Nato a Biel il 21 Febbraio 1893, cresciuto in un contesto familiare contadino di umili origini, intraprese la carriera di insegnante elementare a Ittigen (nel cantone di Berna) ove ebbe l’occasione di lavorare per quasi mezzo secolo, cosa che gli permise di seguire lo sviluppo di moltissimi giovani, di sottoporre a test psicologici numerosi soggetti in diversi momenti della loro vita, di effettuare con loro opere di consiglio, diagnosi e psicoterapia, e di effettuare attività clinica psicoanalitica con giovani ed adolescenti: “dopo 47 anni di lavoro ufficiale alla scuola elementare avevo nelle mie classi i figli e talvolta anche i nipoti dei miei primi alunni” (p. 32).
Con il suo attivo contributo si sviluppò ciò che sarebbe stata conosciuta internazionalmente come pedanalisi (pedoanalisi), o meglio, psicoanalisi pedagogica.
Zulliger divenne un appassionato cultore della psicoanalisi freudiana, non trascurando gli apporti che alla psicoanalisi andavano proponendo Adler e Jung, giungendo ad elaborare una propria teoria relativa alla valenza terapeutica del gioco nei bambini come luogo di interazione non verbale, e lavorando intorno all’idea ed alla pratica dell’analisi infantile da inserire nell’ambito dell’educazione come un campo specifico dell’igiene mentale, o psicoigiene applicata.
All’inizio degli Anni Venti Zulliger dette alle stampe il suo primo lavoro basato sulle sue osservazioni nella scuola pubblica, Psychoanalitische Erfahrungen aus der Volksschulpraxis e poco dopo fu invitato a divenire socio della Società Svizzera di Psicoanalisi, cosa che fece, assumendo più tardi il ruolo di segretario, incontrando in tale ambiente, tra gli altri, Hermann Rorschach (Zurigo, 8 novembre 1884 – 2 aprile 1922) che a quel tempo era il vice-presidente della Società.
La collaborazione con Rorschach ebbe un ulteriore aspetto realizzativo allorché Zulliger si fece paladino della forma parallela dello psicodiagnostico ideato da Rorschach nota come Behn-Rorschach dal nome dell’allievo e collega di Rorschach, Hans Behn-Eschenburg (1893-1934), fino a elaborare e pubblicare il suo test proiettivo, lo Zulliger Test, composto da tre tavole applicabili individualmente e in gruppo (per notizie dettagliate sulla vita e sull’opera psicodiagnostica di Zulliger vedi P. Carruba, A. Castiello d’Antonio, Zulliger Test. La Tecnica di Hans Zulliger nella diagnosi di personalità. Caratteristiche, dati normativi e applicazioni. FrancoAngeli, Milano, 2008).
Das magische Denken des Kindes, magistralmente introdotto e curato da Reinhard Fatke raccoglie i principali contributi di Hans Zulliger alla pedagogia psicoanalitica, all’analisi infantile, alla psicoterapia e, per estensione, alla consulenza psicologica ad orientamento psicoanalitico rivolta principalmente a giovani e adolescenti.
Emancipandosi, in certo senso, sia da Melanie Klein, sia da Anna Freud (a cui si sentiva molto più vicino) e lavorando in modo autonomo, Zulliger elaborò ciò che definì deutungsfreie kinder psychotherapie cioè una forma di psicoterapia analitica infantile senza interpretazioni di contenuti inconsci, scaturita dal desiderio di essere di aiuto e di sostegno ai suoi giovani pazienti e dal fascino che in lui esercitava il magico mondo della fantasia e, in generale, dell’infanzia (Zulliger scrisse numerose storie, poesie, ballate, racconti e favole).
