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Gli effetti delle cause di giustificazione
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In seguito all’illustrazione della ratio e del fondamento delle cause di giustificazione, che attengono al piano strutturale-ontologico, si rende necessario procedere ad esaminare gli effetti delle stesse, soprattutto sulla posizione giuridica del soggetto agente1. Il principale effetto delle cause di giustificazione è il venir meno dell’antigiuridicità della condotta, ossia del suo carattere illecito; come si è avuto modo di osservare, il medesimo fatto può tuttavia rilevare non solo ai fini della responsabilità penale ma anche e preliminarmente sul piano della responsabilità civile del soggetto agente per i danni cagionati alla persona offesa2. Nel nostro ordinamento manca tuttavia una norma di raccordo tra la disciplina penale delle scriminanti e la disciplina della responsabilità civile, limitandosi il legislatore a regolare gli effetti del giudicato di assoluzione, all’art. 652 c.p.p., nei processi civile, disciplinare e amministrativo3; Emerge dalla disciplina processual-penalistica che solo in ipotesi di esercizio del diritto o adempimento di un dovere, di cui all’art. 51 c.p., l’accertamento in sede penale, a determinate condizioni, produrrà effetti vincolanti nel giudizio civile volto ad accertare la responsabilità dell’imputato in veste di danneggiante per i medesimi fatti4. Manca invece alcun riferimento alle restanti cause di giustificazione di cui agli artt. 50, 52 e 54 c.p., mentre l’uso legittimo delle armi può essere ricondotto alla nozione di adempimento di un dovere, adoperata dal legislatore nell’art. 652. c.p.p.; del pari, occorre evidenziare che la norma del Codice di procedura penale si limita a disciplinare gli effetti del giudicato penale di assoluzione nel giudizio civile, ma nulla prescrive in merito all’efficacia delle scriminanti di cui agli artt. 51 e 53 c.p. sulla responsabilità civile per i medesimi fatti, quando manchi una sentenza penale definitiva5. In tal senso rilevano le disposizioni di cui agli artt. 2044 e 2045 c.c., rubricate, rispettivamente, “legittima difesa” e “stato di necessità”. Il primo prevede espressamente, al primo comma6, che “Non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o altri”, estendendo dunque l’effetto scriminante della causa di giustificazione disciplinata dall’art. 52 c.p. alla responsabilità civile per fatto illecito7. Nel contempo, l’art, 2045 c.c. dispone che: “Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di danno grave alla persona e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice”. La disposizione civilistica riproduce pedissequamente nella sostanza i presupposti dello stato di necessità disciplinato dall’art. 54 c.p., ad eccezione del requisito della necessaria proporzione tra il fatto ed il pericolo8. In caso di stato di necessità tuttavia, il legislatore non si limita ad escludere la responsabilità dell’autore del fatto, prevedendo altresì il riconoscimento, a favore del danneggiato, di un’indennità nella misura ritenuta equa dal giudice civile9. Sia la legittima difesa che lo stato di necessità trovano dunque espressa disciplina in materia civile, a differenza delle scriminanti del consenso e dell’adempimento di un dovere, ivi compreso il legittimo uso delle armi, o dell’esercizio di un diritto; tanto non consente tuttavia di ritenere che dette cause di giustificazione siano prive di effetti sulla responsabilità civile10. Deve infatti considerarsi che, in materia civile, la responsabilità ed il conseguente obbligo di risarcire il pregiudizio cagionato, sussiste solo quando il danno risulti “ingiusto”, secondo la formulazione dell’art. 2043 c.c. L’ingiustizia del pregiudizio cagionato presuppone che risulti leso un bene giuridico meritevole di tutela; va precisato che il requisito di meritevolezza presuppone che l’interesse leso si collochi in una posizione gerarchicamente superiore rispetto all’interesse di cui sia portatore il danneggiante: qualora, pertanto, il danno sia stato cagionato nell’esercizio di un diritto che prevale o quantomeno equivale per valore giuridico all’interesse leso, non potrebbe ravvisarsi il requisito di ingiustizia del danno e verrebbe di conseguenza meno il carattere illecito della condotta del danneggiante11. Non resta che valutare gli effetti, in materia civile, del consenso dell’avente diritto sulla responsabilità civile del danneggiante. Ad una prima soluzione, di carattere aprioristico, che esclude l’ingiustizia del danno in presenza del consenso del danneggiato, si contrappone una tesi dottrinale che evidenzia la incompatibilità tra la struttura dell’illecito civile e l’espressione del consenso in merito alla causazione del danno da parte del danneggiato. La responsabilità extracontrattuale, infatti, si caratterizza per l’estraneità tra il danneggiante e danneggiato, contrapposta alla relazione tra le parti, su cui si fonda la responsabilità contrattuale12. L’espressione del consenso da parte dell’avente diritto, al contrario, presuppone che tra danneggiante e danneggiato sussista un rapporto giuridico, nell’ambito del quale il consenso viene espresso, che esclude pertanto la possibilità di ravvisare in capo al primo alcuna forma di responsabilità da fatto illecito13. Emerge, dunque, che la sussistenza di una causa di giustificazione, oltre ad elidere l’antigiuridicità del fatto tipico, esclude il carattere illecito della condotta anche ai fini della responsabilità civile, sulla scorta delle suesposte considerazioni, che si prestano ad operare altresì in materia amministrativa o disciplinare14. L’effetto scriminante delle cause di giustificazione è pertanto da ritenersi generale e tale conclusione non può essere revocata in dubbio ma risulta, al contrario, confermata dal disposto dell’art. 2045 c.c. che, pur prevedendo una conseguenza giuridica per il fatto commesso in stato di necessità, qualifica l’obbligo di pagamento di una somma equa al danneggiato come “indennità”, che presuppone proprio il carattere lecito della condotta, differenziandosi dal “risarcimento del danno”, che consegue invece all’illecito 15.
