Il gruppo osservato è stato condotto dal Dott. Vittorio Valenti ed era costituito da 15 rappresentanti regionali. La discussione si è aperta con l’intervento di un partecipante che affermava che, nonostante gli sforzi impiegati in questi anni per costruire un sistema informativo nella regione Puglia, di fatto non c’è praticamente nulla che abbia a che fare con il sistema informativo, per poi passare ad una regione come l’Emilia-Romagna o il Friuli in cui esiste, anche a livello regionale, il catalogo che racchiude gli 11 Dipartimenti di salute mentale che prevede la regione Emilia-Romagna o come in Friuli dove esistono addirittura delle microaree in cui vengono sperimentati alcuni sistemi innovativi di valutazione di tutta una serie di cose.
Il secondo punto emerso con forza è stato il coinvolgimento molto più forte all’interno della valutazione dei soggetti che sono gli utenti, i familiari e i contesti locali. La cosa innovativa è che in qualunque progetto di valutazione non si erano mai coinvolti questi soggetti, nonostante ci siano delle esperienze in cui gli utenti hanno un ruolo importante nella valutazione dei progetti e delle cure all’interno dei servizi.
Altro problema: tutti hanno condiviso che il sistema informativo non deve essere confuso con un sistema che registra le prestazioni perché quello è un atto dovuto; in realtà le prestazioni sono dettate da tutti i partecipanti soprattutto in un’epoca di aziendalizzazione quindi non c’è nessun atteggiamento persecutorio; questo non va confuso con gli indicatori di qualità nei servizi di salute mentale, cioè, un gran numero di visite e prestazioni specialistiche di psichiatri o psicologi non equivale a un buon servizio di salute mentale, ma questo è un altro discorso. Poi ci si è posti un altro problema, quello dei principi guida, uno per tutti è l’equità nell’accesso alle cure.
Anche nel nostro gruppo sono tornati i temi della formazione, la motivazione e i principi etici che dovrebbero guidare le azioni quotidiane di tutti all’interno dei servizi e una cosa che ci terrei a sottolineare è quella detta da uno dei partecipanti al gruppo: il gapnon è tra ciò che si sa e ciò che si fa, come se ciò che si sa rimanda ad una autoreferenzialità, ma ciò che si dice di fare è ciò che si sa.
Nella costruzione delle linee guida bisogna sempre tenere conto di quello che viene dalle istituzioni ma anche dal basso.
Il gruppo ha concluso con la preoccupazione che anche la valutazione, così come l’applicazione dei precedenti progetti-obiettivo non venga recepita all’interno delle regioni, ecco perché chiedeva con forza gli strumenti che possono essere quanto più concreti possibili all’interno delle singole realtà regionali.