Ho pensato molto a come intervenire in questa valutazione del ventennale della 180. Non scriverò una seconda fiaba, solo una piccola riflessione.
Ma vent'anni non bastano. Se guardiamo tutto l'arco della storia della psichiatria, vediamo che i provvedimenti si alternano costantemente: per evitare il dileggio e il maltrattamento degli ammalati si creano degli ospizi, per evitare l'orrore dei quali si creano delle comunità terapeutiche, per evitare la decadenza delle quali vengono creati degli ospedali, per evitare la lagerizzazione dei quali si creano strutture aperte, colonie agricole, per evitare lo sfruttamento dei malati in queste si creano dei reparti, per evitare la medicalizzazione si creano delle cooperative sociali o per evitare l'abbandono si creano delle comunità residenziali… Anche la legge del 1904 sui manicomi e gli alienati era una legge profondamente innovativa, che – dopo lo scandalo prodotto dai risultati dell'inchiesta Belmondo – tendeva a proteggere i diritti dell'ammalato. Chi la leggesse oggi, vedrebbe che essa era molto molto più garantista di quel che si è sempre detto. Però non c'è garantismo che tenga di fronte all'inconscio.
E se in generale le leggi tendono a non essere applicate e a decadere di fatto (nel nostro paese sempre con una rapidità agghiacciante, si pensi alla legge sull'uso del casco alla guida dei motorini o sulla cintura di sicurezza, che hanno una ricaduta immediata eppure…) bisogna anche tener conto del fatto che la debolezza dello psicotico cronico consente lo scatenamento agito della distruttività umana. Per cui il funzionamento della legge decadde progressivamente ai livelli che sappiamo.
Consapevoli di questa possibile decadenza, a vent'anni dalla "180", una proposta semplice semplice potrebbe essere questa: un censimento nazionale delle strutture pubbliche e private che si occupano di malati mentali, nel quale si rilevino non solo le caratteristiche dell'utenza ma anche quelle degli operatori e i costi complessivi dell'operazione. Ad esempio nel cosiddetto "privato sociale", per sfatare il dubbio che si tratti di un escamotage finalizzato a sottopagare personale qualificato in parte e in parte squalificato. O per sfatare il dubbio che si tratti di un modo di dire che si son chiuse le istituzioni totali, mentre si sono aperti i nimacomi.
Nel frattempo, poi, si è sviluppata una storia parallela: quella dei tossicodipendenti. Sancito per legge che essi non possono essere di competenza delle strutture psichiatriche – fatto già di per sé strepitoso – son sorte miriadi di strutture di ricovero "private" (verrebbe da dire: private di ogni controllo realistico) tra le quali ci sono quelle buone e quelle con macelleria annessa.
Nell'insieme una "movimentazione" di una bella massa di denaro.
Ma davvero è una grande massa di denaro? O si tratta di economie fatte sulla pelle di cittadini modello, che non protestano mai? Quant'è valutato un colloquio psichiatrico o un colloquio psicologico col sistema dei DRG? Se sappiamo quanto pesa la relazione appunto terapeutica nel trattamento degli psicotici, possiamo confrontarla con quanto pesa in termini economici per le USL-ASL? La perversione "economica" attuale quanto s-valuta la vita psichica?
Un censimento sarebbe utile anche per vedere i termini globali di valutazione che noi come società diamo della vita psichica.
Ma mi piacerebbe questo censimento anche per motivi di prevenzione: non vorrei che, tra qualche anno, si pensasse a ricreare gli "ospedali" psichiatrici a seguito, anziché di un censimento, di una inchiesta parlamentare.
Quanto alla "180" – una legge varata in tutta fretta per impedire la effettuazione di un referendum proposto dai radicali – essa conteneva già due articoli finali molto "italiani": in uno si diceva che non c'era aggravio del bilancio dello Stato, nell'altro che si potevano fare delle convenzioni. Compromesso storico? Ipocrisia nazionale? Agli storici della psichiatria la parola finale. Essi avranno da lavorare. Ad esempio saranno impegnati a studiare il successo di una lobby accademico-politica che, conquistato un partito della sinistra, è poi riuscita a dilagare con un sistema a cascata in miriadi di concorsi pubblici. O saranno interessati a studiare la non facile interpretazione dei bilanci delle farmacie delle strutture psichiatriche.
Che strano – si può dire – come mai uno psicoanalista si sofferma così a lungo su aspetti materiali, economici, legislativi? Non dovrebbe piuttosto pensare all'inconscio, ai fantasmi, alle difficili relazioni con gli psicotici?
Personalmente, ho sempre diffidato dei guru – guru psicoanalitici compresi – che si elevano alle vette del sapere umano negando la miseria della materialità da cui questo sapere è estratto e con cui è costruito. E penso che l'apparato psichico umano non solo sia in continuo equilibrio con l'ambiente e con il corpo, ma addirittura che sia il corpo, pensato in altro modo. E che questo modo di pensare consenta di mettere in evidenza che senza materialità -interna ed esterna – non c'è simbolo e senza simbolo non c'è pensiero. Che dunque chi si occupa solo di questioni di elevata psicopatologia, senza occuparsi del setting materiale in cui le cose si svolgono, fa una operazione scorretta o addirittura fa della filosofia.
Ma insomma, mi si potrebbe dire, ne hanno guadagnato o no gli psicotici? Che domanda difficile. Dal nostro punto di vista probabilmente sì, nell'insieme. Ma è il nostro punto di vista. E forse – di fronte al dolore umano – sarebbe ora che riconoscessimo che una valutazione statistica dei "benefici" ha un senso non per i pazienti, ma solo per noi.
Perché quel che mi sembra rimanga, quel che ci interroga sempre, quel che nessuno può dire di aver risolto (e se uno lo afferma gli si può sempre chiedere se è già passato a ritirare il Nobel…) è il mistero delle psicosi. Nessuno dei modelli di cui disponiamo – psichiatrici, biologici, fenomenologici, psicoanalitici sociologici, etnologici, integrati, riduttivi e chi più ne ha più ne metta – funziona. Tant'è che gli psicotici sono sempre lì, con la loro presenza, a farsi e farci un drammatico ma opportunissimo sberleffo delle nostre teorie. E noi non possiamo, davanti ad essi, al loro sguardo obliquo anche dopo ogni "riabilitazione", che ricordare quel che diceva Mefistofele: "grigia è, caro amico, qualunque teoria, verde è l'albero d'oro della vita".