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Disciplina generale
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Terminata la ricostruzione dell’antigiuridicità e delle cause di giustificazione, può procedersi in questa sede all’esame delle norme del Codice penale che ne dettano la disciplina generale16. Si tratta delle disposizioni di cui agli artt. 55 e 59 c.p., cui si aggiungono le disposizioni di diritto processuale penale che prendono espressamente in considerazione gli effetti della sussistenza di una causa di giustificazione17. Sono molteplici le disposizioni attraverso le quali il legislatore ha assegnato rilevanza alla sussistenza di cause di giustificazione in relazione alle fasi fondamentali in cui si sviluppa il procedimento penale, dalle indagini preliminari alla fase della decisione. Assume rilevanza, tra quest’ultime, il disposto dell’art. 385 c.p.p., ai sensi del quale “L’arresto o il fermo non è consentito quando, tenuto contro delle circostanze del fatto, appare che questo è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità”18. Nonostante il riferimento specifico alle scriminanti di cui all’art. 51 c.p., infatti, per “ciascuna causa di non punibilità” deve intendersi ogni altra causa di giustificazione disciplinata dal Codice penale; attraverso la citata disposizione, dunque, si impedisce alla polizia giudiziaria di comprimere, anche solo temporaneamente, la libertà personale dei cittadini, quando emerga che il fatto commesso, pur integrando gli estremi di un fatto tipico di reato, non presenti carattere di antigiuridicità, perché scriminato. Allo stesso modo, l’art. 273 c.p.p. sancisce che “Nessuna misura cautelare può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione”, tutelando l’indagato nel corso del procedimento penale19. Inoltre, l’art. 129 c.p.p., pur non facendo espresso riferimento alle scriminanti, obbliga il giudice penale, “In ogni stato e grado del processo” a dichiarare con sentenza che “il fatto non costituisce reato”, quando riconosca la sussistenza di una causa di giustificazione20. Il Codice di procedura penale fa invece espresso riferimento alle cause di giustificazione nel già menzionato art. 530 c.p.p., che disciplina la sentenza di assoluzione e prevede, al comma terzo, che “Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull’esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del primo comma”. Infine l’accertamento delle cause di giustificazione, in specie dell’adempimento di un dovere e dell’esercizio di un diritto, nella sentenza di assoluzione che abbia acquisito valore di giudicato, produrrà effetti vincolanti “nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno”, ai sensi dell’art. 652 c.p.p. Procedendo all’esame delle norme del Codice penale che disciplinano la loro applicazione21, si ricorda nuovamente che le cause di giustificazione hanno natura oggettiva, differenziandosi dalle cause di esclusione della colpevolezza e dalle cause soggettive di non punibilità. Tale carattere oggettivo incide sul regime di imputazione, inoltre, delle scriminanti che, ai sensi del primo comma dell’art. 59 c.p. “sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti”. Non occorre pertanto che il soggettivo attivo, al momento del compimento del fatto tipico, fosse consapevole della sussistenza di una causa di giustificazione che, ciò nonostante, eliderà l’antigiuridicità della condotta22. La disposizione del primo comma è dunque espressiva del medesimo principio di prevalenza del dato obiettivo e dell’insufficienza ai fini della responsabilità penale delle intenzioni delittuose del reo, che trova espressione al primo comma dell’art. 49 c.p., in forza del quale “Non è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato”. Il comma quarto23 dell’art. 59 c.p. disciplina invece l’ipotesi speculare in cui non sussiste una causa di giustificazione, ma l’agente ritiene che esista per errore; se nel caso disciplinato dal primo comma, dunque, sussiste il dato obiettivo, ma manca la percezione soggettiva della scriminante, nell’ipotesi di cui al quarto comma la situazione è inversa, essendo solo rappresentata, per errore, da parte del soggetto attivo, la sussistenza di una causa di giustificazione, che in realtà esiste solo nella sua mente. Dottrina e giurisprudenza definiscono tale ipotesi come “scriminante putativa”24 poiché la scriminante è solo ritenuta esistente dal soggetto attivo ma non sussiste nella realtà. Ciò nonostante, la norma in esame prevede che “Se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui”, consentendo così la produzione dell’effetto scriminante anche in assenza di un’effettiva causa di giustificazione 25. Ciò che rileva ai fini dell’accertamento dell’antigiuridicità della condotta non è, in questo caso, il dato obiettivo, bensì la percezione che il soggetto abbia avuto delle circostanze in cui è avvenuta la condotta26. La norma prevede tuttavia che “se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”27; in questo modo il legislatore ha inteso prevenire un utilizzo distorto della norma, precisando che l’errore circa la sussistenza di una causa di giustificazione deve risultare incolpevole, ricorrendo altrimenti la responsabilità per colpa del soggetto attivo, quando il reato sia punibile a titolo colposo. Diversamente, sarebbe sufficiente addurre un errore in merito alla sussistenza di una scriminante invero inesistente per andare esenti da responsabilità penale; attraverso l’ultimo inciso del comma quarto, invece, il legislatore ha richiesto che l’errore debba essere ancorato ad elementi di carattere oggettivo, legati alla fattispecie concreta ed alle modalità in cui si è svolto il fatto tipico, tali da ritenerlo scusabile28. Qualora invece il soggetto attivo, in considerazione delle circostanze del caso concreto, fosse in grado di avvedersi che non sussisteva alcuna causa di giustificazione al momento della condotta e, pertanto, sia incorso in un errore per propria colpa, risponderà penalmente del reato commesso ma solo quando il legislatore ne preveda la punibilità a titolo di colpa29. Non potrà ravvisarsi una scriminante putativa ed il reo risponderà del fatto a titolo di dolo, quando invece emerga che, alla luce delle caratteristiche del fatto commesso, il soggetto agente non potesse percepire l’assenza di una causa di giustificazione, sì da escluderne la mera colpa e da ravvisarne una piena intenzione delittuosa, che consentirà di affermarne la responsabilità penale in giudizio30. Del pari non potrà operare il disposto del quarto comma dell’art. 59 c.p. quando la scriminante sia soltanto presunta ma non ritenuta sussistente per errore. La dottrina, recepita dalla giurisprudenza, ha infatti evidenziato la differenza tra le ipotesi genuine di scriminante putativa, legate cioè all’errore del reo circa la sussistenza di una causa di giustificazione inesistente, e le cc.dd. scriminanti presunte; quest’ultime infatti non sono ritenute esistenti dal reo in ragione di un’errata percezione del dato materiale o giuridico bensì meramente supposte in forza di una valutazione presuntiva del soggetto agente31. In questa seconda ipotesi, dunque, non sussistono i requisiti perché operi il disposto dell’art. 59 comma quarto, c.p. poiché la condotta è stata realizzata da un soggetto che è ben consapevole di agire in assenza di una causa di giustificazione, avendo presunto che, ad esempio, il consenso sarebbe stato espresso se richiesto, e non può quindi ritenersi che sia incorso in errore32. È da evidenziare che opera anche in relazione alle scriminanti putative il disposto di cui all’art. 5 c.p., in forza del quale “Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”. Ne deriva che il reo non potrà addurre a propria discolpa un errore relativo alle norme che disciplinano, nel Codice penale, le cause di giustificazione, sostenendo di aver erroneamente ritenuto che una circostanza diversa da quelle espressamente previste dal legislatore penale producesse un effetto scriminante sulla condotta, come ad esempio lo stato d’ira o la provocazione. Del pari, non potrà assumere rilevanza un errore circa l’interpretazione delle norme penali, tale per cui il reo abbia erroneamente inteso il significato della disciplina di una scriminante33. Devono invece ritenersi ammissibili errori sul fatto, legati cioè alla percezione della situazione materiale in cui la condotta è posta in essere dal reo, nonché errori su leggi diverse da quella penale, quando abbiano cagionato un errore sul fatto che costituisce reato; si tratta delle forme di errore cui l’art. 47 c.p. riconosce efficacia scusante e che sono ritenute rilevanti anche ai fini del riconoscimento di una scriminante putativa34. Occorre precisare che l’errore su legge diversa dalla legge penale riguarda i casi in cui il soggetto agente incorra in un’errata interpretazione di una disposizione integratrice della fattispecie penale, che implichi pertanto un’errata percezione degli elementi costitutivi del fatto di reato35; Si può dunque affermare, in merito ai presupposti del riconoscimento