Quarto capitolo
Compare qui il problema di come l’attività onirica cambi la realtà e renda il sogno incomprensibile. (Nel cap. 5 è trattato il problema del materiale)
Premessa. Nella primavera del 1897 venni a sapere che due professori della nostra università avevano proposto la mia nomina a professor extraordinarius. La notizia mi giunse inattesa e mi fece molto piacere, perché significava un riconoscimento da parte di due uomini insigni, che non poteva ascriversi a rapporti personali. Mi dissi però subito che non potevo riporre alcuna speranza nell’avvenimento. Negli ultimi anni il ministero non aveva preso in considerazione proposte di questo tipo, mentre parecchi colleghi, più anziani di me e per lo meno di pari merito, attendevano invano la loro nomina. Non avevo quindi alcuna ragione di pensare che per me le cose sarebbero andate in modo migliore. Decisi di rassegnarmi. Per quel che ne so, non sono ambizioso, esercito la mia attività medica con soddisfacente successo, anche senza un titolo che mi raccomandi. Del resto non era il caso che io dichiarassi l’uva matura o acerba, visto che senza dubbio stava molto in alto per me.



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Una sera venne a trovarmi un collega mio amico, uno di coloro il cui destino mi era servito di monito. Candidato da tempo alla promozione a professore, qualifica che nella nostra società fa del medico un semidio per i suoi ammalati, e meno rassegnato di me, era solito di farsi vivo di tanto in tanto al ministero per accelerare la sua pratica. Reduce appunto da una di queste visite, venne da me, mi raccontò d’aver messo alle strette l’alto funzionario e di avergli chiesto molto schiettamente se il ritardo della sua nomina fosse dovuta in realtà a motivi confessionali. La risposta suonò che, nel clima di opinione attuale, era certamente vero che Sua Eccellenza, non era in grado, ecc. “Ora almeno so a che punto sono”, aveva concluso l’amico. Nulla che già non sapessi, ma il resoconto rafforzava la mia rassegnazione: infatti gli stessi motivi confessionali valgono anche nel mio caso.
La mattina dopo questa visita ebbi il sogno seguente, notevole anche dal punto di vista formale. Esso consisteva di due pensieri e di due immagini, disposte in modo tale che un pensiero si alternava ad un’immagine. Trascrivo tuttavia solo la prima metà del sogno, dato che la seconda metà non ha nulla a che vedere con la ragione che mi induce a comunicare il sogno.
Freud spesso omette le parti più personali dei suoi sogni, che non desidera siano divulgate ai lettori.
I L’amico R. è mio zio. Provo per lui una grande tenerezza.
II Vedo davanti a me il suo volto un po’ mutato: come fosse allungato, incorniciato da una barba gialla che spicca con particolare chiarezza.
Seguono gli altri due brani, sempre un pensiero seguito da un’immagine, che tralascio
Gli attori di quell’epoca usavano mettere la barba gialla.
L’interpretazione di questo sogno si svolse nel modo seguente.
Ricordando il sogno, nel corso della mattinata, ne risi dicendo: “E’ un’assurdità.” Ma esso non si lasciò respingere, e mi perseguitò per tutto il giorno, finché la sera mi mossi dei rimproveri: “Se uno dei tuoi pazienti non sapesse dire altro che “è un’assurdità”, lo rimprovereresti e supporresti che dietro il sogno si celi una storia spiacevole di cui non vuole venire a conoscenza. Comportati con te allo stesso modo. La tua opinione che il sogno sia assurdo non significa altro che una resistenza interiore all’interpretazione del sogno stesso. Non lasciarti di trattenere.” Mi accinsi all’interpretazione.
