interno all’esterno. Egli pensa la neurofisiologia della psiche partendo da quest’idea, perché in questo periodo era affascinato dal sogno; dove- va perciò elaborare una teoria che gli spiegasse, in termini neurofisiologici, come le per- cezioni arrivate “dentro” potessero essere accumulate, perdere la connessione da cellula a cellula, trovare una barriera che le fermasse, per poi poter essere restituite. Si vede come tutto parta dal sogno. Freud in questo periodo era abbastanza scoraggiato dal non riuscire a spiegare come la mente cosciente potesse essere influenzata dall’inconscio.

Il problema è che l’inconscio è fatto di molecole, di strutture biologiche che si muovono ma non è ancora coscienza, tanto è vero che la psicologia di allora è una psicologia che veniva identificata con la coscienza. Quello che non è nella coscienza sarà perciò nelle cellule, sarà nella biochimica ma non nella psiche. Freud cominciava a pensare che ci fos- se qualcos’altro nella mente, diverso dalla coscienza. Oggi tutto ciò potrebbe apparire ai più scontato, ma ancora adesso non sembra poi tanto scontato per gli psicologi. Freud stava meditando su quest’idea, che si trova poi nell’“Interpretazione dei sogni”, in un oc- chiello che prende da Virgilio. Il concetto che Freud suggerisce è il seguente: “Siccome non riesco a capire la coscienza vediamo di muovere l’elemento inconscio”; come dice Virgilio: “Flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo” (Se non potrò piegare gli Dei, muove- rò Acheronte: Eneide, VII, 312). Freud era assillato dal problema della neurofisiologia, nella quale cercava una risposta alle sue incertezze: in che modo funziona l’inconscio e come appare il sogno?

Viene ora un terzo raggruppamento di scritti. Tale ordine di successione fu deciso da Freud stesso, la sistemazione delle opere complete è sua. In questa parte Freud raccoglie una serie di opere molto importanti, nelle quali comincia a esemplificare in che modo l’inconscio può influenzare il cosciente. Finora egli aveva trattato l’isteria, adesso illustra esempi clinici, offrendone descrizioni vivaci ed efficaci. Freud era un eccellente scrittore,

dotato di una grande capacità rappresentativa. I maligni di quel periodo criticarono il suo stile, chiamandolo “stile ebraico”. Secondo loro era lo stile di uno straniero. La lingua tedesca è vivace, cangiante, mobile, mentre secondo tali critici malevoli, parlata dagli Ebrei, non lo era più, perché non era la loro lingua. Tuttavia anche Goethe scriveva allo stesso modo. Se si leggono le traduzioni di Thomas Mann è difficile trovare una frase che duri meno di diciotto righe. Se confrontiamo scritti italiani o inglesi con quelli tede- schi tradotti, questi ultimi risultano lunghi il doppio, perché i Teutonici hanno un modo solenne, convoluto e monumentale di esprimersi.

 

Freud comincia a ricercare tutto ciò che si lega al fatto che la sessualità inconscia tende ad emergere, come elemento motore, nell’isteria. Ma nella sua mente la sessualità è in realtà l’elemento motore di tutti i comportamenti umani! Dopo aver scritto l’“Interpreta- zione dei sogni” Freud si convince che i sogni non possono essere riferiti a nessuna pa- tologia. Il sogno proviene dal profondo, quindi esso è il “ribollire di quel calderone di pece bollente che c’è nel nostro inconscio”. Sta cercando di spostarsi dall’isteria alla psi- che normale, e quindi parla dei disturbi della memoria e dei ricordi di copertura. Non a caso, in seguito scriverà due opere straordinarie: una è la “Psicopatologia della vita quo- tidiana” e l’altro il “Motto di spirito”. L’inconscio si rivela nel motto di spirito: esso è pieno di allusioni e bisogna cercare di capirle in qualche modo. Sappiamo che l’inconscio produce grandi cambiamenti, quasi tutti a livello sessuale. I motti di spirito difficilmente mancano di riferimenti sessuali. Inoltre hanno un significato simbolico. Nel motto di spi- rito tutte le parole che indicano organi genitali vengono trasformate dalla lingua in nomi di frutta, di fiori…Come la rosa nel medioevo: parlando di rosa, chiunque sapeva a cosa si stava alludendo. Così pure i nomi di animali. L’inconscio può fare “brutti scherzi” per- ché questi stessi nomi vengono talmente caricati di elementi emotivi e colpevolizzanti che poi diventano essi stessi impronunciabili.