di una scriminante putativa, che, da un lato, occorre che il soggetto attivo sia incorso in un errore, il quale se dovuto a colpa non escluderà la responsabilità a titolo di colpa per il fatto commesso, ove prevista dal legislatore, a nulla rilevando invece le mere presunzioni o supposizioni, né tanto meno gli errori prospettati in assenza di alcun elemento oggettivo che possa suffragare la difesa del reo, cioè in caso di errore meramente pretestuoso e privo di riscontri obiettivi; dall’altro, occorre che l’errore attenga al fatto di reato, in termini di percezione distorta delle circostanze storiche in cui è stata realizzata la condotta, ovvero che si tratti di erronea interpretazione di una norma diversa da quella incriminatrice e che tuttavia disciplini un elemento costitutivo, integrando la fattispecie penale36. Concludendo con la seconda disposizione di parte generale riguardante le cause di giustificazione, l’art. 55 c.p. disciplina i casi di c.d. “eccesso colposo”37, prevendendo al primo comma che “Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”38. Il legislatore, con la legge del 26 aprile 2019, n. 36, ha introdotto un secondo comma alla disposizione in esame, che prende in considerazione le ipotesi speciali di eccesso colposo nella legittima difesa c.d. domiciliare, anch’essa oggetto della novella39. La disposizione originaria di cui al primo comma prende invece in considerazione le ipotesi in cui, in presenza di una delle scriminanti di cui agli artt. 51, 52, 53 e 54 c.p., con esclusione del consenso dell’avente diritto, il soggetto agente ponga in essere una condotta che supera, per colpa, i limiti entro cui il fatto può ritenersi scriminato, incorrendo così in responsabilità penale, a titolo di colpa, ove il fatto sia previsto dal legislatore come reato colposo40. È possibile dunque mettere in evidenza la diversità delle ipotesi di eccesso colposo rispetto ai casi di scriminante putativa, dal momento che, pur essendo entrambe le fattispecie caratterizzate da un errore del soggetto agente, nel primo caso si tratta di un errore in executivis41, cioè nell’esecuzione o realizzazione del fatto tipico, che supera i limiti entro cui opera l’effetto scriminante; nel secondo caso, invece, si tratta di un errore percettivo, che incide sulla sfera soggettiva e non sulla sua condotta materiale. È infatti diverso rappresentarsi per errore la sussistenza di una scriminante inesistente rispetto al superamento colposo dei limiti entro cui opera una scriminante realmente esistente42. Nei casi di eccesso colposo, la colpa del soggetto agente può essere determinata da due tipologie di errore, a seconda che si tratti di un errore di giudizio ovvero di un errore materiale; nel primo caso, il soggetto agente valuta erroneamente al gravità o l’intensità dei presupposti della scriminante, ritenendo, ad esempio, che il proprio aggressore stia attentando alla sua vita nel caso i cui lo stesso miri invece a ledere un bene patrimoniale; se, dunque, in presenza di un simile errore di giudizio, il soggetto agente pone in essere una condotta difensiva che, sull’erroneo presupposto del pericolo per la propria vita, cagiona la morte dell’aggressore, avrà superato il limite di proporzione richiesto dall’art. 52 c.p., incorrendo in un eccesso colposo, che la dottrina e la giurisprudenza definiscono come “eccesso nei fini”43. Diversamente, se il soggetto agente, pur avendo correttamente percepito i presupposti della scriminante, incorre in un errore di carattere materiale, legato all’uso dei mezzi o agli effetti della propria condotta, sarà ravvisabile un eccesso colposo c.d. “eccesso nei mezzi” o “modale”, perché attiene proprio alle modalità della condotta che esorbitano i limiti della scriminante44. Tanto l’errore di giudizio quanto l’errore modale, dunque, commesso con colpa dal soggetto agente, integrano gli estremi di un eccesso colposo. Rispettivamente, nei fini o nei mezzi, che comporta la responsabilità per il fatto commesso, se il legislatore ne prevede la punibilità come reato colposo. Il legislatore impone, pertanto, in capo al soggetto agente che operi in presenza di una scriminante un onere, a seconda dei casi, di diligenza, prudenza o perizia, sanzionando penalmente il superamento colposo dei limiti entro cui la condotta gode dell’effetto scriminante; ne consegue che, fuori dai casi di superamento colposo di suddetti limiti non può operare il disposto dell’art. 55 c.p., che richiede, da un lato, che l’errore non sia scusabile e, dall’altro, che il reo non