Egli ebbe modo di lavorare e riflettere sulla base di un’amplissima casistica costituita dai soggetti a cui insegnava nella scuola elementare, da bambini e adolescenti indirizzati a lui in psicoterapia, dalla consulenza specialistica per casi particolarmente complessi, e dall’intervento nelle famiglie e nelle scuole (naturalmente tutto questo mondo di interazioni e di attività professionale si sviluppava nel contesto rurale svizzero del secolo scorso). Si tratta di casi riportati estesamente in alcuni testi o in breve descrizioni (vignette cliniche), a volte portati come esemplificazione nelle opere divulgative in cui Zulliger cerca di parlare nel modo più semplice possibile a un’audience molto ampia; casi in cui ci si imbatte in problematiche psicologiche che possiamo definire senza tempo come il controllo delle pulsioni, l’aggressività, il bilanciamento tra sessualità e tenerezza, il profitto scolastico legato alle due dimensioni dell’intelligenza e dell’affettività, il blocco causato dall’introversione patologica, e così via.
Zulliger iniziò quindi a sviluppare un propria tecnica di analisi infantile basata sul gioco e sull’interazione diretta con il bambino – sperimentando ciò che definì la fortuna del principiante e che lo condusse ad avere numerosi successi fin dalle prime esperienze – immergendosi nel gioco con il bambino, evitando di interpretare e offrendo al bambino risposte attraverso interventi mirati non sempre verbali, ma nascosti, per così dire, nella stessa dinamica del giocare. L’agire nel gioco significava, per Zulliger, il suo modo speciale di prendere molto sul serio il gioco, considerando il mondo magico e animistico in cui il bambino era immerso, fornendo interpretazioni sulla base delle capacità di comprensione del bambino e stando molto attento a evitare intellettualizzazioni o a porsi come soggetto-guida dello sviluppo del bambino o dell’adolescente.
Pur essendo stato un vero pioniere nella psicoanalisi infantile e nella pedagogia psicoanalitica il nome di Hans Zulliger non ha raggiunto la notorietà di altri come Siegfried Bernfeld, August Aichhorn e Fritz Redl, ma si possono notare, ad esempio, le affinità con il pensiero di un’altra esponente dell’analisi infantile come Hermine von Hug-Hellmuth (31 agosto 1871 – 9 settembre 1924) la quale ha sottolineato che nell’infanzia può essere applicata solo un’educazione basata su risultati psicoanalitici. Del resto, Zulliger ha condiviso con Hermine von Hug-Hellmuth e con Anna Freud la formazione pedagogica e l’esperienza come insegnante, da cui deriva l’attenzione estrema alla doppia valenza terapeutica ed educativa dell’intervento tecnico con il giovane paziente.
Una caratteristica di Hans Zulliger è la sua concretezza (come, ad esempio, nell’aver escogitato una sorta di conversazione terapeutica mentre camminava insieme agli adolescenti problematici) e la scarsa attenzione nel definire teoricamente il suo approccio e il suo modo di lavorare clinico. Inoltre egli ha più volte sottolineato il valore del rafforzamento dell’Io e delle abilità sociali del giovane, nel contesto del lavoro non solo individuale ma anche di gruppo che dovrebbe accompagnare la pedagogia psicoanalitica.
Questo spirito concreto e fattivo deriva dal suo primissimo approccio alla psicoanalisi attraverso lo studio della imponente opera di Oskar Pfister Die psychoanalytische Methode di cui Granville Stanley Hall (1 febbraio 1844 – 24 Aprile 1924), introducendo l’edizione inglese, scrive: “questo volume, dal momento della sua pubblicazione in tedesco nel 1913, ha subito preso il suo posto nella letteratura specifica come il più completo compendio che sia mai stato pubblicato sia in tedesco che in inglese” (The Psychoanalytic Method. Traduzione inglese, p. IX, 1917).
Un ultimo aspetto da menzionare è relativo all’attività di perito psicologo che Zulliger ha estesamente condotto per conto dei tribunali che inviavano a lui adolescenti difficili, spesso rei di furti o di altri atti contro la proprietà e il bene comune, redigendo acute psicodiagnosi e fornendo consigli sulla rieducazione dei giovani.
Hans Zulliger è scomparso a Ittigen il 18 ottobre 1963, all’età di 72 anni, alla vigilia di una conferenza che avrebbe dovuto tenere a Colonia sulla sua peculiare visione della psicoterapia analitica infantile.
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