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Dal satanismo all’anti-putinismo. Informazione dissociata domenicale in TV

29 Feb 24

Di FRANCESCO BOLLORINO

Certe volte viene da interrogarsi sulla caratura e la sincerità dei telegiornaliste/i e della redazione, incaricati di compilare la scaletta dei talk per commentare i fatti più clamorosi della settimana. Domenica 18 febbraio 2024, rientrando da una gita ai Castelli, mi è capitato di accendere la televisione su Rai 3. Erano le 20 e sulla tre il servizio pubblico mandava in onda il programma “Chesarà” condotto da Serena Bortone, quello che ha sostituito “Le parole” di Massimo Gramellini andato a “LA7” di proprietà di Urbano Cairo e, già che c’era, sempre il servizio pubblico a cui paghiamo il canone, ha rimpiazzato anche “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, finito alla “Nove”, di proprietà della Warner Bros. È sempre difficile orientarsi nei notiziari, per quelli avanti negli anni, perché i ragazzi la Tv non la guardano proprio, mentre il telefonino si e sono sempre più informati dei nonni. È vero che qualcuno di codesti nonni stagionati, ha conosciuto Dino Alfieri, Joseph Goebbels, Mikhail Suslov, Ramón Serrano Súñer, il manipolatore delle masse di Francisco Franco. È sempre arduo comunque sceverare tra il falso e il verosimile, perché su quello che ti fanno vedere nel piccolo schermo, naturalmente, facendoci la tara su dove lo girano e da dove te lo mandano, bisogna sempre calcolare l’inganno. Eh si! Perché in Italia le televisioni sono tutte di proprietà privata, anche quelle statali, lottizzate con chi governa al momento. Tutta gente che fin dai tempi di Silvio Berlusconi – quello defunto e attualmente iscritto al Famedio di Milano – sta anche, e soprattutto, in politica, per essere dentro anche in tutto il resto degli affari di gruppi opachi. Si da il caso che per l’appunto sia appena passato in Senato il “ddl Nordio” che ha, come fiore all’occhiello della sua “Riforma”, l’abolizione dell’abuso d’ufficio (abrogatio cum abolitio www.diritto.it › Diritto penale 7 feb 2024) e le intercettazioni, nota anche burlescamente come “Riforma Berlusconi”, del quale intende celebrarne la memoria. Carlo Nordio, per rinfrescare la memoria del lettore, è il dandy trevigiano ex piemme veneziano famoso per le sue inchieste sul “Mose”, che vorrebbe separare le carriere dei magistrati in inquirenti e giudicanti.  

 

Tornando al talk, il focus di “Chesarà” era centrato su due fatti recenti, uno addirittura di giornata: un massacro familiare per satanismo alla periferia di Palermo di tale G. B. e la morte di Alexei Navalny noto dissidente russo imprigionato dal regime autocratico di Putin oltre il circolo polare artico. Quando ho acceso la Tv la conduttrice intervistava Massimo Introvigne, professore di sociologia alla Sapienza, che ho conosciuto in una conferenza organizzata da “Minette” Macioti alla Facoltà di Sociologia in Via Salaria, sulla rilevanza sociale e la eventuale pericolosità dei fanatismi religiosi di cui era nota la sua competenza per aver studiato e presentato casi esemplari di sette sataniche. La notizia riguardava un fatto di sangue clamoroso accaduto in Sicilia, la strage familiare di Altavilla Milicia. Una storiaccia inverosimile di orrore e di farneticazioni su possessioni diaboliche. Un muratore di 54 anni, ha ucciso – forse in sequenza nel tempo – la moglie, di 42 anni e due figli minori, uno di 15 anni e uno di 5, facendo partecipare alle torture e sevizie per scacciare il diavolo dai loro corpi, la terza figlia, di 17 anni, risparmiata. Assistenti dei crudeli rituali esorcistici, una coppia di complici S. F. e M. C. probabilmente aderenti alla stessa setta misteriosa, chiamata “fratelli di fede”. Erano tutti invasati e ossessionati  di dover liberare i corpi (di quei poveretti che stavano martoriando fino alla morte) prigionieri del diavolo, posseduti da satana, quando, finalmente il muratore, si è deciso a fare il 112, il numero salvavita europeo e sono arrivati i soccorsi giusti.  