R. è mio zio. Che cosa può voler dire? Ho avuto soltanto uno zio, lo zio Josef. A lui era legata una triste storia. Un tempo, più di trent’anni fa, egli si era lasciato andare per lucro a un’azione che la legge punisce severamente; e infatti fu punito. Mio padre, che per il dolore incanutì in pochi giorni, aveva l’abitudine di dire che lo zio Josef non era stato un uomo cattivo, ma soltanto un deficiente. Così si esprimeva. Se dunque l’amico R. è mio zio Josef, intendo dire con ciò che R. è un deficiente. Quasi incredibile e molto spiacevole! Ma ecco quel viso che vedo in sogno, con i tratti allungati e la barba gialla. Mio zio aveva effettivamente un viso così, allungato, incorniciato da una bella barba bionda. Il mio amico R. è stato nerissimo, ma quando le persone nere di capelli incominciano a incanutire, scontano lo splendore degli anni giovanili. La loro barba nera subisce pelo per pelo uno spiacevole mutamento di colore: diventa da prima un bruno rossiccio, poi gialliccia, e solo in seguito definitivamente grigia. In questo stadio si trova attualmente la barba del mio amico R.; del resto anche la mia, noto con rincrescimento. Il viso che vedo in sogno è, nello stesso tempo, quello del mio amico R. e quello di mio zio. È come una delle fotografie sovrapposte di Galton, che per stabilire somiglianze familiari faceva fotografare più visi nella stessa lastra. Non c’è dubbio, dunque: sono veramente dell’opinione che l’amico R. sia un deficiente, come mio zio Josef.
Non intuisco ancora a che scopo io abbia stabilito questo rapporto, contro il quale sento la necessità di ribellarmi. Rapporto non ancora molto profondo, dal momento che lo zio era un colpevole, l’amico R. invece è incensurato. A parte la condanna per aver buttato a terra con la bicicletta un garzone. Che io mi riferisca a questo misfatto? Ciò significherebbe spingere il paragone fino al ridicolo. Ora però mi viene in mente un’altra conversazione, e sempre sullo stesso argomento, che ho avuto giorni fa con il collega N.
Freud procede per associazioni.
L’avevo incontrato per strada; anch’egli era stato proposto per la nomina a professore; sapeva dell’onore che mi era stato fatto e mi fece le congratulazioni. Le rifiutai decisamente: “Proprio lei, che conosce per esperienza il valore di questa proposta, non dovrebbe scherzare!”. Egli replicò, probabilmente non sul serio: “Non si può mai sapere. Il mio è un caso particolare. Non sa che una persona ha sporto querela contro di me? Non ho bisogno di dirle che l’istruttoria è stata sospesa: si trattava di un volgare tentativo di ricatto; per di più ho dovuto darmi da fare per salvare la mia accusatrice dalle conseguenze giudiziarie. Ma forse il ministero si serve di questa faccenda per bocciare la mia proposta. Lei invece è incensurato.” Ecco trovato il colpevole e nello stesso tempo l’interpretazione e il proposito del sogno.
Lo zio Josef avrà commesso qualche reato di tipo sessuale. Qui nel sogno sicuramente si tratta una paziente innamorata del medico: c’è un colpevole che Freud nel sogno associa a suo zio.
Mio zio Josef rappresenta i due colleghi che non sono stati promossi, uno perché deficiente, l’altro perché reo colpevole. Ora conosco anche il motivo per cui ho bisogno di questa rappresentazione. Se per il rinvio della nomina dei miei colleghi sono determinanti i motivi confessionali, anche la mia nomina è messa in discussione; se invece posso trovare per i loro casi altre ragioni che non valgono per me, posso continuare a sperare. Il sogno procede in questo modo: fa di R. un deficiente, di N. un reo colpevole, mentre io non sono né l’una né l’altro, quindi non abbiamo più nulla in comune: posso aspettare con gioia la mia nomina e sfuggo alle penose conseguenze che avrei dovuto trarre per la mia persona da quanto l’alto funzionario ha reso noto a R.
Ancora manca qualcosa.
Debbo però procedere oltre nell’interpretazione di questo sogno: sento che non ho ancora trovato una conclusione soddisfacente, e non mi dà pace la leggerezza con cui avvilisco i due colleghi che stimo, per dar via libera alla mia nomina a professore. L’insoddisfazione per il mio comportamento è però già un po’ diminuita, da quando so quale valore sia da attribuirsi alle affermazioni fatte in sogno. Negherei di fronte a chiunque di ritenere veramente R. un deficiente e di dubitare della versione datami da N. sul tentativo di ricatto, come del resto non credo che davvero Irma si sia ammalata gravemente in seguito ad un’infezione causatale da Otto con un preparato di propilene.
C’è una profonda deformazione della realtà.