In un lavoro del ‘98 parla della sessualità nella etiologia delle nevrosi.

Solo l’etiologia sessuale può renderci comprensibili tutti i particolari delle storie cliniche dei nevrastenici…

Che cosa potrebbe fare Freud se non parlare di pazienti nevrotici? In quell’epoca, nel 1898, non avrebbe di certo potuto parlare degli uomini in generale, in una società dove se ne facevano di tutti i colori, ma nella quale non si poteva né si doveva dire niente, questa era la regola. Ma se poi si va a vedere la storia della Traviata, il padre di Alfredo, amante di Violetta, va a trovarla e le dice: “Bisogna che tu l’abbandoni, altrimenti il fi- danzato di mia figlia non la sposa più”. Oggi ci pare assurdo, ma allora i borghesi si spo- savano, avevano dei figli, poi il sesso con la moglie finiva, e iniziavano relazioni con un’altra donna, per così dire quasi pubblicamente, ma non era una relazione extraconiu- gale, era proprio una “duplicità” che andava bene a tutti, bastava solamente non “con- fondere le acque”. Nella Traviata Alfredo voleva “confondere le acque” e, per il disonore che avrebbe procurato alla famiglia, sua sorella non si sarebbe potuta sposare! Quindi Freud quando parla di etiologia sessuale deve parlare quasi obbligatoriamente di nevrosi, perché se avesse parlato di realtà ordinarie la società di allora lo avrebbe pesantemente criticato. Freud, astutamente, si fece regalare da una signora un quadro di valore per do- narlo al ministro dell’istruzione austriaca, per avere così il titolo di libera docenza di allora. Egli era un uomo della sua epoca che metteva in atto vari raggiri, ma sempre stando attento. Alla famosa conferenza sull’isteria, organizzata all’Accademia Viennese delle Scienze, quando fu sul punto di parlare di sesso dovette dare un segnale, in modo che le signore presenti si alzassero e uscissero, e rimanessero in aula solo i signori. Con la men- talità di oggi, criticheremmo tale comportamento, ma nel loro contesto la cosa era nor- malissima.

… quei loro enigmatici miglioramenti che compaiono nel bel mezzo della malat- tia e quei loro altrettanto incomprensibili peggioramenti, normalmente attribuiti, da medici e malati, alla terapia intrapresa. Nella mia casistica, comprendente ol- tre duecento casi, vi è, ad esempio, la storia di un uomo che, non avendo tratto alcun giovamento dalla terapia prescrittagli dal suo medico, si recò dal parroco Kneipp ed ebbe a registrare, per tutto l’anno seguente, uno straordinario miglio- ramento e una interruzione delle sue sofferenze. Ma quando, l’anno successivo, i suoi disturbi tornarono ad aggravarsi ed egli andò ancora a cercar sollievo a Wö- rishofen, questo secondo ciclo di cura non diede alcun risultato. Uno sguardo alla cronaca familiare di questo paziente scioglie questo duplice enigma. Sei mesi e mezzo dopo il primo ritorno da Wörishofen, il paziente ebbe un figlio dal- la moglie; aveva quindi lasciato la moglie quando questa era agli inizi di una gra- vidanza ancora ignorata e, una volta tornato e appresa la notizia, aveva potuto avere con lei rapporti naturali. Trascorso questo periodo di tempo, per lui così sa- lutare, la sua nevrosi venne riattivata dalla ripresa del coitus interruptus, e la se- conda cura non poté che risultare inutile, perché la gravidanza cui si è accennato fu anche l’ultima.

