Mi limiterò a chiosare a proposito del termine corpo in Freud e in Lacan.
Si potrebbe dire che tutto l’insegnamento di quello che viene definito il Lacan classico non dia al corpo il posto dovuto. È l’accusa che viene fatta dagli analisti postfreudiani: nell'insegnamento di Lacan il corpo è dimenticato. E, con il corpo, anche gli affetti.
 
Il corpo in medicina
Il corpo è fondamentale in medicina. La medicina dà al corpo un posto che la filosofia non gli aveva pienamente accordato. Aristotele afferma nel De Anima (II, I 412 a 20) che il corpo è materia, la quale riceve dall’anima la sua forma: l’anima è la forma di un corpo organizzato, corpo che è materia, corpo che ha la vita in potenza, che diventa atto tramite l’anima. Tommaso d’Aquino, pur seguendo Aristotele, dice di lasciare lo studio del corpo al medico, mentre non è compito del medico lo studio della relazione tra l'anima e il corpo.
Nella tradizione occidentale è rimasta una distinzione tra soma e psiche, distinzione che nasce con Platone e che Cartesio consacra nella distinzione tra la res cogitans e la res extensa, interrogandosi comunque su che cosa le unisca.
I presocratici non conoscono la distinzione soma-psiche. Distinzione che prende piede con Platone. Aristotele cerca di elaborare un’unità psicosomatica tramite il concetto di funzione vitale. Ritroveremo questa tematica in pensatori moderni, come Goldstein, con il concetto di organismo. Si tratta di un autore che Lacan cita nel suo Seminario X, L'angoscia (Einaudi, p. 66) per il fatto che l’angoscia è l’affetto che intreccia strettamente il somatico e lo psichico. 
Il corpo dunque è fondamentale in medicina. E Freud era medico. Tuttavia è stato proprio questo medico a prendere il corpo, non già come era proposto dalla tradizione occidentale, ma a considerarlo in tutt’altra dimensione.

 
Il corpo e la parola
Per Freud il corpo parla. Il corpo parla al medico Freud, come parlava a Ippocrate. Freud però ha percepito in questo parlare del corpo, del corpo dell’isterica per essere precisi, un’altra lingua.
Com'è stato possibile?
Primo, perché il corpo dell’isterica parla tramite sintomi che non sono in conformità con l’anatomia e la fisiologia. Il corpo dell’isterica parla una lingua che ignora l’anatomia e il sistema nervoso.
Secondo, questo corpo è correlato con il linguaggio, è correlato con il simbolico che si serve della lingua comune.
Terzo, il linguaggio del corpo dell’isterica è popolare, in altri termini il corpo dell’isterica parla con i significanti del grande Altro sociale.
Quarto punto – cosa di cui Freud non si è immediatamente reso conto – il corpo dell’isterica parla all’Altro ma, prima ancora, parla al soggetto stesso.
Quinto punto. Si tratta di una parola che è in cerca di senso prima ancora di essere alla ricerca della guarigione. Questa ricerca di senso produce quella che J.-A. Miller chiama la pre-interpretazione del sintomo da parte del soggetto stesso.
Sesto punto. Il corpo, che parla tramite il sintomo, tramite il sintomo gode.
Settimo punto. La parola del corpo è senso e godimento.
 