abbia agito intenzionalmente45. Ove infatti si accerti che il superamento dei limiti della scriminante non sia avvenuto con colpa, poiché l’errore di giudizio o modale non è dipeso da negligenza, imprudenza o imperizia, non potrà imputarsi, neanche a titolo di colpa, la responsabilità per il fatto commesso dal soggetto agente, che beneficerà in pieno della causa di giustificazione46. Al contrario, quando il superamento dei limiti della scriminante risulti intenzionale e non dovuto invece ad un errore del reo, questi incorrerà in un’ipotesi c.d. di eccesso doloso, e, pertanto, risponderà penalmente, a titolo di dolo, dei fatti commessi nel superamento dei suddetti limiti47. L’art 55 c.p. non annovera il consenso dell’avente diritto tra le cause di giustificazione rispetto alle quali può ravvisarsi un eccesso colposo relativi al consenso dell’avente diritto. In dottrina48, in merito a ciò, di sono registrati due opposti orientamenti, divisi riguardo alla possibilità di estendere analogicamente la norma ai casi di eccesso colposo relativi al consenso dell’avente diritto, di cui all’art. 50 c.p. La tesi favorevole all’estensione analogica dell’istituto si fonda sull’effetto favorevole che l’art. 55 c.p. produce per il reo, il quale non risponderà del fatto di reato commesso, nonostante il superamento dei limiti della scriminante, se non per colpa, e solo quando il fatto sia previsto anche come reato colposo49. Si ritiene inoltre che, in relazione al consenso dell’avente diritto, possano ravvisarsi le medesime esigenze di disciplina legate ai casi in cui il soggetto, ad esempio, pur agendo in presenza del consenso della persona offesa ne abbia, per un errore modale, travalicato i limiti50. L’opposto orientamento, contrario invece alla estensione dell’art. 55 c.p. ai casi di consenso ex art. 50 c.p., ha rilevato che non è dato rinvenire una lacuna normativa nell’eccesso colposo, dal momento che il legislatore ha elencato in maniera espressa e tassativa le scriminanti in relazione alle quali può ravvisarsi un eccesso colposo, confermando tale scelta nella seconda parte della norma, che si riferisce ai soli “ limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità”, senza alcun riferimento ai limiti del consenso espresso dalla persona offesa51. Secondo questo orientamento si tratterebbe dunque di una c.d. lacuna tecnica o volontaria, in quanto insuscettibile di essere colmata in via analogica. Ulteriore questione che l’ambito operativo dell’art. 55 c.p. ha posto in dottrina e in giurisprudenza attiene alla possibilità di ravvisare un eccesso colposo in relazione al superamento dei limiti di una scriminante meramente putativa52. In siffatta ipotesi, infatti, si è in presenza di un fatto commesso in assenza di una causa di giustificazione che è ritenuta sussistente per errore del soggetto agente. Si è posto dunque il problema della possibilità di assegnare rilevanza al superamento colposo dei limiti di una circostanza che nella realtà non sussiste. Secondo l’orientamento che nega tale possibilità, il carattere putativo della scriminante, che è frutto di un errore del reo, impedisce di valutare se la condotta del reo ne abbia superato i limiti, stante l’assenza di un riscontro materiale, dovuta al carattere meramente virtuale della scriminante53. Un orientamento intermedio tra la soluzione negativa e la tesi delle compatibilità tra gli istituti ha infine sostenuto che la soluzione dipenda dalla tipologia di eccesso colposo verificatasi nel caso concreto, dal momento che un eccesso nei fini, dovuto ad un errore di giudizio, dovrà ritenersi assorbito, secondo tale impostazione, nell’errore in ragione del quale il soggetto agente ha ritenuto sussistente una scriminante; diversamente, nel caso di eccesso nei mezzi, in cui il superamento dei limiti della scriminante è dovuto ad un errore materiale nella esecuzione della condotta, sarebbe possibile ritenere che l’art. 55 c.p. operi in relazione alla scriminante putativa, poiché si tratta di errori di natura diversa e non sovrapponibili54. Diversamente, qualora la scriminante sia inesistente ma ritenuta esistente dal reo e questi, con un ulteriore errore di carattere valutativo o percettivo, abbia immaginato ed immaginato male che sussistano gli estremi di una scriminante, verserà in colpa ai sensi dell’art. 59, quarto comma, c.p., con conseguente inutilità di applicare l’art. 55 c.p., poiché entrambe le disposizioni prevedono la responsabilità colposa del reo, quando il fatto è previsto dalla legge come reato colposo55.