Qui abbiamo prima il coitus interrotto, poi c’è la gravidanza della moglie, ma mentre al- l’inizio Freud avrebbe detto “coitus interruptus dunque nevrosi attuale”, adesso ha capi- to, “non sarà mica che questo coitus interruptus vada ad agire sul rapporto, sulla relazio- ne, non come elemento somatico, come quantità di energia somatica, ma come elemento vitale di piacere che vada ad inserirsi nei meccanismi psichici?”. Queste sono innovazioni che aprono la strada al mondo moderno sul piano mentale, e come sempre seguono più la letteratura che non la medicina. A quei tempi, Flaubert aveva già scritto Madame Bo- vary, e Tolstoj Anna Karenina. Gli Artisti sapevano già bene che “l’ombra può essere trattata come cosa salda”, ossia, nella fattispecie, che la fantasia legata al rapporto amo- roso può tradursi nel modo concreto con cui ci si unisce alla persona amata. Virgilio, mentre cammina nel Purgatorio, incontra Stazio, il quale, vedendo Virgilio che era stato il suo mentore, colui che gli aveva insegnato a scrivere, si getta ai suoi piedi e lo abbraccia. Naturalmente sono due ombre, e allora Virgilio dice “io son ombra”, e Stazio gli rispon- de: “or puoi la quantitate / comprender dell’amor ch’a te mi scalda / quand’io dismento nostra vanitade / trattando l’ombre come cosa salda” [Purgatorio, canto XXI, vv. 133 – 136]. In quest’opera si vede “trattare l’ombra come cosa salda”; è la realtà, la concretezza con cui si manifestano gli elementi emozionali ciò che Freud percepisce.

Un caso simile, nel quale pure c’era da chiarire il perché di un’inaspettata effica- cia della terapia, si è rivelato ancor più istruttivo del precedente, giacché com- prendeva un misterioso cambiamento nei sintomi della nevrosi. A causa di una

nevrastenia tipica, un giovane nevropatico era stato mandato, dal suo medico, in uno stabilimento idroterapico assai ben diretto. Ivi lo stato del paziente cominciò subito a migliorare, tanto che tutto lasciava supporre che egli avrebbe lasciato lo stabilimento da grato sostenitore della idroterapia. Ma ecco in sesta settimana sopravvenire un improvviso cambiamento; il malato non “sopportava più l’ac- qua” e diveniva sempre più nervoso; infine, passate altre due settimane, egli ab- bandonò lo stabilimento scontento e senza essere guarito. Quando venne da me, lamentandosi di essere stato ingannato da questa terapia, cercai di informarmi un poco sui sintomi che lo avevano assalito nel bel mezzo della cura. Stranamen- te si era verificato un cambiamento. Nella stazione di cura il paziente era giunto sofferente di senso di pressione alla testa, stanchezza e dispepsia; ciò che lo ave- va colpito durante il trattamento era: eccitazione, accessi di oppressione respira- toria, vertigine locomotoria e disturbi del sonno. A questo punto, mi fu possibile dire al malato: “Lei fa torto all’idroterapia; come Lei stesso ha sempre ben sapu- to, Lei si è ammalato in seguito alla masturbazione praticata da lungo tempo in modo abituale. Nella stazione di cura Lei ha rinunciato a questo tipo di soddisfa- cimento e si è quindi prontamente rimesso. Quando però ha cominciato a sentir- si bene, Lei ha cercato, poco saggiamente, di intrecciare una relazione con una signora, diciamo forse un’ospite dello stesso stabilimento, e questa relazione non poteva portare cha a un’eccitazione priva del suo normale soddisfacimento. Le belle passeggiate fatte nei dintorni dello stabilimento gliene offrivano una buona occasione. A causa di questo tipo di rapporti, e non per un’improvvisa intolleran- za all’idroterapia, Lei si è tornato ad ammalare. Del resto, il suo stato attuale mi fa pensare che Lei continua, anche qui in città, ad avere questa relazione." Posso assicurare che il malato mi ha confermato tutto ciò punto per punto. [Ibidem, pag. 406, 407]