Il corpo e la pulsione
Ecco dove arriva Freud: il corpo gode, pur nella sofferenza. Il corpo con cui la psicoanalisi ha a che fare non è solo un corpo che parla, ma un corpo che gode. La sofferenza non è altro che una manifestazione di questo godimento.
Nell'Entwurf Freud si rende conto che questo godimento oltrepassa quello che, con Lacan, potremmo chiamare il contenitore significante. Il godimento interloquisce con il significante, con il grande Altro. J.-A. Miller mostrerà nel suo I paradigmi del godimento (Astrolabio, 2001) come si sviluppa l’accordo-disaccordo tra il grande Altro e il Godimento nel corso dell’insegnamento di Lacan.
Riprendiamo da Freud.
Freud sviluppa il concetto di pulsione nel 1915 in Triebe und Tribschicksale, e la pulsione riguarda eminentemente il corpo: nella spinta, nella mèta, nell’oggetto e nella fonte.
Qual è ora il problema?
Il problema è che non si vede in che modo l’inconscio, quello che parla, quello che sogna, quello che fa lapsus, quello che insomma produce le cosiddette formazioni dell’inconscio, si accordi con la pulsione, ossia con quell’inconscio che agisce ma che è silente.
Lacan, a questo proposito, offre la sua soluzione.
Una volta J.-A. Miller mi disse che il vero apporto di Lacan alla teoria psicoanalitica non era l’oggetto (a) come Lacan stesso aveva più volte affermato. L’oggetto (a) prende origine nell'oggetto perduto freudiano, ha la sua forza segreta nell'essere il versante operativo di das Ding, si rivela nell'esperienza analitica tramite gli oggetti pregenitali di Karl Abraham e si realizza comunemente nell’oggetto transizionale di Winnicott. L’apporto di Lacan è l'aver messo in logica l’oggetto (a) facendolo passare dall'ambito dell'immaginario all'ordine del simbolico per farlo poi approdare al campo del reale.
Qual è dunque la soluzione di Lacan per accordare l’inconscio che parla, ossia le formazioni dell'inconscio, con l’inconscio che non parla, ossia la pulsione?
 
I due livelli del grafo
Della posizione freudiana sulla pulsione Lacan mantiene solo la fonte, che è l’unico punto in cui il corpo pulsionale in qualche modo si giustappone al corpo fisiologico. Per quanto riguarda gli altri tre, ossia la spinta, l’oggetto e la mèta, Lacan offre una soluzione singolare: essi non fanno altro che raddoppiare il funzionamento della catena significante.
Nel suo insegnamento Lacan lo indica fin da subito sul grafo. Se si legge con attenzione il grafo del desiderio di Lacan – che prende la sua forma compiuta nel testo degli Scritti Sovversione del soggetto e dialettica del desiderio -, si noterà che il primo piano corrisponde al circuito di una qualunque comunicazione umana, ma che è anche il piano del circuito della catena significante di ogni formazione dell’inconscio, cosa che permette a Lacan – nel Seminario V, Le formazioni dell'inconscio (Einaudi) – di situare lì il motto di spirito – si veda il famoso familionaer di H. Heine – oppure la dimenticanza del nome Signorelli da parte di Freud stesso. Ma per passare all’accoppiamento-raddoppiamento della catena significante e della catena pulsionale occorre passare al piano superiore del grafo. È questo che giustifica l’apparente stranezza di Lacan di indicare la pulsione, che è al posto del codice nel percorso pulsionale, con una formula che è quella della Domanda.
Insomma, la pulsione – che Lacan visualizza come se fosse una catena significante, quindi simbolica – effettua un percorso che si concretizza in un circuito che gira intorno a un oggetto, facendo poi ritorno sul corpo, da cui era partita. La pulsione in questo ritorno sul corpo rende il corpo erogeno, per l’esattezza, nei suoi buchi: bocca, ano, orecchio, occhio, pelle. I genitali, certo, senza però che questi ultimi arrivino a quella conclusione che la fantasia postfreudiana aveva immaginato a proposito del fallo, fantasia che prenderebbe forma nella realizzazione del cosiddetto stadio genitale.
Ora, in questo percorso singolare di oggetti eterogeni si metteranno in serie orifizi del corpo con pezzi prelevati dal corpo o ripresi da altrove, e di cui il feticismo è un esempio. Il feticismo è prettamente umano. La perversione è del tutto innaturale, tipica unicamente della pulsione umana.
 