1 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
2 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
3 Per quanto rileva in questa sede, la disposizione citata prevede che: “La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno”. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
4 Il primo comma dell’art. 652 c.p.p. prosegue infatti precisando che l’effetto di giudicato opera nel giudizio “promosso dal danneggiato nell’interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costiuirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato azione in sede civile a norma dell’art. 75 comma 2”, così garantendo il rispetto del principio del contraddittorio, di cui all’art. 111 Cost. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
5 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
6 La legge 26 aprile 2019, n. 36, ha aggiunto due nuovi commi ai suddetti articoli. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
7 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
8 Rientrano pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 2045 c.c. tutte le ipotesi di stato di necessità rilevanti in sede penale, stante la maggior ampiezza della fattispecie civile, la quale non richiede il requisito della proporzione. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.A. Torrente- P. Schlesinger, “Manuale di diritto privato”, Milano, 2015, 905 ss.
9 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
10 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
11 Alle medesime conclusioni deve pervenirsi con riferimento all’adempimento di un dovere giuridico, quando l’interesse sotteso alle norme o all’ordine dell’Autorità che lo impongono sia di rango pari o superiore rispetto all’interesse leso. Anche le scriminanti dell’esercizio di un diritto e dell’adempimento di un dovere assumono pertanto rilevanza in materia civile, escludendo l’illiceità della condotta, come è possibile confermare alla luce dell’art. 652 c.p.p., che prende in considerazione espressamente entrambe le cause di giustificazione. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
12 La prima infatti non consente di individuare il soggetto responsabile prima del verificarsi del danno; nella seconda, invece, stante l’esistenza di un precedente rapporto tra responsabile e danneggiato, è possibile individuare ex ante il soggetto su cui ricade l’obbligo di risarcimento del danno. Ciò è confermato dalla giurisprudenza di legittimità, che ha in più occasioni affermato che “la responsabilità extracontrattuale ricorre solo quando la pretesa risarcitoria venga formulata nei confronti di un soggetto autore di un danno ingiusto non legato all’attore da alcun rapporto giuridico precedente”. In tal senso la sentenza delle Sezioni Unite n. 589 del 1999, in materia di contatto sociale qualificato. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
13 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
14 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
15 Più problematica è invece la neo-introdotta indennità nelle ipotesi di eccesso colposo verificatosi in una situazione di legittima difesa c.d. domiciliare, che consegue ad una condotta illecita, in quanto colposa e non scriminata, e tuttavia presenta natura indennitaria e non di risarcimento del danno. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
16 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
17 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. G. Conso-V. Grevi-M. Bargis, “Compendio di procedura penale”, Padova, 2018, op.cit.
18 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
19 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; G. Conso-V. Grevi-M. Bargis, “Compendio di procedura penale”, Padova, 2018, op.cit.
20 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; G. Conso-V. Grevi-M. Bargis, “Compendio di procedura penale”, Padova, 2018, op.cit.
21 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; T. Padovani, “Diritto penale”, Milano, 2018, op. cit.; C. Roxin, “Antigiuridicità e cause di giustificazione”, Napoli, 1996, op. cit.; G. Conso-V. Grevi-M. Bargis, “Compendio di procedura penale”, Padova, 2018, op.cit.