Freud comincia a parlare da dove avrebbero iniziato tutti, ma poi lentamente si sposta, affermando: “Tu hai avuto una relazione, c’è la frustrazione, il fatto delle passeggiate non concluse”, qui si vede come si mantenga a metà strada tra l’organico e lo psichico. Sta parlando del senso di colpa, del difetto psichico della masturbazione in termini di perdite di sostanze, masturbazione che secondo la Bibbia è considerato tra i peccati più gravi. Peccato grave in quanto in una società tribale che non aveva figli, chi si sarebbe preso cura delle greggi quando il padre sarebbe diventato vecchio? È chiaro che nell’800 le cose erano diverse, ma qui Freud sta parlando di senso di colpa perché slitta dalla ma- sturbazione ad una relazione, nel tentativo di dare una spiegazione. Freud ha una modali- tà cognitiva di operare, che al giorno d’oggi lo farebbe rientrare nell’ambito dell’orienta- mento cognitivo-comportamentale. Freud sta cercando di dimostrare se queste rappre- sentazioni mentali esistono veramente.

Adesso consideriamo l’opera "Meccanismo della dimenticanza", qui c’è il famoso passo del Botticelli dell’Herzegovina, in cui si parla anche della Bosnia, che allora era una re- gione molto tranquilla dell’impero austro-ungarico.

Durante le vacanze estive, ero partito un giorno dalla bella Ragusa per recarmi, in carrozza, in una vicina città dell’Herzegovina …

Da Ragusa alla Dalmazia, si muove nell’ambito dell’impero austro-ungarico.

… la conversazione nata tra il mio compagno di viaggio e me cadde, come ben s’intende, sulle condizioni delle due regioni (Bosnia e Herzegovina) e sul caratte- re dei loro abitanti. Mi intrattenni così su alcune caratteristiche proprie dei Tur- chi che vivono in tali regioni, quali mi erano state descritte anni prima da un caro collega medico che aveva vissuto lungamente fra loro.

Nel 1898 c’era già il problema della convivenza con i musulmani.

Dopo un po’, la conversazione si spostò sull’Italia e sulla pittura, e ciò mi diede occasione di raccomandare caldamente al mio compagno di recarsi una volta o l’altra a Orvieto per contemplare gli affreschi del ciclo della fine del modo e del giudizio universale, coi quali un grande pittore aveva decorato una cappella del Duomo.

Nel Giudizio Universale è rappresentato il Signore. Parla di un grande pittore, ma non ne dice il nome.

Il nome del pittore mi era sfuggito di mente e non ci fu verso di ricordarlo. Sfor- zai la memoria, passai in rassegna tutti i particolari dei giorni passati ad Orvieto e potei costatare che nessuno d’essi si era cancellato o attenuato. Anzi, potevo rappresentarmi le immagini in modo molto più vivo di quanto solitamente mi riesca; particolarmente nitido avevo di fronte agli occhi l’autoritratto, col viso se- rio e le mani intrecciate, dipinto dal pittore nell’angolo di uno degli affreschi, ac- canto al ritratto del suo predecessore nel lavoro, il Beato Angelico da Fiesole, ma il nome dell’artista, che pure mi è familiare, continuava a sfuggire ostinatamente.

Si ricorda tutto, alcuni particolari in modo vivo, ma non il nome del pittore.

Il mio compagno di viaggio non fu in grado di aiutarmi; tutti i miei sforzi suc- cessivi non ebbero altro effetto, se non quello di far emergere i nomi di altri due pittori che sapevo non giusti: Botticelli e, in seconda linea, Boltraffio. La ricor- renza dell’elemento fonetico “Bo” nei due nomi di sostituzione avrebbe forse po- tuto indurre un in inesperto a supporre che esso figurasse anche sul nome cerca- to; ma io mi guardai bene dal contarci.

Dato che, essendo in viaggio, non avevo la possibilità di consultare alcun testo, per parecchi giorni dovetti rassegnarmi a sopportare questo vuoto di memoria e il fastidio interiore che esso più volte al dì mi dava, finché non incontrai un ita- liano colto che me ne liberò comunicandomi il nome cercato: Signorelli. Al co- gnome seppi subito aggiungere, di mio, il nome: Luca. E ben presto impallidì il nitidissimo ricordo dei lineamenti del maestro ritratti nell’affresco.