Il corpo postnaturale
Qui il corpo non è più naturale, ma postnaturale. Quello che chiamiamo postumano si colloca su questa linea che è aperta dalla pulsione in quanto innaturale, postnaturale.
Il corpo della pulsione è fatto quindi come una strana costruzione surrealista e lo spazio del corpo viene da Lacan identificato con questo tragitto pulsionale, fantastico e tuttavia perfettamente determinabile, e che è per ogni individuo il suo corpo erogeno.
Cito il Lacan del Seminario XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi: “Il montaggio della pulsione è un montaggio che, in primo luogo, si presenta senza capo né coda – nel senso in cui si parla di montaggio in un collage surrealista. Se avviciniamo i paradossi […] a livello del Drang [della spinta] a quello dell’oggetto, a quello della mèta della pulsione, credo che l’immagine che ci viene in mente mostrerebbe una dinamo in funzione collegata a una presa del gas, da cui esce una penna di pavone che solletica il ventre di una bella donna, che è lì in pianta stabile per la bellezza della cosa. La cosa, d’altro canto, comincia a diventare interessante in questo, che la pulsione definisce, secondo Freud, tutte le forme in cui si può invertire un simile meccanismo. Questo non significa che si rigiri la dinamo. Si srotolano i suoi fili, sono loro che diventano la penna del pavone, la presa del gas passa nella bocca della dama e nel bel mezzo ne esce un sedere” (Einaudi, p. 165).
Non c’è nulla di più simile alla pulsione se non la catena significante nella misura in cui ci si attiene a quella che viene chiamata l’associazione libera. L’associazione libera non è affatto libera, ma è strana, surrealista, e se Freud la considera l’unica regola a cui il paziente deve attenersi è perché è isomorfa al funzionamento dell'inconscio.
Insomma, se l’istinto, quello degli animali, trova la sua ragion d’essere nel funzionamento animale, la pulsione, che è tipica dell’essere che parla, oltre al substrato biologico, si serve dei canali del simbolico, del linguaggio. Per indicare l’andata e ritorno della pulsione Freud fa uso delle risorse della lingua, soprattutto usando il verbo in senso attivo, passivo e riflessivo.
Per il nostro uso diremo che la sovrapposizione del simbolico e della pulsione è chiaramente indicata da Lacan in questi termini: “Il passaggio dalla pulsione orale alla pulsione anale non si produce tramite un processo di maturazione, ma tramite l’intervento di qualcosa che non [corsivo mio] appartiene al campo della pulsione – per l’intervento, il rovesciamento, della domanda dell’Altro” (Ib., p. 175). L’orale e l’anale non sono dunque due stadi della pulsione nella maturazione biofisiologica del piccolo uomo, ma sono da leggersi rispetto al linguaggio: domanda all’Altro nel caso della pulsione orale, domanda dell’Altro nel caso della pulsione anale.
Ora tutto questo che cosa comporta? Quale passo avanti Lacan fa rispetto a Freud e quale critica potrebbe essergli mossa?
Il passo avanti è indubbio: senza questo detour che passa dal linguaggio, nell’essere parlante quel funzionamento che oggi chiamiamo inconscio freudiano resterebbe disancorato dalla pulsione, e ancorato a istanze divine o demoniache, di cui eventualmente sarebbe un messaggio; il lapsus sarebbe puro errore e il malessere non potrebbe mai assurgere alla dignità di sintomo analitico.
Ma Lacan, a quale critica offre il fianco? Al fatto che Lacan sembra abolire il corpo vivente per elevarlo, tramite una sorta di Aufhebung, alla dignità di corpo simbolico. Sembra insomma che avvenga una specie di evanescenza del corpo vivente a profitto del corpo mortificato dal significante. Vero è che tramite questa Aufhebung si opera un’apertura inedita, che va oltre il postnaturale, e permette l’irruzione dell’ibridazione tra l’uomo e i prodotti della tecnica.
Tuttavia il detour di Lacan è necessario perché, senza il passaggio attraverso il linguaggio, la pulsione rimane incomprensibile, ineffabile.
Ma in realtà, quando Lacan abbina il movimento pulsionale alla catena significante egli indica la soluzione: non tutto si riassorbe nel simbolico e la libido cambia di registro: non più immaginaria, ma, freudianamente, la libido ha come obiettivo quel godimento che, raffigurato nell’incesto, deve essere considerato nel registro del reale, poiché impossibile.
E il corpo in tutto questo?
 