In entrambi i casi i sogni esprimono solo il mio desiderio che le cose stiano così. L’affermazione in cui si realizza il mio desiderio appare nel secondo sogno meno assurda rispetto al primo; nel secondo sogno essa è costituita dall’abile sfruttamento di certi dati reali, all’incirca come una diffamazione ben fatta, in cui c’è “qualche cosa di vero”, perché l’amico R. infatti ha avuto a suo tempo il voto contrario di un professore di facoltà e l’amico N., ingenuamente, mi ha fornito di persona il materiale per la mia calunnia. Eppure ripeto, il mio sogno sembra richiedere ulteriori spiegazioni.
Ricordo ora che esso conteneva un altro brano che finora non ho preso in considerazione nell’interpretazione. Dopo che mi è passato per la mente che R. è mio zio, provo in sogno una grande tenerezza per lui. In che punto va inserita questa sensazione? Naturalmente, non ho mai provato teneri sentimenti per mio zio Josef. L’amico R. mi è carissimo da anni, ma se andassi da lui e gli esprimessi il mio affetto con parole approssimativamente corrispondenti al grado di tenerezza provato in sogno, rimarrebbe indubbiamente sorpreso. La mia tenerezza verso di lui mi parrebbe falsa ed esagerata, un po’ come il mio giudizio sulle sue capacità intellettuali, che esprimo nella compenetrazione della sua personalità con quella dello zio; ma esagerata in senso inverso. Ora però intravvedo un nuovo rapporto di fatti. La tenerezza del sogno non fa parte del contenuto latente, dei pensieri situati dietro il sogno; essa è in contrasto con questo contenuto, e serve a celarmi la vera interpretazione del sogno. Probabilmente è proprio questa la sua destinazione. Ricordo con che resistenza mi sono accinto all’interpretazione di questo sogno, per quanto tempo l’ho differita e la mia dichiarazione che il sogno era semplicemente senza senso. L’esperienza dei miei trattamenti psicoanalitici mi permette di interpretare un simile giudizio negativo. Esso non ha valore di conoscenza, esprime soltanto un moto affettivo. Quando la mia bambina non vuole una mela che le si offre, dice che la mela è amara, senza neanche assaggiarla. Quando i miei pazienti si comportano come la bambina, so che si tratta di una rappresentazione che intendono rimuovere. Lo stesso vale per il mio sogno. Non voglio interpretarlo, perché l’interpretazione contiene qualcosa a cui mi ribello. Finita l’interpretazione, so a che cosa mi ero opposto: l’affermazione che R. è un deficiente. La tenerezza che provo per lui non può essere ricondotta ai pensieri latenti del sogno, bensì a questa mia ribellione. Se in questo punto il mio sogno risulta rispetto al contenuto latente, deformato – e precisamente deformato nel suo contrario – allora la tenerezza manifesta del sogno serve a questa deformazione: in altre parole, la deformazione risulta qui intenzionale, risulta un mezzo di dissimulazione. I pensieri del sogno contengono un’offesa per R.; perché io non la noti, appare nel sogno qualcosa di opposto, un sentimento di tenerezza per lui. [O.S.F., Vol. 3, da pag. 133 a pag. 138]
Ecco un punto centrale: lo zio è un deficiente e un delinquente, ma, in contemporanea, viene espresso un senso di profonda tenerezza.
Freud omette qui di puntualizzare un aspetto, ovvero che compare un padre incanutito per la vicenda dello zio. Incanutire corrisponde a un invecchiamento precoce, la barba diventa brutta e vecchia. Questo è un attacco furibondo al padre, è un: “Crepa deficiente e delinquente!” rivolto al padre. Questa deformazione diventa più complessa perché la tenerezza nei confronti del padre è comunque un elemento presente, ma c’è anche il sentimento di furore. Freud però termina l’analisi di questo sogno senza vagliare questo aspetto, usando un procedimento di cui spesso si avvale nell’interpretazione dei sogni, fermandosi ad un certo punto.
Ha fatto un’associazione che appare centrale, tre giorni dopo quell’evento che ha comportato la vergogna della sua famiglia. Se si fosse saputo che lo zio Josef aveva assalito per strada una ragazzina di 9 anni, la vergogna sarebbe piombata su questa famiglia ebrea, e quindi il padre aveva dei buoni motivi per incanutire. L’attacco che sembra essere contro il collega che dovrebbe far carriera è in realtà un attacco al padre.

 


 

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