22 Si pensi al caso in cui il soggetto agente abbia intenzionalmente ucciso una persona, senza tuttavia sapere che quest’ultima stava per esplodere un colpo di pistola contro di lui: ove il soggetto attivo avesse percepito le intenzioni delittuose della propria vittima sarebbe stato consapevole di poter agire per legittima difesa; nonostante tuttavia non si sia accorto di essere bersaglio della propria vittima, e abbia commesso il fatto con l’intenzione di ucciderla per motivi diverse, potrebbe ciò nonostante usufruire della causa di giustificazione della legittima difesa ai sensi del primo comma dell’art 59 c.p.; tanto in ragione del regime obiettivo di operatività della scriminante, che prescinde dalla consapevolezza del soggetto attivo. G. Fiandaca-E. Musco, “Diritto penale. Parte generale”, Bologna, 2018, pag. 276 ss. Inoltre F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
23 Si veda: C. F. Grosso, “L’errore sulle scriminanti”, Milano, 1961; P. Nuvolone, “Le due forme dell’eccesso colposo”, in Giust. pen., 1949; M. Gallo, “Eccesso colposo e previsione dell’evento”, in Giur. it., 1950; C. F. Grosso, “Eccesso colposo”, in Enc. giur., XII, 1989; F. Mantovani, “Diritto penale”, Milano, 2019, op. cit. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
24 Dal latino “putare” che significa “credere, ritenere”. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
25 Si ponga il caso di Tizio, passeggiando di notte e sotto una pioggia assordante, per un vicolo buio, si imbatta in un uomo, mentre si dirige nella sua direzione brandendo un oggetto che appare essere un bastone; Tizio, convintosi che l’uomo intenda rapinarlo, estrae un’arma di cui è in possesso ed esplode una serie di colpi, ferendolo gravemente, per scoprire immediatamente dopo che si tratta di Caio, il suo vicino di casa, che gli si era avvicinato per offirgli riparo con l’ombrello. In un’ipotesi simile manca, sul piano oggettivo, una causa di giustificazione, nella specie riconducibile alla legittima difesa, poiché l’ipotizzato aggressore era animato da tutt’altre intenzioni e non brandiva un’arma. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
26 Ne consegue che Tizio non potrà essere ritenuto responsabile per aver volontariamente cagionato lesioni a Caio, scambiandolo per un malintenzionato e quindi ritenendo di agire in presenza della scriminante della legittima difesa. Si veda: G. Marinucci, “Fatto e scriminanti”, Note dommatiche e politico-criminali, 1983; A. Cavaliere, “L’errore sulle scriminanti”, Napoli, 2000, il quale risente dell’impostazione di Roxin, secondo il quale nel caso di errore sulle scriminanti viene meno il “dolo d’illecito”. Una parte minoritaria della dottrina, influenzata dall’orientamento diffuso nell’ambito della dottrina tedesca, sostiene che l’errore sulle scriminanti non incida sul dolo del fatto, che rimarrebbe integro, ma determinerebbe un errore sull’illiceità valutabile autonomamente nell’ambito della colpevolezza: per questa impostazione, contrastante però nel nostro ordinamento col disposto dell’art. 59, ultimo comma, si veda D. Santamaria, “Lineamenti”, Milano, 1996; C. Fiore, “Diritto penale”, Napoli, 1993; M. Donini, “Illecito e colpevolezza”, Milano, 1991. Vedi F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
27 Si veda: C. F. Grosso, “L’errore sulle scriminanti”, Milano, 1961; A. Pagliaro, “Principi”, Milano, 1972; contra A. Santoro, “La definizione del reato colposo”, in Riv. dir. penit., 1937. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
28 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
29 Ai sensi dell’art. 42 c.p., infatti, occorre un’espressa previsione legislativa perché un fatto possa essere punito a titolo di colpa o di preterintenzione, laddove, al contrario, il dolo rappresenta il normale elemento soggettivo in materia penale. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
30 Si pensi al caso in cui a fronte di un espresso e ripetuto dissenso della persona offesa il reo ponga in essere il fatto tipico e si difenda in giudizio affermando di aver ritenuto erroneamente di stare agendo in presenza del consenso dell’avente diritto, che scrimina il fatto ai sensi dell’art. 50 c.p. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
31 Si pensi al caso in cui il soggetto attivo, mal interpretando le parole della persona offesa, commetta un fatto integrante gli estremi di un reato ritenendo di agire previo consenso dell’avente diritto; in siffatta ipotesi si è in presenza di una scriminante putativa, derivante da un errore del soggetto agente; diverso il caso in cui lo stesso fatto sia stato realizzato nella convinzione che la persona offesa, se interpellata, avrebbe senza dubbio espresso il proprio consenso. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
32 In riferimento al tipo di errore a cui il legislatore assegna rilevanza ai fini del riconoscimento della scriminante putativa, operano in tal caso le medesime norme che disciplinano gli effetti dell’errore sull’elemento soggettivo del reato. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
33 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
34 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
35 Applicando tali coordinate alle ipotesi scriminanti putative, potrà ricorrere un errore su legge diversa da quella penale, ad esempio, allorché il soggetto attivo male interpreti una disposizione civilistica, ritenendo che gli attribuisca il diritto in forza del quale egli è convinto di agire. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
36 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
37 F. Mantovani, “Diritto penale”, Milano, 2019 pag. 273 ss.; G. Fiandaca-E. Musco, “Diritto penale. Parte generale”, Bologna, 2018, pag. 271 ss.; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss. In argomento si veda: E. Altavilla, “Eccesso colposo”, in Noviss. dig. It, IV, Torino, 1960; G. Azzali, “L’eccesso colposo”, Milano, 1965; P. Nuvolone, “Le due forme di eccesso colposo”, in Giust. pen., 1949; M. Gallo, “Eccesso colposo e previsione dell’evento”, in Giur. it., 1950.