Dal corpo immaginario e dal corpo simbolico al corpo che si gode
Il corpo, anche lui, cambia di statuto. Da corpo immaginario, quello che aveva così tanta importanza nello stadio dello specchio, si tramuta in un corpo preso nel simbolico. Ma proprio perché il corpo non è preso tutto nel simbolico, e proprio perché c'è qualcosa che sfugge al simbolico, Lacan riprende la prima intuizione di Freud, quello di un corpo che gode, ma questa volta con tutti gli apparati non solo di mostrazione, ma anche di dimostrazione.
E così si passa in Lacan dalla definizione dell’inconscio condensato nella formula ça pense alla formula ça parle, che comporta il corpo del ça jouit: là où ça parle ça jouit.
Abbiamo quindi una prima definizione dell’inconscio secondo Lacan, quello che si trova negli Scritti nella Questione preliminare: l’inconscio è quell’Altrove “presente per tutti e chiuso ad ognuno in cui Freud ha scoperto che, senza che ci si pensi, e dunque senza che qualcuno possa pensare di pensarci meglio di un altro, ça pense” (Einaudi, p. 544). Qui l’inconscio è puro pensiero, pensiero non pensato da colui che ne è abitato, ma perfettamente articolato.
Poi però abbiamo una seconda definizione: non si tratta più dell'inconscio-pensiero ma dell'inconscio-parola. Non abbiamo più un ça pense ma un ça parle. Entrando all’improvviso a gamba tesi nella problematica scolastica dell’intelletto agente, Lacan nel Seminario XX, Ancora dà del "non abbastanza intelligente" (Einaudi, p. 197) ad Aristotele perché se è stato così intelligente da isolare l’intelletto agente nella funzione simbolica in quanto tale, la quale, come l'intelletto agente della scolastica, fa a meno del corpo, tuttavia non è stato abbastanza intelligente da arrivare a capire che né il pensiero né il dire ma solo la parola in quanto tale concerne il godimento. Aristotele non poteva arrivarci, poiché è un insegnamento che proviene dal cristianesimo, ricorda Lacan. Nella rivelazione cristiana la parola si fa carne, s'incarna in un corpo. E poiché lui, Lacan, avrebbe potuto o forse dovuto arrivarci, è chiaro che dando del non abbastanza intelligente ad Aristotele, in realtà dà l'epiteto a se stesso, poiché se Aristotele è giustificato nel non conoscere l'apporto del cristianesimo su questo tema, lui invece non ha nessuna giustificazione al riguardo.
 
I diversi passi di Lacan
A questo punto possiamo riassumere brevemente i diversi passi di Lacan.
Primo passo: nell’umano c’è un ça pense, primo nome dell’inconscio, che è distinto dall’io cosciente.
Secondo passo: questo inconscio non si riassorbe nel pensiero, ma si rivela nella parola. L'inconscio è il ça parle.
Terzo passo: la parola conferisce l’essere al vivente che parla.
Quarto passo: questo vivente che parla, parla con il corpo.
Quinto passo: l'inconscio è il nome dato a una ipotesi, il nome dato alla tesi è il parlessere.
Sesto passo: il parlessere è il soggetto dell’inconscio più il corpo vivente.
Settimo passo: il parlessere gode con due godimenti diversi: un godimento relativo al corpo e uno relativo al fuori corpo. In altri termini il corpo parlante gode di sé, ossia si gode, e gode per sé, tramite il godimento fallico ovvero il godimento della parola.
Ottavo passo: questi due godimenti sono relativi all'Es e all'inconscio.
Nono passo: il corpo parlante è la giuntura tra l'inconscio e l'Es.
Decimo passo: il corpo parlante è res extensa et res cogitans, ma soprattutto res gaudens.
(Tratto da La Psicoanalisi n. 63-64, Astrolabio, 2018)

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