 

La conduttrice del “format” stentava a rendersi conto delle dinamiche psicopatologiche del “disturbo psicotico condiviso”, patologia che gli psichiatri conoscono bene, ovvero la “folie à deux”, “à trois”, “à quatre”, la “folie à famille” o anche la “folie à plusieurs” (follia di molti). Si tratta di una rara forma paranoica delirante studiata nel 1877 dagli psichiatri francesi Ernest-Charles Lasègue e Jean-Pierre Falret, ai quali hanno conferito l’eponimo di “Disturbo delirante indotto”. I fatti erano raccapriccianti e a Serena Bortone sembrava impossibile che in un paesino così piccolo, nessuno si potesse essere accorto dei delitti e delle torture. Anzi non capiva proprio e più non capiva, più s’innervosiva, forse anche rimanendone spaventava. Invano, il prof Massimo Introvigne le citava i casi da lui studiati, ed era un dialogo tra sordi spazientiti. In effetti, è difficile per tutti immergere il diavolo nell’acquasantiera, tenendolo per il collo. Non è facile neppure pretendere che il pubblico televisivo si immedesimi in faccende esorcistiche, la domenica sera, per giunta, citando un delizioso paesino della Città metropolitana di Palermo. Ecco, se vi capita di andare in Sicilia, una ventina di chilometri da Palermo, risalendo lungo la costa tirrenica verso Messina, e superata Bagheria, trovi Altavilla Milicia, un’altura di 73 m s.l.m. come una meravigliosa terrazza affacciata sul Tirreno. Il panorama che si scorge guardando da Capo Zafferano a Cefalù, sino alle Isole Eolie, è splendido e leggendario. Non è difficile immaginare, riandando alla storia di questi luoghi mitici come si siano alternate esperienze spirituali e secolari, perenni e improvvise, romantiche e insensibili, ma anche quelle spaventose delle razzie dei saraceni, difficilmente però superabili da quelle empie e fanatiche come i rituali satanici giusto riferiti.  

 

Il fatto più strabiliante, però, è stato quando la conduttrice ha introdotto il secondo argomento, quello di Navalny, addirittura con un doppio salto mortale all’indietro con triplo avvitamento in uscita, superando addirittura Simone Biles, ginnasta americana con cittadinanza beliziana, detentrice del record mondiale, ma non al “corpo libero”, bensì nella logica, naturalmente ad occhi chiusi! Peccato non aver avuto carta e penna, avrei voluto scrivere le parole testuali. Il senso, comunque, era questo: passando da una prigione ad un’altra, da un dominio del male ad un altro, anzi, da una possessione ad un’altra, dobbiamo darvi la notizia della morte di Alexei Navalny. Un Tonino Di Pietro, annata 1993, avrebbe subito pensato «Che c’azzecca», Invece il talk proseguiva riferendo un’Ansa che dava la notizia del decesso del principale oppositore di Putin. Qualcuno in sala bisbigliava “Novichok” l’agente nervino al quale Navalny aveva resistito (2020), ma era una reminiscenza. Era stato il Servizio penitenziario federale stesso a diffondere l’informazione, secondo la quale Navalny si era sentito male dopo la passeggiata mattutina. Il vicino ospedale aveva confermato che il personale sanitario della prigione era intervenuto immediatamente e sette minuti dopo era arrivata un’ambulanza, ma nonostante vari tentativi di rianimazione durati 30 minuti, il detenuto era stato dichiarato morto. Tutto quello che si sapeva intorno alla reclusione del dissidente di 47 anni in piena salute di ottimo umore, sarcastico verso il potere putiniano, è che dopo una ventina di giorni della sua scomparsa dalla prigione a 200 chilometri da Mosca, si trovava nella nuova colonia penale, la “IK-3”, nel distretto di Jamalo-Nenec. Un’entità amministrativa della Federazione Russa, oltre il circolo polare artico, corrispondente ad un’area biogeografica di oltre 1 milione di chilometri quadrati che si estende dal circondario autonomo di Jamalo-Nenec al territorio inospitale dei nativi Nenec, zona ricchissima di gas, petrolio e di metalli preziosi, dove, per arrivarci via terra, ci vogliono per l’appunto 20 giorni per arrivarci. Ovviamente la notizia era esplosa come una “Bomba H” nelle cancellerie mondiali, soprattutto quelle anglo-americane e atlantistiche, interessate alle guerre, un po’ meno quelle dei 5 “BRICS”. Finalmente qualcuno comincia a rendersi conto che la Russia non è solo e soltanto l’”impero del male” e dei “Cosacchi che bramano abbeverare i loro cavalli alle fontane di Piazza San Pietro” e “nell’urna Dio ti vede Stalin no! Propaganda vecchissima questa, risalente ai “Comitati Civici” di Gedda del 1948, che ricordo perfettamente. Arnese rispolverato sempre nei momenti di necessità atlantistiche. Ma la Grande Madre Russia è in grado di mettere al mondo personaggi coraggiosi, ironici sprezzanti e, disposti a giocarsi la vita per un ideale, come Alexei Navalny. Sul caso in questione torneremo, ma per ora limitiamoci a non dimenticare che la Russia ha generato grandissimi personaggi della letteratura mondiale, proprio per la sua storia imperiale, che rispondono al nome, dando la precedenza alle signore, di: Anna Akhmatova, Marina Cvetaeva, Olga Bergholz, Yulia Drunina, Olga Sedakova; Dostoevskij, Tolstoi, Cechov, Lermontov, Puskin, Gogol, Turgenev, Bulgakov, Pasternak, ecc.  

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