38 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
39 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
40 Si pensi all’ipotesi di in cui Tizio, aggredito da Caio, reagisca all’offesa subita con una condotta che tuttavia supera il limite di proporzione (“sempre che la difesa sia proporizionata all’offesa”) che l’art. 52 c.p. espressamente richiede perché possa ravvisarsi la scriminante della legittima difesa. In tal caso, dunque, in forza dell’art. 55 c.p., dunque il legislatore esclude che il soggetto agente possa rispondere a titolo di dolo, cioè intenzionalmente, con volontà, del fatto di reato commesso in presenza di una causa di giustificazione e tuttavia muove un rimprovero allo stesso per aver colposamente valicato i confini entro cui opera l’effetto scriminante. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
41 Si veda P. Nuvolone, “Il sistema”, Padova, 1975; G. Azzali, “L’eccesso colposo”, Milano, 1965.
42 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
43 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
44 Esemplificando, se Tizio, avvertendosi che Caio intende sottrargli un bene di valore, con l’intento di dissuaderlo lo minaccia con un’arma da fuoco e, nel brandire l’arma, esplode per errore, detto errore materiale, un colpo che cagiona la morte di Caio, risponderà di omicidio colposo ai sensi dell’art. 55 c.p., poché ha colposamente ecceduto i limiti imposti, in questo caso, dalla necessità di difendere un proprio bene e che si sostanziano nel suddetto requisito di proporzione tra difesa e offesa. Vedi G. Bettiol- L. Pettoello Mantovani, “Diritto penale”, Padova, 1986; F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196.
45 Si veda la dottrina oggi dominante: C. F. Grosso, “L’errore sulle scriminanti”, op. cit.; G. Bettiol- L. Pettoello Mantovani, “Diritto penale”, op. cit.; F. Mantovani, “Diritto penale”, op. cit. Inoltre F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
46 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
47 Se cioè la necessità di difesa, nel caso di legittima difesa ex art. 52 c.p., e il relativo requisito di proporizione tra difesa e offesa, avrebbe consentito al più di cagionare lesioni lievi all’aggressore ma il reo, approfittando delle circostanze concrete, abbia intenzionalmente superato tale limite e colto l’occasione per uccidere il proprio aggressore, risponderà di omicidio doloso ai sensi dell’art. 575 c.p., non potendo invocare in proprio favore una scriminante di cui abbia intenzionalmente superato i limiti. Si veda F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
48 Si veda: F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss. ; P. Nuvolone, “Il sistema”, op. cit.; A. Pagliaro, “I prinicipi”, op. cit.
49 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
50 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.
51 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
52 Si veda: E. Altavilla, “Eccesso colposo”, op. cit.; P. Nuvolone, “Il sistema”, op. cit. Contra G. Bettiol- L. Pettoello Mantovani, “Diritto penale”, op.cit. Inoltre F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag. 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
53 Di diverso avviso è la Corte di Cassazione, con sentenza n. 12420 del 2010, che ha ritenuto compatibili gli istituti di cui agli artt. 55 e 59 c.p., sostenendo che, in presenza dei presupposti per il riconoscimento di una scriminante putativa a favore del reo, sia possibile valutare se la sua condotta superi i limiti, in relazione alle caratteristiche che essa abbia assunto nella percezione del reo. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
54 Si pensi al caso in cui il soggetto agente ritenga erroneamente, con errore di percezione, che un passante intenda derubarlo e, minacciandolo con un’arma, lo colpisca accidentalmente per un errore materiale nell’esecuzione della condotta: in tal caso, da un lato, sussistono gli estremi per riconoscere a favore del reo una scriminante putativa e, nel contempo, non può ritenersi che egli abbia agito intenzionalmente, poiché la condotta erroneamente esorbitante è stata tenuta sul presupposto, sebbene erroneo, di doversi difendere da un’offesa ingiusta. F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
55 F. Caringella- A. Salerno, op. cit., 450 ss.; F. Mantovani, op. cit., pag 100 ss.; G. Fiandaca- E. Musco, op. cit. pag. 267 ss.; F. Antolisei, op. cit., 196 ss.
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