Quali influssi mi avevano fatto dimenticare il nome Signorelli, che mi era così familiare e che è così facile a imprimersi nella memoria?

Freud si chiede "Cosa mi è successo, perché mai ho dimenticato il nome?"

E quali vie hanno condotto alla sua sostituzione con i nomi Botticelli e Boltraf- fio? Per chiarire entrambe le cose mi bastò risalire alle circostanze in cui si era prodotta la dimenticanza.

Poco prima di passare al tema degli affreschi del Duomo di Orvieto, avevo narra- to al mio compagno di viaggio ciò che, alcuni anni prima, avevo sentito dire dal mio collega a proposito dei Turchi della Bosnia. Essi trattano il medico con par- ticolare rispetto e, proprio all’opposto del nostro popolo, si mostrano rassegnati ai voleri del destino. Quando il medico deve comunicare al capo famiglia che uno dei suoi parenti è spacciato, il suo commento è: “Herr (Signore), che ho da dire? Io so che se vi fosse salvezza, tu la daresti!”

Siamo nell’Impero austro-ungarico, un medico sicuramente ha studiato a Vienna. Questi si rivolgono al medico parlando in bosniaco ma il termine Herr, signore, è rivolto al me- dico.

Insieme a questa storia, la mia memoria aveva conservato un altro ricordo, ossia ciò che quello stesso collega mi aveva riferito circa la fondamentale importanza che questi abitanti della Bosnia danno al piacere sessuale. Uno dei suoi pazienti gli aveva una volta detto: “Tu lo sai, Herr, quando non si può più far quello, la vita non ha valore.”

Questa affermazione sarebbe impensabile per un borghese viennese, ma non per un tur- co. Freud annota questa sottolineatura del turco, che è fatalista ma sa quali sono i piaceri della vita.

Parve allora a entrambi di riuscire a veder un’intima connessione tra i due tratti di carattere del popolo bosniaco qui illustrati. Ma quando, durante il viaggio per l’Herzegovina, mi sono ricordato di questo racconto, ho represso la seconda par- te, in cui veniva toccato il tema della sessualità.

Egli era uno che non parlava abitualmente di sesso, era un timido, non era certo come il turco, era semplicemente europeo, inibito dal proprio Super-Io. L’episodio del turco è in realtà l’inconscio che in qualche modo emerge.

Subito dopo mi sfuggì il nome Signorelli e li si presentarono, quali suoi surrogati, i nomi Botticelli e Boltraffio.

L’influsso che aveva impedito al nome Signorelli di pervenire alla memoria o, come io sono solito dire, che lo aveva “rimosso”, non poteva dunque provenire che da quella storia repressa sul modo di valutare la morte e il godimento sessua- le. Se era così, doveva certamente essere possibile individuare le rappresentazioni intermedie che avevano servito da collegamento tra i due temi. L’affinità del con- tenuto — qui, giudizio universale, “fine del mondo”; là, morte e sessualità — ap- pare debole; ma, giacché si trattava della rimozione d’un nome dalla memoria, era a priori probabile che il legame fosse stato tra nome e nome.

Freud non aveva notato una cosa importante: che i frati sono rappresentati tutti con la mano destra mentre salgono al cielo. Appare qui chiaro il riferimento alla masturbazione, ma Freud sembra non averlo notato.

Ora Signor equivale al tedesco Herr; ma Herr figura anche nel nome Herzegovi- na. Inoltre, non è indifferente il fatto che in entrambe le frasi da me ricordate, i pazienti si rivolgessero al medico chiamandolo Herr. La traduzione di Signor in Herr era dunque la via per la quale la storia da me repressa aveva poi spinto nella rimozione il nome da me cercato. L’intero processo era stato evidentemente faci- litato dal fatto che, negli ultimi giorni, a Ragusa avevo sempre parlato italiano e mi ero perciò abituato a tradurre mentalmente dal tedesco in italiano.

Mentre mi sforzavo di ritrovare il nome del pittore, strappandolo alla rimozione, si fece inevitabilmente sentire l’influsso del legame in cui frattanto il nome era incappato. Io trovai sì un nome d’artista, ma non quello giusto, bensì uno che co- stituiva uno spostamento, il quale si era operato sulla base dei nomi contenuti nel tema rimosso. Botticelli ha le stesse sillabe finali di Signorelli; sono dunque state riprodotte quelle sillabe finali che non potevano collegarsi direttamente, come la prima parte “Signor”, con il nome “Herzegovina”; ma il nome Bosnia, che si usa abitualmente unito a Herzegovina, aveva esercitato la sua influenza orientando la sostituzione su due nomi di artisti che incominciano con la stessa sillaba “Bo”: “Botticelli” e poi “Boltraffio”. La ricerca del nome Signorelli risultava dunque di- sturbata dal tema retrostante, in cui figurano i nomi “Bosnia” e “Herzegovina”.

Perché questo tema potesse esercitare una tale azione, non era sufficiente il fatto che io lo avessi una volta represso durante il mio discorso, cosa che, del resto, era stata dovuta a motivi casuali. Bisogna piuttosto ammettere che questo tema fosse a sua volta intimamente legato a processi ideativi che si trovano in me in stato di rimozione, i quali cioè, nonostante l’intensità d’interesse da essi posseduta, pre- sentavano una resistenza che impediva loro di essere rielaborati da una data istanza psichica e li manteneva perciò fuori della coscienza. Che per me le cose stessero così a quell’epoca per quanto riguarda il tema “morte e sessualità”, è dimostrato da varie prove, che io ho tratto da una mia auto esplorazione e che non occorre riferire. [Ibidem, da pag. 424 a pag. 427]

Questa è l’autoanalisi di Freud, che ne riporta qui alcune parti, ma poi si ferma, come a dire: “Son fatti miei, non ve li dico”, ma in realtà parla del ricordo riferito all’affermazio- ne del turco che non deve riemerger, perché se ciò avvenisse sconvolgerebbe tutto, col- legando la morte con la sessualità. Questo concetto era in realtà conosciuto da tempo dai poeti, ma qui Freud tocca più da vicino l’elemento pulsionale attraverso questo esempio. Questo è un racconto che Freud fa ad un signore di 38 anni, ma che in realtà è lui stesso. Questa parte serve per capire l’autoanalisi e per vedere come Freud stava entrando nel vivo dell’analisi. Freud stava usando un linguaggio complesso, ma si vede come sotto ad esso l’idea del turco dominasse per tutto il ragionamento.

Andiamo ad un altro elemento della autoanalisi freudiana, autoanalisi in quanto Freud non fu analizzato da nessuno, così come nessuno insegnò a volare ai fratelli Wright. Qui c’è però il problema dei ricordi di copertura.

Dispongo di una certa quantità di ricordi della mia prima infanzia e li posso si- tuare nel tempo con grande sicurezza. A tre anni, infatti, ho lasciato il mio picco- lo paese natale per trasferirmi in una grande città; ora, questi miei ricordi si rife- riscono tutti al luogo in cui sono nato, e cadono quindi nel mio secondo-terzo anno di vita. Sono, per lo più, scene brevi, ma molto ben conservate …

In realtà nessuno ha ricordi del secondo-terzo anno di vita! E inoltre non esistono i ri- cordi del passato, ma esiste l’elaborazione attuale. I nostri ricordi sono ricordi sul passa- to, non del passato.

… e dotate di tutti i particolari della percezione sensibile, tutto al contrario di quanto avviene per le immagini mnestiche dei miei anni maturi, nei quali l’ele- mento visivo manca del tutto. Dai tre anni in poi i ricordi si fanno più rari e meno precisi, vi sono lacune che devono comprendere più di un anno; soltanto a partire dai sei-sette anni, mi sembra, la corrente dei miei ricordi si fa continua. I ricordi che si riferiscono alla mia prima dimora si dividono, secondo me, in tre gruppi. Un primo gruppo è costituito da quelle scene che i miei genitori mi hanno, in se- guito, più volte raccontato … [Ibidem, pag. 441]


 

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